Papas

Lelekou; Corinto 1926), attrice greca. Inteprete di rara intensità, esordì sulle scene ancora giovanissima come cantante e ballerina in spettacoli di varietà e in seguito studiò all’Actor’s Studio di New York. Ben presto il cinema si accorse di lei e la P., fin dai primi anni ’50, cominciò a partecipare da protagonista a numerose pellicole di produzione intenazionale come La legge del capestro (Tribute to a Bad Man, 1956) di R. Wise, I cannoni di Navarone (Guns of Navarone, 1961) di J. Lee Thompson, Zorba il greco (Zorba the Greek, 1964) di M. Cacoyannis, A ciascuno il suo (1967) di E. Petri, Z-L’orgia del potere (Z, 1969) di C. Costa-Gavras e più di recente Cronaca di una morte annunciata (1987) di F. Rosi e Alta stagione (High Season, 1987) di C. Peploe. In Italia raggiunge una certa notorietà recitando nel celebre sceneggiato televisivo “Odissea” (1968) di F. Rossi, dove interpretava Penelope. A teatro è da ricordare il suo monologo Teodora di Bisanzio (1991), presentato alla Sagra musicale umbra, Lunga notte di Medea di C. Alvaro e I giganti della montagna alle Panatenee, regia di M. Bolognini, 1989.

Piperno

Elsa Piperno studia all’Accademia Nazionale di Danza e a Londra con Marie Rambert e Robert Cohan, entrando successivamente a far parte della London Contemporary Dance Company. Fonda a Roma nel 1971 il Centro di formazione professionale che introduce per primo, in Italia, la tecnica di danza di Martha Graham, divulgata anche attraverso i lavori della compagnia TeatroDanza Contemporanea, che dirige insieme a Joseph Fontano (1972-89) e per la quale sigla anche coreografie (Autofocus). In seguito, proseguendo la sua attività di insegnante, crea e dirige la compagnia Danzare la Vita (1994).

Pica

Figlia d’arte Annunziata Pica esordisce al teatro S. Ferdinando di Napoli, nella compagnia di Federico Stella come attrice giovane, recitando anche parti maschili. Una lunga gavetta nelle compagnie partenopee, una voce profonda in un corpo minuto e un acuto senzo del ritmo comico la spingono a specializzarsi nel ruolo di caratterista. Negli anni d’oro della rivista fa compagnia con V. Scarpetta, con E. Turco e A. Salvietti e partecipa anche ad alcune produzioni di M. Galdieri. Negli anni ’40 inizia il sodalizio con i fratelli De Filippo. Eduardo scrive per lei alcuni personaggi in Filumena Marturano , Questi fantasmi e Napoli Milionaria . Nel 1953 è a Napoli, di nuovo con Eduardo, per partecipare alla serata inaugurale del Teatro S. Ferdinando con Palommella zompa e vola di Petito. La sua attività cinematografica inizia nel 1934 con Il cappello a tre punte e ha carattere saltuario fino agli anni ’50. Dopo il successo di Pane, amore e fantasia (1953) e Pane, amore e gelosia (1954), che le vale un Nastro d’argento, il cinema diventa la sua principale occupazione. Ha girato anche alcuni film da protagonista tra cui Nonna Sabella (1957) e L a zia d’America (1957).

Ponzoni

Cochi Ponzoni inizia a fare cabaret nel 1964, al Cab 64 di Milano insieme a Renato Pozzetto con cui forma lo scintillante sodalizio, durato fino al 1974, che li rende popolari come Cochi e Renato. Dal 1965 i due si esibiscono al Derby Club con Jannacci, Toffolo, Andreasi e Lauzi. Dal 1968 comincia la loro carriera televisiva con Quelli della Domenica , seguito da È domenica, ma senza impegno ; intanto continuano a consolidare nel cabaret le loro gag, anche con l’esperienza al Derby, diventando pionieri di una forma di spettacolo per piazze e discoteche. Nel 1972 è nella messinscena di La conversazione continuamente interrotta di E. Flaiano. Dopo aver partecipato a Canzonissima i due si dividono. P. dal 1974 al 1979 si dedica al cinema con Telefoni bianchi di D. Risi, Il comune senso del pudore di A. Sordi, Bruciato da cocenti passioni di Capitani e Sturmstruppen di Samperi. Dal 1979 lo vediamo a teatro non più soltanto nelle vesti di cabarettista. Lo troviamo protagonista di alcuni spettacoli prodotti dallo Stabile di Trieste, in testi che vanno da Shakespeare a Plauto. Riappare in tv nel 1993 in Su la testa con Paolo Rossi. Nel 1999 ritornerà insieme a Renato in una serie tv, Nebbia in val Padana.

Panov

Terminato l’Istituto coreografico di Leningrado, dal 1957 al 1964 danza con il Malyj Teatr di Leningrado interpetando Bolero , Petruška , La signorina e il teppista , I tre moschettieri . Dal 1964 al 1972 danza al teatro Kirov ed è protagonista di Il lago dei cigni , Don Chisciotte , Giselle , Bajadera , Il cavaliere di bronzo, Amleto, La creazione del mondo. Nel 1974 emigra in Israele e lavora come direttore di numerose compagnie europee: la Deutsche Oper di Berlino, la Staatsoper di Vienna, il Balletto Reale delle Fiandre, il Balletto dell’Opera di Bonn. Fra i suoi balletti L’idiota e Le tre sorelle .

Plowright

Joan Anne Plowright inizia la propria formazione alla fine degli anni ’40 presso la scuola di recitazione della compagnia Old Vic, dove incontra George Devine, il futuro fondatore (1956) nonché direttore della English Stage Company. Interpreta con successo Le sedie di Ionesco (1957) e La moglie campagnola di William Wycherley, ma sarà il ruolo di Beatie in Radici di Arnold Wesker (1959) a valerle la consacrazione quale primattrice della sua generazione. Lavora quindi, sotto la direzione di Orson Wells in Rinoceronte di Eugène Ionesco (1960), una produzione della English Stage Company a cui partecipa anche Laurence Olivier, che diventerà poi, nel 1961, suo marito. Altro incontro importante è quello con il National Theatre, per il quale, a partire dal 1963, interpreta una serie di ruoli principali, tra gli altri, Il mercante di Venezia (1970) , Santa Giovanna di G.B. Shaw, e Sabato Domenica e Lunedì (1973) e Filumena Marturano (1977) di Eduardo De Filippo. Lavora anche nell’ultima commedia di Ben Travers The Bed Before Yesterday (1975) e in Enjoy di Alan Bennett. Le sue qualità attorali sono riconducibili principalmente ad una istintiva spontaneità carica di forza emotiva e del tutto priva di ricercati manierismi.

Pistoni

Allievo dell’Opera di Roma, ne fu primo ballerino fino al 1951, quando si trasferì alla Scala con lo stesso incarico. Ha interpretato nel teatro milanese tutti i maggiori ruoli del grande repertorio e, negli anni ’60, ha fondato il gruppo dei Solisti della Scala, per il quale ha creato la sua prima coreografia, Il figliol prodigo di Prokof’ev in versione attualizzata. Pur non abbandonando le matrici accademiche, P. dimostrò propensioni verso un tipo di danza contemporanea talvolta con ispirazioni jazzistiche in Spirituals per orchestra di Gould (1963) e Mutazion i di Fellegara (1965). Tra i suoi successi scaligeri, La strada di Rota (1966) per la Fracci e Il mandarino meraviglioso di Bartók (1968) per la Savignano, su misura della quale approntò anche Concerto dell’albatro di Ghedini (1972). Ha diretto i corpi di ballo dell’Arena di Verona e dell’Opera di Roma.

Parrilla

Formatasi alla Scuola di ballo del Teatro dell’Opera, Margherita Parrilla entra a far parte della sua compagnia diventandone prima ballerina nel 1978. Qui danza i classici del repertorio (Giselle , che presenta anche al Bol’šoj di Mosca) e numerosi ruoli del Novecento storico, tra i quali spicca la ragazza in Il mandarino meraviglioso di A. Milloss (1979). Parallelamente alla sua attività nel teatro romano, fonda con l’attore Francesco Capitanio la compagnia Teatro D2, con la quale esprime il suo forte temperamento drammatico adoperandosi nella realizzazione di balletti narrativi basati su progetti drammaturgici affidati ad autori teatrali (Traviata, une aventure dans le mal su libretto di Giuseppe Manfridi e Francesco Capitanio, coreografia di Evgenij Polyakov e Mario Piazza, 1988). Ritiratasi dalle scene nel 1993, dal 1996 dirige l’Accademia nazionale di danza a Roma.

