Futurismo

Il futurismo in teatro, tra manifesti, teatro di varietà e sintesi futuriste.

Il teatro futurista comprende tutte quelle esperienze teatrali che si svilupparono in seno al movimento futurista e che investirono i diversi campi dell’arte teatrale: dalla drammaturgia alla scenografia, dalla recitazione fino alla relazione teatrale che lega l’evento allo spettatore. Il futurismo italiano fu la prima avanguardia in Europa a intuire l’importanza del teatro quale luogo socialmente privilegiato per trasmettere al grande pubblico nuove idee e manifestare pienamente le moderne tecnologie.

I manifesti del teatro futurista

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento la drammaturgia europea aveva trovato espressione nel teatro naturalista,  nel teatro psicologico e di atmosfera (Henrik Ibsen, Anton Cechov) e nel teatro simbolista. In Italia, accanto al teatro verista (Giuseppe Giacosa, Giovanni Verga) e a quello dialettale, si era avuta la significativa esperienza decadentista di Gabriele D’Annunzio, autore anche di drammi in versi, ispirati all’antica tragedia classica. In contrasto con queste forme di teatro tradizionale, si pone la linea avanguardistica del futurismo.

Il futurismo in teatro è scandito, come per la pittura, la letteratura e le altre arti, dalla pubblicazione di una serie di dichiarazioni poetiche di carattere radicale e polemico. Filippo Tommaso Marinetti, già personalità principale dell’intero movimento, a partire dal 1913, teorizza il teatro futurista attraverso la stesura di tre manifesti: quello del Teatro di varietà (1913); del Teatro sintetico futurista (1915); del Teatro della sorpresa (1921).

In questi scritti viene sottolineata la volontà di ripudiare le rappresentazioni naturalistiche, di evitare qualsiasi tentativo di illusione realistica e di realismo psicologico. Il teatro futurista si svolge in un tempo e in uno spazio teatrali apertamente diversi da quelli reali. Si prediligono situazioni che si risolvono in tempi brevissimi, spesso di un unico rapido quadro. Le scenografie e la coreografia, strettamente collegate al testo, non sono mai ambientazioni realistiche, ma generalmente astratte o metaforiche, allusive.

Lo spettatore, spesso, diventa protagonista attivo di quanto avviene sulla scena. Gli stessi attori, provocandolo, arrivano a creare un dialogo serrato che può sfociare in vere e proprie contestazioni verbali vicine alla rissa.

Futurismo teatrale: le serate futuriste e il teatro di varietà

A partire dal gennaio del 1910, Marinetti diede il via al programma delle “Serate futuriste“. Si trattava di eventi spettacolari che si svolgevano in teatri o, per cerchie più ristrette di spettatori, in gallerie d’arte. Questi incontri consistevano in letture di poesie e di manifesti futuristi, ascolti musicali, presentazione di quadri.

Il futurismi in arte
Il futurismi in arte

Lo spirito che le animava era volutamente provocatorio, nei confronti sia delle istituzioni culturali sia del pubblico, coinvolto e partecipe dell’evento, che spesso degenerava in scontri verbali, lanci di oggetti e risse.

Negli anni successivi, Marinetti individuò nel “Teatro di Varietà” una forma di spettacolo particolarmente adatta a rappresentare i princìpi del futurismo. Il ritmo veloce, l’utilizzo di varie discipline (tra cui l’importante cinematografo, simbolo di modernità) che lavorano in sinergia tra loro, la rumorosità; ma anche il punto di incontro tra differenti strati sociali, l’abbandono del bon-ton a favore della parola libera.

Le sintesi futuriste

All’elaborazione teorica si accompagna la composizione drammaturgica di un numero abbastanza esiguo di opere. Le cosiddette “sintesi” futuriste scritte da Marinetti (Simultaneità, 1915), Settimelli, Corra, Chiti, Balla, Cangiullo, Depero e altri. Rappresentate dalla compagnia Berti-Masi in diverse città italiane, ottennero le volute reazioni polemiche e violente del pubblico.

Costituite su micro situazioni paradossali o grottesche, le sintesi sono fatte di brevi dialoghi o di sequenze di pure azioni fisiche per la durata di pochi minuti. Significative sul piano teorico per la trasgressione alle convenzioni rappresentative del naturalismo,  furono spesso in sé deludenti su quello rappresentativo.  Risultarono, invece, efficaci le appropriazioni spettacolari che ne fece il varietà degli anni Trenta. Fu nel balletto-pantomima di Prampolini e Depero (Balli plastici, 1918) e nella ‘scenotecnica’ luministica  che il futurismo raggiunse in Italia i risultati esteticamente più significativi.

Leggi anche:

Fortunato Depero

Enrico Prampolini

Gabriele D’annunzio

Franco

Pippo Franco inizia la carriera a metà degli anni ’60 come musicista, animatore di complessi beat dai nomi zoologici, I gatti e successivamente I pinguini. È autore e interprete di canzoni che propone nei locali di cabaret di Roma e Milano. Il suo disco Vedendo una foto di Bob Dylan (1968) ottiene anche un buon risultato di vendite. Nel 1967 si mette in luce nel cast di Viola, violino e viola d’amore di Garinei e Giovannini. Esordisce intanto anche sullo schermo televisivo in spettacoli di varietà come Diamoci del tu (1967) e Roma quattro (1967). Nel 1969 entra stabilmente nella compagnia del Bagaglino di Castellacci e Pingitore dove recita e canta al fianco di Pippo Caruso, Enrico Montesano, Oreste Lionello, Gianfranco D’Angelo e Gabriella Ferri. Prosegue la carriera televisiva con La cocca rapita (1969) e molti altri varietà; ma è con Dove sta Zazà (1973) in coppia con Gabriella Ferri che raggiunge una vasta popolarità. Il successo dei due si ripete con Mazzabubù (1975) e viene immediatamente sfruttato dal cinema in Remo e Romolo-Storia di due figli e di una lupa (1976) e Nerone (1976). Al cinema partecipa a numerosissime commedie (tutte B-movie) come Scherzi da prete (1978), L’imbranato (1979), Il casinista (1980), Attenti a quei P2 (1982), Il tifoso, l’arbitro e il calciatore (1982), Sfrattato cerca casa equo canone (1983), Gole ruggenti (1992), quasi sempre con lo stesso staff di sceneggiatori, attori e registi con cui è attivo al Bagaglino; ma è anche nel cast di brillanti film d’autore come Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre? (1972) di Billy Wilder. Nel 1989 insieme a Oreste Lionello e Leo Gullotta rispolvera gli ingredienti del vecchio avanspettacolo (caricatura dei difetti fisici dei politici più noti, scenette derisorie di vita coniugale, battute di scherno di spirito goliardico) per portare la cosiddetta satira politica in televisione nello spettacolo Biberon, programma che cambia titolo in tutte le successive stagioni pur rimanendo perfettamente identico, anche quando dal 1995 passa dalle reti Rai a quelle Fininvest. Ha all’attivo numerose incisioni discografiche sia di canzoni di cabaret come “I personaggi di Pippo Franco” (1968), “Cara Kiri” (1971), “Vietato ai minori” (1981), sia di canzoni per bambini come “Nasone Disco Show” (1981), sia di canzoni dialettali come “C’era una volta Roma” (1979), interpretato in coppia con la exmoglie Laura Troschel.

Fierro

Ha lavorato sia nel cinema che nel teatro, distinguendosi per le sue interpretazioni comiche con la compagnia di Nino Taranto, specie nelle commedie di Raffaele Viviani e di Giuseppe Marotta. Negli ultimi anni ha recitato con la compagnia di Paola Gassman e Ugo Pagliai. Altre interpretazioni in Delitto al vicariato (1980) di Agatha Christie con la Compagnia Teatrale Italiana, Le formicole rosse (1981) di Domenico Rea, Liolà (1983) di Luigi Pirandello con la regia di Nino Mangano.

Fergusson

Dopo aver compiuto i suoi studi a Harvard e Oxford, gli viene assegnata la cattedra di Letteratura comparata presso l’università dell’Indiana. Dal 1936 al 1948 assume la direzione artistica del teatro del Bennington College; questa esperienza come regista si rivela fondamentale e istruttiva per la sua professione di critico. Nel 1949 pubblica Idea di un teatro (The idea of a Theatre), in cui sottolinea il valore mimetico ed esemplare dello spettacolo teatrale, dove nel breve spazio della rappresentazione si deve riprodurre l’intera complessità della condizione umana. F. approfondisce la sua posizione teorica, prendendo in considerazione alcuni importanti testi – Edipo re di Sofocle, Berenice di Racine, Tristano e Isotta di Wagner e Amleto di Shakespeare – per dimostrare che le vicende individuali dei personaggi sono paradigmi delle fondamentali esperienze dell’esistenza. F. esprime un giudizio severo sul teatro contemporaneo che avrebbe perso la capacità di esprimere valori universali. Tra gli altri saggi segnialiamo: Dante’s Drama of the Mind: a Modern Reading of the Purgatorio (1953) e The Human Image in Dramatic Literature (1957).

Franchetti

Formatasi prima della guerra con le maggiori compagnie di prosa italiane Rina Franchetti, terminato il conflitto, ha affrontato da protagonista alcuni classici della prosa come Riccardo II di Shakespeare, Zio Vanja di Cechov e testi di autori moderni come Joe Egg di Nichols, Il malinteso di Camus e I fisici di Dürrenmatt. Luminoso esempio di carriera longeva la F. ha calcato le scene fino a età avanzata, ritagliandosi qualche spazio anche in televisione, dove è apparsa nel film tv Fuori scena dal romanzo di G. Lagorio, con V. Moriconi per la regia di Enzo Muzi. Tra i suoi lavori teatrali più recenti ricordiamo: nel 1982 Teresa Raquin da Zola con la regia di A. Piccardi Le anime morte , (1985) di G. Angelillo e L. Modugno, da Gogol’, La vera storia del cinema americano (1985) di C. Durang, Classe di ferro (1986) di A. Nicolaj, con G. Santuccio e C. Ingrassia e Il capanno degli attrezzi (1987) di G. Greene con la regia di S. Bolchi, presentato al festival di San Miniato.

