Tatò

Carla Tatò frequenta a Roma l’Accademia di belle arti (scenografia) e debutta come attrice, alla fine degli anni ’60, con Carmelo Bene. Quindi è diretta da R. Guicciardini (Le nuvole di Aristofane), M. Scaparro (Chicchignola), F. Parenti (Il cambio della ruota), G. De Bosio (Il Ruzante). Nel 1970 fonda con Dacia Maraini il `Teatro di quartiere’ a Centocelle e nel 1971 il `Teatro di strada’ con G.M. Volonté, F. Bucci, A. Salines, M. Mercatali, A. Balducci. Nel 1973 partecipa all’ Histoire du soldat di Stravinskij nella messinscena di C. Quartucci. Inizia la collaborazione con il regista e l’esperienza itinerante di Camion: la T. prende parte alla progettazione artistica e creativa, è protagonista della trilogia Opera (ovvero Scene di Teatro, Scene di Romanzo, Scene di Periferia , testi di R. Lerici), di Nora Nora, Nora Helmer dedicati da Quartucci all’eroina di Casa di bambola di Ibsen. Con C. Quartucci, J. Kounellis, G. Paolini, G. Celant, R. Lerici, R. Fuchs, nel 1981 fonda il progetto `Zattera di Babele’; nascono gli spettacoli, portati in tournée europea, Didone, Comédie Italienne, Uscite, Platea, Pentesilea, Florville e Courval , dei quali è protagonista.

La Tatò si definisce «autore di se stesso legato alla cultura del tragico e dell’eroicità», performer che si propone come corpo scenico attoriale, attrice della parola intesa come musicalità e acrobazia vocale, protesa al superamento della differenza maschile/femminile e portatrice di una fisicità femminile forte e `mitologica’. La Tatò è protagonista del progetto scenico su Kleist in Canzone per Pentesilea e Rosenfest Fragment XXX (Berlino 1884), Pentesilea e Nach Themyschira (Roma e Vienna 1986), diretta da C. Quartucci; con lui, M. Blunda e R. Fuchs, nel 1986 è ideatrice del festival permanente `Le giornate delle arti’ a Erice in Sicilia; interpreta quindi il ruolo della madre in La favola del figlio cambiato e quello di Ilse in I giganti della montagna (1989) di Pirandello, Zenocrate e Tamerlano in Tamerlano il Grande di C. Marlowe (Berlino 1991), Sir e Lady Macbeth in I Macbeth (1992), Medea e Giasone in Medea (1988-98) e Federico II in Ager sanguinis, entrambi di A. Pes (1995), i personaggi beckettiani May, Bocca, La donna della sedia, Il lettore, L’ascoltatore, Il protagonista muto in Primo Amore (1989), Erste Liebe (L’Aja 1992), Abitare Beckett (1998). Per il cinema è protagonista di Vogliamo i colonnelli di M. Monicelli (1972); ha partecipato in tv a diversi film, sceneggiati, trasmissioni.

Lessing

Nata in Iran, Doris Lessing si trasferì definitivamente a Londra dal 1929. Accanto alla produzione di romanzi di successo (Il taccuino d’oro, 1962; La città dalle quattro porte, 1968), ha scritto anche per il teatro: Mr Dollinger (1958), A ciascuno il suo deserto (Each his own Wilderness, 1958), Istruzioni per una discesa all’inferno (Briefing for a descent to Hell, 1971), Memorie di un sopravvissuto (Memories of a survivor, 1974) e Racconti (Stories). Nel 1960 ha fondato con Wesker e la Delaney il Centre 42, organo per la diffusione della cultura tra le classi subalterne, che diressero fino al 1971. Nel 1994 L. Nattino ha messo in scena Maudie e Jane tratto dal Diario di Jane Somers (Santarcangelo 1994) interpretato da Judith Malina e Lorenza Zambon.