Perriera

Esponente dell’avanguardia letteraria, Michele Perriera è stato tra i fondatori del Gruppo ’63. A Palermo nel 1971 ha fatto nascere il Teatro Tèates, che dirige: è un centro che si rifà alla lezione di Artaud, conciliandola con la vocazione narrativa e l’attenzione alla parola. Alla base dei testi di Perriera c’è la passione per la ricerca, che si sviluppa in una scrittura dalla forte tensione. Perriera attraversa diversi generi: dal dramma storico alla commedia, fino al monologo, creando un ponte tra l’amore per i classici e la sete di ricerca. Fra le opere: Signor X (1962), Lo scivolo (1963), Fischia, fischia, ancora (1963), La chiave del carretto (1965), No, io non… (1965), Tu, tu e tu… relax! (1965), L’edificio (1968), Morte per vanto (1973), Anticamera (1992). Come regista si è formato alla scuola del maestro norvegese Arne Svenneby.

Pupi di Stac

Il repertorio basato sulla fiabistica popolare toscana, fu sviluppato da Laura Poli (1921-1991) che affiancò lo Stac dal 1958, sostituendo il fratello Paolo. Dal 1990 l’attività prosegue, ormai a dimensione europea, condotta da Enrico Spinelli (1951) figlio della Poli, con Cinzia Ghelli, Giulio Casati e i giovani Laura e Gerardo Spinelli.

Paolieri

Dopo gli studi di danza classica, a metà degli anni ’20 Germana Paolieri viene scritturata nella compagnia di G. Niccoli, per passare poi nelle compagnie di V. Palmarini, E. Merlini e D. Menichelli Migliari. Dal 1932 fino al dopoguerra recitò soprattutto nel cinema, ritornando sulle scene nel 1948 quando R. Simoni la scelse per il ruolo shakespeariano di Donna Capuleti in Romeo e Giulietta . Nello stesso anno recitò in Cristo ha ucciso di G.P. Calegari con la regia di G. Salvini, presentato al Festival di Venezia. Nella stagione 1950-51 fu primattrice nella compagnia di R. Ruggeri. In seguito lavorò con il Piccolo Teatro di Palermo e il Teatro Stabile dell’Emilia Romagna. Nel 1956 interpreta la regina nell’ Amleto di R. Bacchelli, allestito dal Teatro del Convegno e diretto da E. Ferrieri, e l’anno dopo recita al Teatro di Villa Olmo a Como in Il figlio di Ettore , sempre di Bacchelli, questa volta in veste anche di regista.

Pandolfi

Elio Pandolfi frequenta l’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’ dove si mette subito in luce per l’eclettismo di interprete, mimo e cantante tanto che il suo ingresso nel teatro di rivista appare come un naturale approdo. È al fianco di W. Osiris in Festival (1954) prima che Garinei e Giovannini gli affidino un ruolo di rilievo in Carlo non farlo (1956). Nel frattempo inizia a lavorare nel cinema sia come doppiatore che in veste di caratterista ( Altri tempi , 1952). Negli studi radiofonici della Rai fa coppia con A. Steni con cui partecipa anche ai primi varietà televisivi come “I cinque sensi sono sei” (1954). Sempre con la Steni è in palcoscenico negli spettacoli musicali Scanzonatissimo (1963) e Che brutta epoque (1969), mentre continua la loro comune carriera nel varietà televisivo. Intensifica l’attività cinematografica accettando ruoli di secondo piano in numerose commedie di scarso valore come Sexy proibito (1963) e La coppia più bella del mondo (1968). Nel 1967 è tra i protagonisti della serie televisiva “Triangolo rosso”. In teatro gli viene affidato il ruolo principale nella versione italiana di Il vizietto (1979), in cui riporta un brillante successo personale.

Praagh

Ha studiato con Margaret Craske, Vera Volkova, Tamara Karsavina e altri personaggi leggendari. Ha debuttato con il complesso diretto da Anton Dolin nel 1929, danzando poi col Ballet Rambert (dove ha interpretato ruoli per Ashton e Tudor) e col Sadler’s Wells Ballet (dal 1941 al ’46). È stata maître de ballet al Sadler’s Wells Theatre Ballet. Fra le compagnie da lei dirette spiccano il Balletto Norvegese, il Borovanskij Ballet e l’Australian Ballet. Specializzata nel metodo Cecchetti, ha insegnato tra l’altro alla Royal Ballet School.

Pongo

Ha lavorato in cabaret e ha ideato e realizzato per il teatro gli spettacoli Que viva Mexico , Sugo De Agua , La valle dei birichini . Ha inoltre partecipato a numerose trasmissioni televisive tra cui Drive in , e Dove sono i Pirenei . Lavora come one man show.

Puntoni

Renzo Puntoni rivendica fattiva collaborazione in due copioni dove la sua firma non compariva: il primo, L’assilllo infantile (con tre ‘l’) di Marcello Marchesi, di scena nella stagione 1965-66, con G. Bramieri e M. Del Frate, efficace scorribanda nel mondo giovanile, con il contrasto yé yé -matusa, collettoni e collettine, nei balletti di Don Lurio e musiche con tanto shake di Aldo Buonocore; il secondo, nella stagione successiva, sempre con la coppia Bramieri-Del Frate, La sveglia al collo , che reca solo le firme di Marchesi e Terzoli. Primo esempio di rivista che tenta di agganciarsi alla realtà del Terzo Mondo, con miti e riti africani interpretati da un balletto di colore. In Cavalcata di donne di Puntoni e Tristani (1946-1947), quadri esotici ed eccentrici per le tre sorelle Nava, e un sottofinale patetico di stampo neorealista con Carlo Rizzo, Pinuccia Nava, triste e povera donnina allegra, Macario soldatino imbranato.

Per fare film, Macario spesso si faceva sostituire da un `doppio’ truccato come lui, compreso il ricciolo incollato sulla fronte: il giovane Ugo Tognazzi. Ancora Macario in Pericolo rosa (1952-53) di P.-Rovi-Verde; nel cast, Flora Lillo, la fedele `spalla’ Carlo Rizzo, la cantante Nicla Di Bruno. Si eleva Mario Carotenuto a protagonista in Occhio per occhio, lente per lente , che P. scrive con Silva, Terzoli e Spiller. Grande successo con il ritorno alla rivista tradizionale: Okay fortuna di Puntoni-Terzoli, con Wanda Osiris e il trio Giustino Durano, Gino Bramieri e Raimondo Vianello, con quaranta girls e danze a ritmo di cha-cha-cha (1955-1956). Si passavano in rivista, appunto, veri tipi di fortuna, tra parodie e amarcord. Ancora per Wanda Osiris, nella stagione 1957-1958, ancora nel solco della tradizione (mentre trionfavano coeve commedie musicali, da Un paio d’ali con Rascel a Irma la dolce con Anna Maria Ferrero), con Terzoli, P. scrive I fuoriserie : bis a richiesta per un quadro coreografico di calypso, applausi per Wandissima in abito bianco e garofano rosso che canta “Personalità”. Un incendio distrusse a Napoli scene e costumi, ripristinati a tempo di record grazie alla solidarietà degli altri teatranti.

Nella stessa stagione, Puntoni collabora con Marchesi e Terzoli per Sayonara Butterfly, commedia musicale intricata che si richiamava a Puccini ma anche a Sayonara , film con Marlon Brando; interpreti, Sandra Mondaini giapponesina che scovava il suo seduttore Raimondo Vianello, spalleggiato dall’attendente Gino Bramieri. Scene e costumi di Pier Luigi Pizzi; balletti esotici di Paul Steffen. Stessa formazione la stagione successiva (1959-1960) per Un juke box per Dracula , e successo bissato per Mondaini-Vianello-Bramieri. Applaudito il quadro disneyano con Vianello-Pluto, Mondaini-Paperino e Bramieri-Pippo. L’intelligente apporto creativo alla rivista e al varietà di Puntoni si è anche notato nella sua lunga attività di dirigente del Centro di produzione della Rai di Milano.

