Zacconi

Figlio d’arte, con cinque fratelli datisi anch’essi al teatro, Ermete Zacconi fu sul palcoscenico fin dalla prima infanzia. Primo attor giovane nella compagnia di A. Papadopoli a soli ventun’anni, fu scritturato nel 1884 dall’allora famosissimo G. Emanuel, da cui apprese il rigore dell’impegno costante, la ricerca puntigliosa dell’approfondimento. La sua consacrazione avvenne nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando entrò nella compagnia di V. Marini interpretando testi di Ibsen, Tolstoj, Turgenev, Dumas figlio e La morte civile di P. Giacometti, rimasta per sempre suo cavallo di battaglia.

Nel suo repertorio, fedele a Maeterlinck, Giacosa, Praga, Rovetta, Bracco, entrò più tardi quel Cardinal Lambertini di Testoni (1905), da molti ritenuta una delle sue interpretazioni più riuscite, insieme al Lorenzaccio demussetiano e agli Spettri ibseniani. Nell’accostamento di testi di così disparato valore artistico è già implicita la dimensione naturalistica della sua concezione teatrale che la critica più avvertita da tempo aveva rilevato. Intanto, Z., nel 1899, si univa alla Duse per allestire le dannunziane La Gioconda, La gloria, La città morta , Più che l’amore. Agli inizi del secolo affrontò Shakespeare (Amleto, Macbeth, Otello, Re Lear, La bisbetica domata), il Saul dell’Alfieri, Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, Le gelosie di Lindoro di Goldoni, Kean di Dumas padre, Il padre di Strindberg. Considerato il massimo esponente della stagione del `grande attore’ – che proclamava «il teatro sono io» – ignorando l’avvento della mediazione registica, dominò i primi trent’anni del secolo, osannato anche all’estero con le trionfali tournèe a Parigi e in Sudamerica.

A distanza di vent’anni, tornò con la Duse (La donna del mare di Ibsen e La porta chiusa di Praga) per poi allestire opere, complessivamente inferiori alla sua statura di mattatore, firmate, tra gli altri, da G. Forzano, L. D’Ambra. A fine carriera trovò consensi unanimi impersonando Socrate ne I Dialoghi di Platone e nel Processo e morte di Socrate che interpretò anche al cinema (1940), prima del definitivo addio alle scene. Per il grande schermo partecipò, fin dall’epoca del muto, a una ventina di film, tratti in gran parte dai suoi successi teatrali. Dalla seconda moglie, l’attrice Ines Cristina, ebbe la figlia Ernes (1912), anch’essa attrice.

Zamparini

Dopo il diploma all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’, Gabriella Zamparini debutta nella parte della giovane e romantica Caterina in Caterina di Heilbronn di Kleist, con la regia di L. Ronconi (1972). Da allora è diventata una attrice ronconiana lavorando in quasi tutti i suoi spettacoli soprattutto in parti di donne forti e determinate, come Regine in Spettri di Ibsen (1982) e in ruoli di carattere soprattutto negli spettacoli dal 1979 in poi, come Regine ne L’uomo difficile di Hofmannsthal (1990) e Nerina in Aminta del Tasso (1994). Vince il premio Maschera d’oro, interpretando Rosaura nel Calderón di Pasolini (1976-78) e il premio Ubu per la parte della contadina ne La Torre di Hofmannsthal (1977-78).

Zambello

Nunzio Zambello (o Zampello) è stato l’ultimo rappresentante di tradizione della pratica propriamente napoletana della `guarattella’, continuatore della scuola della famiglia Pino, con la quale ha lavorato per vari anni. Zambello ha operato nelle strade di Napoli e nella provincia campana, prima con la moglie – per la questua – e poi da solo, con l’aiuto saltuario di qualche ragazzino. Ha partecipato agli spettacoli, in Italia e in Centro e Sudamerica, con la Compagnia Carosello napoletano. Nel 1975 fu portato da Roberto De Simone all’Autunno musicale di Como e negli anni immediatamente seguenti fu inviato più volte a Milano. Nel 1978 ha dovuto smettere il suo lavoro sia per ragioni di salute, sia per l’indifferenza ormai del pubblico napoletano per la `guarattella’. La `guarattella’ è una forma di teatro dei burattini che si realizza in una baracca piccola e leggera, che ospita un solo operatore, ed è facilmente trasportabile a spalla. Personaggio centrale della `guarattella’ è Pulcinella a cui Zambello dava voce, secondo la più vecchia tradizione, con la `pivetta’ (piccolo strumento che, tenuto in bocca al burattinaio, altera in modo caratteristico la voce). La pratica della `guarattella’ è oggi continuata da Bruno Leone che per alcuni anni fu a fianco di Zambello per apprendere il mestiere.

Zambelli

Allieva della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, nel 1894 Carlotta Zambelli ha debuttato all’Opéra di Parigi nel Faust , succedendo a Rosita Mauri come étoile. Tipica incarnazione dello stile milanese, dotata di punte d’acciaio e di tecnica virtuosistica, è diventata una beniamina del pubblico parigino grazie alle sue interpretazioni di Coppélia, Les deux pigeons, Sylvia; successo che si è rinnovato nel 1901 quando è stata scritturata come prima ballerina, ultima delle grandi stelle italiane, al Teatro Marijnskij di Pietroburgo, dove si è esibita in tutto il grande repertorio accademico. Ritiratasi dalle scene nel 1930 si è dedicata in seguito all’insegnamento, curando i corsi di perfezionamento e – fino al 1954 – dirigendo la Scuola di ballo dell’Opéra di Parigi, dove ha contribuito a perpetuare le tradizioni della danza accademica ereditate dai grandi maestri italiani ottocenteschi.

Zane

Dopo gli esordi come fotografo, Arnie Zane si associa (1971) al nero Bill T. Jones, con cui crea Pas de deux for Two (1973) e la trilogia Monkey Run Road; Blauvelt Mountain (1979) e Valley Cottage (1980). Per la compagnia Jones-Zane (1982) nascono poi Freedom of Information e Secret Pastures (1985), sottilmente narrativo, in collaborazione con il musicista P. Gordon e con l’artista K. Haring, cui seguono Animal Trilogy (1986), Where the Queen stands Guard (1987), The History of Collage (1988). Esponente della New Wave, la nuova danza nordamericana, ha messo in scena le tematiche gay con schiettezza e ironia.

