Orfei

Figlio di Paolino Orfei ed Ersilia Rizzoli, si devono principalmente a Orlando Orfei la fama e il successo del nome Orfei e in parte il rinnovamento del circo italiano negli anni ’60. Seppur privo di grandi qualità tecniche, è dotato di un’enorme comunicativa, utile in pista e fuori, nel contatto con le istituzioni. Dopo la seconda guerra mondiale Orlando inizia la propria carriera di direttore di circo, cucendo assieme i brandelli dei teloni cerati dei mezzi belligeranti statunitensi. Dopo i primi, timidi successi, acquista un piccolo vero tendone e debutta a Modena (zona da allora prescelta dagli Orfei per importanti debutti): prende il nome di `Circo nazionale Orfei’ dei fratelli Orlando e Paride (quest’ultimo muore nel 1956, in pista, suonando la tromba). La crescita del complesso è inarrestabile, e con essa l’ingaggio di buoni artisti e l’acquisto di sempre nuovi animali. Attorno alla metà degli anni ’50 inizia la sua carriera di ammaestratore di belve che lo renderà celebre, segnalandolo per l’uso dello stile `in dolcezza’ e per il suo innato carisma di uomo di spettacolo. Nel proprio circo fa esibire l’acerba bellezza delle giovanissime Moira e Liana (chiamate sorelle Orfei, seppure solo cugine). Orlando prende parte a numerosi film, come attore o figurante, ed è ospite delle prime importanti trasmissioni televisive. Ormai famosissimo, imposta il proprio spettacolo in maniera insolita per il tempo, con molte concessioni alla grande rivista: fontane danzanti, parate, coreografie; estetica questa che rimane poi nel `Dna’ di tutti i grandi Orfei. Nel 1964 inizia a presentare un numero di iene ammaestrate che gli porta rinnovata notorietà. Sarà anche il primo circense ad avvicinare il circo alle istituzioni. Nel 1958 Giovanni XXIII incontra per la prima volta artisti circensi in Vaticano. Orlando, nominato presidente dell’Ente nazionale circhi, riesce anche a sensibilizzare la classe politica del tempo. Nel 1968 si trasferisce in Brasile, dove fonda con i propri figli, Alberto, Viviana, Mario e Maurizia, il `Circo nazionale italiano’ e dove gestisce un grande parco di divertimenti. Nel 1978 fa una breve rentrée come ammaestratore al circo del nipote Nando Orfei.

Houdini

Grande uomo di spettacolo, Harry Houdini è considerato il più celebre illusionista di tutti i tempi: specializzato nell’escapatologia, la capacità di liberarsi da qualsiasi manetta o uscire da qualsiasi cassa, baule o cella. Uno dei dieci figli di un rabbino ungherese emigrato negli Usa, H. è sin da giovanissimo appassionato praticante di attività sportive che fortificano il suo fisico. Debutta a diciannove anni, assieme a un partner, all’Esposizione colombiana di Chicago col nome The Brothers Houdini. Il nomignolo gli è ispirato da Eugene Robert-Houdin (1805-1871), celebre illusionista francese. Nel 1894 sposa Wilhelmina Beatrice Rahner, detta Bess, componente di una piccola compagnia teatrale itinerante, che diventa sua partner e compagna di tutta la vita. Nel 1895 riscuote i primi timidi successi riproponendo il vecchio trucco della `metamorfosi’: Bess viene chiusa ammanettata dentro un baule, sul quale viene sollevato un telo nero che, immediatamente abbassato, rivela l’artista libera e Harry Houdini incatenato al suo posto. Dopo una mezza dozzina d’anni in giro per piccoli circhi e side show , durante i quali frequenta altri personaggi destinati a fama duratura come i Keaton, nell’estate del 1899 Harry Houdini è scoperto da Martin Beck, uno dei più importanti agenti del mondo del vaudeville.