Ferrone

Passato dall’attività sportiva alla danza con Igal Perry, studia al Peridance center di New York con Benjamin Harkarvy e John Butler. Trasferitosi a Firenze, nel 1987 fonda con la moglie Marga Nativo il centro didattico e culturale Florence Dance Center e il gruppo Florence Dance Theatre. Dal 1990 dirige il Florence Dance Festival e si attiva in numerose iniziative di promozione e diffusione delle arti figurative e della danza.

Folies Bergère

Il 2 maggio 1869 Albert Boislève inaugura un locale in un edificio in precedenza dedicato alla vendita di mobili, non distante dal centro di Parigi, in un quadrilatero compreso fra rue Richer, rue Saulnier, rue Bleue e rue de Trevise che viene curiosamente chiamato `les Folies Bergère’, dal nome di una via vicina. È un café-spectacle che ospita alcuni cantanti mentre gli avventori mangiano e bevono. Nel 1871 arriva alla direzione Leon Sari, già segretario di Alexandre Dumas al Delassements Comiques, e in quindici anni porta il locale alla celebrità soprattutto come teatro di varietà presentando vedette dell’epoca (grazie anche all’operato di Rosinski, un collaboratore di Barnum): fra queste il giocoliere Agoust e gli Hanlon Lees. Nel 1881 il teatro cambia attività e si dedica alla musica classica col nome `Le concert de Paris’: tonfo immediato, che provoca anche un fallimento economico. Nel 1885 sono i coniugi Allemand a rilevare il locale affidando la direzione artistica a Edouard Marchand che dà spazio per la prima volta anche al genere che diventerà il vessillo del teatro: la rivista a grande spettacolo. Il 30 novembre del 1886 debutta Place aux jeunes! . Ma le Les Folies Bergère restano per il momento soprattutto un teatro di varietà. Edouard Marchand viaggia in tutto il mondo alla ricerca di artisti particolari: tra questi il gigante Chang, la famiglia di acrobati icariani Kremo, il celebre clown e ammaestratore di animali Dourov. Poi il giocoliere Paul Cinquevalli, i comici Little Tich e Carl Baggessen, le Sisters Barrison e Loie Fuller, che debutta nel 1892 e torna più volte nell’arco di una quindicina d’anni; inoltre le belle Liane de Pougy e Caroline Otéro.

Una delle ultime fiammate di Edouard Marchand è l’ingaggio di Cléo de Mérode, già stella dell’Opéra. Nel 1901 subentrano alla gestione i fratelli Emile e Vincent Isola, ex prestigiatori e reduci dalla direzione di numerosi locali parigini. I fratelli Isola affermano la modalità di produzione della rivista che si chiamerà La Revue des Folies Bergère ‘. Una nuova produzione viene allestita ogni primavera o per le feste natalizie, mentre il resto dell’anno è ancora dedicato al varietà, nel corso del quale vengono anche proiettate delle pellicole appositamente realizzate da George Meliès. Assurge a ruolo di stella il cantante Harry Fragson, che si accompagna da solo al pianoforte. Dal 1905 per due anni dirige il locale Paul Ruez, che lascia però un segno assai labile. Tornano i fratelli Isola e ingaggiano nuovi nomi prestigiosi. Il cartellone del 1910, grazie all’operato del nuovo amministratore Clement Bannel, vede il debuttante Maurice Chevalier e i clown Grock e Antonett, oltre a un trascurato giovane mimo acrobata della troupe inglese di Fred Karno: Charles Spencer Chaplin. Altre stelle del periodo sono Margaretha Gertruida Zelle, in arte Mata Hari, il giocoliere Salerno e i Fratellini. Ma in quegli anni le F.B. devono il loro successo anche al fatto di costituire una sorta di casa di appuntamenti non ufficiale e all’essere divenute un tempio dello déshabillage , lo spogliarello, ospitato per la prima volta nel 1912. La situazione cambia all’inizio degli anni ’20, quando, dopo un breve periodo di crisi in corrispondenza della prima guerra mondiale, la direzione viene assunta dal celebre Paul Derval che la manterrà per oltre mezzo secolo, attraversando indenne persino un’altra guerra mondiale. `Monsieur Folies Bergère’, come viene chiamato, afferma l’estetica dello sfarzo nelle riviste parigine: ne produce trentadue, tutte con un titolo di tredici lettere, comprendente la parola ‘folie’ o ‘folies’ (a parte due Revue d’Amour ): En pleine Folie, Coeurs en Folie, Un soir de Folie, La Folie du jour, Un vent de Folie, La grande Folie, De la Folie pure, Un coup de Folie, L’usine en Folie, Nuits de Folie, Femmes en Folie, La Folie d’Amour, Folies en fleur, ecc.

Le Les Folies Bergère sono fra i pochi locali che tengono viva la tradizione dei grandi spettacoli parigini anche alla fine degli anni ’30, quando altri famosi locali (come il Moulin Rouge) chiudono o si trasformano in cinema. Altri artisti notevoli presentati nella gestione sono la ballerina jazz `dadaista’ Nina Payne, il mitico Jean Gabin, la strana coppia Mistinguett-Fernandel e la diva per eccellenza della rivista: Joséphine Baker. Negli anni ’50 il locale comincia a essere conosciuto in tutto il mondo, anche grazie a una serie di tournée all’estero abilmente gestite da Derval. Quando questi scompare, nel 1966, è la vedova Antonia a mantenere la gestione del locale incaricando della direzione artistica Michel Gyarmathy. Inizia però una certa disaffezione del pubblico; i nomi celebri si diradano. Emergono comunque Zsa Zsa Gabor, Magali Noël e Liliane Montevecchi (già ballerina con Roland Petit). Nel 1974 la direzione passa a Helene Martini, che la gestisce senza particolari scossoni per un ventennio, rassegnata al sorpasso del Lido e del rinnovato Moulin Rouge. A metà degli anni ’90, con l’incarico di regista all’argentino Alfredo Arias, viene prodotta Fous des Folies , tentativo, solo in parte riuscito, di restituire il locale alla sua leggenda.

Fougez

Il nome d’arte Fougez, le fu imposto a emulazione di Eugénie Fougère, grande chanteuse francese. Ma la scelta dello pseudonimo obbediva anche a un `travestimento’ esotico pressoché obbligatorio esaltato addirittura in canzoni napoletane diffuse ancora oggi: “Chi me piglia pe’ francese, chi me piglia pe’ spagnola, ma so’ nata a Ponte ‘e Mola”. Oppure, ancora più esplicitamente, in “‘A sciantosa” di Capurro-Gambardella: “Nfaccia a `o cartiello – so’ Mademoisell Lilì – ma sempe Nannina so”‘. Bambina prodigio, a nove anni era già contesa dai teatri di varietà. Ebbe grande successo anche a Parigi; a 29 anni, star di prima grandezza, percepiva compensi astronomici: 500 lire a sera. (Erano i tempi di “Se potessi avere mille lire al mese”). Dal 1928 formò compagnia di riviste con il marito, il ballerino francese, esperto di tango, René Thano. Sui primi manifesti, veniva definita `stella eccentrica’, non essendo ancora stato importato il termine `soubrette’. Così comparve in cartellone, partner di Peppino Villani, comico napoletano, e si distinse soprattutto come interprete veemente e passionale di canzoni diventate popolari: “Vipera”, di E. A. Mario oppure “Salotto bleu” di Neri e Bonavolontà, 1923, eseguita quest’ultima all’Eldorado di Napoli. Diceva il refrain : “Salotto bleu – del nostr amor – con quanto ardor – verrò quassù”. In scena, impennacchiata alla parigina eseguì, “Fox-trot delle piume”. Grande successo ebbe la rivista Donne, ventagli e fiori . Nella stagione 1935-36, al Quattro Fontane di Roma, la compagnia Fougez-Thano presenta Sogno di una notte di primavera di Ricciuti e Spadetta, con l’esordio di un comico napoletano di talento: Nino Taranto, che dopo questa partecipazione, dalla stagione seguente, farà compagnia in proprio. Nella stagione 1936-37, ecco la coppia dar lezioni di ballo a un `cafone abruzzese’, il comico dialettale Virgilio Riento. La rivista si intitola Svegliati Giacchino! , autore Mario Massa. Nella stagione seguente va in scena, con grande successo, Bentornata primavera . Nel cast, Rosalia e Dante Maggio e un Carlo Dapporto in ascesa irrefrenabile. È già stato applaudito nell’imitazione di Stanlio accanto a Campanini-Ollio, qui diventa attore brillante e ballerino. «Con la divina Fougez ed il suo celebre partner René Thano, ballavo il `Bolero’ di Ravel», ricorda. Riviste sempre sfarzose `alla parigina’: in Trionfo italico , scende da una scalinata lunga e fastosa, in anticipo sulle discese di Wanda Osiris. Il talento della F. rifulse soprattutto nell’interpretazione delle canzoni. Esecuzione che ella stessa codificò: «Mimica facciale, comica, pronunzia, voce, bel corpo, abbigliamento, truccatura, tutto concorre ad un unico risultato di una buona, perfetta interpretazione. Occorre analizzare attentamente, parola per parola, sillaba per sillaba, con i respiri della punteggiatura, il testo della canzone». Nel film Gran varietà , 1954, di Domenico Paolella, venne imitata da Lea Padovani; Sordi rifaceva il fantasista-trasformista Fregoli.

