Savi

Dopo gli studi artistici, Carlo Savi lavora dapprima come scenografo realizzatore; nel 1968, inizia una carriera indipendente, sviluppando uno stile analitico che predilige i significati più che la ricostruzione ambientale. I suoi interessi, sebbene comprendano il teatro di prosa (I nuovi pagani di N. Saponaro, regia di R. Bernardi, Roma, Teatro Quirino, 1970; Interrogatorio all’Avana di Henzesberger, regia di A. Negrin, Milano, Piccolo Teatro, 1972), si orientano in particolare verso quello d’opera: numerosissimi gli allestimenti di rilievo, tra i quali quelli per la Piccola Scala di Milano (La morte dell’aria di G. Petrassi, regia di A. Diaz, 1971; Andata e ritorno di P. Hindemith, regia di V. Bertinetti, 1973; La favola di Orfeo di A. Casella, regia di F. Crivelli, 1975; L’opera del mendicante di Britten, regia di F. Crivelli, 1977). Fortunati anche l’ Arcadia in Brenta di Galuppi (regia di G. Belledi, Parma, Teatro Regio, 1980), giocata in uno spazio quasi metafisico, con un malinconico orizzonte disseminato di obelischi, sedie ed altalene; Il barbiere di Siviglia di Rossini (regia di G. Belledi, Parma, Teatro Regio, 1983), dove burattineschi personaggi dai candidi costumi si aggirano sul palco in disarmo tra vecchie cassapanche e antiche macchinerie come in un cantiere di memorie; la Semiramide di Rossini (regia di F. Ambrosini, Parma, Teatro Regio, 1985), dai costumi statuari e simbolici che si stagliano con accesi controluci sul rosso della scena; e la più recente Giovanna d’Arco di Verdi (regia di F. Crivelli, Verona, Teatro Filarmonico, 1988).

stato,

Il circo di stato è un sistema circense proprio dei paesi a regime comunista in cui formazione, produzione e distribuzione delle arti del circo erano totalmente gestiti dallo stato tramite un apposito organismo centrale generalmente legato al ministero della cultura. Tale sistema nasce nel 1919 con i decreti di Lenin che contribuiscono alla nascita in Russia del primo circo di stato al mondo. In seguito, fino agli anni ’50, altri circhi di stato nascono in Cina, Mongolia, Corea Popolare, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania. Seppur con differenze interne, in ciascun paese tale modello organizzativo comprende: una o più scuole di formazione artistica e tecnica; l’edificazione di uno o più circhi stabili sul territorio e altri itineranti; la gestione e la circuitazione degli artisti attraverso tali circhi; l’ingaggio di artisti in paesi occidentali e la composizione di programmi per tournée estere. Fino a tutti gli anni ’80 tale sistema produttivo contribuisce allo sviluppo e alla diffusione delle arti circensi. Con la crisi del sistema comunista, a fianco dei sistemi circensi statali sorgono gradualmente compagnie private, dove gli artisti e i circhi sono sempre più indipendenti. Solo in Corea del Nord il controllo dello stato sul circo resta totale.

Sartori,

Amleto Sartori (Padova 1915), scultore e poeta, ha avuto per primo il merito di aver scoperto e riproposto, dopo due secoli d’oblio, la grande tradizione della maschera teatrale della Commedia dell’Arte nel teatro del ventesimo secolo a partire dalla famosa edizione dell’Arlecchino servitore di due padroni di Strehler, con Marcello Moretti, ma sue erano molte delle maschere indossate da Eduardo, Barrault e Lecocq. Il figlio Donato (Ferrara 1939) ha continuato l’arte del padre creando nuovi ambiti per la maschera nel teatro contemporaneo, collaborando con Dario Fo e con i gruppi della ricerca italiana ed europea. Nel 1979 ha fondato il Centro maschere e strutture gestuali di Abano Terme.

Santuccio

Diplomatosi all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’, Gianni Santuccio esordì con Donadio (1942) per poi formarsi al fianco di R. Ruggeri, L. Cimara, S. Ferrati, rivelando la conquistata pienezza dei mezzi espressivi durante il proficuo – anche se non sempre idilliaco – rapporto con il Piccolo Teatro di Strehler-Grassi, fin dall’inaugurale Albergo dei poveri di Gor’kij (1947). Alla fervida stagione milanese di via Rovello appartengono le sue interpretazioni di Le notti dell’ira di Salacrou, L’uragano di Ostrovskij, I giganti della montagna di Pirandello (con cui si sarebbe riconfrontato quarant’anni dopo). Con crescente autorità trascorse dal frequentatissimo Shakespeare (Riccardo II, Romeo e Giulietta, La bisbetica domata , Riccardo III, La dodicesima notte, Macbeth) all’amato Cechov (Il gabbiano), a Goethe e Ibsen, da Alfieri a Pirandello, da Betti a Sartre. Parimenti decisivo fu il suo sodalizio umano e artistico con L. Brignone, assieme alla quale entrò a far parte (con Benassi) della compagnia del Teatro Manzoni di Milano, interpretando, fra l’altro, I fratelli Karamazov di Copeau-Dostoevskij, Tartufo di Molière, L’allodola di Anouilh.

Formata la compagnia con la Brignone-Randone-Volonghi, prese parte a Come le foglie di Giacosa (regia di Visconti), a La parigina di Becque e a Casa di bambola di Ibsen. Attore di razza, capace di momenti sublimi alternati a impuntature capricciose, pervaso da una frenesia esistenziale bruciata senza risparmio, andò progressivamente affinando gli impeti giovanili, ostentati soprattutto nei classici greci (Elettra di Sofocle, Ippolito di Euripide, Tiresia nell’ Edipo re con Mauri-Moriconi) e nell’ Antigone di Alfieri, per passare con pari esiti da D’Annunzio a Claudel, da Rattigan a Greene, con un occhio di riguardo ancora per Shakespeare (Pene d’amor perdute, Antonio e Cleopatra, Il mercante di Venezia ). Prestò voce inconfondibile, volto intenso, gesto misurato a drammi di Betti, Madariaga, Kleist, ricomponendo il binomio con la Brignone per La parigina di Becque e Danza di morte di Strindberg.

Ritornò al Piccolo di Milano per Marat/Sade di P. Weiss e per l’indimenticabile riallestimento strehleriano del Giardino dei ciliegi di Cechov. Tra le sue ultime interpretazioni significative figurano quella del grande attore Sir Randolph in Servo di scena di Harwood, l’antologia pirandelliana proposta assieme a Foà, l’inquietante apparizione in Finale di partita di Beckett, la sconvolgente personificazione del mago Cotrone nei Giganti della montagna di Pirandello a Erice, poche settimane prima dell’estremo addio. Campione di genio e sregolatezza ‘alla Benassi’ (se non proprio alla Kean), assurse alla più alta poesia di palcoscenico possedendo le stesse virtù magiche che, come ultimo gesto, prestò a Cotrone. Molto meno significative le sue interpretazioni cinematografiche e televisive.

Silvestri

Giovanissimo, inizia la propria attività come animatore teatrale nelle carceri minorili della Campania e in alcuni istituti per portatori di handicap. Nel 1980 conosce Annibale Ruccello, con il quale intraprende una proficua collaborazione: nasce lo spettacolo Le cinque rose di Jennifer , testo da cui nel 1989 verrà tratto un film, che vede S. nel ruolo di protagonista. Numerosi sono i testi teatrali di cui è autore (di molti cura anche la regia); si ricordano: La guerra di Martin (1986), Saro e la rosa (1989), Angeli all’Inferno (premio Idi 1990), Streghe da marciapiede (1992), Mio capitano (1994), Fratellini (199?).

Santella

Mario Santella esordisce giovanissimo come attore, assieme alla sorella Maria Luisa. Con lei anima il Gruppo Teatro Vorlensungen (di cui fa parte anche Renato Carpentieri) e quindi fonda la compagnia Teatro Alfred Jarry, che contribuisce alla diffusione del teatro sperimentale in Italia. Dalla metà degli anni ’60 partecipa attivamente ai fermenti del panorama teatrale napoletano con: I due carnefici (1966); Ciò che conta non è interpretare il mondo, ma trasformarlo (1968); Prova per una messainscena dell’Amleto (1969); Majakovskij-Uomo (1972); Verga: storie di uomini e lupi (1978); La Medea di Portamedina (1980). A S. si devono gli allestimenti di pièce dell’avanguardia francese – La cantatrice calva e Le sedie di Ionesco (1983); Le serve di Genet (1983); Giorni felici (1984), Atti senza parole e L’ultimo nastro di Krapp (1989, anche interprete), Aspettando Godot (1989, anche interprete e scenografo) di Beckett – e di testi del teatro partenopeo – Il romanzo di un farmacista di Edoardo Scarpetta (1986); Ragazze sole con qualche esperienza (1986) e Don Fausto di Antonio Petito (1987) -, oltre a confrontarsi con classici come: La dodicesima notte di Shakespeare (1989), Frammenti di un sogno interrotto da Euripide (1990), Candido di Voltaire (1990); spettacoli di cui cura la versione scenica e la regia, oltre ad esserne interprete.

simbolista,

Il teatro simbolista nasce in aperta polemica tanto con il naturalismo di Antoine quanto con la drammaturgia ufficiale e neoromantica alla Rostand e alla Dumas figlio. Paul Fort fonda, nel 1890, il Théâtre d’Art, luogo in cui si prefigge di interpretare ‘l’idéal ‘, ossia quel polo dello spirito individuato per primo da Baudelaire, che ambisce a disfarsi della trappola del reale (e del realismo) per assurgere a un assoluto che sfugga alle leggi del tempo. In questo teatro di grande sperimentazione, spesso dilettantesca, sono rappresentati, tra gli altri, i testi di Rachilde (Madame la Mort), Pierre Quillard (La fille aux mains coupées ), Maeterlinck (L’Intruse e Les Aveugles ), Catulle Mendès (Le Soleil de Minuit). L’esperienza del Théâtre d’Art finì in una grande bagarre il giorno in cui si tentò di concretizzare, nello spazio teatrale, una sinestesia baudelairiana (con tanto di musiche e profumi diffusi in sala).