La sua carriera ha così un’impennata, che lo porta in un anno a essere considerato una stella di primo piano dell’ entertainment internazionale. Harry Houdini, dotato di notevole personalità e carisma scenico, comprende che deve trovare una strada per distinguersi nell’affollato panorama dei circuiti di varietà. Sceglie l’escapatologia e comincia a liberarsi da manette e camicie di forza portate dai componenti del pubblico. La grande notorietà arriva proprio all’alba del secolo, quando, il 5 aprile del 1900, nella prigione di Chicago, si fa perquisire e rinchiudere in una cella, dalla quale esce tre minuti dopo; la dimostrazione si ripete quasi a ogni città visitata. Harry Houdini ottiene così un enorme `ritorno’ pubblicitario: i suoi compensi crescono a dismisura, il suo nome diventa il primo in cartellone, i giornali lo intervistano e, da grande egocentrico e abile promotore di se stesso, modifica ad hoc il proprio passato. Nello stesso anno il primo tour europeo, che parte dall’Alhambra di Londra; in Inghilterra Harry Houdini fugge da celle che avevano trattenuto celebri criminali condannati a morte. Nel settembre del 1900, a Dresda, la polizia tedesca lo accusa di frode e lo denuncia. Inizia un processo che si conclude con la vittoria di Harry Houdini, il quale rivela, ma solo ai giudici, alcuni dei suoi trucchi di scena. In Germania viene chiamato `simbolo della libertà’ e `il Napoleone della réclame’.

Nel 1903 in Russia, nelle prigioni Butirskaja, viene legato e ammanettato dentro un carro destinato ai deportati in Siberia, dal quale esce in ventotto minuti. Il pubblico di ogni Paese è conquistato dalla miscela di sfida alle autorità costituite, mito del self-made man , illusionismo e culto del fisico e del bizzarro, oltre che dal fascino dell’assoluta segretezza delle sue tecniche. Nel 1905 torna negli Usa, dove firma un contratto di tre anni con il più grande circuito di teatri di varietà dell’epoca, il Keith-Albee. Alla ricerca di nuovi trucchi e trovate pubblicitarie, dopo lunghe prove per nuotare e resistere nell’acqua gelida, nel 1907 inizia a gettarsi nei fiumi dai ponti, ammanettato. Al primo lancio, il 6 maggio a Rochester (New York), assistono oltre diecimila spettatori. Da allora si getta in pratica in tutti i fiumi d’America, con incatenamenti che diventano sempre più complicati e spettacolari, fino a farsi rinchiudere in una cassa immersa nei corsi d’acqua. Lancia anche le `open challenges’, sfide aperte nelle quali invita gli spettatori a presentarsi con oggetti da dentro i quali prova a liberarsi. Con questo stratagemma riesce in realtà a farsi sponsorizzare da ditte che gli presentano oggetti di ogni tipo, come enormi palloni da rugby o gigantesche buste da lettera. Dimostra anche un interesse per la storia della magia, e comincia ad ammassare libri e altro materiale setacciando negozi di antiquariato. Scrive articoli e volumi di narrativa e saggistica; nel 1908 pubblica The Unmasking of Robert-Houdin , una storia della magia nella quale cerca di sconfessare il celebre illusionista dal quale ha preso il nome.

Appassionato pioniere dell’aeronautica, il 18 marzo 1910, durante una tournée in Australia, è il primo uomo a volare in quel continente. Nell’immaginario collettivo si afferma sempre più la sua figura di temerario. Ma anche in scena esegue trucchi spettacolari; resta celebre la `cella della tortura cinese’: l’artista si fa rinchiudere a testa in giù, con i piedi vincolati a un cavo e ammanettato, dentro un parallelepipedo di cristallo pieno d’acqua dal quale si libera in due minuti (esercizio ripreso anche nel famoso film di George Marshall con Tony Curtis: Houdini , 1953). L’esercizio è eseguito per la prima volta il 21 settembre 1912 al circo Busch, a Berlino. Inventa l’attraversamento di un muro di solidi mattoni, costruito in scena a piena vista. Nuova trovata da prima pagina: si fa appendere a testa in giù con una camicia di forza ai pennoni di altissimi grattacieli, con migliaia di spettatori a vederlo, nello spirito della cultura di massa del ventesimo secolo. Durante la prima guerra mondiale è molto attivo nell’organizzare spettacoli di beneficenza per le truppe; gli viene anche chiesto di dare ai soldati americani lezioni di sopravvivenza sott’acqua.