Ferri

Ha compiuto gli studi di danza alla Scuola di ballo della Scala, per poi proseguirli con il massimo esito a quella del Royal Ballet, entrando a far parte della compagnia al Covent Garden nel 1980. In un breve volgere di tempo si affermava eccellente interprete in tre balletti di Kenneth MacMillan: Histoire de Manon , Mayerling , Romeo e Giulietta . Questi tre balletti, le stesse coreografie restavano a lei legati per la singolarità dell’interpretazione, che riproponeva in varie occasioni anche in Italia, alla Scala. Altro punto importante nella sua carriera l’incontro con il ballerino Michail Barišnikov, che la invitava all’American Ballet Theatre di New York nel 1985. Vi ritornava in varie occasioni per interpretare i ruoli protagonistici di Giselle , Schiaccianoci , Romeo e Giulietta , La sonnambula , Les Sylphides , tutti appartenenti al repertorio classico-romantico. Ciò non le impediva di affrontare altri ruoli di creazione o del repertorio moderno e contemporaneo: Fall River Legend (Opéra 1991; Torino, Regio 1994), Un petit train de plaisir di Rossini-Corghi-Amodio, White Man Sleeps di Volans-Ezralow, Carmen e Le diable amoureux di Petit, La voix humaine di Cocteau (testo recitato e danzato). Tornava poi anche ai grandi balletti del repertorio come Il lago dei cigni (versione Zeffirelli, Scala 1985), L’ombre di Filippo Taglioni-Lacotte (festival di Spoleto 1994), fino all’interpretazione del personaggio di Esmeralda nel balletto Notre-Dame de Paris di Petit alla Scala nel 1998, dopo essere stata interprete delle due versioni del balletto La Sylphide : di Taglioni-Lacotte-Schneitzhöffer a Palermo (gennaio 1998) e di Bournonville-Schaufuss-Løvenskjold alla Scala (febbraio 1998). Nell’autunno 1998 il coreografo William Forsythe ha creato per lei Quartetto , rappresentato con successo alla Scala.

Fantoni

Figlio d’arte, pur non avendo una formazione accademica, Sergio Fantoni inizia a lavorare nel mondo dello spettacolo facendo l’imitatore per la radio, la comparsa al cinema e l’attore in ruoli di secondari al Piccolo Teatro di Roma e nella compagnia del Teatro d’Arte italiano di Gassman e Squarzina. Nel 1953 ottiene il suo primo ruolo impegnativo interpretando Giasone nella Medea di Euripide diretta da Visconti. Tra il 1955 e il 1956 lavora al Piccolo Teatro di Milano (La trilogia della villeggiatura di Goldoni, I giacobini di Zardi, entrambi per la regia di Strehler, Processo a Gesù di D. Fabbri diretto da O. Costa); quindi nel 1958 interpreta, ancora per la regia di Visconti, Uno sguardo dal ponte di A. Miller e, l’anno seguente, Figli d’arte di D. Fabbri. Dopo essersi dedicato per qualche anno al cinema e alla televisione, torna al teatro nel 1966 con I lunatici di T. Middleton e W. Rowley e Per Lucrezia di J. Giraudoux con la regia di L. Ronconi. L’anno seguente fonda la Compagnia degli Associati insieme a G. Sbragia, L. Vannucchi e V. Fortunato, proponendo un lavoro di rilettura critica dei testi classici (Ur-Faust di Goethe, Strano interludio di O’Neill, Edipo re di Sofocle, Caligola di Camus). Nel 1975 è impegnato nella sua prima regia con Lorenzaccio di A. de Musset di cui è anche interprete; sempre nello stesso anno, la sua compagnia si unisce all’Ater e realizza alcuni spettacoli con M. Placido, L. Fo, P. Mannoni (Il commedione di Giuseppe Gioacchino Belli di D. Fabbri, La potenza delle tenebre di Tolstoij, L’uomo difficile di H. von Hofmannsthal). Negli anni ’80, dopo lo scioglimento della compagnia, è sulle scene con Le tre sorelle di Cechov per la regia di De Lullo e Minna von Barnhelm di Lessing diretto da Strehler. Fonda La Contemporanea ’83, compagnia con la quale si dedica alla lettura di testi contemporanei di autori italiani (Annibale Ruccello, Manlio Santanelli) e stranieri (H. Pinter, T. Stoppard). Nel 1988 ottiene il premio Armando Curcio per il teatro con Orfani di Lyle Kessler. Nel 1992 interpreta I giganti della montagna di Pirandello per la regia di W. Le Moli e I soldi degli altri di J. Sterner diretto da P. Maccarinelli; quindi, nel ’94 recita in Come le foglie di Giacosa per la regia di C. Pezzoli. Torna alla regia nel ’96, dirigendo e interpretando Dal matrimonio al divorzio di Feydeau. Nel 1998 è al Teatro Due di Parma con Il caso Moro di Roberto Buffagni per la regia di C. Pezzoli. Notevole anche la sua attività cinematografica che lo ha visto impegnato con Visconti (Senso), Rossellini, Maselli, Montaldo, e che lo ha portato per tre anni a Hollywood. Da ricordare le sue interpretazioni televisive in Ottocento per la regia di A.G. Majano (1961) e in Delitto di stato con la regia di G. De Bosio.

Falco

Dopo gli studi con Weidman e con Limón, ha debuttato con quest’ultimo nel 1960, restando nella sua compagnia per dieci anni. Qui si è affermato come danzatore carismatico, di temperamento brillante e intensa presenza scenica. Nel 1968 ha formato il proprio gruppo creando Argot (1967), Huescape (1968), Caviar (1970), Soap Opera (1972), Escargot (1978) e Kate’s Rag (1980). Ha firmato anche Tutti-Frutti per il Ballet Rambert (1973), Eclipse per il Nederlands Dans Theater (1974) e Caravan per l’Alvin Ailey Dance Company. Alla Scala, dove ha danzato in Pavana del Moro con Nureyev, ha allestito The Eagle’s Nest (1980) e Notte nei giardini di Spagna (1992). Suo anche il meno riuscito Spazio di Leonardo (1983), per le celebrazioni milanesi del maestro. Nel 1991 il vivace e ironico Black and Blue , ispirato alla boxe, è entrato in repertorio al MaggioDanza fiorentino. Coreografo per la tv ( Fotofinish ), i videoclip (Prince) e il cinema ( Fame di Alan Parker, 1980), si è affermato come autore di una danza estroversa e vitalistica.

filodrammatica

Anche `teatro amatoriale’, in quanto chi vi lavora è comunemente definito un dilettante dell’arte drammatica, che recita cioè per passione, senza proporsi fini di lucro. Il teatro dilettantesco o filodrammatica, dopo le sue diversificate forme storiche di teatro sacro, teatro di corte, teatro di circostanza, teatro pedagogico eccetera, diventa teatro dei filodrammatici, nella sua accezione moderna, verso la fine del Settecento, quando gruppi di dilettanti si organizzano in modo più o meno stabile, nelle due forme giunte fino a noi, cioè come filodrammatica `laica’ e filodrammatica `parrocchiale’, con una benemerita appendice nell’ambito del recupero sociale, con psicologi ed animatori che si avvalgono del teatro amatoriale come strumento di socializzazione e come terapia in comprensori carcerari e comunità di tossicodipendenti o di portatori di handicap. Oggi, casalinghe, ragionieri, artigiani, impiegati, professionisti, in una società di esasperata massificazione, trovano il tempo, dopo una giornata di lavoro, di dedicarsi a un appassionato lavoro di prove, di ricerca, di sperimentazione, in ciò poco differenziandosi dai professionisti. In realtà non esistono differenze sul piano etico. Il filodrammatico dedica il suo tempo libero al teatro come scelta culturale, come autorealizzazione vocazionale e morale; il professionista consacra tutta la sua vita al teatro con le stesse motivazioni, ma ricavandone la necessaria remunerazione. Ma anche questa è una fragile classificazione. la cosiddetta multimedialità spinge oggi molti attori professionisti ad attività che poco hanno a che vedere con la totale consacrazione al teatro (spot pubblicitari, doppiaggi, infime prestazioni merceologiche), e il teatro rimane una marginale e spesso oscura gratificazione morale. Tanto teatro di poesia, parrocchiale, oratoriale o laico, nasce invece da una totalizzante passione irruenta e disinteressata, peraltro senza sovvenzioni e finaziamenti. Filodrammatico, insomma.

Feldmann

Figlia d’arte debutta con i genitori Dante Feldmann e Pina Granata al Teatro Principe nella commedia Pension de famiglia a due anni e mezzo. Negli anni Cinquanta è nella compagnia di Radio Milano in monologhi e scenette divenute celebri (con lei ci sono Franco Parenti, Esperia Sperani, Leda Celani, Pina Renzi, Evelina Sironi, Febo Conti, Fausto Tommei e Elena Borgo) e in tv dove registra in un’unica puntata Ciribiribin con Tognazzi, Vianello, la Giusti, Tommei e altri. Con Sotto i ponti del Naviglio di A. Bracchi riapre alla prosa il Dal Verme (1949) insieme a Tino Scotti, Pina Renzi, Tommei e Ermanno Roveri; passa all’Olimpia nella commedia di A.Fraccaroli Siamo tutti milanesi che con N. Besozzi, G. Pogliani e Paola Orlova e Tommei raggiunge le 283 repliche (1951) e nel ’57 è al fianco di Bramieri nelle Dannate vacanze di Gualtiero Tibiletti . Alterna le sue capacità vocali e musicali fra radio e tv ( Bliz , 1978 di Gianni Minà), in questi ultimi anni è la partner di Calindri in tutti i suoi spettacoli, da Gigi a Indovina chi viene a cena .