Nel 1892, dunque, il teatro chiude. L’anno seguente, il 17 maggio, Lugné-Poe mette in scena, al Théâtre de l’Oeuvre, il Pelléas et Mélisande di Maeterlinck. Convinto, almeno in una fase iniziale, del superamento della supremazia della rappresentazione e dell’importanza del valore semantico-simbolico di ogni elemento scenico – il che si traduceva, a livello della messa in scena, nella dizione regolare e impersonale del testo, nella lentezza dei movimenti degli attori, spesso nascosti dietro un sipario di velo, nella penombra in sala, nella suggestione della musica, delle immagini e dei profumi -, Lugné-Poe fa conoscere al pubblico un teatro considerato, fino a quel momento, irrappresentabile: Axël di Villiers de l’Isle-Adam (1885), La Tentation de Saint Antoine di Flaubert (1874), Peer Gynt (1867), Salomé di Oscar Wilde, Brocéliande di Jean Lorrain, La Gardienne di Henri de Régnier; inoltre, introduce sulla scena francese il repertorio scandinavo (Ibsen, Strindberg) e anglo-irlandese (Synge e Bernard Shaw).

Nel 1897 Lugné-Poe si allontana dalla scuola ‘idealista’, da lui accusata di perseguire tendenze eccessivamente mistiche e mette in scena il celebre e provocatorio Ubu re di Alfred Jarry. Quando allude al misticismo, Lugné-Poe pensa a personaggi quali Joséphin Péladan (Les fils des étoiles, Babylone) fondatore del Théâtre de la Rose-Croix e assertore della natura religiosa dell’esperienza teatrale; oppure agli epigoni wagneriani, entusiasti della mitica sintesi delle arti ottenuta nelle opere del grande compositore tedesco (Dujardin, Théodore de Wyzéwa). Il teatro simbolista trova asilo, nei primi decenni del ventesimo secolo, in tre sale, che hanno, tuttavia, vita breve: il Théâtre Idéaliste (Bordeaux 1911-1918), il Théâtre Esotérique (1923-1927) e il Théâtre des Poètes (1926), gli ultimi due fondati da Paul Castan. Secondo il giudizio di Mariangela Mazzocchi Doglio, «a queste opere drammatiche che rimasero spesso nei limiti della ricerca e della sperimentazione, va tuttavia il merito di aver iniziato un discorso di rottura dei canoni tradizionali del teatro e di aver preparato la base culturale alla spinta innovativa che verrà realizzata alcuni anni più tardi dai Balletts Russes e da Stanislavskij, dal Vieux-Colombier e da Antonin Artaud, da Gordon Craig e da Appia».

Sassu

Dopo aver aderito al movimento futurista, la pittura di Aligi Sassu si evolve verso l’espressionismo con opere caratterizzate da un utilizzo fauve del colore. Nel dopoguerra partecipa alla fondazione del movimento Corrente, in opposizione alla cultura ufficiale. Dagli anni ’60, oltre a essere impegnato come illustratore, realizza le sue prime scenografie riportando in teatro il suo violento cromatismo e il lirismo della sua iconografia. Per il teatro ha realizzato scenografie e costumi per Il muro del silenzio (1961) al Teatro del Convegno di Milano, La giara (1962), balletto con coreografia di Luciana Novaro alla Scala, Cavalleria rusticana (1972) all’Arena di Verona, I vespri siciliani (1973), con Maria Callas e Giuseppe Di Stefano, al Teatro Regio di Torino, Carmen (1980) all’Arena di Verona e Canto generale (1983) al Teatro Comunale di Savona, di cui realizzò, oltre alle scene e ai costumi, anche le coreografie.

Strajner

Diplomatosi al conservatorio di Praga e perfezionatosi all’Istituto Vaganova di Leningrado, dopo aver danzato con l’Opera di Dresda e di Zurigo, dal 1976 si dedica all’insegnamento, ricoprendo l’incarico di maître de ballet presso varie compagnie internazionali, tra cui la Scala (1979-85 e dal 1991 al 1994), l’Opera di Berlino, il Balletto di Zurigo, il Balletto dell’Opera di Monaco, Johann Kresnik Tanztheater e il Balletto di Toscana.

Sandrelli

Figlia dell’attrice Stefania e di Gino Paoli, è stata diretta da D. Camerini in Cinque nella stagione 1994-95, in cui interpretava il ruolo di una ragazzina piena di tic, considerata folle. Ha lavorato con L. Wertmüller in Gianni, Ginetta e gli altri ; nella stagione 1997-98 viene diretta da M. Missiroli nel Pellicano di Strindberg con I. Occhini e da A. Longoni in Bruciati . Nel cinema esordisce con Non ci resta che piangere di e con M. Troisi e R. Benigni, fino a Nirvana di G. Salvatores.

Scuola d’arte drammatica `Paolo Grassi’

Fondata nel 1951 da Grassi e Strehler come scuola del Piccolo Teatro, dal 1967 la Scuola d’arte drammatica `Paolo Grassi’  passa alla gestione del Comune di Milano. Dopo aver proposto un corso per attori ha successivamente esteso il campo della formazione professionale ad altre attività dello spettacolo: oggi offre corsi di regia teatrale, corsi per operatori dello spettacolo, corsi di scrittura drammaturgica e atelier di teatro-danza, rappresentando un punto di riferimento fondamentale nel panorama delle scuole di teatro. Si è imposta nel campo della ricerca e della promozione culturale organizzando seminari e incontri con importanti personaggi del mondo dello spettacolo e proponendo la rassegna `Scena prima’ per la ricerca di nuovi gruppi teatrali. Attiva nelle varie manifestazioni delle città italiane con i suoi spettacoli, nella attuale sede di via Salasco ospita una biblioteca specializzata, un laboratorio audiovisivi, una sartoria teatrale e un laboratorio di costruzione scenotecnica. Moltissimi i diplomati diventati famosi, per citare solo gli ultimi: P. Rossi, A. Albanese. Tra i direttori vanno almeno citati: Roberto Leydi per l’intensa attività sulla cultura popolare e Renato Palazzi per l’apertura ai maestri stranieri da Müller a Kantor alla Bausch.

Stafford-Clark

Nel 1974, dopo aver diretto il Traverse Theatre di Edimburgo, Mark Stafford-Clark fonda insieme a W. Gaskill il gruppo Joint Stock Theatre (gruppo seminale degli anni ’70). Dal 1979 al 1993 è direttore artistico del Royal Court Theatre e nel 1993 fonda insieme a Sonia Friedman (produttrice) la compagnia itinerante Out of Joint il cui nome celebra il precedente gruppo degli anni ’70. La sua attività è stata ed è per lo più dedita alla scoperta di nuovi autori e all’incentivazione e messa in scena di nuove produzioni, che hanno legato il suo nome ad alcuni tra i maggiori nomi del teatro contemporaneo anglosassone: Sue Townsend per cui ha curato The Queen and I; Stephen Jeffreys con il suo The Libertine ; Timberlake Wertenbaker con The Break of Day ; l’irlandese Sebastian Barry con The Steward of Christendom ; e Mark Ravenhill per cui ha curato Shopping and Fucking . Tra le sue collaborazioni merita di certo menzione quella con la drammaturga Caryl Churchill con la quale lavora dagli anni ’70, ovvero dall’impresa che generò il dramma di successo Light Shining in Buckinghamshire e che alla fine del 1997 ha prodotto il sesto dramma frutto del prolifico sodalizio: la coppia di atti unici dal titolo Blue Heart.

Scuccimarra

Si è imposta dalla fine degli anni ’70 con monologhi incentrati su vizi e virtù femminili, dalle donne degli anni ’20 a Noi, le ragazze degli anni ’60 , uno dei suoi spettacoli più noti, preceduto da Successo , Su e giù per le note scatole , Tutto è cultura… anch’io , … e io scrivo a Pertini e in particolare A noi due, signora , che ha come argomento le donne imbranate. Tra gli spettacoli più recenti, il quasi autobiografico Grazia di tutto , Però ci amiamo e Una ragione c’è sempre .