Nel 1918 inizia la carriera cinematografica con la serie The Master Mystery ; in seguito fonda due proprie compagnie di produzione, con alterna fortuna. Diventa famosissimo, è amico o conoscente di numerosi personaggi della cultura e della società del suo tempo; incontra i presidenti Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, frequenta Sarah Bernhardt, Jack London e la moglie Charmian. Nello stesso tempo scrive brevi racconti dell’orrore, alcuni in collaborazione con H.P. Lovecraft. Nel 1924, a cinquant’anni, inizia una crociata antispiritualista che gli porta una rinnovata, incredibile notorietà. Tutto nasce da una querelle con l’amico scrittore A. Conan Doyle (il noto creatore di Sherlock Holmes), convinto assertore delle capacità medianiche di Harry Houdini, il quale invece afferma di eseguire le proprie prodezze senza l’utilizzo di mezzi soprannaturali; pubblica così A Magician Among the Spirits , un libro contro le frodi dei finti medium, che allora andavano per la maggiore. Chiamato a far parte di un comitato della rivista “Scientific American”, smaschera gli inganni dei falsi medium riproponendo i presunti fenomeni paranormali nei propri spettacoli. La messe di articoli, editoriali e lettere prodotti da questi eventi sposta di fatto la figura di Harry Houdini dal campo dell’intrattenimento a un contesto sociale, religioso e scientifico.

Nel 1925 il suo spettacolo Houdini approda finalmente nel cartellone ufficiale di Broadway, in competizione con i maggiori attori dell’epoca. La rappresentazione dura due ore ed è divisa in tre parti: ‘Magic’, sessanta minuti di pura magia in omaggio ai grandi del passato (come Bartolomeo Bosco o il bistrattato Robert-Houdin); ‘Houdini Himself, in Person’, con esercizi che lo hanno reso famoso, dalla ‘metamorfosi’ alla ‘cella della tortura cinese’; ‘Do the Dead Come Back’, un’ora di forum sui falsi medium. Nello stesso periodo batte il record di Rahman Bey, un presunto fachiro che è riuscito a resistere un’ora all’interno di una cassa sigillata grazie a una ‘catalessi anestetica’; Harry Houdini rimane per un’ora e mezza in una bara, immersa nella grande piscina dell’hotel Shelton. È il suo primo esercizio di enterologia, piuttosto che di escapatologia: grande risonanza dei media, il “Times” titola «Houdini wins». Nell’ottobre del 1926, mentre è in tournée a Montreal, un fan entrato in camerino gli chiede se è vero che è in grado di sopportare qualsiasi forte colpo agli addominali e lo colpisce ripetutamente allo stomaco; il giorno dopo Harry Houdini si sente male durante lo spettacolo. Il 25 ottobre viene ricoverato a Detroit e operato; gli viene rimossa l’appendice, ma si è ormai prodotta una peritonite che, il 31 ottobre, lo porta alla morte.

Kounellis

Di origini greche, Jannis Kounellis si trasferisce a Roma a vent’anni. Esponente di spicco dell’arte povera, movimento teorizzato e sostenuto dal critico G. Celant alla fine degli anni ’60, dal 1968 si occupa frequentemente anche di teatro, traducendo in forma scenografica elementi delle installazioni da lui realizzate, ricche di riferimenti a una natura recuperata in ‘tempo reale’. Nei suoi allestimenti teatrali gli oggetti quotidiani assumono un’aura di mistero e spiritualità, sospesi in una loro inaccessibile estraneità. Dagli anni ’70 il tema ricorrente diventa invece quello del ritorno al passato, al mito, attraverso il recupero di frammenti della civiltà mediterranea. Le sue prime scenografie sono per Vita di Artaud di M. Diacono alla Filarmonica romana (musica di Egisto Macchi) e per I testimoni di T. Rózewicz, con la regia di Carlo Quartucci (1968). Con quest’ultimo, nell’arco di quindici anni, collabora a vari spettacoli: Il lavoro teatrale (Venezia, Biennale 1969), Scene di periferia (Roma 1978), Scena di romanzo, ovvero il mito di Robinson Crusoe di Daniel Defoe (Genova 1980), Didone e Uscite (Genazzano 1982), Funerale (Kassel 1982), tutti su testi di Roberto Lerici. Nel 1991 realizza scene e installazioni per Die glückliche Hand di Schönberg e per Neither di Feldman, rappresentati all’Opera di Amsterdam (regia di Pierre Audi); tre anni dopo cura, alla Staatsoper di Berlino, le scene per l’Elektra di R. Strauss (regia di Dieter Dorn) e nel 1995 torna ad Amsterdam per un trittico Schönberg, che accosta a Die glückliche Hand l’allestimento di Erwartung e Von heute auf morgen.