Zamperla,

Capostipite della famiglia Zamperla è Angelo, che ha quattro figli: Giovanni, Emilio, Ferdinando e Antonio. Da Giovanni discende il ramo della famiglia attualmente impegnato nell’attività del luna park con Emilio. Mentre da Ferdinando discende il ramo dedito alle discipline circensi. Due suoi figli, Bianco e Napoleone, danno vita a troupe di acrobati equestri destinate ad un buon successo soprattutto negli Usa. Già nel 1959 Napoleone è scritturato in America dal Cristiani Bros. Circus dove prende parte al numero equestre di L. Cristiani. Due suoi figli, Athos e Ermes, sono in grado di eseguire il salto mortale da cavallo a cavallo. Una sua figlia, Mafalda sposa J. Zoppé unendo così due note casate di cavallerizzi italiani. Negli anni ’70 anche la famiglia di Bianco giunge in America. Cinque dei suoi sei figli presentano un ottimo numero di piramidi a cavallo composto da Gilda, Carmen, Cinzia, Armando e Lucio, il quale si distingue anche come addestratore di belve. Nei primi anni ’80 i figli di Bianco tornano in Europa per partecipare al Festival di Montecarlo.

Zanella

Dopo i primi studi con K. Kolodziejczyk, Renato Zanella si perfeziona con R. Hightower, J. Ferran e J. Nutz per poi entrare nel Balletto di Basilea, dove danza dal 1981 al 1983. Passato nella stagione 1984-85 al Balletto di Stoccarda, nel 1990 crea la sua prima opera (Die andere Seite) per le Noverre Gesellschaft, e da allora firma per la compagnia numerosi balletti tra i quali Stati d’animo (1990), Mann im Schatten (1992), Black Angels (1993) e per M. Haydée Mata Hari (1993). Nominato coreografo residente del Balletto di Stoccarda nel 1992, lascia la carica nel 1995 quando viene designato direttore-coreografo del Balletto dell’Opera di Vienna. Qui si impegna a rinnovare l’identità artistica della compagnia, impostando un repertorio basato sulla danse d’école, ma aperto alle più recenti tendenze contemporanee e creando nuovi balletti tra i quali Stravinskij-Abende, 1996; Mozart project, 1998. È stato confermato alla guida della formazione austriaca fino al 2001.

Zeffirelli

Dopo aver studiato architettura, Franco Zeffirelli fu precoce animatore di teatro nella città natale. Tra gli anni ’40 e ’50 fu assistente di importanti registi quali M. Antonioni, V. De Sica, R. Rossellini e L. Visconti; quest’ultimo lo volle, tra il ’46 e il ’53, anche scenografo dei suoi storici allestimenti, a cominciare da quello di Un tram che si chiama desiderio di T. Williams e poi di Cechov e Shakespeare. Spaziando in vari campi (teatro, cinema, opera lirica, televisione), l’attività di Zeffirelli si è esplicitata con perenne successo in ognuno di questi settori, anche se la critica non ha sempre riservato elogi nei suoi confronti, parlando sovente di vuoto formalismo a proposito di certe messinscene. Rilievi di cui Zeffirelli non ha mai troppo tenuto conto, dichiarando spesso la sua scarsa considerazione per la critica e l’establishment culturale italiano. La sua fama, del resto, si impose in particolare all’estero, e specie in America.

Cifra di Zeffirelli è indubbiamente la spettacolarità, già presente fin dai suoi primi allestimenti shakespeariani in Gran Bretagna (Othello, 1961, Stratford on Avon; Romeo and Juliet, 1961; Hamlet, 1963; spettacoli tutti che avrebbe più tardi portato anche sullo schermo), improntati a un sicuro dominio del movimento scenico e assai curati nell’aspetto esteriore (scene, costumi, luci). Questo senso della spettacolarità determinerà in genere le sue scelte, anche quando gli toccherà di affrontare un testo moderno. Zeffirelli, ancorché con risultati diseguali, ha sempre mirato alla presa sul pubblico con un infallibile senso di showman. È stato il caso di Chi ha paura di Virginia Woolf? di E. Albee (1953), di Dopo la caduta di A. Miller (1964) e di La Lupa di Verga (1965, protagonista A. Magnani); e, ancora, di Lorenzaccio di A. De Musset, proposto in maniera molto fastosa ma con un gusto anche `pompier’ a Parigi (Comédie – Française, 1978). Ma sarà pure il caso di quando, dopo anni di assenza dalle ribalte, proporrà (1982) Maria Stuarda di Schiller con due regine della scena italiana quali V. Cortese e R. Falk, e così quando in tempi più vicini si avvicinerà in maniera piuttosto deludente a Pirandello con Sei personaggi in cerca d’autore (1991, protagonista E. M. Salerno).

A differenza di altri registi del nostro tempo, Zeffirelli ha sempre pensato, progettato e realizzato su vasta scala e sempre nell’ambito del grande spettacolo: ciò lo ha portato ad avvicinarsi frequentemente al melodramma, soprattutto italiano. A cominciare dalla Traviata di Verdi, varie volte messa in scena anche se l’edizione rimasta più famosa (con la vicenda rivissuta in flash-back) fu quella con la Callas all’Opera di Dallas nella stagione 1957-58. Fu proprio questo suo amore per la lirica che lo ha portato a lavorare presso i massimi teatri europei e americani, dal Metropolitan di New York (Don Giovanni) alla Staatsoper di Vienna (Carmen) e naturalmente alla Scala di Milano, dove è rimasta celebre una sua messinscena della Bohème più volte ripresa, nonché il dittico composto da Cavalleria rusticana e Pagliacci (1981) e Turandot (1983). Alla Scala è avvenuto anche il suo unico incontro con il mondo del balletto: il discusso Lago dei cigni (1984) con protagonista Carla Fracci.

Zavattini

Rispetto all’entità e alla qualità della sua collaborazione col cinema (può essere considerato uno dei padri del neorealismo), il contributo offerto da Cesare Zavattini al teatro è decisamente più ridotto. Appositamente realizzata per le scene è Come nasce un soggetto cinematografico , commedia rappresentata per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1959 e riproposta al Piccolo Teatro, durante la stagione successiva, per la regia di V. Puecher. Con la regia di G. Dall’Aglio è stato allestito nel 1988 un altro soggetto di Z., Ligabue. Una carrellata in chiave teatrale di alcuni snodi della sua opera multiforme, incentrata sulla felice sintesi tra vocazione `pauperistica’ e disincantato umorismo, è stata effettuata da V. Franceschi nello spettacolo intitolato Monologo in briciole.