Finney

Esordì al Birmingham Repertory Theatre con Macbeth e Enrico IV di Shakespeare, di cui interpretò anche Re Lear con la regia di C. Laughton. Nel 1960 si fece notare a Londra in Billy il bugiardo di Hall-Waterhouse e l’anno dopo nel Lutero di Osborne. Nel 1965 recitò in L’ultimo addio di Armstrong di Arden per il festival di Chichester, e nel 1966 in Black Comedy di P. Shaffer. Interessanti sono anche le sue performance cinematografiche all’interno del `free cinema’ inglese: Sabato sera e domenica mattina (1960) a fianco di R. Roberts e Tom Jones di T. Richardson. Sono seguiti Due per la strada (1967), La più bella storia di Dickens (1970), Gumshoe (1971), Assassinio sull’Orient Express (1974) di S. Lumet. Nel 1968 ha diretto e interpretato L’errore di vivere ( Charlie Bubbles ) con la sceneggiatura di S. Delaney, che ritrae una generazione insofferente con l’originalità e la vivacità che ben si adattano alle sue qualità di attore. All’Olivier Theatre di Peter Hall, con la sua regia, F. ha interpretato Tamerlano il Grande di Marlowe, con cui fu inaugurato il teatro (1976) e Amleto e Macbeth di Shakespeare.

Fercioni

La sua fortuna inizia durante gli studi, con una collaborazione tra l’Accademia di Brera e la Piccola Scala, che sceglie i suoi bozzetti per le scene de Il circo di Prokof’ev (1969); successivamente al Piccolo Teatro incontra Chéreau, Peduzzi e Schmidt, con i quali lavora per diverso tempo come assistente. Sebbene si occupi prevalentemente di prosa, per il Teatro alla Piccola Scala firma Il re pastore di Mozart (regia di R. Guicciardini, 1980). Diventa poi lo scenografo stabile del Salone Pier Lombardo di Milano (oggi Teatro Franco Parenti), realizzando moltissimi spettacoli. Da Gran Can Can di F. LeMaitre (1982 ) a I Promessi Sposi alla prova di G. Testori (1984), da Peter Pan di A.R. Shammah e Luca Fontana da J.M. Barrie (1991), in cui popola la fiabesca Terradimai di oggetti e relitti metropolitani alla Maria Brasca di G. Testori (1994). Ques’ultimo spettacolo è ambientato in un interno/esterno essenziale che può esemplificare le sue idee di unitarietà dello spettacolo, in cui la scenografia non ha un ruolo fine a se stesso, ma si inserisce piuttosto in uno stretto rapporto fra regia, attore e spazio scenico, come testimonia anche uno dei suoi ultimi lavori, Ondine di J. Giraudoux (Milano, Villa Belgioioso, 1994), sempre con la regia di A.R. Shammah con cui ha lavorato anche per Varieté di Kagel (un singolare concerto spettacolo andato in scena alla Piccola Scala nel 1981).

Ferrari, i burattini dei

I F. hanno inventato la maschera di Bargnocla che prende il nome direttamente dal suo aspetto fisico caratterizzato da un grande bernoccolo in mezzo alla fronte. Capostipite della famiglia fu Italo (1877-1961), seguito dal figlio Giordano (1905-1987) e dai nipoti Luciano (1934-1978) e Italo, meglio conosciuto come Gimmi (1940), e dal figlio di quest’ultimo Giordano (1970).

Fratellini

Figlia di Victor e nipote del celebre Paul F., Annie è celebre per aver dato vita a uno dei più importanti personaggi di donna clown e per aver fondato a Parigi nel 1972 l’Ecole National du Cirque col marito, il regista Pierre Etaix. La scuola F. è considerata il primo esempio occidentale di formazione circense e ha creato celebri talenti internazionali. La F. sostiene la rinascita del circo come forma d’arte e il suo legame con musica, danza e teatro. Annie, che ha raggiunto grande notorietà nella cultura francese, è invitata in tutto il mondo con gli spettacoli della sua scuola. È riconosciuta come ispiratrice diretta di realtà contemporanee quali il Big Apple Circus, il Cirque du Soleil, il Circus Roncalli.

Folco

Nipote dello scenografo Brunelleschi, attivo in Francia, Folco Lazzeroni Brunelleschi lo raggiunge a Parigi nel 1938 per essere introdotto nel mondo della pittura, ma finisce per frequentare soprattutto il teatro. Approfitta del rientro in Italia a causa della guerra per studiare legge all’università di Firenze. Inizia l’attività professionale realizzando i costumi per Wanda Osiris nello spettacolo L’isola delle sirene (1946) e diventa ben presto il costumista più ricercato del teatro di rivista. Per la Osiris concepisce le famose crinoline che diventano via via più ampie e fastose negli allestimenti di Si stava meglio domani (1948), Al Grand Hotel (1948), Galanteria (1951), Made in Italy (1953), Okay fortuna! (1956), I fuoriserie (1958). In Sogni di una notte di quest’estate (1949) le cuce addosso un abito di lamé nero che la esalta nel numero della Luna d’oriente , mentre per il solo vestito con cui chiude Festival (1954) spende l’astronomica cifra di 600.000 lire. Viene chiamato a realizzare i costumi di tutte le primarie compagnie di rivista; Remigio Paone gli commissiona quelli di Quo vadis? (1950), Il terrone corre sul filo (1955) e A prescindere… (1957), per Dapporto crea gli abiti di Buon appetito (1949) e di Snob (1950), per la compagnia di Taranto gli estrosi abbigliamenti di Nuvole (1948) e di Appuntamento in palcoscenico (1950), con Walter Chiari collabora a Gildo (1950), Tutto fa Broadway (1952) e Oh quante belle figlie Madama Dorè (1955) e con Macario a L’uomo si conquista la domenica (1955). Sulla scena veste le soubrette più ammirate come Elena Giusti in Buondì zia Margherita (1949), Lauretta Masiero in Baracca e burattini (1953), Isa Barzizza in Valentina (1955), Valeria Fabrizi in Una storia in blue-jeans (1959), trovando per ciascuna la giusta nota capace di valorizzarla.

I suoi costumi seguono sempre un’idea di teatralità molto forte e vengono concepiti in stretta correlazione con la scenografia e le coreografie dei numeri collettivi. Spesso sono eccessivi e iperbolici ma comunque eleganti e funzionali ai personaggi e alla finzione scenica. Sovrabbondano fino all’esagerazione in lustrini e piume ma si arricchiscono a seconda delle esigenze di materiali tra i più vari come la paglia e la plastica, la gomma e il metallo. In uno spettacolo a Las Vegas utilizza addirittura i grembiali in maglia d’acciaio indossati dai macellai. Per questa rara capacità di esaltare il corpo femminile sulla scena, il celebre Lido di Parigi lo chiama a prendere il posto di Erté nella realizzazione dei costumi per i propri spettacoli più importanti come Désirs (1954), Voulez-vous? (1956), C’est magnifique (1957) e Una noche en el Lido de Paris (1956), allestimento prodotto per la tournée in America Latina. Anche la televisione gli affida la creazione di costumi, prima per trasmissioni di prosa come Il gabbiano (1957), di lirica come Bohème (1954) e di sceneggati a puntate come Il Romanzo di un giovane povero (1957) e successivamente per tutti i più popolari varietà del sabato sera. A partire da Giardino d’inverno (1961), dove firma l’abbigliamento delle Bluebell, sono suoi i costumi delle varie edizioni di Studio Uno (1961-1967) durante le quali veste tanto le gemelle Kessler che Mina. Realizza anche tutti gli abiti degli otto episodi del ciclo della Biblioteca di Studio Uno (1964). In tempi più recenti crea gli abiti di scena per moltissimi spettacoli dei music-hall di Las Vegas e quelli della commedia musicale Se il tempo fosse un gambero (1987) per la compagnia Garinei e Giovanini.

Franca

Studia alla Royal Academy of Dancing e con Antony Tudor e Stanislaw Idzikovsky e debutta nel 1937 con il Ballet Rambert, per proseguire la sua carriera con il Sadler’s Wells Ballet, dove danza dal 1941 al 1946 partecipando a creazioni di Robert Helpmann ( Hamlet , 1942; Miracle in the Gorbals , 1944); nello stesso tempo si dedica alla coreografia, firmando Khadra (1946) e Bailemos (1947). Nel 1951 si trasferisce a Montreal, dove fonda il National Ballet of Canada e la scuola associata, da lei dirette fino al 1974.

festa

Acquisire non selettivamente e non pregiudizialmente il concetto di festa entro la visione di spettacolo e di teatro costituisce un importante contributo ad una consapevolezza più estesa e più profonda delle complesse realtà dell’idea stessa di ‘avvenimento teatrale’. Certo molte feste contengono esplicitamente riconoscibili e riconosciute manifestazioni che consideriamo comunemente teatro, o spettacolo, ma se appena si spinge l’attenzione oltre il nostro concetto convenzionale di teatro e di spettacolo ci si accorge che tutte le manifestazioni festive, non soltanto quelle pubbliche e di partecipazione sociale, ma anche quelle private e domestiche, si articolano secondo regole, canoni, comportamenti più o meno formalizzati e teatrali. Sono, cioè, spettacolo a pieno titolo. Un matrimonio, per esempio, è certo anche teatro, con successioni spaziali e temporali prestabilite, costumi, scenografie, gesti, parole, comportamenti che generano un vero (e spesso assai rigido) organismo teatrale. E anche una festa domestica di compleanno in famiglia, o persino un’apparentemente confusa e caotica riunione giovanile in casa, per non parlare della discoteca, o dello stadio, a saperle cogliere nella loro articolazione formale e nel loro significato reale hanno evidenza teatrale. Il rapporto tra la festa e lo spettacolo teatrale vero e proprio è stabilito dalla ritualità, che è all’origine stessa del teatro. La festa ci propone allora, in modo emozionante, quella matrice rituale dalla quale ciò che noi consideriamo normalmente il teatro si è venuto formando e sviluppando. Ciò che distingue la festa dallo spettacolo di teatro è che nella prima non ci sono spettatori, ma tutti i partecipanti sono attori, ognuno con il proprio ruolo, la propria parte e una `parte’ è anche quella dei non direttamente protagonisti, ma degli apparenti spettatori.