Schygulla

A Monaco dal 1964 al 1969, studia germanistica e romanistica, frequenta la scuola teatrale e conosce R.W. Fassbinder. Questi la prende a lavorare con sé nell’Aktionstheater e le affida il ruolo di protagonista nell’ Antigone di Anouilh. Sempre con Fassbinder lavora nell’Antitheater, dove interpreta Polly ne L’opera del mendicante (1968) da John Gay; Julie in Liliom (1972) di Molnár; Monroe in Bibi (1973) di H. Mann. A partire dal 1969, sempre diretta da Fassbinder, recita anche in numerosi film. Nel 1975 si separa dal suo gruppo, ma riprende a lavorare con lui nel cinema due anni dopo. Interpreta comunque altri ruoli teatrali: ad Amburgo è protagonista nell’ Emilia Galotti (1972) di Lessing e in Rose Bernd (1973) di Hauptmann; al Kammerspiel di Monaco recita in Il coraggio di mia madre di Tabori (1979) e in L’idiota da Dostoevskij (1980). Dal 1980 lavora soprattutto nel cinema.

Soliti ignoti, i

Anna Meacci partecipa a diversi corsi di teatro a partire dal 1984 e, nel 1987, si diploma alla scuola di teatro Laboratorio Nove; dal 1993 si esibisce nello spettacolo Anna Meacci non ferma a Chiasso , scritto da Migone. Dopo alcune esperienze in teatro ( Leonce e Lena e Woyzeck di Büchner), nel 1987 Paolo Migone vince il premio Scenario per il suo spettacolo Manteniamo la calma . Nel 1990 il duo vince la rassegna Riso in Italy; il loro spettacolo di quell’anno è intitolato Vuoti d’aria , seguito nel 1992 da Fuori piovevano incudini .

Schnitzler

Nella produzione narrativa e drammaturgica di Arthur Schnitzler la dissoluzione dell’Impero austro-ungarico fa da sfondo alla crisi dell’individuo, sempre più chiuso tra le pareti di un io confuso e velleitario; ma se in ambito narrativo Schnitzler si trova all’avanguardia – con il racconto Il tenente Gustl (Leutnant Gustl, 1901) introduce per la prima volta nella letteratura in lingua tedesca il flusso di coscienza, non altrettanto può dirsi in campo teatrale, dove il suo contributo è stato forse meno radicale. Laureatosi in medicina, cominciò a frequentare il `Caffè Grienstadl’, dove lo scrittore Hermann Bahr diffondeva la nuova letteratura francese. Qui Schnitzler incontrò i bei nomi della gioventù letteraria austriaca (Hofmannsthal, Kraus, Polgar, Altenberg), con alcuni dei quali strinse una duratura amicizia.

Nel 1888, a sue spese, fece pubblicare l’atto unico L’avventura della sua vita, in cui compaiono per la prima volta i personaggi di Anatol e Max. Gli atti unici di Anatol sono i primi a vedere la luce: nel 1889 pubblica Episodio , nel 1890 esce in rivista il poema drammatico in un atto Il canto di Alkandi ; nell’ottobre del 1892 viene dato alle stampe l’intero ciclo, con un prologo di Hugo von Hofmannsthal (Loris). Il successo giunge nel 1895, con la rappresentazione al Burgtheater di Amoretto (Liebelei), storia dell’infelice amore di una ragazza di periferia per un giovane e insensibile borghese, destinato a rimanere in cartellone fino al 1910. L’attenzione di S. andava sempre più concentrandosi sugli atti unici. In questi anni sono allestiti Paracelso (1899), l’interessante esperimento di `teatro nel teatro’ del Pappagallo verde (Der grüne Kakadu, 1899), Res nullius, L’una e mezzo (ispirato dall’attrice Adele Sandrock, con la quale S. aveva una relazione), Acquisti di Natale a Vienna (del ciclo di Anatol), Il velo di Beatrice (Der Schleier der Beatrice, 1900).

Nel 1901 va in scena lo spettacolo Marionette, incentrato sul tema della precarietà dell’esistenza; quando verrà dato alle stampe, comprenderà anche Il burattinaio e Il valoroso Cassian . Sempre dello stesso anno è la prima rappresentazione, a Berlino, dell’atto unico Le nozze di Anatol e la pubblicazione del dialogo La notte di san Silvestro . Il ciclo di atti unici Ore di vita (comprendente l’atto omonimo, La donna col pugnale, Le ultime maschere, Letteratura), imperniato sull’analisi del difficile rapporto arte-vita, viene rappresentato nel 1902. L’anno successivo è la volta di Girotondo (Reigen; sono allestiti solo due dei dieci dialoghi che lo compongono: soltanto nel 1920 e con grande scandalo verrà rappresentato tutto il ciclo), che indaga il delicato territorio dei rapporti di coppia. La strada solitaria (Der einsame Weg) viene rappresentato a Berlino nel 1904: forse il suo capolavoro. Negli anni successivi prosegue febbrile l’attività, con due commedie Intermezzo (Zwischenspiel, 1905) e Il richiamo della vita (Der Ruf des Lebens, 1906), e con l’atto unico Il gran teatro dei burattini.

Nel 1909 viene rappresentata la commedia in un atto La contessina Mizzi (Komtesse Mizzi). Nel 1910 a Dresda viene realizzata la pantomima Il velo di Pierrette, con musica di Ernö von Dohnanyi; nello stesso anno a Vienna si rappresenta la `storia drammatica’ Il giovane Medardo (Der junge Medardus). Le tragicommedie L’ampio paese (1911) e Il professor Bernhardi (1912), storia di un medico ebreo che fatica a imporre i propri principi etici, introducono alla seconda parte della vita letteraria di Schnitzler, in cui si fa prevalente l’analisi dell’io e la volontà di «tracciare quanto più decisamente possibile i confini tra conscio, semiconscio e inconscio»; proprio a partire da questo snodo, del resto, si fa meno incisiva la drammaturgia rispetto alla narrativa.

Del 1915 è la rappresentazione degli atti unici Commedia delle parole, i cui personaggi sono, come scrisse lo stesso autore, «privi di nucleo e vegetano in una solitudine terribile, di cui però non diventano mai del tutto coscienti». Nel 1916 scrive l’atto unico Lapidi (fa parte del ciclo di Anatol ) e nel 1917 pubblica la commedia in versi Le sorelle ovvero Casanova a Spa (Die Schwestern oder Casanova in Spa). Nel 1924 viene rappresentata La commedia della seduzione. Nel 1929 si allestisce l’ultimo lavoro teatrale di S., Brezza d’estate, nato dopo una elaborazione più lunga del consueto, segnata anche dal suicidio della figlia Lilli; paradossalmente si tratta dell’opera più serena dell’autore. Nel 1931 viene rappresentato il poema drammatico Il sentiero del laghetto, concluso dieci anni prima.

Sparemblek

Dopo aver seguito gli insegnamenti di A. Roje e A. Ilic nel 1948 esordisce nel balletto dell’Opera nazionale di Zagabria dove danzerà fino al 1953. Si trasferisce quindi a Parigi dove si perfeziona con la Preobrajenska e Peretti. Negli anni seguenti lavora nelle compagnie di Charrat, di Miskovitch, di Béjart (tra cui ricordiamo l’esibizione in Prométhée ) e di Tchérina (con la quale ha modo di manifestare le sue doti non solo di danzatore ma anche di coreografo e attore in Les amants de Teruel , 1959, di cui viene realizzata anche una versione cinematografica). Per il Ballet du XXème siècle, di cui è vicedirettore e maître dal 1963 al ’65, realizza le coreografie di Passacaglia , La bague (1964), Siegfried-Idyll (1965). Dirige i balletti del Gulbenkian di Lisbona (1970-75) e del Metropolitan di New York (1970-72); in Italia lavora al San Carlo di Napoli e alla Scala. Della sua attività di coreografo ricordiamo Quatuor (1957), Orfeo (1960), I sette peccati capitali (1962), Cantata profana (1968), Ancient voices of children (1972).

Seymour

Lynn Seymour studia a Vancouver e alla Sadler’s Wells Ballet School. Entra nel corpo di ballo del Covent Garden nel 1956, passando l’anno successivo al Royal Ballet Touring Co.; diventa solista al Royal Ballet nel 1958 e prima ballerina dal 1959 al 1966. Segue Kenneth MacMillan alla Deutsche Oper di Berlino, dove rimane dal 1966 al 1969. È principale ballerina ospite al Royal Ballet dal 1971 al 1978; si esibisce anche con molte altre compagnie. Direttrice del balletto dell’Opera di Monaco dal 1978 al 1980, la Seymour è danzatrice di rara presenza e potere drammatico, provvista inoltre di un notevole senso dell’umorismo. Tra le creazioni: di Ashton, Les deux Pigeons (1961), Four Brahms Dances in the Manner of Isadora e A Month in the Country (1976); di MacMillan, The Burrow (1958), The Invitation (1960), Anastasia (1967-1971) e Mayerling (Mary Vetsera, 1978); di Matthew Bourne, Cinderella (la Matrigna, 1997).

