Santella

Mario Santella esordisce giovanissimo come attore, assieme alla sorella Maria Luisa. Con lei anima il Gruppo Teatro Vorlensungen (di cui fa parte anche Renato Carpentieri) e quindi fonda la compagnia Teatro Alfred Jarry, che contribuisce alla diffusione del teatro sperimentale in Italia. Dalla metà degli anni ’60 partecipa attivamente ai fermenti del panorama teatrale napoletano con: I due carnefici (1966); Ciò che conta non è interpretare il mondo, ma trasformarlo (1968); Prova per una messainscena dell’Amleto (1969); Majakovskij-Uomo (1972); Verga: storie di uomini e lupi (1978); La Medea di Portamedina (1980). A S. si devono gli allestimenti di pièce dell’avanguardia francese – La cantatrice calva e Le sedie di Ionesco (1983); Le serve di Genet (1983); Giorni felici (1984), Atti senza parole e L’ultimo nastro di Krapp (1989, anche interprete), Aspettando Godot (1989, anche interprete e scenografo) di Beckett – e di testi del teatro partenopeo – Il romanzo di un farmacista di Edoardo Scarpetta (1986); Ragazze sole con qualche esperienza (1986) e Don Fausto di Antonio Petito (1987) -, oltre a confrontarsi con classici come: La dodicesima notte di Shakespeare (1989), Frammenti di un sogno interrotto da Euripide (1990), Candido di Voltaire (1990); spettacoli di cui cura la versione scenica e la regia, oltre ad esserne interprete.