Frondini

Piero (Perugia 1933), attore e regista. Nel 1963 debutta a Spoleto con uno spettacolo di pantomime, Tirando a morire ; più tardi mette in scena due particolari versioni di Ruzante ( La Moscheta , 1969; La Betìa , 1971) ed eventi simulati ( L’isola del tesoro , 1988). Con la sua compagnia `G.S.A. Fontemaggiore’, che opera da più di trent’anni a Perugia, ha creato l’unico centro di teatro per ragazzi riconosciuto dal Dipartimento dello spettacolo.

Falconi

Armando Falconi cominciò la carriera di attore dopo essere stato impiegato e ufficiale. Si affermò nella compagnia Andò-Leigheb, per poi passare nella Andò-Di Lorenzo dove, tra il 1897 e il ’99, ricoprì il ruolo di primattore. Con Tina Di Lorenzo, che divenne sua moglie, recitò fino al ritiro dalle scene dell’attrice, nel 1920. In quell’anno assunse la direzione, assieme a L. Chiarelli, della compagnia Comoedia diventata l’anno successivo una seguitissima compagnia di successo diviso con la prima attrice P. Borboni fino al 1930. In seguito guidò altre compagnie e divise il palcoscenico con (tra gli altri) D. Menichelli-Migliari, S. Ferrati, E. Maltagliati. Fu attore di estro geniale, brillante, e seppe esaltare con eleganza la comicità dei suoi personaggi, senza mai andare sopra le righe, attento ai caratteri e al trucco. Vanno ricordate le sue interpretazioni nel Re burlone di Rovetta, Addio giovinezza! di Camasio e Oxilia, Le allegre comari di Windsor di Shakespeare, Don Pietro Caruso di Bracco, La moglie ideale di Praga, Il centenario dei fratelli Àlvarez Quintero e Joe il rosso , scritto dal figlio Dino. Con S. Zambaldi scrisse La canzone di Rolando, commedia che andò in scena nel 1918. Al cinema si affermò con Rubacuori (1931).

Fiorini

Lando Fiorini sale alla ribalta nel 1959 partecipando al concorso nazionale Voci Nuove di Jesi, classificandosi tra i primi tre. Nel 1961 si afferma al Cantagiro. La grande occasione giunge lo stesso anno con la partecipazione al Rugantino di Garinei e Giovannini, spettacolo che resterà in cartellone per lungo tempo e sarà portato in tourneé all’estero. Nel 1966 partecipa a Canzonissima. Approda al cabaret quasi per caso; viene infatti chiamato al Bagaglino di Roma per sostituire Gabriella Ferri in uno spettacolo. L’esperienza lo entusiasma e così decide di aprire un proprio locale: nel 1968, dopo mesi di duro lavoro, aiutato anche dagli amici artisti, nasce il Puff. Da allora il locale è un punto di riferimento del cabaret romano, del quale F. è il principale animatore; è stato trampolino di lancio per molti attori oggi affermati (tra cui Enrico Montesano, Leo Gullotta, Lino Banfi, Gianfranco D’Angelo). Negli anni ’70 lavora anche in tv: Ciao, torno subito (1972), Macario più (1978). Nel 1979 conduce la trasmissione radiofonica Roma uguale amore , nella quale canta e recita. È di nuovo in tv nel 1990 con Riso alla romana e nel 1991 con uno special di sei puntate sulla storia del Puff : Puffando puffando .

Fontana

Esordisce come cabarettista part-time allo Zelig di Milano. Passa poi alla tv nel 1991 come co-autore de Vicini di casa ; partecipa poi dal 1996 a tutte le edizioni di Mai dire Gol e ad Anima mia (1997). È co-autore di molti dei testi di C. Bisio e P. Hendel. Ha al suo attivo anche un libro, L’uomo di Marketing e la variante limone .

fachirismo

Il fachirismo consiste, mediante genuino addestramento o tramite artifici, nell’ostentare il controllo del dolore fisico o il superamento delle leggi fisiche del corpo. Tradizione considerata, non sempre a ragione, di provenienza orientale, quella degli esercizi di fachirismo (camminare e stendersi su vetri o chiodi; sputare fuoco; perforare la pelle con spilloni, e così via) è una delle pratiche più diffuse nel mondo dei ciarlatani per la relativa facilità di apprendimento e, seppur cosa poco evidente, per l’ampia possibilità di controllo del rischio. Il fachirismo, che ancora oggi conserva forte impatto sul pubblico, è sempre stato appannaggio soprattutto dello spettacolo di strada, dei circhi minori e dei varietà di second’ordine. Pochi fachiri hanno mostrato esercizi superiori alla media e sempre sfiorando l’autolesionismo. Tra i contemporanei, notevole è la troupe americana di Jim Rose.

Fry

Cristopher Fry è stato anche attore, direttore del Tunbridge Well’s Repertory Players e della Oxford Playhouse, regista, traduttore di testi di Anouilh e Giraudoux, critico teatrale e sceneggiatore di film ( Ben Hur , 1959; Barabba , 1962; La Bibbia , 1966). Ha esordito con Il ragazzo col carretto (The Boy with a Cart, 1938) e ha raggiunto la fama con Una fenice assai frequente (A Phoenix Too Frequent, 1946). Seguì il ciclo delle `commedie di stagione’, che comprendono quattro opere: La signora non è da bruciare (The Lady’s not Burning, 1949), interpretato da John Gielgud; Venere illuminata (Venus Observed, 1950), scritta per Laurence Olivier; La tenebra è luce sufficiente (The Dark is Light Enough, 1954), scritta per Edith Evans; e Il cortile del sole (A Yard of Sun, 1970). Il favore di cui F. ha goduto è legato a queste commedie, che rispondevano al bisogno del pubblico del dopoguerra di essere intrattenuto con testi vivaci e messaggi consolatori. Ma è da ricordare il contributo di F. alla rinascita del dramma poetico, in cui è riuscito a conciliare il verso e i contenuti morali alle esigenze di scena. Ha scritto anche drammi religiosi: Il primogenito (The First Born, 1948), Thor con gli angeli (Thor with Angels, 1948) e Sonno di prigionieri (A Sleep of Prisoners, 1950).

Ferrero

M. Guerra; Roma 1934), attrice italiana. Debutta a 16 anni in cinema ne Il cielo è rosso , al quale seguono I vinti (1953) e Cronaca di poveri amanti (1954). Gassman la vuole accanto a sé e alla Proclemer in Amleto per il ruolo di Ofelia (1954); il sodalizio con l’attore prosegue con Kean di A. Dumas, nell’ adattamento di J. P. Sartre, Otello dove Gassman e Randone di alternano nei ruoli di Otello e Jago, Ornifle di Anouilh, e Irma la dolce di Breffort (il partner è Alberto Bonucci), ma il matrimonio con l’attore francese Jean Sorel interrompe la sua carriera artistica.

Fagan

Membro della Jamaica Dance Company, segue corsi di perfezionamento a New York con Limón, Ailey, Graham. Successivamente fonda la Garth Fagan Dance Company (New York, 1970), con cui si esibisce anche a Châteauvallon e al Palermo Black Festival (1989). Fra i suoi lavori maggiori Griot New York (1991), presentato anche al festival di Spoleto (1993). Sue le coreografie teatrali del musical The Lion King di Disney (1997), best-seller a Broadway. Il suo stile di coreografo autenticamente afro-americano nasce dalla combinazione di danza etnica, jazz e moderna, nel segno dell’energia e del ritmo.

Ferro

Figlia di un gioielliere, nel 1931 Lida Ferro si trasferisce a Parigi e nel 1937 frequenta la scuola di teatro Paupelix. Tornata in Italia nel 1941, è generica nella compagnia Donadio e poi in quella di Elsa Merlini; seconda donna nella compagnia Adani nel 1945-46 e con Memo Benassi nel 1947; infine prima attrice al Piccolo Teatro di Genova nella commedia Uno cantava per tutti di Enrico Bassano. Forma compagnia con Luigi Cimara e interpreta tra l’altro L’uomo del piacere di P. Geraldy. Nel 1953 fonda con Carlo Lari il teatro Sant’Erasmo a scena centrale. Dotata di una forte comunicativa e tensione emotiva, è stata protagonista di un vasto repertorio che comprende autori italiani (Federici, Lodovici, Viola, Pensa, Bassano, Lanza) e stranieri (García Lorca, Claudel); si ricorda in particolare la sua interpretazione di Nora Seconda di C.G. Viola. Terminata l’esperienza del Sant’Erasmo, dopo alcune esperienze in sceneggiati televisivi fonda nel 1961 la sezione teatro alla televisione della Svizzera Italiana, dove ha portato in scena un vasto repertorio e dove continua a lavorare.