Serrano

Studia con Nelsy Dambre e Antony Tudor, debuttando con il Balletto di Città del Messico nel 1944. Danza poi con numerose formazioni (Compagnia Alicia Alonso, 1949; Ballet Russe de Monte-Carlo 1949-51), fino a entrare nel 1953 nell’American Ballet Theatre, in veste di prima ballerina. Nel 1960 interpreta La donna del mare di Birgit Cullberg; il suo nome resta tuttavia legato al grande virtuosismo accademico. Ritiratasi nel 1973, si è dedicata all’ insegnamento.

Schwarz

Figlia di un illustre maestro parigino ha studiato alla scuola dell’Opéra, entrando in compagnia nel 1930. Étoile dell’Opéra Comique nel 1933 e dell’Opéra nel 1940 ha creato ruoli principali di molti balletti di Serge Lifar ( Bacchus et Ariane , 1931; Le Chevalier et la Damoiselle , 1941; Sylvia , 1941). Lasciata l’Opéra nel 1945 ha danzato come ospite nei Ballets de Champs-Elysées, Grand Ballet du Marquis de Cuevas e nel Ballet de l’Étoile di M. Bejart.

Schéhadé

Georges Schéhadé ha dato vita a una serie di opere teatrali animate da una notevole unità d’ispirazione: un mondo poetico che nasce dall’accostamento dell’astratto con il concreto, che diventano espressione e misura drammatica in atto. In Monsieur Bob’le (1951) l’eroe eponimo è un essere favolistico, remoto e concreto al tempo stesso. Quest’opera pone in primo piano uno dei temi centrali del teatro di Schéhadé: il tema della perdita di un valore assoluto, naturale, semplice ma sempre più lontano da noi, e il contrasto tra la vita e l’immagine della vita stessa. Su quest’ultimo aspetto è imperniata La serata dei proverbi (La soirée des proverbes, 1954), opera dall’andamento aforistico e lieve, stemma stilistico anche della Storia di Vasco (Histoire de Vasco, 1956), commedia antimilitarista, scritta nel periodo della guerra d’Algeria e portata in scena da Jean-Louis Barrault. Se con Le violette (Les violettes, 1960) l’attualità continua a essere fonte di ispirazione, con L’emigrato di Brisbane (L’émigré de Brisbane, 1965) e L’abito fa il monaco (L’habit fait le prince, 1973), Schéhadé ritorna a quella poeticità del testo teatrale che aveva caratterizzato le sue prime produzioni e che fa pensare, per affinità di toni e di ispirazione, alla poesia di García Lorca, di Valle-Inclán, di Audiberti.

Seabra

Formatasi in Brasile con Tatiana Leskova, dopo il debutto nel Corpo di Ballo dell’Opera di Rio de Janeiro, nel 1979 si trasferisce in Italia dove per due anni è solista all’Aterballetto. Entrata alla Scala nel 1981, ne diventa prima ballerina nel 1987. Elegante e sensibile interpreta molti balletti del repertorio classico e moderno, spesso a fianco di étoile internazionali (Rudolf Nureyev, Laurent Hilaire, Fernando Bujones), primeggiando in ruoli lirici e lunari ( Il lago dei cigni ) e in coreografie di pure linee neoclassiche ( Balletto Imperiale di G. Balanchine).

Scotti

Tino Scotti recitava in milanese. Si sottolinea che recitava in milanese per indicare la differenza che correva tra lui e gli altri attori che, pur nati a Milano, non sono stati mai, o solamente in saltuarie occasioni, attori dialettali, in quanto, morto Ferravilla, che era stato maestro della Galli, il teatro dialettale milanese era andato inevitabilmente declinando nella piatta imitazione dei tipi ferravilliani o tra le musichette del vaudeville rivistaiolo. L’attore fu scoperto dal talent-scout del cinema italiano Mario Mattoli che, nel 1940, lo volle accanto a Macario nel quarto film girato con il comico piemontese Non me lo dire. Era diventato attore poco alla volta. Prima le trovate del caricaturista, le battute ispirate da giornali umoristici come il “Marc’Aurelio”, poi la maniera di porgerle, studiata per necessità. Aveva onorato tutto l’itinerario del teatro minore di rivista prima della guerra, ai tempi delle compagnie di Rip e Bel Ami, del padre di Marisa Maresca, di Gondrano Tucci, Dedé Di Landa e della compagnia di Erszl Paal.

Prima di avere l’agognata scrittura cinematografica e la gloria, aveva calcato un’infinità di palcoscenici, ma il vero successo l’aveva raggiunto solo nel 1950 con il primo film tutto per sé È arrivato il Cavaliere di Metz, Marchesi, Steno e Monicelli, tratto dalla rivista Ghe pensi mi! E proprio questo personaggio, il Cavaliere, con l’altro, quello del Bauscia, fu la caratterizzazione più riuscita di un attore che non affinò mai a fondo le proprie doti naturali alternandosi tra le due facce perennemente agitate della stessa maschera: da una parte il lestofante, il truffaldino, lo spaccone vigliacco e millantatore, dall’altra l’industriale ciarliero, due poco di buono squassati da una recitazione epilettica.

Il grande successo, legato soprattutto alle interpretazioni cinematografiche, durò poco, meno di un decennio, ma nel contempo l’attività di Scotti si arricchì di alcune valide esperienze nel teatro di prosa affermandosi, a partire dal 1960, con esperienze shakespeariane: Pene d’amor perdute per la regia di Enriquez, Sogno di una notte di mezza estate (1963); quindi Le baruffe chiozzotte di Goldoni (1964) con Strehler e Donna amata dolcissima (1969) di Arpino, allo Stabile di Torino. Da ricordare poi nel 1970 una parte nel film di Bertolucci La strategia del ragno e, sul finire della carriera, nel 1977 il varietà televisivo “Bambole non c’è una lira”. S. fu attore dalla loquela frenetica, dal baffetto inquieto e dall’energia irrefrenabile degli occhi perennemente in movimento, e quindi, in sintesi, fu, secondo i suoi amati giochi verbali, come il titolo di una sua famosa rivista del 1953, Agitatissimo , e, ancora, come recitava in un proverbiale carosello andato in onda dal 1958 al ’74, soprattutto in questo caso, «Basta la parola».

Shubert,

I fratelli Shubert furono tre e sono stati i più importanti e i più ricchi proprietari di teatri in tutti gli Usa. Il loro impero, che esiste ancora, comprende teatri, circuiti, diritti su testi e traduzioni, edizioni musicali e quant’altro attiene allo spettacolo teatrale. I tre S. nacquero tutti a Syracuse: Lee nel 1875 (morirà a New York nel 1953), Sam nel 1876 (muore in un incidente nel 1905), Jacob nato nel 1880 e morto nel 1961. Sam, il secondo, fu in realtà il primo a occuparsi di teatro, ma la figura più importante fra i tre è quella di Lee. Intorno al 1900 gli Shubert si trasferirono a New York e cominciarono a prendere in affitto o, dove potevano, ad acquistare, teatri; si scontrarono con l’allora potentissimo Theatrical Syndicate, proprietario di gran parte delle sale teatrali, ma avevano l’aiuto delle banche e dopo una guerra durata, con alterne fortune, circa venti anni, riuscirono a prevalere. Sono proverbiali gli scontri con grandi produttori, come Ziegfeld, da quando, negli anni ’10, gli S. estesero la loro attività alla produzione, edizione e gestione delle carriere di alcune star. Nel 1924 i tre fondarono la Shubert Theatre Corporation, che estese il loro controllo su tutto il teatro americano. Nel 1949, quando il governo federale intentò contro di loro un’azione anti-trust, gli Shubert possedevano quindici dei trentadue teatri principali di New York, sette dei nove teatri a Chicago e tutti quelli di Detroit, Boston, Baltimora, Cincinnati, Philadelphia, Pittsburgh, Los Angeles e altre città minori. Alla morte di Lee, il loro patrimonio era valutato in trecento milioni di dollari dell’epoca.