Page

Si forma con Clustine, Cecchetti, Bolm e, dopo aver preso parte alla tournée sudamericana della Pavlova, lavora nella compagnia di Bolm a Chicago ( Birthday of the infanta 1919) e a Londra (1920). Nella stagione 1923-24 viene scritturata come prima ballerina alla Music Box Revue a Berlino e a New York, successivamente passa ai Ballets Russes di Diaghilev (1925) e al Metropolitan Opera di New York (1926-28). Prima ballerina della Chicago Summer Opera (dove è anche maître dal 1929 al 1933) e dell’Opera di Chicago (1934-37), si è imposta anche nell’attività di coreografa. Tra i suoi lavori, spesso tratti da opere e operette, si ricordano: Revanche (ispirato a Il trovatore , 1951), Susanna and the barber (da Il barbiere di Siviglia , 1955), Camille (da La traviata , 1957), Carmen (1959), Mephistophela (1966), Alice in the garden (1970). Ha fondato il Page-Stone ballet insiema a B. Stone (1938) e il Chicago ballet. Nel 1980 ha ottenuto il Dance Magazine Award.

Pisu

Nel dopoguerra Raffaele Pisu si ritrova a condurre trasmissioni di varietà ai microfoni di Radio Bologna, nello stesso periodo (1945-47) in cui è tra i fondatori del Teatro La Soffitta di Bologna. Entra poi, per due stagioni, nella compagnia di Memo Benassi (1947-49). Ma il teatro serio non lo soddisfa e nel 1950 è nuovamente in conduzione in uno studio di Radio Roma. L’occasione di un grande debutto nell’amata rivista gli arriva con Festival (1954), megaproduzione di Remigio Paone, ma lo spettacolo si rivela un insuccesso, salvato a stento da Wanda Osiris. Va meglio il seguente SPQM al fianco di Gino Bramieri e Lisetta Nava (1955), ma il primo tributo alle sue doti di comico lo raccoglie con la rivista da camera Tre e simpatia (1956) dove è il protagonista maschile accanto a F. Rame e A. Steni. Nel frattempo ha modo di mettersi in luce anche sullo schermo cinematografico nel film di M. Monicelli Padri e figli (1957) e su quello televisivo nel varietà “Lui, lei e gli altri” (1956) e nel teleromanzo musicale “Valentina” (1958).

La vera popolarità gli arriva dalla TV, dallo show del sabato sera “L’amico del giaguaro” (1961) dove, insieme a Bramieri e M. Del Frate, ha modo di esibire tutte le sue qualità di intrattenitore, canto compreso. È il momento di sfruttare in teatro la notorietà acquisita e per un paio di stagioni torna alla rivista con la Del Frate in Sembra facile (1961) e Trecentosessantacinque (1963); poi ricostituisce il trio con Bramieri e la Del Frate in Italiani si nasce (1964). Al cinema è tra i protagonisti della grande commedia italiana degli anni ’60 in film come Italiani brava gente (1964) e L’ombrellone (1965). Dopo La trottola (1967) e Vengo anch’io (1968) la Rai lo conferma come presentatore di trasmissioni popolari di grande consenso, Senza rete” (1968) e “Che domenica amici” (1969), grazie alle quali conquista anche il pubblico infantile dando voce al pupazzo Provolino. Poi scompare improvvisamente in un lunghissimo e immotivato periodo di oblio (la conduzione di “Gran Bazar” nel 1978 su Telecentro è nota limitatamente all’area bolognese), interotto soltanto nel 1989 quando A. Ricci lo richiama all’attività sui teleschermi di Canale 5 nella trasmissione “Striscia la notizia” .

Przybyszewski

Accanto a Wyspianski, Stanislaw Przybyszewski è una delle figure più importanti del Modernismo polacco (Mloda Polska). Effettua studi di architettura, medicina e biologia a Berlino, dove viene a contatto con l’opera di Nietzsche, sotto la cui influenza scrive Zur Psychologie des Individuums. Chopin und Nietzsche (1892). A Berlino conosce Ola Hansson, e Strindberg, che si riferirà a lui come a «quel geniale polacco», e il pittore norvegese Edward Munch, la cui più celebre opera gli ispirerà il romanzo Il grido (Krzyk, 1917). Nella scrittura teatrale Przybyszewski debutta nel 1897 col dramma Per fortuna (Das grosse Glück, versione polacca: Dla szczescia, 1898).

Nel 1898 si trasferisce a Cracovia e inizia a dirigere la rivista “Zycie”, dove pubblica – oltre ai propri drammi Il vello d’oro (Zlote runo) e Ospiti (Goscie, 1901) – anche due opere di Wyspianski, La Varsavienne e Anatema . La sua attività di drammaturgo prosegue con La madre (Matka) e Neve (Snieg, 1903), Fiaba eterna (Odwieczna basnia) e La promessa nuziale (Sluby, 1906), quella di teorico del teatro ha inizio nel 1905 con uno studio Sul dramma e la scena (O dramacie i scenie), vera poetica di un teatro che sia espressione e riproduzione immediata – priva di nessi logici – di sentimenti, sogni, visioni, impressioni, dove il dramma non sia altro che «una sorta di stenogramma che l’attore stesso, se è artista, deve decifrare e a misura della sua individualità riprodurre o ricreare».

Tra i drammi successivamente pubblicati e rappresentati, Il festino della vita (Gody zycia, 1909), L’abisso (Topiel, 1912), La città (Miasto, 1927), Il vendicatore (Msciciel, 1927). Al centro delle pièces di P. sono i tragici esiti del conflitto tra le pulsioni erotiche e le convenzioni morali: in Neve in una progressione maeterlinckiana la protagonista va incontro al suo destino, il suicidio causato dalla perdita dell’amore del marito, mentre gli Ospiti non sono altro che i rimorsi di coscienza. Se nella tragedia classica l’individuo era un giocattolo nelle mani degli dei, nel dramma moderno per Przybyszewski l’uomo è in balìa dei propri istinti. Le influenze di Maeterlinck, Ibsen e Strindberg permisero a Przybyszewski di introdurre nel dramma polacco importanti novità, quali la sostituzione dell’intreccio con l’analisi psicologica dei personaggi, il ricorso alla funzione drammaturgica del dialogo, l’impiego dell’esposizione strutturata degli antefatti al posto dell’azione.

Convinto assertore della poetica simbolica, Przybyszewski intese concretizzare le proiezioni di rimorsi, presentimenti, stati d’animo secondo un principio di verosimiglianza realistica, in persone autentiche: in Per fortuna Zdzarski rappresenta la coscienza. L’importanza di Przybyszewski è soprattutto legata all’impatto esercitato dalle sue idee e dalla sua concreta attività organizzativa culturale sulla società polacca dei primi del secolo: come drammaturgo ha goduto di un certo successo soprattutto in Russia, grazie alle inscenizzazioni e agli adattamenti cinematografici di Vs. Mejerchol’d, ma è stato ben presto dimenticato a favore di Wyspianski.

Palmiri,

Capostipite della famiglia Palmiri è Angelo P. (Brescia, 1875-1949) che abbandona gli studi religiosi per seguire una compagnia di attori girovaghi. Sposa Albina Ferrua (1882-1970). Incontrati i coniugi Melzi, si stacca dagli attori fondando il circo P., piccolo complesso che presenta uno spettacolo di duetti cantati, pose plastiche e farse. Nascono Giovanni (1906-1949); Eleonora (1907-1990); Evelina (1909-1918); Ines (1916); Savina (1918) ed Egidio (1923). Apprendono le acrobazie aeree che li renderanno famosi e le aggiungono ai propri spettacoli. Attorno agli anni ’20 si forma il Circo Olimpico che comincia a dare una certa notorietà alla famiglia. A primeggiare è ancora il capostipite, bravissimo clown con il nomignolo `Fiacca’. Poi Giovanni si afferma per il suo coraggio e per l’inventiva che applica nella creazione di nuove attrazioni o nel miglioramento di quelle esistenti. Si specializza nei numeri da brivido eseguiti a grande altezza, inventa e fa costruire attrezzi come la moto della morte e l’aerolite, un derivato della `bilancia’, tutti atti a eseguire spericolate acrobazie aeree. Agli inizi degli anni ’30 i P. fondano l’Arena Azzurra nella quale propongono i loro numeri aerei ad altezze davvero notevoli. Sono notati da impresari stranieri e dal 1938 vengono ingaggiati nei maggiori circhi europei del tempo, Amar, Barnum, Bouglione, Busch, Hagenbeck, Krone, Rancy, Schumann oltre al circo stabile Carré, dove avviene la prima seria caduta dall’areolite che lascia Egidio con i polsi anchilosati. Da allora sono spesso vittime di incidenti di una certa gravità (in una caduta Giovanni riporta 42 fratture) che però non ne fermano la determinazione. Nel 1945 rientrano in Italia e sono ingaggiati dai fratelli Togni. Poi si rimettono in proprio e costituiscono la più grande arena mai esistita, chiamata Original Palmiri, una struttura molto complessa con al centro una pertica oscillante che supera i sessanta metri di altezza.