Fenley

Diplomata al Mills College, è attiva a New York dal 1976. Per il suo gruppo crea danze dal titolo indicativo di un’ispirazione analitico-astratta: Energizer (1980), Gentle Desire (1981), Praxis e Eureka (1982), Hemisphères (1983), Cenotaph e Esperanto (1985), Geologic Monument (1986), Get Down! (1988), Wired (1989), Dress Up! (1990), Inner Enchantments (1991), Tilliboyo (1993), Horizons (1997). Tra i suoi soli spiccano Darkness , sulla musica stravinskiana del Sacre du printemps (1988) e Regions (1996). Nel 1986 crea per l’Ohio Ballet Feral e per l’Australian Dance Theatre A descent into the Maelström . La sua danza, di frenetico dinamismo, è virtuosistica fino alla spericolatezza.

Franco & Ciccio

Franchi  Franco (Francesco Benenato; Palermo 1922 – Roma 1992) e Ingrassia Ciccio (Francesco I.; Palermo 1923) costituiscono il duo Franco & Ciccio. Hanno formato insieme una indissolubile coppia comica che ha attraversato, brevemente, il poco musical italiano degli anni ’60, e, invece, occupato un posto stabile nel cinema italiano con certe loro parodie, che pur essendo sommarie, e talvolta facili, erano riscattate dalla straordinaria verve dei due interpreti. A differenza delle solite coppie di amici, in cui è presente il comico propriamente detto e la cosiddetta `spalla’, qui, anche se, ufficialmente, la `spalla’ era Ingrassia, i due si muovevano su un altro equilibrio di coppia, basato sulle due differenti mimiche e su un certo tipo di reattività. Franchi, più vicino al clown tradizionale, si stravolgeva tutto in smorfie e cachinni e contorcimenti, I. opponeva a tanta furia fisica una sorta di immobilità vuoi malinconica, vuoi rancorosa. Franchi e Ingrassia, dopo un apprendistato rispettivamente di posteggiatore (cantante che gira per i ristoranti) e di spettacoli di piazza, si incontrarono nel ’57, a Palermo, ed entrarono insieme nel mondo, che ancora esisteva, dell’avanspettacolo e del varietà: quello stesso anno un impresario, Giovanni Di Renzo, li mise sotto contratto e li fece girare nei teatri del Sud. 1960: i due ottengono il premio per i migliori comici di varietà dell’anno. 1961: debuttano a Roma, e attirano l’attenzione di Garinei e Giovannini che li fanno debuttare, nel ’62, in Rinaldo in campo, a fianco di Domenico Modugno e Delia Scala: successo strepitoso. 1963: ancora una commedia musicale, Tommaso d’Amalfi , di Eduardo De Filippo, ancora con Modugno: Franco & Ciccio sono straordinari, ammirati, lodati dalla critica e osannati dal pubblico, ma il musical è un disastro e i due lasciano l’impresa. Dell’attività di Ciccio & Ingrassia restano testimonianze in qualche decina di film e di sketch inseriti in film a episodi, uno fra tutti Kaos dei fratelli Taviani. Per Ingrassia si ricorda anche la sua partecipazione in Amacord di Fellini e in palcoscenico la novella di Pirandello Effetti di un sogno interrotto (1995).

Feliciani

All’età di vent’anni Mario Feliciani frequenta l’Accademia dei Filodrammatici di Milano e debutta nel gruppo Palcoscenico diretto da Paolo Grassi (1941); nel 1943 è con la compagnia Benassi-Carli e nel 1945 con la Borboni-Randone-Carnabuci-Cei diretto da O. Costa e R. Jacobbi. Ottiene il primo successo in La luna è tramontata di Steinbeck con la regia di Pandolfi nel 1946. In seguito si afferma nel repertorio classico nello specifico ruolo dell’antagonista. Nel 1947 è tra gli attori che inaugurano il Piccolo di Milano con L’albero dei poveri . Rimane al fianco e sotto la guida di Strehler per quattro stagioni fino al 1952, lavorando nelle più importanti produzioni. Interpreta così ruoli di rilievo nelle prime edizioni de I giganti della montagna (1947-48), La tempesta, Casa di bambola, Macbeth, Assasinio nella cattedrale, La famiglia Antropus, Il corvo, Il piccolo Eyolf, Oplà, noi viviamo, Emma (1951-52). Dal 1951 al 1955 è con Gassmann in Oreste di Alfieri, Amleto, Edipo re , Kean di Dumas e Ornifle di Anouilh. Dopo una parentesi televisiva torna a teatro con Maria Stuarda (1965) con la compagnia Proclemer-Albertazzi, Dal tuo al mio (1966) di Verga, Rose rosse per me (1967) di O’Casey, Elettra di Euripide e Golem di Fersen nella stagione 1969-70. Torna al Piccolo Teatro negli anni Settanta per l’allestimento Santa Giovanna dei macelli (1970-71) e in seguito per Le case del vedovo (1975-76). Nel 1973 interpreta Antigone di Sofocle a fianco di E. Aldini e La strega con la Proclemer. Nella sua lunga carriera ha lavorato molto anche nel cinema ricoprendo ruoli in importanti produzioni italiane ed internazionali: possiamo ricordare Ulisse con Kirk Douglas e Anthony Queen e I vinti con la regia di Antonioni. In televisione inoltre sono degne di nota le sue partecipazioni in Delitto e castigo , Il caso Maurizius e in Davide Copperfield.

Fersen

Vissuto in Italia sin dall’infanzia, dopo gli studi filosofici (tra le pubblicazioni L’universo come gioco, 1936) Alessandro Fersen è costretto a emigrare a Parigi dalle leggi razziali fasciste. Qui si avvicina alla prosa, stimolato dal gruppo parigino del Cartel. Esordì in teatro con il fondamentale Lea Lebowitz (1947), di cui scrisse anche il testo seguendo una leggenda chassidica, con la Compagnia del Teatro ebraico: lo spettacolo, di antico folclore yiddish, univa rigorosamente parola, canto e danza. Con la costante collaborazione di Lele Luzzati per scene e costumi, F. ha diretto numerosi spettacoli puntando sempre alla unità delle arti sceniche. Si ricordano tra gli altri: Le allegre comari di Windsor di Shakespeare (1949); Il malato immaginario e L’avaro di Molière (1953); Così è (se vi pare) del 1955 e Come prima, meglio di prima di Pirandello (1957); Il figliol prodigo e Venere prigioniera di G.F. Malipiero (1957); Le diavolerie (Spoleto 1967); Golem (su suo testo, 1968); Fuente Ovejuna di Lope de Vega (1975). Dedicatosi con particolare passione all’attività didattica e saggistica, ha fondato a Roma (1950) uno studio, collegato al teatrino de ‘I nottambuli’, che ebbe breve esistenza. Nel 1957 aprì una scuola per attori basata sulle teorie e sul metodo di Stanislavskij, cui Fersen ha dedicato numerosi studi e pubblicazioni (L’ultimo Stanislavskij , Il metodo Stanislavskij) e che dagli anni ’60 supererà, interessandosi all’antropologia e alla tecnica del monodramma, raccogliendo le sue idee nel saggio Il teatro, dopo (1980).

Frisch

Studia architettura a Zurigo e fino al 1955 lavora come architetto; poi come scrittore indipendente. Viaggia molto all’estero, soprattutto negli Usa e dal 1961 al 1965 soggiorna a Roma; poi si stabilisce a Tessin. Viene insignito di numerosi premi e lauree ad honorem. Considerato una delle figure più rilevanti della cultura svizzera, delle dodici opere teatrali che ha scritto, ben undici sono state prodotte allo Schauspielhaus di Zurigo, teatro noto per l’impegno antifascista. F. elabora la sua drammaturgia in una sorta di dialogo con quella di Brecht, che ha modo di conoscere personalmente: è una drammaturgia della delucidazione, dimostrativa, che si oppone a quella dell’illusionismo. Se nel 1945 in Germania si sente la necessità di una voce che sia eco della realtà storica appena trascorsa, ecco che F. fa sentire la sua parlando della guerra, del fascismo, delle connivenze, dell’impotenza e delle rinunce degli intellettuali, della bomba atomica. La sua è un’opera in cui si tratta, più ancora che in quella di Brecht, delle difficoltà dell’individualità. Il protagonista di uno dei suoi drammi più celebri, Andorra (1962), un figlio adottivo che si sospetta essere di origine ebrea, è la vittima dei preconcetti dei suoi concittadini, eppure a questi si conforma sino a venir eliminato. Tema analogo tratta il Don Giovanni o l’amore per la geometria , del 1953, in cui Don Giovanni discende all’inferno per produrre agli occhi del mondo un mito che gli garantirà l’immortalità. A volte la drammaturgia di F. trascende i limiti di spazio e di tempo come in La muraglia cinese (Die chinesische Mauer, 1946), dove l’uomo d’oggi conversa con l’imperatore della Cina, con Bruto, Cristoforo Colombo e Napoleone. Nel 1989 F. partecipa all’iniziativa popolare in favore di una Svizzera disarmata scrivendo un dialogo tra un giovane e suo nonno, che lo stesso anno viene messo in scena da Benno Besson sia a Zurigo sia a Losanna. Altri titoli, tra i più significativi della sua produzione drammatica, sono: Omobono e gli incendiari (Biedermann und die Brandstifter, 1958), sulla doppia morale della borghesia, Biografia. Un gioco (Biografie. Ein Spiel, 1968), Triptychon (1978). Della sua opera narrativa si ricordano: Stiller (1954), Homo faber (1957), Montauk (1975) e L’uomo compare nell’olocene (1979).