Sciascia

L’avvicinamento al teatro da parte di Leonardo Sciascia avviene negli anni ’60: si tratta di un approdo spontaneo, data la struttura intimamente dialogica della narrativa di Sciascia. In tal senso si giustifica la riduzione di numerosi romanzi (presso lo Stabile di Catania sono stati messi in scena gli adattamenti, curati da Ghigo De Chiara, di A ciascuno il suo , Il consiglio d’Egitto e Candido). Significativo – perché di fatto segna il debutto teatrale di un’opera di S. – l’adattamento di Il giorno della civetta , curato da Giancarlo Sbragia al Teatro stabile di Catania nel 1963; dell’anno successivo è la traduzione-capovolgimento de I mafiusi alla Vicaria di Palermo di Rizzotto e Mosca, allestita al Piccolo Teatro di Milano nel 1966. I due testi scritti direttamente per il teatro sono L’onorevole (Torino 1966) e Recitazione della controversia liparitana (Catania, Teatro delle Muse 1970; ripresa nel 1971 con la regia di M. Missiroli): il primo, incentrato sulla trasformazione di un professore perbene in un politico corrotto, nasce dal bisogno di «misurare le censure istituzionali, ambientali e psicologiche del nostro Paese»; il secondo propone, in chiave storica, il conflitto tra potere ecclesiastico e statale. Il lavoro di Sciascia si è anche rivolto alla televisione: nel 1971 viene trasmessa la commedia Gioco di società (da cui ha successivamente tratto l’atto unico Il sicario e la signora , allestito nel 1985). Nel 1972 è la volta del film Bronte. Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato di F. Vancini, per cui collabora alla sceneggiatura (insieme a N. Badalucco, B. Benedetti, F. Carpi e lo stesso Vancini). Del 1989 è l’atto unico, realizzato con la collaborazione di Antonio Di Grado, Quando non arrivano i nostri .

Sagna

Allieva del pittore Felice Casorati, Anna Sagna si avvicina alla danza studiando con Bella Hutter, Etienne Decroux, Harald Kreutzberg e Jean Dubuffet. Nel 1970 in onore della sua maestra crea il gruppo di danza contemporanea Bella Hutter, dagli anni ’80 battezzato Sutki. Con questa formazione capostipite della nuova danza torinese, caratterizzata da un linguaggio che fonde insieme danza, teatro, mimo e arti plastiche, realizza vari spettacoli tra i quali Sutki (1970), Igor (1989), Orme (1994), La tragedia è sfinita (1997).

Smart

Fondato nel 1946 da Billy S., impresario di luna park, il circo S. diviene uno dei più popolari del Regno Unito e si caratterizza per i numeri di animali e le figurazioni a tema. Negli anni ’70 S. inventa la tendenza del circo natalizio televisivo, divenendo popolare in tutto il mondo. Dagli anni ’80 l’attività del circo S. è limitata al solo periodo invernale. Tra gli eredi è celebre Yasmine S., considerata tra le migliori cavallerizze al mondo.

Salemme

Dopo una prima esperienza in palcoscenico con Tato Russo, nel 1977 Vincenzo Salemme approda nella compagnia di Eduardo De Filippo, con cui partecipa a una ripresa televisiva di Il cilindro accanto a Monica Vitti e Ferruccio De Ceresa. L’intensa collaborazione con Luca De Filippo, che durerà fino al 1992, lascia un segno profondo nel suo lavoro registico e drammaturgico. Gli argomenti delle sue commedie sono legati agli ambienti e al repertorio partenopeo, e prendono spunto dalla cronaca e da temi sociali: l’handicap in Passerotti e pipistrelli?, la malattia mentale in E fuori nevica, la vendita degli organi in Premiata pasticceria Bellavista. Regista versatile, talora eccede in interpretazioni bozzettistiche e parodistiche. Al cinema partecipa a Sogni d’oro, Bianca e La messa è finita di N. Moretti.

Saroyan

Già noto come autore di racconti, esordì in teatro nel 1939 con due opere Il mio cuore è sugli altipiani (My Heart’s in the Highlands) e I giorni della vita (The Time of Your Life), che riproponevano il tema dell’uomo comune alle prese con la società – in termini alieni sia dal realismo sia dall’impegno sociale proprio di quegli anni – e approdavano a conclusioni ottimistiche, con scivolate verso la favola edificante. I felici anche se fragili risultati di queste commedie non trovarono conferma nei testi successivi, fra i quali si possono citare Gente magnifica (1941) e l’atto unico Hello, di fuori (1942).

Serreau

Figlia del regista Jean-Marie e della traduttrice Geneviève Serreau, Coline Serreau inizia a recitare negli anni ’70, dopo aver compiuto studi di musica e di filosofia. Nel 1973 scrive e interpreta On s’est trompé d’histoire d’amour, con la regia di J.-L. Bertucelli. Recita quindi in Come vi piace di Shakespeare (1976) e in Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht (1979). Nel frattempo scrive e dirige alcuni film, uno dei quali, Tre uomini e una culla (Trois hommes et un couffin, 1985), la fa conoscere in tutto il mondo. S. affronta con un tono lieve e ironico i temi più scottanti che agitano la società contemporanea (la disoccupazione, la condizione femminile, l’immigrazione). Interpreta tutte le commedie di cui è autrice: Lapin Lapin (1986), Le théâtre de verdure (1987), Quisaitout et Grobêta (1993; ricordiamo l’allestimento per il Teatro di Genova, Tuttosà e Chebestia , nella traduzione di Stefano Benni, con Luca De Filippo e Lello Arena, 1993), tutte dirette da Benno Besson. Nel 1998 ha presentato un nuovo spettacolo, Le salon d’été, al Théâtre des Bouffes-Parisiens, di cui è stata anche interprete.

Schollar

Diplomata all’Istituto coreografico di Pietroburgo, allieva di Cecchetti, dal 1906 al 1920 Ljudmila Francevna Schollar ha danzato con il Balletto del Teatro Marijnskij. Crocerossina al fronte fra il 1914 e il 1916 è ferita due volte. Fra il 1909 e il 1914 ha preso parte alle stagioni parigine dei Ballets Russes di Diaghilev. Il suo talento di ballerina si è messo in luce soprattutto nei balletti di Fokin (Eunice, Carnaval, Petruska) e di Nizinskij (Jeux) ma è stata anche interprete del repertorio classico: Bajadera, Corsaro, Bella addormentata. Ha lasciato la Russia nel 1921 e ha danzato prima con i Ballets Russes di Diaghilev (sino al 1925) con il Teatro Colòn di Buenos Aires, con le compagnie di Ida Rubinstein e di Bronislava Nizinska (sino al 1935). Nel 1935 si è stabilita negli Stati Uniti e ha dato il via alla sua attività di insegnante, con il marito Anatolij Vil’tzak, prima a New York, poi a Washington e a San Francisco. Fra i suoi allievi, i migliori danzatori americani, fra i quali Nora Kaye, ma anche Heather Parisi.

Sanchez

Il più noto rappresentante del naturalismo in America Latina; si ispirò ai grandi autori del naturalismo europeo, Ibsen, Hauptmann, Tolstoj. Scrisse drammi realisti di ambiente rurale come Mio figlio, il medico (M’hijo, el dotor, 1903) e L’americana (La gringa,1904) oppure di ambiente urbano come In famiglia (En famiglia, 1905), e I morti (1905). Autore di grande successo, le sue opere furono recitate anche dalle compagnie italiane di Novelli e Eleonora Duse durante le tournée a Montevideo e Buenos Aires.

Scottish Ballet

Erede del piccolo complesso Western Theatre Ballet, fondato nel 1956 su iniziativa di Elizabeth West e attivo dal 1957, inizialmente con coreografie della stessa West e di Peter Darrell. Nel 1960 la compagnia Scottish Ballet partecipa al Sacre du printemps di Maurice Béjart a Bruxelles. Dopo la morte della West nel 1962, Darrell prosegue la sua attività con avventurose creazioni che attirano molta attenzione (The Prisoners, 1957). Sonate à trois di Béjart e The Lesson di Flemming Flindt sono entrati nel repertorio: Darrell preferiva i soggetti drammatici. Con Darrell direttore artistico, la compagnia si trasferisce a Glasgow, adottando (dal 1974) il nome attuale e intraprendendo tournée in patria e all’estero; accanto ai balletti del prolifico Darrell (anche in tre atti, come Mary Queen of Scots e The Tales of Hoffmann) propone gli abituali classici e invita specialisti danesi a montare La Sylphide e Napoli di Bournonville. Dopo la morte di Darrell nel 1987, Nanette Glushak è stata direttrice artistica, seguita da Galina Samsova dal 1990 al 1997, quando lo Scottish Arts Council ha messo in forse il futuro della compagnia.

Salacrou

Il primo testo di Armand Salacrou rappresentato – in precedenza aveva pubblicato Le casseur d’assiettes (1923) – è Tour à terre (1925), messo in scena da Lugné-Poe; le critiche non sono favorevoli. Comincia a farsi conoscere con le opere successive: Patchouli (1930), Atlas-Hôtel (1931), Une femme libre (1934). Il successo arriva nel 1935 con L’inconnue d’Arras , una meditazione sulla morte e sul destino dell’umanità presentata attraverso il ricordo del protagonista in punto di morte. L’opera rivela una caratteristica del teatro di Salacrou, in cui i personaggi si agitano nella contraddizione tra il bisogno di Dio e l’impossibilità della fede. S. denuncia le tare del mondo in cui vive, offrendo però al pubblico la possibilità di abbandonarsi al sollievo di una risata; come ha detto di lui Colette, «mescola il sale e lo zucchero».