Zamparo

Carlotta Zamparo studia alla scuola dalla Scala con A. Colombini e A. Prina. Diplomatasi nel 1984, è chiamata da R. Petit al Balletto nazionale di Marsiglia dove danza subito ruoli principali (la Morte in Le jeune homme et la mort). Nominata solista nel 1987 e prima ballerina nel 1988, interpreta tutte le principali opere di R. Petit, da Coppelia a Carmen, da L’Angelo azzurro a Schiaccianoci. Nel 1989 è Cherubino nella creazione Le Diable amoreux, nel 1990 la Fata dei Lillà ne La bella addormentata. La sua permanenza al Balletto di Marsiglia si conclude nel 1997.

Zappolini

Formatosi alla Scuola di ballo dell’Opera di Roma con Teresa e Placida Battaggi, Walter Zappolini nel 1946 entra in compagnia diventandone primo ballerino l’anno successivo. Danseur noble e partner abituale di A. Radice in balletti del repertorio e novità, danza a Roma e in altri teatri italiani numerose creazioni di A. Milloss (Estro arguto, 1957; Renard, 1958). Direttore della Scuola di ballo dell’Opera di Roma dal 1973 al 1988, in seguito si dedica alla direzione della compagnia Balletto di Roma, da lui fondato con F. Bartolomei nel 1960 e per il quale crea anche numerose coreografie.

Zingaro

Nata nel 1984 come Cirque Aligre, divenuta nel 1986 Cabaret Equestre Zingaro, la compagnia Zingaro parte da una ricerca basata sull’incrocio tra musica etnica dei popoli zingari e la tradizione equestre circense, curando in particolar modo la suggestione dello spazio scenico ed enfatizzando il rapporto ancestrale tra uomo e cavallo. Con la costruzione del Théâtre Equestre ad Aubervilliers, la ricerca artistica di Zingaro si fa sempre più raffinata, grazie alla creatività del leader Bartabas: da Opera Equestre (1992), nata dal rapporto tra le culture caucasica e berbera, a Chimere (1994), e a Eclipse (1997). Gli spettacoli di Zingaro, che generalmente debuttano al festival di Avignone, sono stati rappresentati in tutta Europa e negli Usa.

Zullo

Dopo gli studi di balletto Milena Zullo si accosta alla danza moderna studiando tecnica Limón con P. Goos, oltre a mimo e tecnica Graham. Nel 1989 debutta nella coreografia (Medea) e fonda la compagnia Arte Balletto. In seguito produce con il suo gruppo numerosi lavori segnalati in vari concorsi coreografici nazionali e internazionali fino a conseguire con Capriccio il primo premio al Concorso internazionale di coreografia Prix Volinine nel 1995. Nel 1997 invitata dal Balletto di Toscana crea Virtù, su musica di Beethoven.

Zacharov

Laureato in storia dell’arte, Rostislav Vladimirovic Zacharov si è diplomato nel 1926 presso l’Istituto coreografico di Leningrado ed è stato solista al Teatro Kirov dal 1926 al ’29. Successivamente, dal 1934 al ’36 è stato coreografo nello stesso Teatro. Dal 1936 al 1956 è coreografo e regista d’opera al Teatro Bol’šoj di Mosca. La sua prima grande prova come coreografo è stata La fontana di Bachisaraj ispirata a Puškin su musica di Asaf’ev, e realizzata nel 1934 per il Teatro Kirov. Maestro del `drambalet’ (balletto drammatico in voga in Urss negli anni ’30 e ’40), ha realizzato Illusioni perdute (1936), Il prigioniero del Caucaso (1938), Taras Bul’ba (1946), Il cavaliere di bronzo (1949). Altro suo grande successo la prima versione di Ce nerentola di Prokof’ev nel 1945. Gli anni ’50 lo vedono in lotta con i giovani coreografi (Grigorovic, Belskij) che introducono tendenze più innovative nella coreografia sovietica. È stato molto attivo al Teatro Bol’šoj anche come regista d’opera (Ruslan e LjudmilaCarmen, Gli Ugonotti, Guerra e pace).

Zoppé

Popolare circo italiano nella prima metà del secolo, il circo Zoppé si sdoppia nel 1948 quando la famiglia di Alberto Zoppé si reca negli USA per presentare numeri equestri al circo Ringling prendendo parte al film Il Più Grande Spettacolo del Mondo (regia di De Mille, 1952). Alberto Zoppé è l’unico uomo al mondo ad aver compiuto un salto mortale a corpo teso da un cavallo all’altro al galoppo. Negli anni ’80 Alberto Zoppé fonda negli Usa il piccolo Circo Europa, basato sul recupero della tradizione circense italiana e presentato nei maggiori festival teatrali americani.

Zernitz

Interprete con una lunga carriera iniziata negli anni ’50 a Venezia nell’ambito del teatro sperimentale, che si è arricchita nel tempo di esperienze nell’ambito del teatro drammatico e in quello leggero e brillante, fino all’operetta, Virgilio Zernitz ha debuttato allo Stabile di Torino (1960-63) lavorando con G. De Bosio, L. Squarzina e F. Parenti, dove rimane tre anni. Dopo alcune esperienze approda al Piccolo Teatro dove recita in Patatine di contorno di A.Wesker (1967), La moscheta di Ruzzante con G. De Bosio (1971). In seguito lavora in molti spettacoli di L. Ronconi dal primo Riccardo III (1971), Gli ultimi giorni dell’umanità di K. Krauss, La Pazza di Chaillot di J. Giraudoux (1989, 1990). È al Teatro Stabile dell’Aquila con A. Calenda e G. Proietti, in Shakespeare e Eschilo. E con G. Proietti recita in spettacoli brillanti: Il gatto in tasca e Sistema Ribadier di Feydeau, Cyrano di Bergerac. È impegnato inoltre con A. Fersen, R. Guicciardini e L. Puggelli.

Zappa Mulas

Nel curriculum di Patrizia Zappa Mulas, tre anni di danza alla scuola della Scala, il Dams di Bologna, una laurea in estetica e la scuola di regia al Piccolo Teatro. Poi la decisione di diventare attrice, dopo qualche anno come assistente di M. Castri al Centro teatrale bresciano cui dà un notevole impulso creativo. Inizia nel 1978 con l’Edipo di M. Castri, e prosegue all’insegna del classico con Così è se vi pare (1979) ed Elettra (1985). Con N. Garella interpreta I Masnadieri di Schiller e Ricorda con rabbia di J. Osborne. Nel 1991 è la volta de la principessa dell’ Histoire du soldat di Stravinskij e una singolare Ofelia nell’ Amleto di C. Cecchi. Nel 1995 recita in Ermengarda sempre col Ctb. Tra le tante altre sue interpretazioni ricordiamo una Dodicesima notte di Shakespeare che C. Cecchi allestisce per l’Università di Siena, e una Caterina di Heilbronn di Kleist. Con N. Garella dà inoltre vita a Gli innamorati di Goldoni interpretando il ruolo di Eugenia. È un’ottima Figliastra nei Sei personaggi in cerca d’autore, che Garella reinterpreta in chiave surreal-grottesca.