Nel 1947 Giovanni acquisisce fama internazionale per la spettacolare evoluzione ad un trapezio fissato alla carlinga di un piccolo biplano da turismo che, in volo sopra piazza del Duomo di Milano, gli permette di mantenere un voto fatto durante la guerra in Germania: se avesse riportato la famiglia salva in patria, avrebbe portato dei fiori alla Madonnina, dal cielo. Una delle maggiori attrazioni di Giovanni resta quella dei `centauri’, un esercizio effettuato a un’altezza di venti metri dal suolo con una moto che traina due trapezi su un binario circolare metallico dove la moglie Mafalda e la figlia Nella eseguono delle evoluzioni. Il 30 giugno 1949, a Mestre, per una banale scivolata, Giovanni perde la vita. Malgrado la disgrazia l’Original Palmiri prosegue l’attività. Egidio sostituisce Giovanni. Nell’autunno dello stesso anno, non potendo esibirsi all’aperto nei mesi invernali, i Palmiri montano uno spettacolo di circo rivista, forse il primo di sempre a essere eseguito su di un palco e senza numeri di animali. Eseguendo lo stesso numero del marito Giovanni, due anni più tardi, il 17 maggio 1951, muore Mafalda. La troupe aerea cessa l’attività. Nel 1952 Egidio sposa Leda Bogino e con la sua fondamentale assistenza, il circo Palmiri diventa fra i più importanti dell’epoca e lancia alcuni dei maggiori artisti italiani di allora, come i Nicolodi, i Larible, i Nones e, più tardi, i Merzari. Nel 1955, preso atto che senza animali il pubblico non era più attratto, il Palmiri si fonde con il maggior circo della Scandinavia, il danese Benneweis. Nel 1952 Egidio diventa Presidente dell’Ente nazionale circhi, impegnandosi per un riordino delle regolamentazioni in materia. Nel 1988 fonda l’Accademia del circo che da allora presiede.

Pupi e Fresedde

Pupi e Fresedde è una compagnia teatrale fondata a Firenze nel 1976 da Angelo Savelli, studioso di teatro popolare e proveniente dal `Granteatro’ di Carlo Cecchi e Pino de Vittorio, giovane cantante pugliese passato poi con Roberto de Simone. I primi spettacoli scritti e diretti da Savelli ( La terra del rimorso (1977), Sulla via di S. Michele (1978), I balli di Sfessania (1978), Festa in tempo di peste (1980), per il loro legame con la cultura mediterranea, i riferimenti antropologici e l’impiego della musica dal vivo, grazie alla collaborazione del musicista Nicola Piovani attivo tra il 1979 e 1984, e dal 1984 del musicista francese Jean Pierre Neel, si collocano all’interno di quel fenomeno di rivalutazione della cultura popolare meridionale che ha interessato l’Italia tra gli anni ’60 e ’70.

Nel 1976 la Compagnia si trasferisce per due mesi negli Stati Uniti dove produce insieme al Bread and Puppet La ballata dei 14 giorni di Masaniello di Peter Schumann, replicata l’anno successivo in Italia. Nel 1979 con la partecipazione dell’attore bresciano Antonio Piovanelli, allarga il proprio campo d’interesse a esperienze recitative non necessariamente legate alla cultura meridionale (Canto della terra sospesa da Ruzante, 1979; Affabulazione di Pasolini, 1980), arricchendosi del prestigioso apporto dell’attore napoletano Giorgio Morra con cui viene realizzato il più fortunato spettacolo della compagnia Il convitato di pietra ovvero Don Giovanni e il suo servo Pulcinella di A. Savelli, rappresentato con enorme successo in otto nazioni europee, con più di trecento repliche. Sulla scia di questo successo nel 1984 il Festival di Avignone e il Centro internazionale di drammaturgia di Fiesole gli commissiona la realizzazione de L’amore delle tre melarance di V. Cerami, spettacolo che ottiene un nuovo grande successo internazionale. Nel frattempo la compagnia cerca di radicarsi più profondamente nella realtà fiorentina, instaurando collaborazioni specifiche con alcuni dei più validi artisti cittadini tra cui il pittore Tobia Ercolino, che siglerà con la sua inconfondibile cifra stilistica i più importanti spettacoli del gruppo, fino alla realizzazione del progetto “ToscanaTeatro” (1993-1994, tuttora in corso) che intende sostenere il patrimonio teatrale e letterario toscano anche contemporaneo. Nel 1986 la compagnia trova la sua sede stabile al Teatro di Rifredi del quale assume la direzione artistica e organizzativa (favorendo la drammaturgia contemporanea e ospitalità internazionali) e produce, esperienza unica in Italia, `teatro d’appartamento’, di cui Le tre verità di Cesira di M. Santanelli, con l’interpretazione di Gennaro Cannavacciuolo -, che viene recitato a domicilio per centotrenta serate.

Patruno

P. inizia la sua carriera nelle prime Jazz Band a Milano negli anni ’50 (la Riverside Jazz Band negli anni ’50 – ’60 e la Milan College Jazz Society negli anni ’70). Nel 1964 insieme a Nanni Svampa, Roberto Brivio e Gianni Magni fonda Il Teatrino dei Gufi, primo esempio di cabaret italiano ispirato a quello francese. Nel 1969 i quattro si sciolgono e P. torna a occuparsi principalmente di jazz. Con Nanni Svampa e Franca Mazzola continua l’attività teatrale e inoltre realizza per la Rai show televisivi. Attualmente è impegnato su più fronti: dalla direzione d’orchestra alla composizione di musiche da film, dalla sceneggiatura alla produzione cinematografica, dall’organizzazione di festival jazz alla conduzione televisiva.

Palumbo

Cresciuta nell’ambiente teatrale, entrambi i genitori erano artisti, nel 1930 Dolores Palumbo entra nella compagnia del Teatro umoristico dei fratelli De Filippo al Teatro Kursaal di Napoli, dove debuttò con una particina nell’atto unico di Mario Scarpetta La bella trovata . Successivamente, viene scritturata come attrice umoristica da Nino Taranto insieme al quale lavorò in riviste di Nelli e Mangini. Tornata con Eduardo De Filippo nel 1945 offrì una straordinaria interpretazione nella commedia Napoli milionaria . Due anni dopo partecipò ancora a riviste in compagnia di Nino Taranto e Wanda Osiris fino agli anni Cinquanta. Sempre in quel periodo fu interprete del Socrate immaginario di Galiani e Lorenzi nell’edizione di Anton Giulio Bragaglia, presentata al Teatro Floridiana di Napoli. In seguito, nel 1955, sempre con Eduardo De Filippo, che la chiamò in compagnia per sostituire l’uscita della sorella Titina, recitò in Mia famiglia (scritta appositamente per lei dal grande Eduardo) e Bene mio e core mio . Tra le sue esperienze cinematografiche ricordiamo Lo sciopero dei milioni (1947), Carosello napoletano (1953) di Ettore Giannini un bellissimo e raro film-rivista italiano, Miseria e nobiltà (1954) di Mario Mattoli, in compagnia di Totò e Sophia Loren, Café Chantant (1954) di Camillo Mastrocinque, una parata del meglio della rivista italiana, dove la Palumbo insieme a Nino Taranto ripropone brani da Scio Scio di Nelli e Mangini.