Orlan

Orlan sta attuando su se stessa una metamorfosi fisica e di identità tra le più radicali e controverse nel panorama artistico contemporaneo. Ha acquisito notorietà negli anni ’70 per alcune sue provocatorie performance, come Mesurages , in cui misurava spazi urbani e istituzionali con il proprio corpo trascinato per terra (rue Chateaubriand misura 55 `orlan’); Uno studio documentario: la testa della Medusa , dove una lente d’ingrandimento mostrava la vagina dell’artista con i peli pubici dipinti di blu e i monitor inquadravano i volti degli attoniti spettatori; Le baiser de l’artiste , realizzata per la Fiac (Foire international d’art contemporain): accanto a O. c’era una silhouette di plastica raffigurante un torso femminile nudo, che si trasformava in una macchinetta a gettoni da cinque franchi per la vendita di baci con lingua dell’artista (per questa performance O. venne licenziata dalla Académie des beaux arts di Lione); e Drappeggio barocco , nella quale si vestiva da Madonna e si circondava di simboli religiosi e mitologici. Successivamente ha realizzato lavori quali La reincarnation de Saint-Orlan où image. Nouvelles images (1990), con l’utilizzo del computer e del morphing. O. ibrida il suo volto con parti anatomiche di icone classiche femminili come la fronte di Monna Lisa di Leonardo, gli occhi di Psiche di Gérard, il naso di Diana dalla scuola di Fontainebleau, la bocca di Europa di Gustave Moreau e il mento della Venere di Botticelli. In Cinquème-operation (1993), con la lettura di La robe della psicoanalista lacaniana Eugénie Lemoyne-Luccioni, inizia il suo `work in progress’ di ridefinizione facciale archetipica e di desacralizzazione del corpo con la chirurgia plastica. Con Septième-operation (1993), alla Sandra Gering Gallery di New York, O. estremizza il suo progetto di `art charnel’ contro le convenzioni morali e il concetto stereotipato di `bello’: sui due lati della fronte le vengono impiantate due protesi che la trasformano in una specie di donna-satiro. In queste `mises en scéne’ performatiche l’artista francese è lucida testimone, sotto anestesia locale: legge testi (da Antonin Artaud, Julia Kristeva e Lemoyne-Luccioni), fa disegni con il suo sangue, dirige le riprese video, interagisce con il pubblico in collegamento satellitare in altre gallerie, raccoglie reliquie di carne liquefatta e campioni di sangue drenato; inoltre, espone foto a colori del suo volto garzato e con tumefazioni rosso-violacee post-operatorie. In un prossimo intervento O. è decisa a farsi mettere il naso anatomicamente più lungo possibile in relazione alla sua struttura ossea, così ponendo il problema dell’identità sul piano giuridico e giudiziario ( Exogène ). Infine donerà il suo corpo a un museo per la mummificazione.

Pistoletto

Appartenente alla corrente dell’Arte Povera, nata in Italia verso la fine degli anni ’60, l’arte di Michelangelo Pistoletto dopo una parentesi pittorica e scultorea incentrata sulla riflessione degli spazi e sul trompe l’oil, si contraddistingue soprattutto per l’uso di specchi, tagliati o legati con corde, che lo porterà in parte a condividere l’esperienza minimalista degli anni ’70. Nel 1977 realizza le scenografie per Neither di Beckett, rappresentato in giugno al Teatro dell’Opera di Roma e riproposto l’anno seguente al Metamusik Festival October, presso la Nationalgalerie di Berlino; nel settembre 1978 realizza ad Avignana Trittico ’78.- I Trombonauti con M. Pioppi, E. Rava e gli abitanti di Corniglia; il 15 agosto del 1979 in una piazza di Corniglia viene rappresentata l’ Opera Ah, scritta e diretta dallo stesso Pistoletto, con musiche di E. Rava interpretate dai cantanti lirici S. Tkahashi e D. Zattera e dagli abitanti di Corniglia. Sempre con gli abitanti di Corniglia e con i membri della sua famiglia P. realizza Anno Uno , rappresentata nel marzo 1981 al Teatro Quirino di Roma e nel 1994 al Marstall di Monaco. Quest’ultima è la più nota opera teatrale di Pistoletto, al quale appartengono i testi, la regia e le scenografie: in essa gli abitanti di Corniglia diventano la città stessa, trasformati dal progetto scenografico di P. in cariatidi che sorreggono sul capo l’architettura della città e ne raccontano la storia in termini epici.