Zambon

Lorenza Zambon inizia lo studio e la pratica teatrale al Centro universitario teatrale dell’università di Padova. Dal 1981 collabora regolarmente con Alfieri Società Teatrale (ex Teatro Magopovero) con cui recita in numerosi allestimenti tra i quali: Van Gogh (1988) di L. Nattino, Giorni felici (1992) di Beckett, Maudie e Jane (1994) da Il diario di Jane Somers di D. Lessing, riscuotendo un grande successo assieme a J. Malina e cura la regia di La fortezza vuota (1995) di L. Nattino. Nella stagione 1997-98 ha recitato insieme ad alcuni attori del Living Theatre di New York nella riscrittura di Nattino del Chisciotte di Cervantes. La Zambon conduce da molti anni un’esperienza di sperimentazione teatrale all’interno del Collettivo Teatrale del carcere di Pavia.

Zullig

Dopo aver studiato un solo anno alla Folkwang Schule di Essen, dal 1932 al 1947 Hans Zullig ha danzato come solista nella compagnia di K. Jooss, segnalandosi per l’ intensità interpretativa in numerosi balletti dello stesso Jooss (Ballade, 1935; A Spring Tale, 1939; Big City, 1940; Pandora, 1944); sempre di quegli anni sono le sue prime coreografie (La Bosquet, 1945). Dopo un anno al Sadler’s Wells Theatre Ballet, è entrato nella nuova compagnia di Jooss, il Folkwang Tanztheater (1949-52); in seguito diventa assistente di Jooss a Düsseldorf e eccezionale didatta al dipartimento di danza dell’Università del Cile (1956-1961) e della Folkwang Schule, della quale è stato direttore dal 1969 alla morte.

Zucca

Dopo la consueta gavetta nei locali piemontesi e allo Zelig di Milano, Mario Zucca appare in tv in numerose trasmissioni tra cui il Maurizio Costanzo Show e, più recentemente, in Facciamo Cabaret . Nelle ultime due stagioni è approdato nei teatri; ricordiamo le tournèe di Come le spiagge sul mare del Nord (1997) e I soliti artisti (1998).

Zoppelli

Nel 1939 Lia Zoppelli debutta sulle scene con la compagnia Maltagliati-Cimara-Ninchi. Nelle stagioni successive lavora con Ruggeri (1940-41) e con Benassi (1942-43). Dal 1943 al 1945 è nella compagnia di Stival dove ricopre ruoli principali. Dopo aver recitato nella compagnia di S. Ferrati è diretta da Visconti nel ruolo della Contessa d’Almaviva ne Il matrimonio di Figaro (1946). È, quindi, fra i protagonisti delle prime stagioni del Piccolo Teatro di Milano recitando in: L’albergo dei poveri di Gor’kij (1947), Le notti dell’ira di Salacrou, Arlecchino servitore di due padroni, Il corvo di Gozzi (1949). Nel 1949 è nella compagnia di Carraro e l’anno successivo in quella di Ricci dove recita in Cocktail party di Eliot. Successivamente forma una compagnia con Calindri, Volpi e V. Valeri (1953) dove si impone nei ruoli brillanti (Tredici a tavola di Sauvajon, Affari di stato di Verneuil, Il cadetto Winslow di Rattigan). Si cimenta poi nella rivista lavorando con Dapporto in Giove in doppiopetto . Nel 1956-57 è con U. Tognazzi e in seguito lavora al Teatro Italiano e allo Stabile di Torino. Negli anni ’60 lavora soprattutto per la televisione in sceneggiati come Tom Jones (1960), I giacobini (1962), Paura per Janet (1963) e insieme a Calindri e Volpi propone il ciclo La prosa del venerdì . Nel 1977 interpreta Un angelo calibro nove di Nino Marino per la regia di Foà e nel 1980 è nella compagnia M. Scaccia ne Il galantuomo per transazione di G. Giraud.

Zadek

Peter Zadek compie la propria formazione teatrale presso la Old Vic School a Londra, dove era emigrato con la sua famiglia nel 1933, a causa delle origini ebraiche. Nel 1947 firma le sue prime regie: Salomé di Oscar Wilde e Sweney Agonistes di T. S. Eliot. Con la messa in scena di Le serve e Il balcone di Jean Genet (1957) ottiene i primi successi internazionali, che gli consentono di uscire dall’ambito produttivo londinese. Tornato in Germania lavora prima presso il Teatro di Colonia, poi dal 1960 presso il teatro di Ulm, dove trova validi collaboratori nell’impresario Kurt Hübner e nello scenografo Wilfred Minks. Poi allo scandalo suscitato con la messa in scena di L’ostaggio di Brendan Behan, nel ’62 la compagnia è costretta a lasciare Ulm per Brema, dove rimane fino al ’67. Nel 1972 Z. fu chiamato a dirigere il Teatro di Bochum (1972-1977), poi lo Schauspielhaus di Amburgo (1985-89), ai quali tuttavia in seguito preferì i piccoli teatri di provincia.

Fra gli autori più frequentati da Zadek emerge, su tutti, Shakespeare, di cui mette in scena Misura per misura (1962-67), Re Lear, Il mercante di Venezia e Amleto per il teatro di Brema, Otello (1976) e Antonio e Cleopatra (1994, Wiener Festwochen). Le sue regie suscitano spesso molto clamore, se non addirittura scandalo, a causa della spregiudicatezza con cui tratta i testi, spesso ridotti alla struttura essenziale dei rapporti fra i personaggi, attualizzati secondo il punto di vista soggettivo del regista. L’uso concettuale della scenografia (per cui si avvale spessissimo della collaborazione di Wilfred Minks) e il ricorso a tecniche di montaggio scenico di tipo cinematografico, con sketch e gag montati in sequenza, sono altri elementi che caratterizzano la poetica del regista. Fra le sue migliori regie si ricordano Misura per misura , Risveglio di primavera di Wedekind (1965) e I masnadieri di Schiller (1967) e il recente Il giardino dei ciliegi di Cechov (1996) per il Burgtheater di Vienna.