Piccoli

Michel Piccoli deve la sua fama soprattuto al cinema: Dillinger è morto, La grande abbuffata, L’ultima donna di Ferreri; L’amante di Sautet, Bella di giorno di Buñuel, Milou a maggio di Malle e tanti altri. Tra gli spettacoli che ha interpretato a teatro ricordiamo: Celestina di F. Royas (1945); Tobacco road di Kirkland e Caldwell (1947); Androcles and the lion di Shaw (1952); Irene innocente di Betti (1953); Phèdre di Racine (1957, con il T.N.P.); Der Stellvertreter di Hochnuth (1963); Il giardino dei ciliegi di Cechov (1981 con la regia di P. Brook); Combat de nègres et de chiens di Koltès (1983, al Théâtre des Amandiers di Nanterre, con la regia di P. Chéreau); Terre étrangère (1984); Conte d’hiver di Shakespeare (1988); John Gabriel Borkman di Ibsen (1993, per il Théâtre d’Europe). I personaggi a cui ha dato vita nella sua lunga carriera corrispondono al ruolo che P. assegna alla recitazione, che deve dimostrarsi capace di far saltare l’ipocrisia che regola le relazioni sociali. Il suo aspetto gli consente con naturalezza di mostrare il lato oscuro dell’apparente rispettabilità borghese.

Pontois

Dopo aver vinto nel 1964 il `Prix Blum’, Noëlla Pontois diventa prima ballerina all’Opéra di Parigi nel 1966. Danzatrice di uno charme tutto particolare e di grande precisione tecnica, ha saputo unire all’armonioso `legato’ dei suoi movimenti brillanti doti interpretative. Scritturata in veste di artista ospite al London Festival Ballet, dove è stata anche promossa étoile, si è affiancata a John Gilpin in numerosi balletti classici, distinguendosi soprattutto ne La bella addormentata nel bosco . Nominata ufficialmente étoile (1968) all’Opéra, è stata un’eccellente Giselle al fianco di Cyril Atanasoff e Rudolf Nureyev; di quest’ultimo è stata più volte partner. Nel suo repertorio, di notevole ampiezza, ha incluso anche Pulsion (1973), con la coreografia del marito, il danzatore giapponese Daini Kudo. A partire dal 1983 è rimasta ancora per qualche anno artista ospite dell’Opéra, per poi dedicarsi all’insegnamento.

Pola

Alternò brillantemente impegni teatrali e cinematografici, risultando sempre interprete duttile e di grande fascino. Il suo esordio a teatro è nel 1930 con la compagnia Merlini-Cimara, insieme ai quali apparve anche in alcune riviste. Dopo una parentesi cinematografica, di cui la sua carriera è riccamente costellata, nel 1938 torna sulle scene con la compagnia del Teatro Veneziano diretta da A. Colantuoni e nella stagione seguente fu in ditta con Porelli e Viarisio, insieme ai quali recitò nella rivista di Falconi e Biancoli La città delle lucciole . Nella 1948-1949, insieme a N. Besozzi e F. Scandurra, affronta testi contemporanei come Gli indifferenti di L. Squarzina, tratto da Moravia, e Giorni che rinasceranno di F. Jovine, dimostrandosi perfettamente a suo agio. Nel 1951 sotto la direzione di G. Salvini fu Leonora in Intrighi d’amore di T. Tasso e l’anno dopo interpretò Gigliola nella Fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio, con la regia di C. Pavolini. In seguito forma insieme a Volpi, Calindri e Stival una compagnia capace di spaziare da Rattigan ( Il cadetto Winslow ) alla rivista. Tra i suoi lavori ricordiamo anche la commedia musicale Valentina (1955) di Terzoli e Metz e I diari di P.A. Bertoli (1958). Più ricco il suo curriculum cinematografico tra cui ricordiamo: La telefonista (1932), La vedova (1939), Una signora dell’Ovest di S. Koch (1942) e soprattutto la splendida interpretazione della moglie infedele in I bambini ci guardano (1943) di V. De Sica.

Perrier

Studia contemporaneamente oboe al Conservatorio di Parigi e belle arti all’Ecole Superieure des Travaux Publics: la sua carriera si lega infatti in prevalenza al teatro d’opera (a Lione, Tolosa, Strasburgo e Bordeaux, dove lavora a fianco di R. Lalande). Felici gli allestimenti per Königsmark di Berthomieu e per Ondine di Sancan; fortunate anche quelli per le Nozze di sangue di Fortner, Mathis der Mahler di Hindemith, Mort de Danton di Einem e Uno sguardo dal ponte di Rossellini, prime rappresentazioni in Francia.

Planchon

Originario della regione della Loira, negli anni ’50 Roger Planchon fonda a Lione il Théâtre de la Comédie, dove sono rappresentati testi di Courteline, Feydeau, Frédérique, Marlowe, Shakespeare, Adamov, Kleist, Ionesco, Calderón, Vitrac, ma soprattutto Brecht (che costituisce per Planchon un paradigma) e Michel Vinaver (Aujourd’hui ou les Coréens). Dal 1957 dirige il Théâtre de la Cité a Villeurbanne, dove stringe un sodalizio artistico con René Allio. Esordisce con l’ardita trilogia shakespeariana Enrico IV-Il principe-Falstaff ; prosegue con opere di Molière (George Dandin, del quale sconvolge le convenzioni, presentando un protagonista molto giovane, che ripropone più tardi in versione cinematografica; Tartufo ); mette in scena A. Dumas (I tre moschettieri che arricchisce di trovate brillanti ai limiti della cinematografia), Musset (On ne saurait penser à tout ) e Gogol (Le anime morte nell’adattamento di Adamov). Nel 1972 Planchon sarà condirettore del Théâtre National Populaire, dapprima con Chéreau (1971-1981), poi con Lavaudant tra il 1986 e il 1996, data in cui quest’ultimo lascerà il TNP per dirigere l’Odéon di Parigi. Nel suo repertorio, oltre ai contemporanei (Pinter, Ionesco), sono sempre presenti gli amati classici (Shakespeare, Molière, Racine, Corneille) rivisitati in chiave politica e didattica. Di Dumas rappresenta il poco conosciuto melodramma La Tour de Nesle (Nizza 1996). Le sue pièces sono talora intimiste (La Remise), talaltra a sfondo storico (Bleus, Blancs, Rouges ou Les Libertins, ripresa più tardi col titolo Les Libertins, Le radeau de la meduse) Da segnalare la decennale collaborazione artistica con Ezio Frigerio.

patafisica

Patafisica è un termine elaborato da Alfred Jarry a indicare l’angosciosa solitudine, la feroce materialità, l’imponderabile assurdità della vita umana, a cui dare una risposta anarchica e solipsistica. Esposta dapprima nell’articolo Etre et Vivre (1894), poi in Geste et Opinions du Docteur Faustroll, una scrittura plastica, carnale, concreta la «visione divergente» della rivela la dualità assurda del mondo in cui i contrari convivono in un caleidoscopio di azioni rituali svuotate di ogni riferimento ad un Senso ulteriore.

Piollet

Dopo aver frequentato la Scuola di danza dell’Opéra di Parigi, entra nel Corpo di ballo, dove diventa étoile nel 1969. Molto apprezzata per le sue straordinarie qualità tecniche e la maturità espressiva nel repertorio sia classico che contemporaneo, in particolare in lavori di Blaska, di Descombey ( Zyklus ), di Cunningham ( Un jour ou deux ), a Palais Garnier rimane fino al 1983 (poi, étoile invitée fino al 1988). Sposata a Jean Guizerix, pure étoile dell’Opéra, con il medesimo, dopo il ritiro di entrambi dalle scene, dà vita alla Compagnie Temps Présent, svolgendo anche attività di coreografia.

Perego

Dopo aver studiato all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, Didi Perego debuttò nel 1954 con U. Tognazzi (Mon bebé, Il medico delle donne), considerando però suo pigmalione G. Albertazzi (La lezione). Senza trascurare la televisione (“La fiera delle vanità”, regia di A.G. Majano, 1967), recitò con F. Parenti (La cantatrice calva), L. Salce, E. Calindri e i registi G. De Bosio (La Celestina ), M. Scaparro, G. Strehler (Il campiello , 1974, e Le baruffe chiozzotte di Goldoni, 1993). Intensa caratterista, capace di ruoli grotteschi e malinconici, al cinema lavorò con F. Rosi, G. Pontecorvo (con Kapò , del 1961, vinse il Nastro d’Argento), L. Comencini, i Taviani, S. Lumet, E. Scola, C. Lizzani.