In La terre est ronde (1938), attraverso la vicenda storica di Savonarola, ha l’occasione di parlare della seduzione del male e del vizio; in Histoire de rire (1939), sotto l’apparenza di una commedia leggera, affronta il tema dell’amore coniugale e del tradimento; in Les nuits de la colère (1946) affronta l’attualità, mettendo a confronto partigiani e collaborazionisti (è il testo che Strehler inserirà nella stagione inaugurale del Piccolo Teatro: Le notti dell’ira , 1947); in L’archipel Lenoir (1947) una famiglia borghese, per salvare la propria rispettabilità, decide di spingere al suicidio l’anziano patriarca, che si è macchiato di un crimine infamante; in Boulevard Durand (1960) la trama è suggerita da un fatto di cronaca, la morte di un militante sindacale nella sua cella. Il nichilismo dell’autore si esprime pienamente in La rue noir (1967); ma, al di là della constatazione dell’inutilità dell’agire umano, i personaggi di Salacrou comunque non rinunciano alla vita.

Savinio

«La prima volta che misi piede in un teatro, avevo sì e no cinque anni. Ciò avveniva a Volo, in quell’antica Jolco che vide salpare gli Argonauti alla conquista del vello d’oro». Fu precoce la fascinazione di Alberto Savinio per il teatro: quando lasciò ancora ragazzo la patria adottiva greca, salpando per l’Italia con il fratello Giorgio De Chirico, il sognato approdo era la conquista della scena teatrale. A questa meta affinò le armi di musica e teatro; e se la sua versatilità lo indusse a cimentarsi anche nelle vesti di pittore e scrittore, ottenendo solidi riconoscimenti postumi, nell’ambito della produzione di prosa e per la danza un processo di rivalutazione critica è tuttora in corso. Gli esordi di S. compositore avvennero nella Parigi di Apollinaire e dei Ballets Russes.

Tra il 1912 e il ’13 vi scrisse tre balletti: Deux amours dans la nuit (inedito, forse la sua migliore partitura), Persée (soggetto di Fokine; rappresentato a New York, Metropolitan, nel 1924) e La morte di Niobe (allestito a Roma nel 1925, con scene di De Chirico, al Teatro d’Arte diretto da Pirandello). Poi intervenne una lunghissima pausa nella produzione ballettistica, interrotta solo da Ballata delle stagioni (Venezia, La Fenice 1925) e da un ultimo titolo su commissione di Aurelio Milloss, Vita dell’uomo (Roma 1948, Scala 1951). Agli anni ’20 risale invece la prima prova teatrale, Capitan Ulisse (1925, rappresentata nel 1938), le cui gravi difficoltà di allestimento, e l’esito alquanto contrastato della `prima’, tennero S. lontano dal teatro per un altro decennio. Seguirono Il suo nome (1948), La famiglia Mastinu (1948), Alcesti di Samuele (Milano, Piccolo Teatro 1950, regia di Strehler) e Emma B. vedova Giocasta (Roma, Teatro Valle 1952, interprete Paola Borboni che lo incluse nelle sue serate di monologhi fino al 1958).

Episodico ma denso fu il contributo di Alberto Savinio alla critica teatrale, che esercitò tra il 1937 e il ’39 sul settimanale “Omnibus” diretto da Leo Longanesi (contributo ora raccolto in volume con il titolo Palchetti romani), e concentrata in pochi anni fu l’attività di regista, scenografo e costumista per il teatro d’opera. Accanto alle scene e ai costumi per Oedipus rex di Stravinskij e I racconti di Hoffmann di Offenbach (Scala 1948 e 1949), di particolare riuscita e assai apprezzato risultò l’allestimento dell’ Armida di Rossini, di cui firmò anche la regia (Firenze, Maggio musicale 1952), che segnò una tappa non marginale nell’evoluzione del gusto della messa in scena del teatro lirico in Italia. Tanto nel teatro che nel balletto, S. aspirò a un dinamico `teatro metafisico’, di clima strettamente affine e complementare a quello suscitato da De Chirico con la spazialità sospesa della sua pittura. Egli mirò a intessere un dialogo intriso di scetticismo tra gli archetipi della mitologia greca, rivisitati con ironia assieme tagliente e affettuosa, e l’anticonformismo più iconoclasta delle avanguardie.

Ricorrente nei suoi testi è il desiderio, che lo approssima a Cocteau, di far scendere le figure degli statuari miti greci dai loro piedistalli perché affrontino, come strani angeli caduti per sbaglio sulla terra, le angustie delle banalità borghesi e quotidiane del nostro tempo. Permeato di uno spirito surrealista da lui originalmente rivisto, il suo teatro si gioca tutto sull’abile montaggio di umori eterogenei. Ora si vena di una razionalistica nostalgia del mondo classico; ora si apre a riletture in chiave psicoanalitica (come nel monologo Emma B. vedova Giocasta, in questi anni riproposto con la regia di E. Marcucci da Valeria Moriconi); o ancora, è capace delle inaspettate cadenze di un malinconico esistenzialismo, il cui sguardo si posa a scrutare con vigile distacco tra le pieghe più dolorose della quotidianità.

Scapino Ballet

Fondata nel 1945 ad Amsterdam con intenti didattici e divulgativi da Hans Snoeck, sotto la sua direzione (1945-70) e quella successiva di Armando Navarro (1970-86) la Scapino Ballet ha sviluppato un repertorio molto vario basato sulla tecnica classica (Coppelia, Lo schiaccianoci) e rivolto prevalentemente a un pubblico infantile e di età scolare. Con la direzione del coreografo Nils Christe (1986-93) ha gradualmente modificato il suo indirizzo artistico, mantenendo una linea popolare ma maggiormente concentrata sulla qualità della proposta coreografica, con balletti ‘narrativi’ di autori come lo stesso Christe (Pulcinella, 1988; Cenerentola, 1989); ma anche Jirí Kylián (Piccolo mondo) e Hans Van Manen (Septet extra, the sound of music ) e con un ampio spazio a giovani autori olandesi (Ed Wubbe, Jan Linkens, John Wisman). Diventata nel 1991 la compagnia ufficiale di Rotterdam, dal 1993 è diretta da Ed Wubbe, che ha arricchito il suo repertorio di lavori a serata come Kathleen (1994), Romeo & Julia (1995), Nico (1998), e programmi tematici come Serata Stravinskij (1996).

Siegfried & Roy

Dal 1980, a Las Vegas, hanno rilanciato la tradizione della rivista magica stabile servendosi delle più moderne tecnologie teatrali e basandosi sull’impiego di animali selvatici, in particolare di decine di tigri bianche, impegnandosi anche nell’allevamento e protezione in riserve di specie rare. Per un ventennio i numeri di S. e R. hanno fissato ed elevato gli standard di riferimento dell’arte illusionistica. Nel 1995 l’Hotel Mirage di Las Vegas ha inaugurato il Siegfried & Roy Theatre, costato cinquanta milioni di dollari, i cui spettacoli hanno battuto ogni record storico di incassi.

Skibine

Figlio d’arte (il padre era nel Corpo di ballo della compagnia di Diaghilev), George Borisovic Skibine studia con la Preobrajenska e con Lifar mentre lavora con il Bal Tabarin. Nel 1937 debutta come ballerino classico nel Ballet de la Jeunesse e successivamente entra a far parte del Ballet de Monte-Carlo diretto da Massine (1938-39) e della compagnia di De Basil (1939-41). Nel 1941 lavora con Fokine in Petrushka , Barbe Bleue e Sylphides (dove danza con la Markova). Dopo aver svolto servizio nell’esercito torna a danzare nel 1946 nella compagnia di Markova-Dolin ( Sylphides , Casse-noisette, Giselle), quindi entra come primo ballerino nel Grand Ballet de Monte-Carlo del Marchese de Cuevas dove rimarrà fino al 1956. Con la moglie Marjorie Tallchief, conosciuta nella compagnia di de Cuevas, è ospite del Chicago Ballet (1956) ed étoile all’Opéra di Parigi (1957). Dal 1950 inizia a svolgere attività di coreografo: Tragédie à Verone (1950), Annabel Lee (1951), Idylle (1954), Romeo e Giulietta (1955) sono tra le sue coreografie di maggiore ispirazione romantica, cui seguono Concerto (1958), Les noces (1962), L’uccello di fuoco (1967), Carmina burana (1970). È stato direttore di balletto e coreografo dell’Opéra di Parigi (1958-62), e direttore artistico dell’Harkness Ballet (1964-66) e del Civic Ballet di Dallas (dal 1969).

straniamento,

Effetto di straniameto è espressione coniata da Brecht nella definizione del teatro epico; il Verfremdung Effekt o V-Effekt indica la presa di distanza critica rispetto al mondo rappresentato in scena che si ottiene nello spettatore e ancor prima nell’attore. Nel `teatro epico’ l’attore non si identifica col personaggio, ma lo mostra mettendo in evidenza le determinazioni storico-sociali del suo comportamento. Le tecniche dello straniamento, che comprendono recitare le didascalie, far parlare il personaggio in terza persona, uso di cartelli, di cori, di canzoni e musica, fungono da commento all’azione drammatica rappresentata, impedendone l’effetto illusionistico e l’immedesimazione dello spettatore.