Zanoletti

Dopo aver frequentato l’Accademia dei Filodrammatici di Milano, Antonio Zanoletti esordisce al Piccolo Teatro nel Nost Milan (1980) di Bertolazzi, regia di Strehler, e comincia a collaborare con la Piccola Compagnia del Teatrino della Villa Reale di Monza con cui prende parte ad allestimenti di opere di García Lorca, Brecht, Ionesco. Nel 1983 è al Teatro Carcano di Milano in Uomini e topi di Steinbeck con la regia di L. Barbareschi e due anni dopo è il protagonista del Conte di Carmagnola di Manzoni, diretto da G. Carutti, spettacolo prodotto dalla Scala.

In seguito, lavora con il Teatro regionale toscano in Clizia di Machiavelli (1986) e torna al Piccolo di Milano in Grande e piccolo di B. Strauss con la regia di C. Battistoni (1987). L’anno dopo recita in Partage de Midi di Claudel a cui seguono: Cocktail party di T.S. Eliot (1989), Sul lago dorato di E. Thompson, regia di L. Squarzina (1993), Madre Coraggio di Brecht a fianco di P. Degli Esposti (1994). Sempre nel ’94 prende parte all’allestimento di L. Ronconi di Venezia salva di S. Weil che negli anni successivi lo chiama al Teatro di Roma per Re Lear , Il pasticciaccio di via Merulana , Davila Roa e Medea . Recentemente (stagione 1997-98), è stato Buckingham nel Riccardo III , con F. Branciaroli per la regia di A. Calenda. Z. Da alcuni anni partecipa agli allestimenti di testi legati al sacro (tra gli altri, Diario di un curato di campagna e Annunzio a Maria ) e ad alcuni allestimenti sui poeti del Novecento (Rebora, Turoldo, Luzi) curati dal regista F. Battistini.

Zweig

La produzione teatrale di Stefan Zweig si richiama alle tendenze del gruppo della Giovane Vienna. Oltre alle tragedie Tersite (Tersites, 1907) e Geremia (Jeremias, 1917), Zweig scrisse diversi altri drammi quali Il volo verso Dio (Die Flucht zu Gott, 1928), ispirato agli ultimi anni della vita di Tolstoj, il divertimento L’amore nasce dall’occasione (Gelegenheit macht Liebe, 1928) e la tragicommedia L’agnello del povero (Das Lamm des Armes, 1930), elegante satira sociale. Le due opere di maggiore impegno sono Volpone (1926), rifacimento in chiave psicologica dell’omonimo lavoro di B. Jonson, e il libretto La donna silenziosa (Die schweigsame Frau, 1935), definito da R. Strauss, per il quale era stato scritto, «il miglior testo per opera comica dopo Le nozze di Figaro». La collaborazione con R. Strauss, che si preannunciava fruttosa, fu bruscamente interrotta dall’avvento del nazismo: la sera della prima la censura impose di togliere il nome di Zweig dalle locandine, essendo egli di madre ebrea; il che non avvenne per volontà del musicista. Ma in seguito l’opera fu bandita dalle sale di Austria e Germania fino al secondo dopoguerra. Dopo aver accettato di lavorare per un breve periodo in incognito, Zweig fu costretto a emigrare, prima a Londra, poi a Parigi e infine in Brasile, dove, incapace di adattarsi alla nuova situazione di esule e, soprattutto, alla fine della sua felix Austria, descritta nella sua accorata autobiografia Il mondo di ieri, si tolse la vita.

Zuffi

Dopo aver vissuto fino al 1951 a Parigi dedicandosi alla pittura, Piero Zuffi decide di tornare in Italia grazie al fortuito incontro con Strehler, che gli affida l’allestimento di un Macbeth (Piccolo Teatro, 1951), con abiti corposi e pesanti che trasformano gli stessi attori in elementi scenici. È il primo episodio di una fortunata collaborazione che prosegue con Giulio Cesare (1952), dalle luminose scene ad arcate aperte. Affermatosi con uno stile architettonico, dalle strutture fisse che seguono l’azione con rapidi cambiamenti a vista, allarga la sua attività al teatro d’opera, curando per l’Arena di Verona un’Aida (1958) dal verticalismo strutturale, caratterizzata dalla presenza di un’enorme Sfinge, memoria di un Egitto divorato dalla sabbia e dissepolto; e un Lohengrin di Wagner (1963), dalla suggestiva foresta che si dilata a gradoni, con un intrico di radici e rami intrecciati. Stabilisce un legame particolarmente proficuo con il regista G. Albertazzi: di rilievo il baroccheggiante Antigone Lo Cascio di G. Gatti, 1963, dai pomposi interni ispirati ai palazzi baronali siciliani. Zuffi si dedica anche al cinema (La notte di M. Antonioni, 1961, Orso d’oro a Berlino) e alla regia mettendo in scena Un ballo in maschera (Arena di Verona, 1986) in cui, nel terzo atto, gli splendidi costumi settecenteschi di seta si accendevano di riflessi sotto il brillìo di una luminosissima ambientazione.

Ziegfeld

Il nome di Florenz Ziegfeld è legato alle Ziegfeld Follies, uno spettacolo di varietà, molto imitato ma mai uguagliato in Usa e a un teatro, lo Ziegfeld Theatre sulla 54ª strada a New York. Ziegfeld nasce da una famiglia ricca di origine tedesca, suo padre è impresario musicale e, a sedici anni, ha già abbandonato gli studi, ha vissuto tra i cow-boys nel Wyoming ed è riuscito a farsi scritturare nella compagnia di Buffalo Bill, dove il padre lo recupera, lo riporta a casa e lo spedisce in Europa per scritturare delle orchestre. Il giovanotto torna con sette bande musicali e una serie di artisti mediocri.

Il primo successo di Ziegfeld è la gestione di quello che si definirebbe un fenomeno da baraccone: Eugene Sandow, l’uomo più forte del mondo, che era poi un amabile giovanotto di ventitre anni, muscolatura storica e molte foto coperto solo dei suoi muscoli e da una foglia di fico: il tutto a iniziare dal 1892. Nel 1896 Ziegfeld scopre, e sposa, Anna Held che lancia alla grande a Broadway in una serie di riviste e musical sostenuti da continue invenzioni pubblicitarie. Nel 1907 mette in scena la prima delle sue Ziegfeld Follies che si susseguirono fino al 1931, più alcune altre montate anche dopo la morte.