Porter

Figlio di agiati agricoltori, impara presto a suonare piano e violino. Dopo il liceo, frequenta l’Università di Yale, studia legge ad Harvard, passando poi al dipartimento di Musica della stessa università, e componendo intanto canzoni per tutte le manifestazioni studentesche. L’ultimo anno di Harvard compone canzoni per una commedia musicale, See America First , che viene rappresentata con scarso successo. Quindi P. va in Francia, si arruola nella Legione Straniera e fa parte, durante la prima guerra mondiale, del contingente americano in Francia, intrattenendo i commilitoni con spettacolini musicali. Dopo la guerra completa i suoi studi musicali a Parigi, seguendo fra l’altro i corsi di Vincent d’Indy, e compone la partitura per un balletto. Tornato negli Stati Uniti, rappresenta – commissionatogli dall’attore-impresario Raymond Hitchcock – il musical Hitchy-Koo of 1919 ; poi per qualche anno risiede in Europa dove si dà alla bella vita, compiendo inoltre crociere attorno al mondo, spedizioni di caccia grossa in Africa e simili. Decisivo è l’incontro, nel 1928, con l’impresario Roy Goetz, che gli commissiona le canzoni per la commedia musicale Paris , in scena in provincia prima di andare a Broadway e ottenere un vistoso successo. Da allora P. si dedica al teatro musicale, basandosi su soggetti di diversi autori, ma sempre fornendo egli stesso i versi delle sue canzoni. Gli esiti sono quasi sempre ottimi, anche per l’eccellenza delle messinscene e delle coreografie (affidate di volta in volta a Robert Alton, Albertina Rasch, Charles Walters, Jack Cole, Hanya Holm, Michael Kidd, Eugenere Loring). Tra i musical più memorabili di P.: Wake Up and Dream del 1929, con la canzone, diventata famosa, “What Is This Thing Called Love?”; The Gay Divorcee del 1932, che porta sulla scena frivoli bisticci d’amore di ricchi americani in viaggio verso la Francia, interpretata da Fred Astaire e Grace Moore (vi appartiene la canzone “Night And Day”); Anything Goes del 1934, che si svolge ancora su un transatlantico e viene definita una commedia musicale stile `art-déco’. È interpretata da Ethel Merman e comprende le canzoni “All Trough The Night”, “Blow” , “ Gabriel” , “ Blow”, “I Get a Kick Out of You”. Del 1935 è Jubilee , che propone il motivo forse più noto di P., “Begin the Beguine”; del 1935 Red, Hot and Blue , ancora con Ethel Merman, fiancheggiata da Jimmy Durante e da Bob Hope (canzone “Ridin’ High”); del 1938 You Never Know , con Clifton Webb e Lupe Velez, e Leave It To Me , che contiene elementi di satira politica, compreso un ironico riferimento all’Internazionale; ma è la strepitosa canzone finta-ingenua “My Heart Belongs To Daddy” che fa spicco. La propensione di P. per le situazioni stravaganti trova compimento, fra l’altro, in Du Barry Was a Lady , del 1939, su un piccolo uomo innamorato con scarse speranze, che sogna di essere re Luigi XV a Versailles. L’interpretazione di Ethel Merman e di Betty Grable mette in evidenza soprattutto le canzoni musicali “Friendship” e “Do I Love You?”. Seguono, fra le commedie musicali degli anni ’40, Panama Hattie (1940), ancora con Ethel Merman (che ha al fianco Betty Hutton): canzone “God Bless the Women”; Let’s Face It (1941), dalla commedia The Cradle Snatchers di Medcraft e Mitchell, in cui si afferma Danny Kaye che esegue canzoni sentimentali e burlesche al tempo stesso come “Ev’rything I Love”, “Farming”, “Let’s Not Talk About Lov e “; Around the World in Eighty Days (1946), definita propriamente `musical extravaganza’ tratta da Il giro del mondo in ottanta giorni di J. Verne, riduzione di O. Welles che vi recita insieme a una troupe circense; e infine il trionfale Kiss Me, Kate (1948), tratto da La bisbetica domata di Shakespeare, ma al `secondo grado’, sui bisticci di una coppia d’attori del tempo nostro che mette in scena la commedia shakespeariana. Il musical è ricco di numeri scintillanti d’arguzia come: “We Open in Venice”, “Tom”, “Dick and Harry”, “Brush Up Your Shakespeare”, “I Hate Men”, “So In Love Am I”. Negli anni ’50 la produzione di P. si rarefà, anche perché – a seguito di una brutta caduta da cavallo avvenuta nel 1937 e seguita da numerosi interventi chirurgici che non riescono a evitare l’amputazione di una gamba – il compositore è sempre più depresso. Gli ultimi lavori sono: Out of this World (1950), ispirato a un burlesco Olimpo; Can-Can (1953), che vanta le canzoni “I Love Paris” e “C’est magnifique”; e Silk Stockings (1955), tratto dal racconto “Ninothcka” di M. Lengyel che era già servito nel 1939 a Lubitsch per il film omonimo. Infine, del 1959, è la pantomima Aladdin , rappresentata a Londra e poi diventata uno spettacolo televisivo. P. lavora intanto intensivamente per il cinema. Citiamo, fra i film per i quali il musicista ha composto canzoni originali: Nata per danzare (Born to Dance, 1936, di R. Del Ruth), fra le altre contiene la canzone “Easy To Love”; Rosalie (idem, 1937, di S. S. Van Dyke), canzone “In The Still Of The Night”; Balla con me (Broadway Melody of 1940, 1940, di N. Taurog), canzone “I Concentrate On You”; Nasce una stella (Something to Shout About, 1943, di G. Ratoff), canzone “Yud’ Be So Nice To Come To”; Ho baciato una stella (Hollywood Canteen, 1944, di D. Daves), canzone “Don’t Face Me In”; Il pirata (The Pirate, 1948, di V. Minnelli), specie di film-manifesto sullo spettacolo come grande magia, espressa specialmente nella canzone “Be A Clown”; Alta società (High Society, 1956, di C. Walters), che oltre al “High Society Calypso”, intonato da Louis Amstrong, propone una lezione di jazz tenuta da Bing Crosby, “Now You Has Jazz”; “Les girls” (1957, di G. Cukor). Lui vivente, sulla vita di P. viene girato nel 1946 il film Night and Day ( Notte e dì , di M. Curtiz, protagonista Cary Grant). Cole P. si afferma con doti personalissime nel panorama dei grandi autori di canzoni e di spettacoli musicali del teatro americano: è il più elegante, sofisticato, snob di tutti. Ed è quello – essendo autore sia della musica che dei versi – che assicura sempre una perfetta simbiosi fra parole e musica. Magari talvolta costruisce a freddo una melodia o un ritmo attorno a un bel verso o a un’immagine spiritosa (si compiace di giochi verbali); comunque si avvale di strutture musicali complesse, ed è straordinaria la sua abilità nel passare da una melodia tradizionalmente intonata all’unisono da una massa di violini allo scatto jazzistico e all’angolosità di ritmi sincopati.

Pavolini

Figlio del filologo Paolo Emilio Pavolini, Corrado Pavolini fondò nel 1919 con Primo Conti la rivista d’avanguardia “Il Centone” e nel 1922 “Lo Spettatore”. Dal 1925 al 1932 fu redattore de “Il Tevere”, diretto da Telesio Interlandi. Ha svolto un’intensa attività di regista radiofonico e teatrale all’Accademia d’arte drammatica di Firenze, di sceneggiatore cinematografico, oltre che di critico drammatico su “L’Italia letteraria” e su “Epoca”. A fianco di R. Simoni ha lavorato come regista, curando poi la messinscena di numerosi spettacoli per le compagnie di primo piano, fra cui quella di L. Adani, M. Benassi, E. Zareschi. Fra gli spettacoli da lui diretti, rilevanti sono L’annuncio a Maria di Claudel nel 1950 con la compagnia Torrieri-Carraro e Delitto all’isola delle capre di U. Betti recitato dalla compagnia Zareschi-Randone. Tra le sue opere si ricordano La croce del sud (1927, in collaborazione con Interlandi), La donna del poeta (1936), Il deserto tentato ( 1937), La figlia del diavolo (atto unico, 1954), Ciro (in collaborazione con Stefano Landi). Nel 1952-53 ha curato per l’editore Casini un ampio repertorio di testi scenici, Tutto il teatro di tutti i tempi. Con la sua traduzione è arrivata in Italia, nel 1950, l’opera teatrale di André Gide.