Bale

Figlio del noto domatore Trevor, negli anni ’70 Elvin Bale riporta in auge l’estetica del numero acrobatico ad alto rischio. È uno dei pochi artisti circensi americani ad esibirsi in Russia prima della perestrojka. Per lunghi anni si esibisce nella pista centrale di Ringling Bros. and Barnum & Bailey. In Italia è ingaggiato al Circo Americano. Al festival del Circo di Montecarlo conquista nel 1976 il Clown d’oro e nel 1979 quello d’argento. Fra i suoi numeri più apprezzati quello del trapezio con le prese ai talloni, della ruota della morte e dell’uomo proiettile, nello stile degli Zacchini. Nel 1986, un incidente durante lo svolgersi di quest’ultimo esercizio, lo costringe sulla sedia a rotelle ed al ritiro dalla carriera.

Orfei

Figlio di Paride `Pippo’ e di Alba Furini, Nando Orfei fu dapprima buon suonatore di tromba e, in seguito, giocoliere e domatore, sulle tracce del celebre zio Orlando . Nel 1960 fonda un proprio circo con il fratello Rinaldo e la sorella Liana; nel 1962 sposa Anita Gambarutti dalla quale ha Paride (1963), musicista e ammaestratore di elefanti, Ambra (1965), giocoliera, cavallerizza e soubrette televisiva, e Gioia (1973), antipodista e cavallerizza, forse la più dotata dei tre dal punto di vista delle tecniche circensi. Numerose le sue partecipazioni a film, fra i quali I clowns (1970) e Amarcord (1974) di Federico Fellini. Dopo la separazione dalla sorella Liana, avvenuta nel 1984, continua la sperimentazione, con alterna fortuna, di spettacoli circensi `a copione’, secondo cioè un determinato `script’, con La pista dei sogni (1991) e Antico circo Orfei (1994), con la regia di Ambra e Antonio Giarola.

Orfei

La più conosciuta fra gli artisti di circo italiani e praticamente l’unica in grado di reggere il confronto, in quanto a indice di popolarità, con personaggi di altre e più frequentate forme di spettacolo. La fama di Moira Orfei si consolida fin dagli anni ’60 grazie a diverse circostanze: la partecipazione a film di buon successo commerciale, le numerosissime apparizioni a programmi televisivi popolari, i milioni e milioni di manifesti con il suo volto sorridente affissi in tutta Italia; e, soprattutto, il suo essere un personaggio con caratteristiche precise, sempre uguali, sia esteriori come la pettinatura, il trucco, i vestiti, sia interiori come la dedizione alla famiglia e al lavoro. Caratteristiche ripetute all’infinito, senza sbavature, con la costanza di mantenere immutabili punti di riferimento negli anni, con la forza di un marchio. Nata in un carrozzone a Codroipo nel piccolo circo del padre Riccardo, alla morte del genitore viene accolta nel circo dello zio Orlando; a sei anni è già buona generica. Negli anni ’60 intraprende la carriera cinematografica, che la porterà ad apparire in una cinquantina di film. Nel 1961 sposa Walter Nones, conosciuto in Kuwait nel 1959; nel ’62 i due intraprendono una poco fortunata società con le sorelle Medrano, ma è nel 1963 che arriva il vero successo con l’inaugurazione del Circo di Moira Orfei .