Ziegfeld ha lanciato in questi spettacoli star come Marion Davies, Olive Thimas, Marilyn Miller, Nita Naldi, Irene Dumme, Paulette Goddard, Lupe Velez e Gypsy Rose Lee, nonché Fanny Brice, Eddie Cantor, W.C. Fields, Bert Lahr, Will Rogers, Lupino Lane, Gallagher and Shean. Ziegfeld ha utilizzato nelle sue produzioni musicisti come Victor Herbert, Jerome Kern, Richard Rodgers, Rudolf Friml e George Gershwin nonché autori di testi come Lorenz Hart, Oscar Hammerstein e Dorothy Fields. Ha prodotto alcuni altri musical fondamentali, come Show Boat (27 dicembre 1927), e Rio Rita, e poi Rosalie, The Three Musketeers e Shopee nel 1928, mentre Show Girl, 1929, ebbe solo un centinaio di repliche. Con il crollo di Wall Street, Ziegfeld soffrì alcune massiccie perdite finanziarie, proprio mentre alcuni suoi spettacoli non ottenevano il successo sperato.

Sempre nel ’29 il film da lui prodotto per la Paramount, fu proiettato con un modesto equipaggiamento sonoro e non ottiene l’esito previsto. Ziegfeld fu salvato da una previsione di bancarotta soltanto dalla ripresa di Show Boat , ma morì durante il secondo mese di repliche. La sua straordinaria carriera, fu rievocata in vari film di Hollywood: The Great Ziegfeld (1936) con William Powell nel ruolo di Ziegfeld, Ziegfeld Girl (1941) con Judy Garland, Lana Turner e Hedy Lamarr, Ziegfeld Follies (1946) ancora con William Powell, e poi un film tv del 1978: Ziegfeld: The Man and His Women.

Zampieri

L’esordio di Gino Zampieri è in Svizzera al Théâtre populaire romand. Nel 1965, con Armand Gatti, è al Theatre National Populaire. In seguito, frequenta la scuola del Piccolo Teatro di Milano (1966-67). Negli anni ’70 fonda la compagnia del Teatro dell’Archivolto di Genova che dirige per quattro anni. Con questa formazione ricordiamo: Woyzek (1979) di Büchner, Il processo della scrofa (1980), Divine parole di Valle Inclán. Diventa regista allo Stabile di Genova, dove insegna anche alla scuola (1980-82). Nel 1983 insieme a Gatti fonda a Tolosa l’Atelier de Creation Populaire. È regista allo Stabile di Roma, dove mette in scena Pericle principe di Tiro (1986) di Shakespeare e Qui comincia la sventura (1988) di S. Tofano. Dal 1988 è assistente di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro e cura la regia di due lavori di A. Tabucchi, Il signor Pirandello (1990) e Il diavolo non può salvare il mondo . Negli ultimi anni si è dedicato a numerose regie liriche presso teatri d’opera italiani, francesi e svizzeri: La traviata, L’italiana in Algeri (Opéra de Nantes), Ginevra, Il nevrastenico e I due timidi di Nino Rota, I due baroni di Rocca Azzurra di Cimarosa.

Zuzzurro e Gaspare

Conosciutisi nel 1976 al Refettorio, e passati entrambi per l’esperienza del Derby, storico cabaret milanese, Zuzzurro e Gaspare – Andrea Brambilla (Varese 1946) e Antonino Formicola (Milano 1953) – esordiscono insieme nel 1977 formando con Marco Columbro e Barbara Marciano la Compagnia della Forca. La coppia Zuzzurro e Gaspare nasce durante i provini per la trasmissione televisiva Non Stop : il primo prende il nome da un personaggio del film Il giudizio universale di De Sica, il secondo da quello del proprietario del locale in cui si svolgono i provini. Il contrasto tra i loro personaggi, il commissario ingenuo ma geniale e il suo assistente sveglio, sagace ma perennemente ostacolato dai fraintendimenti del suo superiore, ha creato due maschere che attingono tanto dalla Commedia dell’arte quanto dal fumetto, che li ha per altro già riconosciuti e sanciti nelle strisce del disegnatore Silver.

Nel 1979 sono al Teatro delle Muse a Roma con lo spettacolo Volo Cieco. Nello stesso anno ancora in televisione con La sberla . Nel 1980-81 sono con la compagnia di Teddy Reno e Rita Pavone nel musical Gli amici in cui interpretano le finte maschere che maltrattano il pubblico. Nel 1982-83 sono con G.&M. autori dei testi di Boldi e Teocoli per il programma Non lo sapessi ma lo so su Antenna 3 Lombardia. Tra il 1984 e il 1986 raggiungono la grande popolarità partecipando in televisione a Drive in , e nello stesso periodo portano in scena al Teatro Ciak di Milano Ce l’ho qui la brioche, il primo spettacolo `lungo’ di cabaret in una situazione teatrale, naturale ma innovativa evoluzione dell’avanspettacolo praticato fin dall’82 con Zuzzurro e Gaspare in Concert.

Nel 1986, terminata l’esperienza di Drive in compiono il primo grande passo verso il teatro codificato interpretando la commedia Andy e Norman per la regia di Alessandro Benvenuti, e riscuotendo un successo tale da far giungere in sala dagli Usa lo stesso autore, Neil Simon, per fare di persona i suoi complimenti. Nel 1991 con Non so se rendo preciso celebrano e riassumono quindici anni di carriera comunque ininterrotta nel cabaret e dal ’95 entrano nel circuito teatrale effettivo alternando lavori come La strana coppia di N. Simon, agli spettacoli di cabaret In lacrime e Vero o falso? (1996), e ancora alla pièce Letto a tre piazze (1997) con Heather Parisi. Tra il 1997 e il ’98 stabiliscono al Teatro Nazionale di Milano il record di tenitura (oltre tre mesi) avvalendosi del perfetto meccanismo ideato da Frayn per la sua commedia Rumori fuori scena, con la regia di Sciaccaluga.

Considerati tecnicamente mimi acustici, Zuzzurro e Gaspare sono stati gli inventori della comicità `balloon’, che si basa sulla riproduzione dei suoni attinta dal mondo dei fumetti e rappresentano, con la fedeltà stessa ai nomi dei loro personaggi originari, un esempio pressoché unico di talento multiforme che non rinuncia alla comunicazione diretta del cabaret pur avendo raggiunto le vette, e le distanze, del teatro comico più raffinato.