Jellicoe

Ann Jellicoe debutta nel 1958 con Lo sport della mia pazza madre (The Sport of My Mad Mother), un testo basato sul mito che impiega forme ritualistiche per raggiungere in modo diretto il pubblico: attraverso il ritmo, la musica e persino il rumore. Il titolo rimanda alla dea Kali, figura simbolo della creazione di una nuova vita attraverso la morte e la distruzione, che qui viene modernamente proposta nei panni di una ragazza incinta capo di una banda di adolescenti, con capelli rosso sangue e un viso bianco come la morte. L’intera azione scenica ruota attorno alla violenza di strada, che trasforma le attività quotidiane in schemi stilizzati di suoni e movimenti. Il suo teatro si esprime attraverso un linguaggio estremamente fantasioso, piuttosto affine a una logica musicale che a quella della parola scritta, e del tutto ignaro della lezione e delle convenzioni naturalistiche. J. abbandona presto il teatro professionistico e commerciale, inadatto ai suoi scopi, e si rivolge (come già Peter Cheeseman con The Jolly Potters , 1964) ad attività sperimentali all’interno di scuole e centri sociali, che in seguito porteranno alla diffusione della forma del Community Theatre: i componenti stessi della comunità sono chiamati a rappresentare il loro teatro. Nel 1985, fedele a questa scelta, cura la regia di Entertaining Strangers di D. Edgar, per i cittadini di Dorchester. Tra gli altri suoi testi vanno ricordati: il successo del 1961 The Knack , commedia a sfondo sociale che ha avuto anche una riduzione cinematografica; Shelley , sulla vita del poeta; La nuova generazione (The Rising Generation, 1967), scritta su commissione della Girl Guides’ Association e poi rifiutata.

Montanari

Insieme a Marco Martinelli, Luigi Dadina e Marcella Nonni nel 1983 Ermanna Montanari fonda a Ravenna il Teatro delle Albe, destinato a dar vita nel 1991 al centro per la ricerca teatrale Ravenna Teatro. Come attrice e scenografa, secondo la regia di Marco Martinelli, mette in scena fra gli altri Ruh , Romagna più Africa uguale (1988), Siamo asini o pedanti? (1989), Bonifica (1989), All’inferno! (1996) e Perhindérion (1998), all’interno di un itinerario che sposa ricerca e sperimentazione linguistica all’attenzione per il proprio patrimonio etnico e antropologico. Nel 1991 crea il Linguaggio della Dea, uno spazio in cui `pensare al plurale’, possibilità di riflessione sul femminile attraverso l’incontro e il confronto di esperienze. Le linee fondative del suo percorso artistico disegnano tracce di un’incessante ricerca, che è memoria e corpo di una terra che cerca di farsi linguaggio. Inseguendo il segreto di parole aggrovigliate nel silenzio del corpo, l’attrice ritorna attraverso lo spazio del teatro a quella terra che per `eccessiva identità’ avrebbe forse voluto dimenticare: il dialetto romagnolo le consente di riappropriarsi del sangue e di «esprimere con forza le azioni senza separarle dalle parole». Un viaggio continuo e rinnovato nella propria preistoria, che la vede protagonista non solo come attrice ma anche come autrice e regista in Confine (1986), finalista nel premio Opera Prima di Narni, in Rosvita (1991), in Cenci da Artaud e Shelley (1993), in Ippolito da Euripide e Marina Cvetaeva (1995), e soprattutto in Lus , canto in dialetto romagnolo del poeta Nevio Spadoni. In Lus , le gambe nude sospese nel vuoto buio, l’attrice è Belda, strega dei miracoli, il cui linguaggio si fa canto e grido recuperando l’essenza archetipica della parola. Ermanna dei presagi.

Torta

Carlina Torta esordisce nel gruppo Teatro del Sole per poi fondare, a metà degli anni ’80 con A. Finocchiaro, la compagnia Panna acida, che realizza spettacoli come Scala F, Viola, Maldimare, in scena al Teatro Verdi di Milano. Nella stagione 1988-89 scrive e dirige Lucertole ; nel 1996 allestisce Manicomio primavera, ispirato a un racconto dell’omonimo libro di Clara Sereni, in cui, ha detto l’attrice, «c’è il senso della vita come l’ho espressa nel mio teatro: dolore e piacere, sofferenze e gioia». Nella stagione 1997-98 è nel Re Lear di Shakespeare, con la regia di A. R. Shammah.

Gregory

Di ricca famiglia anglo-irlandese, Lady Isabella Augusta Gregory fin da giovanissima si interessò all’antica cultura gaelica. Fra i massimi rappresentanti della rinascita celtica, insieme a W. B. Yeats, fondò il movimento drammatico irlandese (Irish Literary Theatre, 1898-1909) e quando questo nel 1904 trovò sede nell’Abbey Theatre di Dublino, partecipò intensamente alla sua vita sia come finanziatrice e ispiratrice che come autrice drammatica. Esponente del ‘realismo poetico’, scrisse commedie ambientate nel mondo dei contadini e dei pescatori in un particolare dialetto, chiamato `kiltartan’, mescolanza del gaelico ancora vivo nella parlata contadina e dell’inglese parlato a Dublino. Fra le sue opere Seven Short Plays (1909), una raccolta di atti unici in cui si trovano tipici esempi della commedia degli equivoci, basata sulla passione dei contadini irlandesi per l’oratoria e per l’invenzione di leggende; Folk History Plays (1912); Kincora (1905), tentativo di una tragedia più complessa; The Goal Gate (1906); The Rising of the Moon (1907). Le si devono inoltre adattamenti da Molière, diari e un libro di memorie teatrali.