Fantoni

Inizia a lavorare giovanissimo in feste di partito e di piazza. Esordisce in tv nel 1990 a “Stasera mi butto”, come imitatore di Paolo Villaggio. Nel 1991 appare più volte al “Maurizio Costanzo Show”, dove diventa popolare grazie alle sue facce, imitazioni di oggetti e verdure. Il suo spettacolo Involucri pericolosi è in scena dal 1993.

Fifield

Ha studiato con E. Scully e poi a Londra al Sadler’s Wells Ballet dove, scritturata nel 1947, è rimasta fino al 1954. Danzatrice elegante e di notevole personalità, nel 1956 è passata al Prince Ballet, finché due anni più tardi è rientrata nel paese natale, dove è stata étoile all’Australian Ballet fino al 1964. Potendo vantare numerose esperienze con varie compagnie internazionali, la F. è stata brillante protagonista di balletti per lei creati da grandi coreografi, tra i quali Ashton e Cranko: del primo impose Madame Chrysanthème , del secondo Pineapple Poll . Moglie del direttore d’orchestra e musicista John Lanchberry, grande esperto di balletto, ha scritto un libro autobiografico, In my Shoes (1967).

Falk

Diplomatasi all’Accademia d’arte drammatica, Rossella Falk debutta nel ruolo della Figliastra nei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello con la regia di O. Costa che la dirigerà in altri spettacoli, passando poi a lavorare con Luchino Visconti in Un tram chiamato desiderio di T. Williams, Il seduttore di D. Fabbri, La locandiera di Goldoni e Le tre sorelle di Cechov. Nel 1954 decide di dar vita a un gruppo di attori fra i venti e i trent’anni ma già affermati: nasce così la Compagnia dei Giovani, con la quale F. segnerà le tappe più importanti della sua carriera, da La bugiarda, scritta da D. Fabbri appositamente per lei, alle figure pirandelliane dei quattro celebri allestimenti della compagnia. Chiusa l’esperienza con la storica formazione, nel 1974 inizia la sua attività di capocomico, interpretando Trovarsi di Pirandello e La signora dalle camelie di Dumas, ancora con la regia di De Lullo. Dopo un’assenza di quattro anni torna alle scene nel 1980 con il musical Applause di A. Green e B. Comden, per la regia di Antonello Falqui. Dal 1981 al ’97 è direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma insieme a Giuseppe Battista e Umberto Orsini. Si dedica al teatro straniero contemporaneo con autori come Kempinski, Frayn, Shaffer, ma ha affrontato anche Schiller in Maria Stuarda con la regia di Zeffirelli e Cocteau in L’aquila a due teste , diretta da Lavia, o Parenti terribili con la regia di Cobelli. Nella stagione 1994-95 rimette in scena da regista e interprete un testo affrontato con la Compagnia dei Giovani, Anima nera di Patroni Griffi, e incarna la figura di Maria Callas in Master Class di T. McNally. Alcune interpretazioni cinematografiche con Losey, Aldrich e, fra gli italiani, con Fellini in Otto e mezzo . Diverse apparizioni televisive nella registrazione di alcune commedie e in sceneggiati.

Festa

Sceneggiatore per il cinema e per la televisione, giornalista, Campanile Pasquale Festa nelle sue varie attività ha ritratto le crisi dell’odierna gioventù, proletaria e piccolo borghese. Ha partecipato a quattro film di serio impegno, quali Rocco e i suoi fratelli (Visconti, 1960), La viaccia (Bolognini, 1961). Le quattro giornate di Napoli (Loi, 1962) e Il Gattopardo (Visconti, 1963). Al teatro ha dato, in collaborazione con M. Franciosa la fortunata commedia musicale Rugantino (1962-1965), dove la maschera romanesca è inquadrata in una cornice vivacemente plebea e la componente retorica è abilmente intrecciata al tessuto tragicomico del racconto. L’unico suo testo in prosa è Anche se vi voglio un gran bene (1970) sulle scelte di una moglie che abbandona il marito per imparare a essere se stessa, preceduto da Venti Zecchini d’oro scritto in collaborazione con Luigi Magni e diretto da F. Zeffirelli con P. Borboni, R. Rascel e M. G. Buccella.

Fiumi

Studia danza classica con Victor Litvinov, Evgheni Polyakov,Vladimir Lupov e all’Accademia nazionale di danza dedicandosi poi alle tecniche moderne e al Butoh. Con la sua compagnia Alef (1984) firma molti spettacoli tra i quali Libra (1987), Istruzioni di volo (1988), La terra della luna (1990), Chiara di terra (1991), Tre studi sul serpente (1992), My Feet are not long enough (1994), in cui i diversi linguaggi della danza contemporanea confluiscono in un lavoro teatrale formalmente raffinato. Attiva anche nel campo della videodanza ( Espresso Doppio , 1993; Pompei , 1995), dal 1989 cura la rassegna `Orvieto per la Danza’.

Fugard

Athol Fugard studia a Port Elizabeth e a Città del Capo (filosofia). Viaggia a lungo per il mondo facendo i più svariati lavori. Nel 1956 sposa Sheila Meiring, attrice e scrittrice, con cui comincia a recitare e a scrivere per il teatro fondando la compagnia Circle Players. Nel 1959 produce No-Good Friday , scritto per un gruppo interraziale nel quale vengono adottate le tecniche recitative dell’Actors Studio di New York. Lavora anche in Europa (1960-61) interagendo col teatro underground e il teatro povero di Grotowski. Come regista mette in scena drammi di Beckett, Brecht, Büchner, Camus, Genet, Machiavelli, Sofocle e Soyinka con la sua nuova compagnia, i Serpent Players. Tra i suoi lavori drammatici, Il nodo di sangue realizzato nel 1961, Ciao e arrivederci nel 1965 e Boesman e Lena nel 1968, costituiscono la `trilogia di Port Elizabeth’. Successivamente sono state rappresentate: The Coat , nel 1966, e People Are Living There nel 1968, stesso anno in cui la Bbc mandò in onda il radiodramma Millemiglia dedicato alla mitica corsa automobilistica italiana. Nel 1972 F. realizza la sua seconda e più importante trilogia: Sizwe Bansi è morto , che definì «il più efficace atto d’accusa contro l’apartheid» (storia di uno scambio d’identità); L’isola , sui dialoghi di due detenuti che discutono della messa in scena di Antigone intrecciandola alle storie dei film che hanno visto; e Statements after an Arrest under the Immorality Act sulla vita di una coppia mista che fa dell’incontro affettivo e sessuale un luogo di riflessione sulla segregazione razziale. Dimetos (1975) è il suo primo testo che esce dai temi legati alla sua terra per affrontare l’incesto. Seguono: The Guest (1977), sull’artista sudafricano Eugene Marais e la sua dipendenza dall’eroina; A Lesson from Aloes (1978) in cui fa esplodere i conflitti di coppia di una famiglia della media borghesia inglese e l’autobiografico `Master Harold’ and the Boys (1982). Gli ultimi lavori sono The Road to Mecca (1984) e A Place with the Pigs (1988). F. ha coltivato anche interessi cinematografici girando anche alcuni film, fra gli altri: Boesman and Lena (1974) e Marigolds in August (1979) e ha recitato in film altrui, fra cui: Gandhi di Attemborough (1982).

Fabula Saltica

Nata nel 1986 con la denominazione di Estballetto su iniziativa dei danzatori Donatella Altieri, Giulia Ferrari, Claudio Ronda, Pia Russo e Leila Troletti, Fabula Saltica si lega fin dai suoi esordi al Teatro sociale di Rovigo che la ospita e dal 1990 collabora alle produzioni. Di identità classico moderna collabora con molti coreografi italiani (Massimo Moricone, Orazio Messina, Gabriella Borni) e con Gheorghe Iancu che ne diventa direttore artistico dal 1990 al 1996, firmando creazioni quali La mascherata (1990), Aura (1995), Riccardo III (1996). Nel 1997 realizza Ragazzi selvaggi di Robert North su musiche di Enrico Rava e Pandora librante di Robert Cohan su partitura di Claudio Ambrosini.

Finocchiaro

Angela Finocchiaro si forma nel teatro ragazzi partecipando tra il 1975 e il 1980 a diversi spettacoli della compagnia Quellidigrock e del Teatro del Sole; nel 1980 fonda il gruppo Panna acida dove, con Carlina Torta, allestisce Scala F (1982), uno degli spettacoli più intensi ed emozionanti di quegli anni. Dopo aver frequentato nel 1983 il seminario con Dominic De Fazio, interpreta nel 1986 La stanza dei fiori di china che diventerà uno dei suoi cavalli di battaglia. Attrice spiritosa e intelligente, da allora alterna con grande sobrietà il teatro con il cinema e la televisione. È una delle interpreti preferite da M. Nichetti (Ratataplan, 1980; Volere volare, 1990) e di D. Luchetti (Domani accadrà, 1987; Il portaborse, 1990). Sempre con Luchetti è interprete, accanto a Silvio Orlando, di Sottobanco di D. Starnone (ma non parteciperà alla versione cinematografica intitolata La scuola). In televisione ha preso parte a quasi tutte le trasmissioni della nuova comicità, sino a essere protagonista, nelle vesti di una suora, nella serie di Canale 5 Dio vede e provvede (1996).