Zerbey

Charlotte Zerbey studia danza moderna e classica all’Università di Utah ampliando la formazione con lo studio di contact improvisation, Ki Aikido, tecnica Alexander. Trasferitasi in Europa nel 1984, frequenta la School for New Dance Development di Amsterdam e danza con Group/o di K. Duck e Parco Butterfly. Nel 1989 fonda Company Blu insieme ad A. Certini, con il quale in Animus (1992), Le Curve dei Pensieri (1993) e Progetto Alveare (1995-97) definisce uno stile basato sull’improvvisazione e la sua immediata definizione coreografica. Nel 1996 è inoltre con il gruppo Sasha Waltz & Guests in Travelogue I.

Zardi

Critico, giornalista e sceneggiatore cinematografico, l’attività di Federico Zardi come autore iniziò nel 1938 con la commedia E chi lo sa? , originale nei contenuti, ma troppo schematica nella caratterizzazione psicologica dei personaggi, poco sfaccettati e diversi. Nel 1939 scrisse Gli imbecilli, la cui rappresentazione fu vietata dalla censura fascista. Dopo un lungo periodo nel quale si dedicò solo al giornalismo, nel 1951 mise in scena la satira sociale in La Livrea , versione rivisitata dell’opera censurata anni prima. L’anno dopo compose Emma (allestita da Strehler), testo che conteneva un ritratto attualizzato e spietato di Madame Bovary. La sua opera più nota, in cui rivalutò Robespierre, fu I Giacobini (1955). La galleria dei ritratti umani, dai toni groteschi continuò nel 1956, quando apparvero I Tromboni, una serie di quadri satirici, specchio dei misfatti della borghesia contemporanea. Collaborò con V. Gassman per la trasmissione televisiva Il mattatore . I suoi ultimi lavori furono Serata di gala (1958, regia di L. Squarzina) e I Marziani (1960).

Zucchi

Diplomatosi attore nel 1968 presso la scuola del Teatro stabile di Genova e regista nel 1971 presso l’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’, Augusto Zucchi ha diretto e interpretato numerosi spettacoli, tratti da testi classici e contemporanei, collaborando con cooperative, compagnie e teatri stabili. È autore di testi teatrali e di sceneggiature cinematografiche. Ha fondato insieme al critico e scrittore I. Moscati una compagnia teatrale che si è occupata per alcuni anni di teatro d’impegno civile.

Tra le sue numerose regie si ricordano: L’adulatore (1972), La pupilla (1976), Il teatro comico (1980), La vedova scaltra (1981), I due gemelli veneziani (1982), Un curioso accidente (1983), Il giocatore (1988) di Goldoni; A morte Roma di R. Mainardi e M. Moretti (1976), La mafia non esiste di N. Saponaro (1984), Il senatore Fox di L. Lunari (1986), Stravaganza di D. Maraini (1987), Eva contro Eva di J. Denham (1991), Caro Goldoni di Zucchi (1992), Don Giovanni e il suo servo di R. Familiari (1997), La Memoria e l’Oblio – (1998) di cui è anche autore. Dal 1979 al ’81 è stato con A. Fersen, condirettore dello Stabile di Bolzano.

Nel 1982 ha vinto il premio Idi per la regia di Terroristi di M. Moretti. Nel 1987 ha organizzato in collaborazione con l’Eti il progetto Dramma Italia: una rassegna di teatro italiano contemporaneo. Intensa anche la sua attività quale regista televisivo e radiofonico. Con C. Lizzani ha scritto la sceneggiatura del film Caro Gorbaciov e in qualità di attore ha partecipato a numerosi film (tra cui Il caso Moro di G. Ferrara, Assicurazione sulla morte di C. Lizzani).

Zanussi

Dopo gli studi di fisica all’università di Cracovia, nel 1966 Krzysztof Zanussi si diploma alla Scuola di Cinema di Lódz. Il suo film di diploma, Smierc prowincjala, guadagna consensi e premi nei principali festival europei. Autore dalla profonda vena mistica e sociale e dal forte rigore formale, Zanussi ha spesso alternato esperienze cinematografiche a quelle teatrali, attuate soprattutto in Italia. Nel 1982 per il Crt cura la regia di Il mattatoio di S. Mrozek, con F. Bonacci e L. Costa e nel 1989 dirige, insieme a T. Bradecki, La regina e gli insorti di U. Betti. Recentemente, ha diretto Il re pescatore (1996) di J. Gracq. Tra i suoi film ricordiamo: La struttura del cristallo (1969), Illuminazione (1973) e Da un paese lontano (1981), ispirato alla vita di Karol Wojtyla.

Zanetti

Dopo l’Accademia d’arte drammatica a Roma (tra i suoi insegnanti S. Tofano), Giancarlo Zanetti debutta in teatro nel 1961 con C. Pavolini. Il primo vero successo gli arriva nel 1964 con L’Anconitana del Ruzante che riprenderà nel ’71. Di Goldoni interpreta Una delle ultime sere di Carnovale e I due gemelli veneziani, entrambi per la regia di L. Squarzina (1967 e 1968). Nel 1985 interpreta Peccato che sia una sgualdrina di J. Ford e nel 1988 un insolito Capitan Fracassa al fianco di L. Patruno. L’anno dopo sceglie di dedicarsi quasi completamente all’attività di produzione teatrale con la Sagittarius, da lui fondata dieci anni prima.

Zago

Dopo essere stato in compagnie di guitti, Emilio Zago nel 1876 entrò nella formazione di Moro Lin dove, eccellendo in personaggi goldoniani, rimase fino allo scioglimento della stessa (1883). Successivamente formò una propria compagnia recitando testi di G. Gallina, F.A. Bon, R. Selvatico, ma soprattutto dell’amato Goldoni. Con costante successo fu sulle scene fino agli anni ’20 (apparve l’ultima volta, ne Il bugiardo, 1927), formando anche una brava schiera di giovani attori dialettali. Sommo interprete goldoniano, seppe anticipare i tempi rompendo, nelle sue compagnie, lo schema che imponeva ruoli fissi.

Zareschi

Elena Zareschi nasce in Argentina ma è di origine italiana da parte del padre. Frequenta il Centro studi cinematografici di Roma e nel 1937 debutta sullo schermo con L’ultima nemica di Umberto Barbaro. Nel 1939 fa la sua prima comparsa sulle scene teatrali con la compagnia di A. G. Bragaglia in Nozze di sangue di Federico García Lorca. Successivamente passa nella compagnia Grandi Spettacoli diretta da Forzano; nel 1941 interpreta accanto a Memo Benassi Il cadavere vivente di Tolstoj e Sperduti nel buio di R. Bracco. Nel 1942 è nella formazione di Paola Borboni, quindi nel 1944 recita nuovamente al fianco di Benassi ne La fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio e in Amleto di Shakespeare, presentati entrambi al Festival di Venezia.