Pavlova

Allieva alla scuola imperiale di Gerdt, Legat e Cecchetti, Anna Pavlova si mise in luce precocemente per fine sensibilità ed espressività, anche se un fisico fragile le precludeva forti conquiste tecniche. Diplomata nel 1899, nel 1906 fu nominata prima ballerina del Marijnskij, ma già nell’anno precedente Fokine aveva creato per lei un assolo Il cigno – su musica di Saint-Saëns – destinato a diventare quasi un emblema della sua personalità. Artista solitaria, non si inserirà mai stabilmente in ampi contesti artistici, come nel caso dei Ballets Russes, anche per i difficili rapporti che ebbe da sempre con Diaghilev. Personalità enigmatica, ricca di magnetismo e carisma, tentò la reincarnazione della ballerina romantica fin dalla scelta del repertorio, che andava da Giselle a Il lago dei cigni con incursioni in titoli creati appositamente sulla sua misura, ma sempre volti alla tradizione ottocentesca. Restò infatti del tutto estranea a ogni idea di rinnovamento e gli unici titoli da lei creati per Diaghilev – Les Sylphides e Cléopâtre di Fokine – non appartenevano al genere più avanzato dei Ballets Russes. Negli anni ’10 ha iniziato la serie dei suoi recital in tutto il mondo, avendo come partner Mordkin, Volinine e Vladimorov.

Stabilitasi a Londra, formò una piccola compagnia che ha portato in tutti i continenti con massacranti tournée che raggiunsero la Cina, l’Australia, gli Stati Uniti, ove nel 1915 realizzò un film, La muta di Portici , e in seguito altri frammenti del suo repertorio montati dopo la sua scomparsa nella pellicola The Immortal Swan (1956). I recital e gli spettacoli della sua compagnia normalmente erano costituiti da frammenti di classici particolarmente incentrati sulla sua personalità, ma anche da danze da lei stessa create, spesso su musiche di mediocri compositori. Un balletto completo da lei coreografato è Foglie d’autunno su musica di Chopin. Tra gli altri titoli maggiormente frequentati, oltre all’immancabile Morte del cigno , la meditazione dalla Thaïs di Massenet, The Dragonfly di Kreisler, la Gavotte Pavlova di Lincke, Il risveglio di Flora di Drigo.

Prina

Allieva della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala Anna Maria Prina consegue il diploma nel 1960. Tre anni dopo viene scelta per frequentare il primo seminario di perfezionamento al Bol’šoj di Mosca che nei due anni di permanenza in Russia si estende anche al Teatro Kirov. Al ritorno entra nel Corpo di Ballo della Scala dove interpreta, da ballerina di impostazione accademica ma con naturale tendenza all’interpretazione moderna, ruoli solistici. Ma è all’insegnamento che si dedica con speciale passione. Il 1974 è l’anno del suo ritorno a Mosca e all’odierna San Pietroburgo per un perfezionamento didattico, soprattutto è l’ anno della nomina a direttrice della Scuola di ballo della Scala (in sostituzione di John Field): l’incarico che dediene tuttora insieme a quello di insegnante di balletto classico e di repertorio. Dal’76 è ideatrice e promotrice di spettacoli didattici annuali per le scuole e crea coreografie per la Scala e altri teatri. Abituale giurata di concorsi di balletto internazionali, ha conseguito numerosi riconoscimenti per la sua attività. Ha tradotto dal russo pubblicazioni di danza classica e pubblicato il suo primo libro di metodologia didattica della danza classica nel 1995.

Pavlova

Si laurea nel 1974 all’Istituto Coreografico di Perm’. Dal 1975 al 1995 danza al teatro Bol’šoj di Mosca, dove interpreta balletti del repertorio ottocentesco ( Giselle , Schiaccianoci , Don Chisciotte , La bella addormentata , Il lago dei cigni , Bajadera ) e del ‘900 ( Chopiniana , Romeo e Giulietta , Spartaco , Angara , Icaro , Il fiore di pietra ). Per molto tempo ha come partner il marito Vjaceslav Gordeev. Nel 1983 si laurea in coreografia al Gitis (Istituto teatrale delle arti sceniche) di Mosca. Ballerina dal talento lirico drammatico, possiede tecnica virtuosistica, espressiva, brillante. Gran Premio al concorso Internazionale di Mosca del 1972.

Pilobolus Dance Theatre

Pilobolus Dance Theatre è una compagnia statunitense che porta programmaticamente il nome di un minuscolo fungo trasformista e allucinogeno. Fondata a Lochlyndon Farm (Vermont) nel 1971 da Moses Pendleton e Jonathan Wolken, accoglie poi Lee Harris e Robby Barnett e ancora Alison Chase e Martha Clarke (1973), tutti interpreti e coreografi, nonché allestitori, in una sorta di comunità creativa campestre. Tra i loro lavori più apprezzati: Ocellus (1972), Ciona (1974), Skizen e Molly’s not dead (1978), Day 2 (1980), Stabat Mater (1983), Televisitation (1985) e Land’s Edge (1986). Invitati per la prima volta in Europa al Festival di Edimburgo (1973), da allora riscuotono costantemente grande successo, specie in Italia, per l’atletismo, l’energia, lo humour, il virtuosismo acrobatico con cui costruiscono spettacoli composti di piccoli pezzi o a collage, scegliendo con cura musiche popolari e partendo o da un’idea bizzarra di movimento o dall’uso ironico di un oggetto o dalla insolita composizione plastica dei corpi. Dai P., diventato nel tempo un marchio di qualità per più troupe di danzatori che ne portano in tournée il repertorio, si sono sviluppate altre compagnie: i Momix, che ne hanno rilevato in parte i titoli, l’ISO diretta da Daniel Ezralow, la Crownsnest diretta dalla Clarke.

Padovani

Luciano Padovani studia danza contemporanea a Venezia con C. Carlson e a Parigi con L. Ekson, P. Goss, R. Barnes. Dopo una collaborazione con le coreografe Susanna Beltrami e Laura Corradi, fonda la compagnia Naturalis Labor e debutta nella coreografia firmando, con Francesca Mosele, Taigà (1988, `migliore coreografia italiana’ al Concorso internazionale di Cagliari) e Poveri angeli, poveri diavoli (1989), cui fanno seguito Ciel de Fer (1991), Hotel Lux (1992), Laudabilis (1994), Tutte le mattine del mondo (1996) e Quando il viaggio fu interrotto (1997), nei quali definisce uno stile influenzato dal teatrodanza e da importanti suggestioni pittoriche.

Périer

Pillu; Parigi 1919), attore francese. Si fa conoscere con la commedia di Roger-Ferdinand Le 13 ou la nouvelle école (1943); successivamente interpreta: Les mains sales di Sartre (1948); Bobosse di Roussin (1950); Le ciel de lit di Hartog, nell’adattamneto di Collette (1954); Tartuffe di Molière (1959); La preuve pour quatre di Marceau (1963); Le diable et le bon dieu di Sartre (1968, regia di G. Wilson); Le tube di F. Dorin (1974, ne è anche regista); Coup de chapeau di Barillet e Gredy (1979); Amadeus di P. Shaffer (1982, nella parte di Salieri, diretto da R. Polanski); Chacun sa verité (1983); Heritage di R. Goetz da James (1992). È stato codirettore del teatro Michodière, dal 1951 al 1965. Ha recitato anche al cinema ( Il silenzio è d’oro , Gervaise , Le notti di Cabiria ). Nel 1988 gli è stato conferito il Molière d’honneur.

Patti

Legato soprattutto alla forma del racconto, lungo e breve, intraprese anche la strada del teatro, tentando di dare efficacia drammatica alla sua narrativa. Scrittore a sfondo morale, soprattutto ne L’avventura di Ernesto (1971) riflette sul destino dell’uomo. Fra gli altri titoli: Il carosello (1923), Una sceneggiatura (1956), Carriera d’attrice (1959), Amore a Roma (1959), Un film per Brignazi (1962). Il romanzo più conosciuto di P. fu Giovannino (1954).