Gems

Pam Gems approda al teatro piuttosto tardi, debuttando nel 1973 con My Warren e After Birthday : messi in scena per il lunch-time theatre’. Si inserisce da subito nel filone del teatro femminista con un suo personale dissenso per quel radicalismo estremo che esclude del tutto il `maschile’. La messa in scena di Vai ad ovest ragazza (Go West Young Woman, 1974), uno dei suoi primi lavori, viene interrotta da due diversi gruppi di femministe più radicali, che protestano contro la presenza di uomini nel cast, ma la G. proclama la forza sovversiva del teatro e si distanzia dalla polemica del movimento. Tuttavia nel 1975 viene invitata alla stagione teatrale femminile London’s Almost Free dove presenta The amiable courtship of Ms Venus e Wild Bill . Come C. Churchill, l’autrice sviluppa la sua visione e le sue tecniche teatrali tramite soggetti storici femminili, trasformati in simboli culturali (dalla regina svedese del XVII sec. che rinuncia alla corona, alla cortigiana del XIX secolo, fino alla cantante moderna); mostra nella sua crudezza la contraddizione tra l’esistenza privata e quella pubblica (Queen Christina , prodotto dalla Royal Shakespeare Company (RSC) nel 1977; Piaf , 1978, in tour a New York nel 1980-81); mette a nudo il processo di deformazione attuato dalla società che crea quello stereotipo di donna socialmente accettabile. Nel tentativo di elaborare la possibilità di nuove relazioni tra i sessi, in Dusa, Fish, Stas and Vi (uno dei suoi più grandi successi, 1977), Gems dimostra il tragico fallimento dei ruoli convenzionali mentre Loving Women (1984) propone un’alternativa più rosea. Nel 1984 collabora ancora con la RSC in occasione di Camille e due anni dopo per la produzione di The Danton Affair (1986), mentre per la Reinassance Theatre Company (fondata da Kenneth Branagh) nel 1991 adatta Zio Vanja per l’appunto diretta dall’attore.

Chase

Dopo alcuni copioni di poco conto, Mary Chase fece rappresentare nel 1944 una delle commedie di maggior successo (1775 repliche) dell’intera storia di Broadway, Harvey . Il personaggio del titolo è un coniglio alto quasi due metri e invisibile a tutti tranne che al protagonista, un americano medio che nell’alcol e in questa sua fantasia trova il modo di sfuggire a una sgradita realtà. Un altro suo successo, ma di minori proporzioni, fu Mrs McThing (1952).

Sarraute

Nata in Russia, ma trasferitasi ben presto in Francia, dove ha compiuto la sua formazione culturale, Nathalie Sarraute rappresenta, con Alain Robbe-Grillet, una delle personalità di maggior spicco del movimento del Nouveau Roman. Nonostante sia la prosa il suo campo d’azione privilegiato, l’autrice ha dedicato la sua attenzione anche al teatro. Sotto il titolo generico di Théâtre Sarraute ha infatti riunito nel 1978 la sua produzione: Le silence e Mensonge, scritti rispettivamente nel 1964 e nel 1966, ma messi in scena per la prima volta a Parigi nel 1967, Isma e C’est beau, che sono andati in scena nel 1970 e Elle est là , realizzata nel 1980. Così come nella sua opera narrativa Sarraute procede verso l’azzeramento della trama, nel suo teatro l’autrice presenta temi sottilissimi, intessuti di pause significanti e di silenzi che si vogliono ricchi di pregnanza.

«I miei veri personaggi sono le parole», ebbe ad affermare l’autrice: nel suo teatro le parole sono poche, con un esito di sintesi poetica, ma anche espressiva davvero notevole. Parole sospese – frequentissimo è l’uso dei puntini di sospensione – in cui filtra l’ambiguità dell’esistenza. Il teatro della Sarraute riproduce dunque sulla scena il carattere frammentario della narrazione e un linguaggio che, nelle sue esitazioni, cerca di tradurre i movimenti psicologici e le oscillazioni del pensiero che, nell’opinione dell’autrice, danno forma e sostanza alle arti.