Oltre a presentare spettacoli di altissimo livello, il complesso segna alcune tappe importanti nella storia del circo italiano, passando dall’estetica della grande attrazione dei primi anni ’70 (come `l’uomo proiettile’) al colossale Circo sul ghiaccio (con due piste, una ghiacciata e una tradizionale), ispirato alle sfarzose riviste americane e considerato dalla critica uno dei migliori spettacoli circensi italiani del dopoguerra; dallo spettacolo di rivista con Alighiero Noschese ( Follie sul ghiaccio , 1974) alla scelta di attingere ad artisti dell’enorme serbatoio sovietico negli anni ’80 ( Moira più Mosca ); per arrivare infine alla produzione odierna, particolarmente attenta al ritmo, all’eleganza e all’organicità dello spettacolo. Dal 1975, sotto diverse insegne, il complesso comincia a effettuare numerose tournée all’estero: da ricordare quella del 1977 in Iran, quando il circo rimase bloccato con cento artisti e cinquanta animali in seguito all’insurrezione popolare; si mobilitò il ministero degli esteri, che fece inviare la `Achille Lauro’ a recuperare personale, animali e attrezzature. Importante primato del complesso è quello di essere stato il primo circo italiano a conquistare, nel 1987, un Clown d’oro al festival internazionale del circo di Montecarlo, con un numero di dodici tigri progettato e prodotto da Walter Nones con l’ammaestratore olandese Jean Michon e presentato nel Principato dal fratello più giovane, Massimiliano Nones. Nel 1989 un altro importante riconoscimento: un Clown d’argento per il numero di animali esotici e per l’alta scuola d’equitazione, presentati dai figli di Moira e Walter, Stefano e Lara Orfei-Nones. Questi ultimi sono considerati fra i più completi artisti di circo italiani della nuova generazione: grazie all’aiuto di esperti maestri hanno acquisito una buona conoscenza di numerose discipline circensi, arrivando in alcuni casi a padroneggiarle del tutto; inoltre entrambi si dedicano, con attenzione sempre crescente, alla cura dei particolari dello spettacolo, impiegando gran parte del loro tempo a provare nuovi numeri o a perfezionare quelli già presentati.

Fabre

Jan Fabre è nipote del grande entomologo Jean-Henri Fabre. Fin da giovanissimo è protagonista di ‘soli’ di arte performativa. A ventun anni dirige il suo primo spettacolo (Theatter geschreven met een K is een kater , ad Anversa) cui segue, nel 1982, This is theatre like it was to be expected and foreseen (Bruxelles). Celebre per l’uso della Bic blu con cui disegna soggetti onirici e colora carta, stoffe, legno e altri materiali, nella sua carriera d’artista espone, crea installazioni, rielabora ambienti in tutto il mondo. Nel 1984 debutta alla Biennale di Venezia con The power of theatrical madness e, a Documenta 8 (a Kassel) presenta Dance Sections, uno studio preliminare alla realizzazione di Das Glas im Kopf wird vom Glas (coreografia del 1990 per la De Vlaamse Opera di Anversa, musiche di Eugeniusz Knapik). Dopo Prometheus Landscape (1988), nel 1989 mette in scena The interview that dies, The Palace at four o’clock in the morning e The reincarnation of God , scritti nella seconda metà degli anni ’70. Su frammenti musicali di Knapik, Bernd Zimmermann e i Doors, nel ’90 allestisce il balletto The sound of one hand clapping (Francoforte). Tra il ’91 e il ’97 lavora, tra l’altro, a Silent Screams, Difficult Dreams (Documenta IX, Kassel, 1992) e alla trasfigurazione concettuale del corpo umano con la trilogia Sweet Temptations , Universal Copyright 1 & 9 e Glowing Icons . Interdisciplinare e irriducibile sperimentatore, contamina con spregiudicata e originale sintesi le sintassi dei diversi generi espressivi a cui si accosta sulla scorta delle suggestioni surreali di Magritte e Dalì e della lezione di Duchamp. Con gli scarabei e gli insetti che ricorrono in tutte le sue produzioni (dal teatro alla performance alle suggestioni figurative degli inchiostri o penne biro su vari materiali) lavora sulle qualità percettive e ri-creative di archetipi come il labirinto e la metamorfosi, alla ricerca della vita e della libertà rigenerativa sprigionata dall’elaborazione del deteriore e degli scarti.

Beketow

Matyas Beketow fu uno dei primi artisti circensi russi ad avere successo all’estero. Ammaestratore di cavalli, realizzatore di grandiosi pantomime equestri e direttore di complessi famosi in tutta Europa. Ottiene successi al Renz di Vienna, al Noveau Cirque di Parigi con il Grande Circo Russo, all’Hengler di Londra (poi Palladium). Nel 1904, aiutato dalla moglie Matyasne e dal figlio Sandor, entrambi validi cavallerizzi, diventa direttore del Circo Stabile di Budapest che con entusiasmo riporta ai passati splendori. Ingaggia i migliori artisti dell’epoca impegnando però capitali eccessivi. Nel 1929 è costretto a dichiarare il fallimento. Si uccide gettandosi nel Danubio.