Nel 1947 è chiamata da Strehler per la stagione inaugurale del Piccolo Teatro di Milano (L’albergo dei poveri di Gor’kij, Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni, Il mago dei prodigi di Calderòn). Dopo aver recitato in Corruzione al Palazzo di Giustizia di U. Betti per la regia di Spadaro e in Questa sera si recita a soggetto di Pirandello diretto da Brissoni, nel 1949 interpreta il ruolo di Cassandra in Troilo e Cressida di Shakespeare regista di Visconti. La sua carriera è costellata da grandi, personali affermazioni (Delitto all’isola delle capre di Betti, regista di C. Pavolini, 1950 con S. Randone e L. Alfonsi; Sofonisba di Trissino diretta da Strehler all’Olimpico di Vicenza; Oreste di Alfieri, Tieste di Seneca, Peer Gynt di Ibsen, Edipo re di Sofocle e Amleto tutti in coppia con V; Gassman).

Nel 1955-56 è primattrice del Teatro Regionale Emiliano (Vestire gli ignudi e Enrico IV di Pirandello), poi ancora con Gassman interprete nell’Oreste di Alfieri a Parigi. Negli anni Sessanta si conferma ottima attrice tragica è Ecuba nella traduzione di Quasimodo, Elettra diretta da Fenoglio (1961), Medea per la regia di Minotis (1964), Atossa ne I persiani allestito da Rondiris (1966). Fra le ultime interpretazioni è Donna Allegrina ne La fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio per la regia di P. Maccarinelli. Intensa è l’attività cinematografica e televisiva.

Zapachnij,

Il capostipite della famiglia Zapachnij è Mikhail Sergeevic (1903) che assieme alla moglie Lidia Karlovna (1905-1960) e ai figli Sergej (1926), Valter (1928) Anna (1931) e Mstislav (1938), si distingue dapprima in grandi numeri d’acrobazia aerea, a terra ed equestre, per passare poi all’ammaestramento di animali. Valter esordisce nel 1958 con un numero chiamato Tra le belve presentando un gruppo misto di tigri del Bengala e dell’Ussuri, leoni, linci e pantere. Alla fine degli anni ’70 Mstislav presenta un numero di due elefanti e cinque tigri nella stessa gabbia che eseguono esercizi davvero rari a vedersi. Al numero si aggiungono in seguito i due giovani figli Elen e Mstislav jr. All’inizio degli anni ’90 la famiglia presenta Spartacus , una grande pantomima dove mostrano tutti i loro numeri montati sul tema specifico. In quanto alla metodologia dell’addestramento, gli Zapachnij possono essere considerati importatori e diffusori in Russia di tecniche ed estetiche americane, piuttosto che i proseguitori di metodi già esistenti e discendenti da Hagenbeck. Da segnalare l’attività di Askold e Edgar addestratori di tigri e ottimi giocolieri a cavallo.

Zavatta

Il circo Zavatta nasce nel 1844 ad opera di Antonio, acrobata al seguito della compagnia Chiarini. Con l’ampliarsi della famiglia, tra il 1875 ed il 1890 si contano tre circhi Zavatta, in tournèe nel nord Italia e anche nell’Europa nord-orientale. Legandosi ad altre rinomate dinastie europee, gli Zavatta si affermano nelle varie generazioni non solo come direttori di circhi (i quali si spingono anche in Africa) ma anche come valenti artisti internazionali sia nel circo che nel varietà. I cavallerizzi Zavatta-Zoppè conquistano nel 1963 gli Usa dando vita ad un ramo americano della famiglia; Maurizio è uno dei più validi saltatori italiani della prima metà del secolo; il clown funambolo Emilio è negli anni ’50 una vedette dei maggiori circhi europei e americani. Ma il ramo più celebre è quello francese, dove il cognome Zavatta diviene sinonimo stesso di circo, grazie alla popolarità del clown Achille (1915-1995), probabilmente l’artista circense francese più popolare della seconda metà del secolo, tanto che ai suoi imponenti funerali presenzia anche il presidente della repubblica. Achille Z. diviene un celebre `augusto’ dallo sterminato repertorio nei programmi dei circhi stabili parigini per poi fondare un proprio tendone itinerante negli anni ’70, tuttora gestito dagli eredi assieme ad altri tre o quattro complessi con lo stesso nome attivi in Francia. Gli Zavatta sono oggi tra le dinastie più ramificate nel mondo e in Italia esistono ancora due o tre circhi con questo nome.

Zacchini

Ugo Zacchini afferma in Italia e in America il numero dell’uomo proiettile, nel quale viene scaraventato ad una trentina di metri di altezza e a sessanta di distanza, da un ordigno ad aria compressa fatto passare per un cannone. Diplomato all’Accademia dell’arte di Roma nel 1919, disegna da solo i suoi attrezzi e debutta nel 1922 a Malta nel Circo olimpico diretto dal padre Ildebrando. Nel 1929 viene scritturato negli Usa al Ringling Bros. and Barnum & Bailey dove, nel 1934, presenta con il fratello Mario una versione doppia del numero. Attorno agli anni ’40 la famiglia si fraziona e uomini e donne proiettili Zacchini si esibiscono un po’ ovunque. Nel 1961 Ugo lascia il circo e sono il figlio ed il nipote, entrambi omonimi, a continuare la tradizione di famiglia.

Zuckmayer

Figlio di un industriale, Carl Zuckmayer studia ad Heidelberg e a Francoforte. Nel 1920 si trasferisce a Berlino: qui lavora come scrittore e nel 1924 collabora con Brecht presso il Deutsches Theater diretto da M. Reinhardt. Nel 1925 ottiene un notevole successo con la commedia L’allegro vigneto (Der Fröliche Weinberg) con il quale vince il premio Kleist. Nel 1933, in seguito all’interdizione a rappresentare le sue opere, emigra a Cuba e poi negli Stati Uniti. Torna in Europa nel 1958 e vive in Svizzera sino alla morte. Tra le sue opere più note sono Il capitano di Köpenick (Der Hauptmann von Köpenick, 1931), satira della burocrazia e del militarismo prussiano e Il generale del diavolo (Der Teufels General, 1946), che tratta della crisi di coscienza di un nazista. La sua ultima opera, L’ acchiappatopi (Der Rattenfaulmnger, 1975), sorprende per l’originale soluzione di proiettare in un mondo di fiaba medioevale le problematiche della gioventù odierna.