Silveri

Inizia la carriera come attore in compagnie di giro, dedicandosi all’avanspettacolo. Nel 1961, insieme al fratello Piero Mazzarella, lavora nella compagnia del Teatro Gerolamo, diretta da Carletto Colombo; terminata quell’esperienza, continuerà a lavorare con Piero, diventando anche autore e regista del suo teatro comico dialettale, prima al Teatro San Calimero, poi al Teatro Ariberto. Nel 1990 fonda TeatroSempre, centro tecnico-formativo di avviamento alla professione di attore. Prosegue la sua attività al milanese Teatro della Quattordicesima, con la compagnia Mazzarella-TeatroSempre.

Schönherr

Scrive drammi patriottici di grande successo usando il dialetto tirolese come Glaube und Heimat , che viene rappresentato a Vienna nel 1910 e tratta della cacciata dei contadini protestanti dall’Austria al tempo della controriforma. Sempre a Vienna viene rappresentato nel 1915 Der Weibsteufel, ispirato a Strindberg, su di un infernale rapporto di coppia in un albergo di montagna abbandonato. Il dramma è poi messo in scena da Reinhardt a Berlino con Lucie Höflich e Max Pallenberg. Altre opere da lui scritte sono Erde del 1907, Narrenspiel des Lebens (1918), Der Armendoktor (1927), Passionspiel (1933).

Semenjaka

Entra nel Balletto del Teatro Kirov nel 1970 dopo avere terminato l’Istituto coreografico di Leningrado. Dal 1972 al 1990 danza con il Teatro Bol’šoj di Mosca dove debutta come protagonista nel Lago dei cigni . Danzatrice lirico drammatica, dotata di naturali linee armoniose, sa unire la purezza dell’accademismo pietroburghese all’intepretazione emotiva della scuola moscovita. È interprete dei principali ruoli del repertorio ottocentesco e sovietico. Terza al concorso di Varna del 1972, seconda al concorso Pansovietico di Mosca del 1972 e primo premio al concorso internazionale di Tokyo del 1976.

Silvani

Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, debuttò in teatro nel 1914 con la Compagnia del Grand Guignol, dove restò tre anni. Recitò poi con G. Tumiati, impegnandosi in repertorio di teatro d’arte. Dal 1929 al 1935 diresse un Carro di Tespi. Fu poi regista radiofonico all’Eiar e dal 1941, pur continuando l’attività in palcoscenico, si dedicò con assiduità al cinema (dove aveva debuttato nel 1934), anche come doppiatore. Tra l’altro, S. prese parte ai film La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) di F. Fellini.

Scala

Coltivando la sua vocazione per lo spettacolo, si iscrisse a otto anni alla scuola di danza della Scala di Milano, dove si era trasferita con la famiglia. Il primo tempo della sua carriera, col volto di ragazzina acqua e sapone che contrastava con il prototipo della maggiorata di allora, appartiene al cinema. Partecipò a moltissimi film d’epoca, da Anni difficili del 1947, di L. Zampa, che ebbe il merito di scoprirla, a I teddy boys della canzone del 1960: in mezzo ci sono titoli come Napoli milionaria , Come scopersi l’America con Macario, Bellezze in bicicletta con la Pampanini, con un esempio drammatico in Roma ore undici e un giallo in Grisbì. Ma naturalmente la sua affermazione appartiene al teatro, quando, apparendo una sera del settembre del 1954 al Lirico di Milano, in Giove in doppiopetto e trionfando subito accanto a Dapporto, rivoluzionò l’immagine classica della soubrette dal fastoso guardaroba e dal rimmel in camerino. Furono Garinei e Giovannini a lanciarla dopo un’accanita gara sulla paga con Paone, in quel fortunato spettacolo ispirato a Plauto, il primo che vantava una vera trama, pur ancora in mix con la rivista (vedi il personaggio di Agostino, presente nel secondo tempo) e si replicò per due anni. Nello spettacolo la ragazzina era una giovane sposina (“Ho il cuore in Paradiso”) sedotta niente meno che da Giove. La S., show girl e non più soubrette, alle doti di attrice, aggiungeva la preparazione atletica come ballerina, che le permetteva exploit acrobatici come nel “Mambo dei grappoli” (sempre in Giove in doppiopetto), in cui saltava su un tamburo-tinozza elastico decorato con grappoli d’uva per decine di volte consecutive, provocando l’entusiasmo del pubblico. La maliziosa, moderna, la simpatica S. avrà una carriera breve, per sua volontà (non sopportava più, dopo un attacco di appendicite, la fatica e la disciplina delle tournée), ma intensa e redditizia. Pochi titoli dunque, tutti di casa Garinei e Giovannini, che sono rimasti nella storia della rivista e del musical. Si va da Buonanotte Bettina (1956) con Walter Chiari con cui formò un’indovinata coppia giovane per satireggiare i best seller scandalistici alla Sagan al musical liberty L’adorabile Giulio (1957), con l’edipico `padre’ teatrale Dapporto, nel consolidato ruolo dell’attore viveur, e Teddy Reno (che, non a caso, le dedicava l’orecchiabile refrain di Kramer Simpatica). Nel 1958 in Un trapezio per Lisistrata , uno degli spettacoli più riusciti e originali della `ditta’, coreografato da Donald Saddler, vestito da Coltellacci, l’attrice fa la volitiva, combattiva, moglie che sciopera e fa scioperare contro i mariti, saltellando sulla popolare colonna sonora di Kramer, che comprende Donna e Raggio di sole, che resteranno best seller del Quartetto Cetra. Dopo una storica edizione di “Canzonissima” nel 1960 a fianco di Panelli e Manfredi, la S. affronta nel 1964 un musical coniugale da camera, con soli due protagonisti che cambiano identità e parentela, intorno al balletto che interviene solo se evocato: lei e Rascel, impegnati in una schermaglia di marito e moglie a zig zag nel tempo. Ma prima la coraggiosa S. – che ha avuto, nel corso del tempo, tempestose, tragiche, sfortunate, vicissitudini sentimentali e anche di salute – era stata nel 1960 la star di uno show monografico a lei dedicato, Delia Scala Show, allestito, per uno di quei fortunati casi del teatro, con la complicità del trio comico Ucci-Garinei-Sposito. Seguì lo storico kolossal Rinaldo in campo, con le camice rosse garibaldine, celebrazione risorgimentale ad alto tasso spettacolare, un musical scritto come una commedia drammatica, il primo con un personaggio che muore in scena. E per la prima volta è assente la passerella, con gran delusione dei fans che, per il finale, occupavano per tradizione, festosamente, i corridoi del teatro arrivando alle prime file dai posti in piedi del fondo. L’ultimo spettacolo della soubrette fu, nel 1964, un musical di fama e gradimento internazionale, My Fair Lady, allestito dalla produzione di Lars Schmidt con Remigio Paone e tratto dalla commedia di Shaw Pigmalione. In contemporanea con il trionfo del film di Cukor interpretato da Audrey Hepburn e Rex Harrison, il My Fair Lady italiano non ha nulla da invidiare alle celebrate edizioni straniere: fu uno spettacolo elegante, di grande stile, amatissimo, provvisto di una colonna sonora che tutti canticchiano; e in cui D. S. dimostrava come e quanto aveva raffinato le sue doti, accanto a un gruppo di magistrali attori di prosa come Gianrico Tedeschi (Higgins), Mario Carotenuto, la doppiatrice del birignao suadente Tina Lattanzi. Oltre alla sua esemplare carriera teatrale (da cui si ritirò a soli trentacinque anni), l’attrice vanta un curriculum televisivo intenso, che comprende una rivista a schema coniugale con Nino Taranto (“Lui e lei” nel 1956 di Marchesi e Metz), “Signore e signora” con Buzzanca, il serial di “Casa Cecilia” seguito da un altro impegno di tipo familiare sulle reti Fininvest, “Io e la mamma” con Scotti e altre partecipazioni che l’hanno sempre confermata come uno dei volti più cari al pubblico.

Stoppa

Dopo aver frequentato la scuola di recitazione dell’Accademia di Santa Cecilia, ventunenne Paolo Stoppa iniziò la carriera teatrale come attore comprimario nella compagnia Capodaglio-Racca-Olivieri. Nel 1928 passò con A. Gandusio, il quale lo impiegò nei ruoli cosiddetti `spigliati’, ovvero brillanti. Dal 1930 al 1935 recitò anche in altre formazioni: Ricci, Picasso, Dina Galli. Nel frattempo si fece notare in piccole parti comiche anche al cinema (Re burlone , 1935; Giorni felici, 1942), quel cinema italiano di cui diventerà uno dei più grandi caratteristi in decine e decine di film. Nel 1938 entrò nella compagnia dell’Eliseo a Roma, dove affrontò un repertorio più impegnativo, anche in alcuni testi shakespeariani (La dodicesima notte, Le allegre comari di Windsor). Data da allora l’incontro con l’attrice Rina Morelli, che diventerà la sua compagna nella vita e sulla scena; insieme formeranno, per trent’anni, una delle coppie più brave e affiatate del teatro italiano.