Richards

Ricercatore nell’ambito delle arti performative, Thomas Richards dal 1986 affianca Grotowski al Workcenter di Pontedera. Ha scoperto il lavoro del maestro polacco durante l’ultimo anno di studi universitari a Yale (1984), prendendo parte a uno stage condotto da Ryszard Cieslak, attore emblematico del Teatr Laboratorium di Wroclaw. Da allora R. ha assunto un ruolo fondamentale nell’attività creativa che Grotowski ha sviluppato nella ricerca pratica della connessione fra rituale e arti performative, ovvero nell’indagine su `l’arte come veicolo’. Laureatosi nel frattempo (1992) al Dams di Bologna, R. ha condotto dapprima un percorso verso la consapevolezza dell’attore, lavorando con determinazione estrema alla ricerca dell’aspetto interiore, attraverso l’attuazione dei cicli di esercizi messi a punto dal metodo e sotto lo sguardo radicale del maestro; per misurarsi in seguito anche con l’aspetto compositivo e con la conduzione della ricerca al Workcenter dove, elemento essenziale, è il lavoro su antichi canti vibratori (il “Workcenter of Jerzy Grotowski” ha assunto dal 1996 il nuovo nome di “Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards”). R. è stato il principale `attuante’ e `leader’ dell’opus creativo dal titolo Downstairs Action , filmato da Mercedes Gregory nel 1989 e, dal 1994, è autore e `attuante’ principale di Action . Ha inoltre pubblicato due libri a testimonianza del proprio percorso artistico: Al lavoro con Grotowsky sulle azioni fisiche (Milano 1997) e The Edge-Point of Performance (Pontedera 1997).

Orfei

Figlia di Paride `Pippo’ e di Alba Furini, Liana Orfei esordisce giovanissima come clown, con il personaggio di `Lacrima’ che porta avanti nel tempo. A quattro anni una grave malattia la allontana dalla pista fino all’ottavo anno di età; in seguito diventa buona generica. Nel 1954 si sposa giovanissima con Angelo Piccinelli, uno dei più grandi giocolieri dell’epoca, scritturato ovunque, con il quale ha modo di girare il mondo e conoscere le novità in arrivo dall’Europa. Il matrimonio con Piccinelli è messo in crisi dalla carriera cinematografica di Liana, che gira una cinquantina di pellicole, fra cui molte commedie all’italiana ma anche alcuni film d’impegno con registi come Orson Welles, Dino Risi, Antonio Pietrangeli e Mario Monicelli. Intraprende anche la carriera teatrale, lavorando con la compagnia di Eduardo De Filippo e, in seguito, con Emma Gramatica. Nel 1960 si separa dallo zio Orlando e crea un circo in società con i fratelli Nando e Rinaldo. Il complesso si distingue per le colossali produzioni: il Circo a tre piste (1969), Circorama (1970) con un grande schermo per `stereocineanimazioni’, il Circo delle mille e una notte (1973), da un’idea di Fellini, con le coreografie di Gino Landi e i costumi di Danilo Donati, il Circo delle amazzoni (1976), composto di sole donne. Parallelamente Liana è spesso impegnata in spettacoli teatrali, come Liana Orfei show (1978, regia di Gino Landi). Anche nella metodologia di marketing segna passi importanti, attraverso un moderno impatto con i media e accurate strategie pubblicitarie. Nel 1975 Liana sposa Paolo Pristipino, suo compagno in tutte le future iniziative. Alla fine degli anni ’70 comincia una crisi diffusa del settore circense che porta, nel 1977, all’ulteriore divisione da Rinaldo. Dopo aver importato nel 1982, per la prima e unica volta in Italia, il Circo della Corea del Nord, nel 1984 avviene la definitiva scissione con Nando. Nello stesso anno Liana e il marito fondano il Golden Circus, una rassegna di artisti internazionali che si tiene a Roma nel periodo natalizio.

trasformista

Il trasformista è un artista di varietà specializzato in cambi di costumi spettacolari per la rapidità e l’abilità di passare da una caratterizzazione teatrale ad un’altra. Il trasformista mondialmente più celebre del Novecento è l’italiano Leopoldo Fregoli. Quasi altrettanta popolarità ha conquistato oggi Arturo Brachetti. Esiste poi il t. di circo, le cui tecniche sono pensate per lo spazio circolare ma escludono le caratterizzazioni di personaggi basandosi solo sul gioco dei costumi. Si è sviluppato nella tradizione russa e ha come maggiori esponenti il Duo Sudartchikovi.