Confalone

Marina Confalone frequenta a Napoli negli anni ’70 la scuola di Eduardo De Filippo e partecipa a numerosi spettacoli del Teatro di Eduardo (Natale in casa Cupiello, Gli esami non finiscono mai, L’arte della commedia, Gennareniello). Approda quindi al Granteatro di Carlo Cecchi, dove dà vita a grandi interpretazioni: la serva in L’uomo, la bestia e la virtù di Pirandello, Maggie in Il compleanno di Pinter (premio Ubu 1980 come migliore attrice non protagonista), Pulcinella in Lu curaggiu de nu pumpiere napulitano di Scarpetta. Attrice irrequieta e personalissima, che coniuga alla consapevolezza contemporanea l’intimo sodalizio con il personaggio, reso con il distacco e lo straniamento di tradizione napoletana, è stata paragonata a un autentico fenomeno teatrale capace di costruire maschere vocali e gestuali. Nel 1983 G. Bertolucci scrive e dirige per lei il monologo Raccionepecui , in un meridionalese inventato dagli esiti comici e violenti. Per L’isola di Sancho di M. Santarelli, regia di G. De Bosio, riceve il premio Idi nel 1984. Seguono Amanda Amaranda di P. Shaffer, regia di A. Calenda (1988); Mamma , ultimo testo di A. Ruccello, con il quale firma la sua prima regia (1988); Due di noi di M. Frayn, regia di G. Solari, che nel 1991 la dirige anche nel testo di cui è autrice La musica in fondo al mare ; Ritter, Dene, Voss di T. Bernhard, regia di C. Cecchi (1993). Nel 1998 debutta in Le farse di P. De Filippo, accanto a S. Orlando e per la sua regia. Oltre agli intermezzi televisivi (da L’altro varietà di A. Falqui a Dio vede e provvede ), numerose le partecipazioni cinematografiche e i premi come attrice non protagonista: per Così parlò Bellavista di L. De Crescenzo (1984), Arriva la bufera di D. Lucchetti, (1992), La seconda volta (1995) e La parola amore esiste (1997) di M. Calopresti.

Boggio

Attenta analista dei fermenti che coinvolgono gli strati sociali meno protetti, Maricla Boggio si è occupata con passione delle tematiche legate al mondo della donna. Ha inoltre indagato le questioni che riguardano la tossicodipendenza, la malattia mentale e la vita del sottoproletariato romano. Dai suoi testi emerge uno stretto connubio fra realismo e forza letteraria. Alcuni titoli: Santa Maria dei battuti (scritto con F. Cuomo, 1969); Mara, Maria, Marianna (con D. Maraini e E. Bruck, 1973), Passione 1514 (1973), Anna Kuliscioff (1977), Mamma eroina (1983), Schegge-Vita di quartiere (1986).

Terry

Megan Terry fece le sue prime esperienze, anche come attrice e regista, nella natia Seattle e, trasferitasi a New York, lavorò dal 1963 al 1968 con l’Open Theatre. Fu lì che s’affermò anche a livello internazionale con Viet Rock (1966), primo esempio di musical rock e primo spettacolo di protesta contro la guerra nel Vietnam. Fra gli altri suoi testi, una cinquantina in tutto, si ricordano Tenetelo ben chiuso in un luogo fresco e asciutto (Keep Tightly Closed in a Cool Dry Place, 1965) e Simone (1970), sulla vita di S. Weil. Nel 1974 divenne l’autrice stabile del Magic Theatre di Omaha.

Cvetaeva

Marina Ivanovna Cvetaeva si avvicina al teatro subito dopo la rivoluzione d’Ottobre, alla fine del 1917, quando è già poetessa affermata grazie a due raccolte di versi (Album serale , 1910; Lanterna magica, 1912) dove rivela il suo precocissimo talento. Introdotta nello stimolante ambiente del Secondo Studio del Teatro d’Arte di Mosca, diretto da Vachtangov, tra il 1918 e il 1921 (periodo per lei di lutti, disagi e difficoltà economiche) scrive una serie di brevi lavori teatrali (ce ne sono giunti sei, fra cui Avventura e La fenice , dedicati alla figura di Giacomo Casanova nella sua vecchiaia), destinati agli allievi dello Studio: avrebbe voluto riunirli in volume, col titolo di Romantika , ma, dopo l’emigrazione prima a Berlino (1922) e poi a Praga, rinuncia al progetto. Trasferitasi a Parigi (1925), a partire dal 1927, nel periodo di composizione dei suoi più celebri poemi ( Poema della montagna e Poema della fine ), lavora a una trilogia tragica, L’ira di Afrodite , inquietante rilettura contemporanea del mito di Teseo, di cui ci restano le prime due tragedie in versi, Arianna (inizialmente intitolata Teseo ) e Fedra . Il teatro della C., di grande complessità e intensità lirica, è stato quasi completamente dimenticato per circa mezzo secolo; oggi si comincia a scoprirne l’originalità, le suggestive, ardue cadenze poetiche.