Nell’autunno del 1945 un altro incontro determinante, quello con Luchino Visconti: incontro grazie al quale si determinerà uno dei più importanti fenomeni teatrali del dopoguerra. Sotto la regia di Visconti, S. e la Morelli danno vita a un’importante impresa, della quale fanno parte i più giovani G. De Lullo e M. Mastroianni. L’attore ottiene grandi successi, fra l’altro, in Delitto e castigo di G. Baty, da Dostoevskij (1946), e in Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller (1951); il protagonista di quest’ultimo dramma, Willy Loman, diventerà uno dei suoi personaggi preferiti e suo `cavallo di battaglia’. Il suo repertorio si arricchisce anche di grandi testi goldoniani, a cominciare da La locandiera (dove fornì grande risalto al conte di Forlimpopoli) e L’impresario delle Smirne . Altri grandi successi furono Tre sorelle e Zio Vanja di Cechov, nonché Vita col padre di Lindsay e Crouse.

Memorabili anche certe sue interpretazioni shakespeariane: Rosalinda (dove fu un `fool’ tutto stupore e stizza infantili) e Troilo e Cressida (Firenze, Boboli 1947), dove seppe insinuare nella figura di Pandaro una lama di chiaroscurata viltà. Proprio il lungo cammino accanto a Visconti (che lo utilizzò anche al cinema: si veda Rocco e i suoi fratelli, 1960, con cui Stoppa meritò un Nastro d’argento al festival di Venezia) ha fatto sì che l’attore romano – attraverso un’ammirevole e sorprendente evoluzione – diventasse uno dei più completi attori italiani; e questo a dispetto di un fisico poco prestante e di una dizione non immune da certa coloritura regionale.

Con fertilità ed estrosità di umori, e con sempre eguale fortuna, Stoppa seppe passare dal repertorio classico alla più agguerrita drammaturgia contemporanea (soprattutto americana, ma non solo). L’avvento della televisione lo vedrà sovente sul video, a dare vigorosa caratterizzazione a personaggi di fortunati sceneggiati: si vedano i suoi successi in I Buddenbrook , Vita col padre , Demetrio Pianelli , ma anche in Questa sera parla Mark Twain. Negli anni ’60 l’attore è allo zenith della sua arte teatrale: valga per tutte l’impagabile interpretazione di Gaev nel Giardino dei ciliegi di Cechov (1965), diretto da Visconti. Nel 1976, la morte della Morelli e di Visconti risulteranno per lui traumatiche; solo due anni dopo tornerà alle scene, al festival di Spoleto, in Gin game di Coburn. Per la regia di Patroni Griffi interpreterà anche L’avaro di Molière; mediocre sarà invece il risultato quando si farà dirigere dal giovane Memé Perlini in Il mercante di Venezia (1980). Con un soprassalto d’orgoglio, nel 1984, ormai alla fine di una carriera esemplare, farà in tempo a essere un inedito Ciampa nel pirandelliano Berretto a sonagli diretto da L. Squarzina.

Sipario Toscana,

La fondazione Sipario Toscana è un’organizzazione teatrale rivolta sopratutto al pubblico giovanile. Il Centro Teatro Ragazzi e Giovani, come fondazione Sipario Toscana nasce nel 1993 sulle ceneri della Cooperativa Sipario dedicandosi ad attività di produzione, programmazione e formazione rivolte al pubblico giovanile, attraverso il contributo dello stato e della regione Toscana. Direttore artistico è il regista Alessandro Garzella che si avvale della collaborazione di un nucleo artistico formato da Donatella Diamanti: drammaturga, Letizia Pardi: attrice e Fabrizio Cassanelli attore e regista. Il progetto culturale del Teatro Politeama fonda la propria originalità nella crezione di un luogo abitato dai giovani all’interno del quale tutte le forme artistiche, senza esclusione alcuna, hanno diritto di cittadinanza. La fondazione Sipario Toscana  si è distinta, a livello nazionale, per la qualità artistica delle produzioni rivolte al mondo dell’infanzia e della gioventù, ponendo al centro della propria ricerca il lavoro dell’attore. Tra le esperienze artistiche di maggior rilievo ricordiamo: Alice per Marisa Fabbri; Pinocchio con Flavio Bucci; Peter Pan con Jerzy Stuhz; Le Bugie di Anna e Chiara di Donatella Diamanti.

Saint-Denis

Ruth Saint-Denis ha studiato recitazione, danze sociali e tecnica Delsarte, apprendendo in seguito la danza classica con Maria Bonfanti. Dopo le prime esperienze a Broadway e nei teatri di varietà degli Usa in spettacoli di David Belasco, ispirata da un cartellone pubblicitario della marca di sigarette Egyptian Deities ha inventato la prima delle sue danze orientali, Radha, The Dance of Five Senses (1904, musica da Lakmé di Léo Delibes), proposta nel 1906 nella seire dei New York Sunday Night Smoking Concerts insieme agli assoli The Incense e Cobras. Dal 1907 al 1909 è in Europa, dove viene accolta trionfalmente e dove intreccia una intensa relazione sentimentale e artistica con il poeta Hugo von Hoffmannsthal; rientrata successivamente negli Usa continua la sua attività di autrice creando Egypta e O-Mika, presentato anche in un lungo tour giapponese (1913).

Sposatasi con l’ex allievo Ted Shawn nel 1914, l’anno successivo ha fondato con lui a Los Angeles la Denishawn School, centro didattico di indirizzo eclettico, ben presto impostosi come primo centro americano per la danza moderna. A questo viene affiancata l’omonima compagnia, attiva fino al 1932, per cui ha firmato numerose produzioni, tra le quali si ricordano A Dance Pageant of Egypt, Greece and India (1916) e Orpheus and Eurydice (musica di Gluck 1918). Dopo lo scioglimento della compagnia, si è sempre più concentrata sullo studio e l’esecuzione di danze religiose, fondando la Società delle Arti Spirituali e la New York School of Natya nel 1940 e ha continuato a divulgare la sua filosofia di danza con dimostrazioni, seminari e conferenze fino alla scomparsa. Considerata insieme a Isadora Duncan una delle fondatrici della danza moderna americana, dotata di una non comune bellezza e di un forte carisma scenico ha tratto la principale ispirazione per la sua danza dal mondo orientale, sebbene avesse un’idea superficiale e imprecisa dei vari stili coreografici che andava proponendo. Ciò, tuttavia, non le ha impedito di elaborare danze mistiche fastose ed eleganti, ricche di musicalità e di notevole lirismo, grazie anche all’uso prezioso delle braccia, all’accuratezza delle pose e alla sontuosità dei costumi. Testimonianze del suo lavoro rimangono grazie ai documentari First lady of American dance (1957), Ruth St Denis and Ted Shawn (1958) e il film Radha (1941-1973). (s.p.).

Simpson

Ha scritto forti favole satiriche a sfondo filosofico che tendono a smascherare l’intima natura dell’uomo e le convenzioni sociali che lo circondano. La sua carriera si apre nel 1956 quando vince un concorso bandito dall'”Observer” con Un tintinnio risonante (A Resounding Tinkle); seguirono l’atto unico La buca (The Hole, 1958), Pendolo a una direzione (One Way Pendulum, 1959), The Cresta Run (1965) ed Era qualcuno? (Was He Anyone?, 1972). La sua comicità surreale, vicina al nonsense alla Edward Lear, gli ha conquistato un certo pubblico anche in Europa. Dopo l’insuccesso di Cresta Run , si è dedicato prevalentemente alla radio e alla televisione.

Scialoja

Teorico dell’arte in riviste come “Il Selvaggio”, “Mercurio”, “Il Mondo”, è stato interprete del teatro musicale esordendo come scenografo con L’opera dello straccione di R. Vlad al teatro Argentina di Roma nel 1943. Nello stesso anno fu tra i fondatori dell’associazione di registi, pittori e musicisti romani `Anfiparnaso’, con Savinio, Pandolfi e Petrassi (1943). Dal 1943 al 1956 ha collaborato con il coreografo Milloss. Ricordiamo Les mariés de la Tour Eiffel al Maggio musicale fiorentino del 1948, Morte dell’aria di Petrassi, dove fu anche autore del libretto, all’Eliseo di Roma nel 1950, Hungarica di B. Bartók all’Opera di Roma nel 1956.

Sainati

Figlio degli attori Ettore S. e Maria Bissi, si formò nella compagnia paterna, dove restò fino al 1897. Successivamente, nella compagnia di T. De Lorenzo e F. Andò, si specializzò nei ruoli brillanti, mentre alcuni anni passati a fianco di E. Zacconi fecero maturare il lato drammatico della sua recitazione. Divenne capocomico nel 1908, quando con la moglie Bella Starace-S. formò una compagnia intitolata al teatro del Grand Guignol. Il gruppo affrontò, fino al 1928, i testi dell’orrore francese ed un repertorio internazionale di buon livello.