Zacchini

Ugo Zacchini afferma in Italia e in America il numero dell’uomo proiettile, nel quale viene scaraventato ad una trentina di metri di altezza e a sessanta di distanza, da un ordigno ad aria compressa fatto passare per un cannone. Diplomato all’Accademia dell’arte di Roma nel 1919, disegna da solo i suoi attrezzi e debutta nel 1922 a Malta nel Circo olimpico diretto dal padre Ildebrando. Nel 1929 viene scritturato negli Usa al Ringling Bros. and Barnum & Bailey dove, nel 1934, presenta con il fratello Mario una versione doppia del numero. Attorno agli anni ’40 la famiglia si fraziona e uomini e donne proiettili Zacchini si esibiscono un po’ ovunque. Nel 1961 Ugo lascia il circo e sono il figlio ed il nipote, entrambi omonimi, a continuare la tradizione di famiglia.

Nones

Il padre Giuseppe, un ginnasta di Trento, la madre, Adele Medini, di un’antica famiglia di tradizione, Walter Nones si distingue negli anni ’50 e ’60 con il trio acrobatico presentato con i fratelli Guglielmo (1937-1998) e Loredana (1942), con il quale viene ingaggiato, fra l’altro, al Circo Palmiri e nella rivista OK Fortuna , con Wanda Osiris, Raimondo Vianello e Gino Bramieri. Nella primavera del 1959 prende parte alla trasmissione televisiva “Il Mattatore”, con Vittorio Gassman, realizzata all’interno del circo di Orlando Orfei, dove conosce Moira Orfei che sposerà nel 1963, per fondare l’omonimo circo. Diventa un valido addestratore di belve e si distingue per l’intensa attività imprenditoriale. Nel 1969 presenta il Circo sul ghiaccio. Negli anni ’80 è poi fautore della diffusione dello spettacolo dal vivo come aggregatore di popoli: organizza le tournée italiane del Circo di Mosca (1982, 1987 e 1991), del Circo Cinese (1989 e 1992) e di altri spettacoli non circensi come Holiday on Ice (dal 1984) e il coro dell’Armata Rossa (i componenti di questo gruppo di canti e danze, sono i primi militari sovietici della storia ad entrare in Vaticano, nello Stato Pontificio, ricevuti da Giovanni Paolo II, nel 1987). Da sottolineare che, con le tournée del Circo di Mosca e quella del Circo Nazionale Cinese, effettuata in collaborazione con André Heller, N. è fra i primi a importare in Italia la tendenza del `circo di regia’, una concezione artistica che cerca di dare allo spettacolo uno stile unitario, dando eguale importanza al virtuosismo dell’artista, alla scelta delle musiche, dei costumi e delle luci. Nel 1987 il numero di tigri ammaestrate da lui creato, ma presentato dal fratello Massimiliano, conquista al Festival di Montecarlo, il primo Clown d’Oro per l’Italia. Da tempo consigliere dell’Ente nazionale circhi, in questa veste, assieme agli altri componenti del Consiglio direttivo e al Presidente Egidio Palmiri, fonda nel 1988 l’Accademia del circo, primo istituto italiano di formazione professionale circense. Molto attivo dal 1989 nel campo delle produzioni televisive a tema circense, nel 1993 fonda il Gran premio internazionale del circo, manifestazione annuale svolta in Italia che raccoglie e premia artisti circensi provenienti da tutto il mondo.

Wirth

May Wirth è considerata la più grande cavallerizza del secolo. Trovatella, a cinque anni comincia assieme alla sorella il tirocinio di contorsionista nel Wirth Brothers Circus, popolare complesso australiano. Viene adottata da due dei proprietari, John e Maricles Wirth Martin; quest’ultima le insegna l’arte dell’acrobazia equestre, che May inizia a praticare da adolescente. Nel 1911 John Ringling la scrittura per il Barnum & Bailey Circus dove debutta, nella pista centrale, al Madison Square Garden un anno più tardi: la critica americana la accoglie con entusiasmo. Nel 1919 viene annunciata in cartellone come `The Greatest Bareback Rider That Ever Lived’. Alcuni degli esercizi eseguiti non verranno più eguagliati, come il doppio salto mortale da cavallo a cavallo. Rimane al Ringling Bros. and Barnum & Bailey fino al 1929, alternando tali ingaggi a quelli nei teatri di varietà del circuito Keith. Si ritira nel 1938.