Faletti

Dopo un breve approccio con la pubblicità, inizia a fare cabaret approdando al Derby Club di Milano. Qui metterà a punto una comicità salace e robusta capace di creare tipi di grande efficacia, basti pensare a Suor Daliso e alla guardia giurata Vito Catozzo che poi ritroveremo nel Drive in di Antonio Ricci (dal 1983). Il debutto televisivo è nel 1982 con Pronto… Raffaella? . Continua ad alternare esibizioni dal vivo – soprattutto serate in discoteche e convention – e programmi televisivi; usando le prime per mettere a punto nuovi personaggi come il riuscitissimo stilista gay Francesco Tamburino che poi ritroviamo in Emilio (1989-90). Nel 1990-91 Baudo lo chiama a Fantastico e non manca, nel 1991, di fare il suo ciclo a Striscia la notizia con Lando Buzzanca. Lavora anche come paroliere e cantautore, inizia la collaborazione con Angelo Branduardi – del quale diventa autore dei testi con “L’apprendista stregone” e “Piccola canzone” dei contrari e poi con l’intero lp “Il dito e la luna”, nel maggio 1998 – e a volte interpreta in prima persona le proprie canzoni con successo: “Signor tenente” (Festival di Sanremo 1994).

Feld

Eliot Feld studia alla School of American Ballet e, dopo aver danzato in West Side Story, entra all’American Ballet Theatre (1963), dove si afferma come interprete esuberante e vivace. Qui affronta anche la coreografia nel 1967 con Harbinger e Midnight, meritando apprezzamento per musicalità e inventiva. Nel 1969 fonda l’American Ballet Company, con cui debutta a Spoleto nel trittico Cortège Burlesque, Intermezzo e Meadow Lark. Seguono: Pagan Spring (1969), Early Songs, A Poem Forgotten e Cortège Parisien (1970), Theatre e The Gods amused (1971), A Soldier’s Tale (1972). Sciolta la compagnia per motivi finanziari, torna all’American Ballet Theatre (1971-1972). Lavora anche con il Royal Winnipeg Ballet, il London Festival Ballet, il Balletto reale svedese, il City Center Joffrey Ballet. Fonda poi una nuova compagnia, l’Eliot Feld Ballet, di base classica, impegnata però su una linea di lavoro decisamente moderna e multistilistica (Grand Canon, musica di Reich, 1984; Medium: Rare, 1985), e trasforma l’Elgin Theatre nel Joyce Theatre, che ospita a New York le più affermate compagnie di danza moderna e contemporanea.

Francalanci

Si è diplomato in danze storiche alla Guidhall School of Music and Drama di Londra. Dal 1978 ha partecipato a numerosi festival e convegni internazionali dedicati alla danza antica e con il suo gruppo Il Ballarino ha curato le coreografie dei balletti di opere di Monteverdi, Caccini, Peri, Stradella. Coreografo ospite del gruppo francese Ris et Danceries ha collaborato al suo Tempora et Mesura (1988); nel 1990 è sua la ricostruzione filologica per il Teatro Regio di Torino Il Gridelino di Filippo D’Agliè e nel 1991 ha realizzato per la Bbc An extravagantia dei Medici . È stato docente di danza rinascimentale italiana alla Sorbona e presso il Centre de Musique Ancienne di Ginevra.

Fresnay

Laudenbach; Parigi 1897 – Neuilly-sur-Seine 1975), attore francese. Debutta nel 1911 in Aigrette di Niccodemi e dal 1915 al 1927 fa parte della Comédie Française, da cui esce contestandone il metodo di reclutamento. Quindi passa a recitare nei teatri del boulevard con Guitry e Pagnol e nel 1929 interpreta Marius di Pagnol (a cui segue una versione cinematografica di cui è protagonista lo stesso F.). Negli anni ’30 comincia il sodalizio sentimentale e artistico con l’attrice Yvonne Printemps, che gli è accanto sul palcoscenico in Le corsaire (1938) e Auprès de ma blonde (1946) di Achard. Nel 1937 diventa direttore artistico del teatro Michodière. Predilige interpretare testi del teatro moderno come: L’ermellino di Anouilh (1932), Père di Bourdet (1942), Si je voulais di Géraldy (1946), L’oeuf de l’autruche di Roussin (1948), Mon Faust di Valéry (1962), Il nipote di Rameau di Diderot – in un proprio adattamento – (1964), On ne sait jamais (1969) e La claque (1972) di Roussin.

Fialka

Dopo studi di danza presso il Conservatorio di Praga, approfondisce il mimo e la pantomima con Jean-Baptiste Debureu. Nel 1958 partecipa alla fondazione del Teatro alla Balaustra (Divadlo na Zábradlí) di Praga, dove costituisce una piccola compagnia che dirigerà fino alla morte. Dopo alcune sperimentazioni, il gruppo esordisce con Se mille clarinetti… (1958), di cui F. cura la coreografia, e Pantomima alla ringhiera (1959) su testo, regia e coreografia di F. Sull’esempio di Marcel Marceau (che incontrò in Francia nel 1956) F. creò un personaggio ripreso dal Pierrot di Jean-Louis Barrault: Knoflik-Bouton (bottone). Tipo di `clown bianco’, col viso bianco e il corpo ricoperto da una calzamaglia nera, Knoflik è il protagonista di pantomime che rappresentano in modo non realistico aspetti della vita contemporanea. Contro la tendenza di una parte della sperimentazione degli anni ’60 a ibridare i generi (pantomima, teatro delle marionette e dei pupazzi), F. sostenne sempre l’irriducibilità del movimento del corpo umano rispetto alla marionetta. Al contrario della marionetta, infatti, il corpo umano è in grado di esprimere la tensione psichica e fisica che produce il gesto. Fra gli spettacoli realizzati da F. sono da ricordare Studi (1960-1983), Knoflik (1968), Capricci su quadri di Goya (1971), Il pellegrino (1991), di cui fu autore, interprete e coreografo e Ubu Re (1964), per la regia di Jan Grossman, di cui curò le coreografie.

Feuillère

Cunati; Vesoul 1907), attrice francese. Debutta in Le bonheur di Bernstein (1933). Raggiunge il successo nel 1939 interpretando Margherita Gauthier in La dame aux camelias di Dumas figlio; è protagonista di Sodome et Gomorrhe di Giraudoux accanto a Gérard Philipe (1943) e di L’aquila a due teste di Cocteau (1946). Recita con la compagnia Renaud-Barrault, in Pour Lucrèce di Giraudoux (1953) e in Un equilibrio delicato di E. Albee (1967). Tra gli spettacoli che ha interpretato ricordiamo: Partage de midi di Claudel (1948), La dolce ala della giovinezza di Williams (1971), Caro bugiardo (1980) di J. Kilty da George Bernard Shaw (con Jean Marais), L’ultima notte d’estate di Arbuzov (1982), La casa sul lago di E. Thompson (1986). Nel 1992 ha dato il suo addio alle scene con uno spettacolo a lei dedicato: Edwige Feuillère en scène , che le è valso nel 1993 il Molière come miglior interprete. È stata anche un’efficace interprete cinematografica: da L’aquila a due teste (1948) di Cocteau a Un’orchidea rosso sangue di Patrice Chéreau (1975), in cui appare insieme ad altri `mostri sacri’ quali Alida Valli, Simone Signoret e Valentina Cortese.

Field

Ha studiato a Liverpool e poi alla Sadler’s Wells School (1939). Nello stesso anno è entrato nell’allora Vic-Wells Ballet, ora Royal Ballet, con interruzioni dovute al servizio prestato nell’aviazione dell’esercito inglese. Diventato presto primo ballerino, è nominato direttore del Sadler’s Wells Theatre Ballet nel 1956, poi direttore associato incaricato delle tournée del Royal Ballet. Condirettore (con Kenneth MacMillan) del Royal Ballet nel 1970, è stato direttore del Balletto della Scala, direttore artistico della Royal Academy of Dancing dal 1975 al 1978, direttore artistico del London festival Ballet dal 1979 al 1984, direttore della British Ballet Organisation dal 1984 al 1991. Fra le creazioni di F. si ricorda il ruolo di Dorkon nel Daphinis et Chloé di Frederick Ashton.

Friuli Venezia Giulia

Fondato nel 1954 a Trieste, il Teatro Stabile di Friuli Venezia Giulia ha iniziato le proprie attività nel dicembre dello stesso anno al Teatro Nuovo, presentando La donna di garbo di Goldoni. Nel corso degli anni al palcoscenico del Nuovo sono stati affiancati gli spazi dell’Auditorium e del Politeama Rossetti, potenziando via via la funzione di ponte verso la drammaturgia e le culture dell’area centro-europea ( Questa sera si recita a soggetto di Pirandello e La rosa di zolfo di A. Aniante, 1958, regia di F. Enriquez; Un marito di Svevo, regia di S. Bolchi, 1960-61, che ha iniziato il lavoro di recupero dei testi teatrali dell’autore triestino fino ad allora dimenticati; Vera Verk di F. Tomizza, regia di F. Tolusso, 1963) peculiare cifra distintiva dell’attività produttiva dello Stabile. Teatro essenzialmente di frontiera, ha cercato di privilegiare l’attenzione per autori della cosiddetta Mitteleuropa, presentando in prima assoluta sul territorio nazionale testi quali Avvenimento nella città di Goga di Slavko Grum (di 1971-72), Anatol di A. Schnitzler (regia di R. Guicciardini, 1975-76), Attraverso i villaggi di Peter Handke (regia di R. Guicciardini, 1983-84), Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal (regia di G. Pressburger, 1992-93), Intrigo e amore di Friedrich Schiller (regia di N. Garella, 1992-93), Medea di Franz Grillparzer (regia di N. Garella, 1994-95), e L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro ancora di Handke (regia di Pressburger, 1994-95). Parallelelamente, sulla scia dei principali teatri pubblici nazionali, è stato sviluppata e promossa la diffusione del cosiddetto teatro d’arte. Attori, registi, scenografi e musicisti fra i più importanti della scena italiana si sono alternati nelle produzioni dello Stabile. Attualmente è direttore artistico A. Calenda, che ha iniziato il suo mandato promuovendo nell’ambito di un convegno (1996) il primo Festival della giovane drammaturgia italiana.