Polydor

Nato da famiglia circense – padre francese e madre bresciana , Ferdinando, con il fratello Natalino (che poi, trasferitosi in America, adotterà lo stesso pseudonimo, Polidor, creando qualche confusione), lasciò presto lo chapiteau e dal 1909 si esibì in locali di music-hall, in un numero rimasto famoso: i due fratelli entravano in scena uno appoggiando la testa su quella dell’altro, restando in verticale con i piedi in aria; entrambi impegnati a suonare il violino. Qui Ferdinando venne notato dai titolari della casa cinematografica Cines, agli albori, che gli proposero di girare alcune `comiche’, cortometraggi ovviamente muti incentrati su sketche appunto circensi: ruzzoloni, inseguimenti, torte in faccia, uova schiacciate in testa, tutto il repertorio di clown affermato. Scelse, come pseudonimo, Tontolini, che dovette abbandonare allorché cambio casa cinematografica e scoprì che la Cines aveva depositato appunto Tontolini come nome di sua proprietà. Divenne prima Cocciutelli in una quindicina di film girati a Milano, poi infine P. con la Pasquali film di Torino, all’epoca – anni 10-20 – la Hollywood europea. Un contratto d’oro: cento lire al giorno più una lira per ogni metro di pellicola. P. girò circa duecento `comiche’ per la Pasquali, come autore, sceneggiatore, regista, protagonista. Non solo: spesso interpretava un maggiordomo, un poliziotto o addirittura un bambino. La sua comicità, discreta e malinconica, unita alla straordinaria agilità di un corpo minuto, ne fece uno degli attori più amati, che sullo schermo precedette Chaplin, Mack Sennet. “Le famose ciabatte slabbrate di Charlot le ho invetate io, sin dal 1908”, sosteneva a ragione. Fu il primo Pinocchio cinematografico, applaudito all’anteprima anche dalla Regina Margherita. Nel 1923 vennero meno i finanziamenti al cinema, P. costituì una compagnia di rivista `Il teatro della risata’ e girò l’Italia, sui palcoscenici d’avanspettacolo, per 14 anni. Tornò sporadicamente al cinema: fu un buffo pirata ne La famiglia del corsaro verde , 1938, con Doris Duranti e Fosco Giachetti; poi in È sbarcato il marinaio , 1938, con Amedeo Nazzari. Dopo aver fatto compagnia nell’immediato dopoguerra (portando nella provincia la rivista), nel 1952 interpretò una scenetta in Cavalcata di mezzo secolo . Protagonista era Nino Taranto che riproponeva proprio i successi di P. Nel 1956 girò Lauta mancia di Fabio De Agostini, ed era al centro di una storia poetica con un cane e un bambino. Fellini gli affidò due ruoli: ne Le notti di Cabiria , 1957, era il fraticello che esorta Cabiria (Giulietta Masina) a confidare nella grazia di Dio; ne La dolce vita , 1960, in un night romano faceva la serenata a una fila di palloncini. Nel 1923, P. aveva organizzato un grande spettacolo d’arte varia. In compagnia, la diva del varietà interprete di canzoni napoletano Maria Bianchi (la madre di Regina Bianchi, illustre attrice con Eduardo). Ecco un ricordo di Maria Bianchi: “Quando arrivavamo in una nuova città, Polidor affittava delle carrozzelle per tutti e andavamo in corteo dalla stazione al teatro, con le valigie e i bambini in braccio. Era un uso del circo che Polidor aveva adattato anche alla sua numerosissima compagnia teatrale, per farsi pubblicità semplicemente con l’arrivare in un posto…”.

Pinget

La carriera teatrale di Robert Pinget è, per certi versi, paradossale. Le sue opere sono state rappresentate dai più importanti teatri francesi, e dalle compagnie più illustri, ma a intervalli così distanziati da non metterne appieno in luce la crescita drammaturgica. Inoltre la sua immagine di autore teatrale ha probabilmente sofferto della sua reputazione di romanziere: Pinget ha in effetti cercato di trasporre sulla scena i temi e le tecniche del Nouveau Roman, corrente letteraria di cui è stato, con Alain Robbe-Grillet e Nathalie Sarraute, uno dei protagonisti. Le prime pièces sono infatti riduzioni di altrettante opere in prosa: Lettera morta (Lettre morte, 1959) , La manovella (La manivelle, 1960). Con l’invenzione del personaggio di Mortin ne L’ipotesi (L’Hypothèse, 1961) e Inchiesta su Mortin (Autour de Mortin), trasmessa alla radio nel 1965, Pinget mette in scena lo scrittore assorto nelle nevrosi del processo creativo.

I suoi tre ultimi lavori Identité, Abel e Bela (1971) formano una trilogia e costituiscono l’apporto più originale di Pinget alla teoria e alla pratica del teatro `di ricerca’, espresso attraverso interessanti esperimenti di linguaggio e attraverso un ripensamento delle convenzioni sceniche (scene speculari riprodotte serialmente, inserzione di proiezioni cinematografiche, parodie di stili di comunicazione settoriali, come quello giornalistico, ecc.). Nel 1975, Pinget darà ancora vita al personaggio di Mortin in Paralchimie , opera che cerca di riprodurre sulla scena la vita inconscia del protagonista, i suoi fantasmi e le sue ossessioni in un patchwork di citazioni. L’ambizione del primo teatro di Pinget non è tanto psicologica quanto antropologica: è un ritratto dell’uomo universale, della sua passività e della sua aspirazione all’unità. Una vera e propria allegoria dell’essere che non esita a ricorrere al mito e al simbolo per acquisire maggior pregnanza e significazione.

Preetorius

Laureato in giurisprudenza, bibliofilo ed esperto d’arti grafiche, fondatore di una scuola d’illustrazione e professore presso prestigiosi istituti tedeschi d’arte grafica, Emil Preetorius esordisce come scenografo solo nel 1921 ( Ifigenia in Aulide di Gluck, regia di W. Wirk; Monaco, Teatro Nazionale). Due anni più tardi è chiamato ufficialmente ai Kammerspiele di Falckenberg, iniziando una felice produzione che lo conduce ben presto ai maggiori teatri europei (a Berlino è collaboratore abituale dell’Opera di Stato). Grazie a un’impostazione stilizzata, ma monumentale e fastosa, diventa un amato interprete di Mozart ( Don Giovanni , Monaco 1936; Così fan tutte , Berlino 1941; Il flauto magico , 1949), di R. Strauss ( Ariadne auf Naxos , Berlino 1929; Elettra , Berlino 1940; Salome , Tolosa 1952), di Gluck ( Orfeo ed Euridice , Londra 1937; Ifigenia in Tauride , Berlino 1941; Don Juan , 1949), e soprattutto di Wagner ( Lohengrin , Berlino 1928; Tristano e Isotta , Parigi, Théâtre des Champs-Elysées, 1937; Sigfrido , Amsterdam 1946; Tannh&aulm;user , Monaco, 1950). Tra il 1933 e il 1944 accanto al regista H. Tetjen riforma il Festival di Bayreuth, producendo ampie ripercussioni su tutta la scenografia wagneriana contemporanea (celebre l’allestimento de L’anello del Nibelungo , ripetuto ogni anno dal 1933 al 1944).

Palma di Cesnola

Ginnasta, studia alla School for New Dance Development di Amsterdam con Julyen Hamilton, Steve Paxton e Paoline De Groot e come danzatrice collabora con l’inglese Laurie Booth e con gli italiani Lucia Latour e Alessandro Certini. La sua ricerca coreografica, derivata dalla contaminazione tra vari linguaggi contemporanei, tra i quali la contact improvisation , si sviluppa attraverso assoli e piccoli lavori originali e surreali come Ti con Zero (1988), Lybra (1992), Orpheus Mecanique (1994), Nuvens (1998).

Pomare

Formato alla High School of Performing Arts di New York e con Horst, Jooss e Limón, si esibisce in Europa (1962-64) con un suo gruppo fondato ad Amsterdam e insegna in Olanda e Danimarca. Tornato negli Stati Uniti, crea per la sua compagnia Blues for the Jungle, Phoenix, Roots, Missa Luba , Las Desamoradas (1970) , Back to Bach , (1971), Serendipity , Radiance in the Dark , Queens Chamber , Lament for Visionaries , Narcissus Rising , Local Stops on a Full Moon. Nel suo lavoro la modern dance convive con temi e ritmi latini e neri.

Pacuvio

Laureato in medicina, si dedicò inizialmente alla critica e alla scenografia. Esordì come regista nel 1937 al Teatro delle Arti di A.G. Bragaglia. La caratteristica principale del suo lavoro fu quella della fedeltà al testo scritto. Nel 1940 mise in scena la prima versione italiana di Assassinio nella cattedrale di Eliot. Nel suo vasto repertorio trovarono spazio O’Neill, Ibsen e Kafka, Calderón e Eliot al fianco di Goldoni e Betti. Fra gli allestimenti più significativi Il lutto si addice ad Elettra e Anna Christie di O’Neill (rispettivamente nel 1941 e nel 1945-46), Vestire gli ignudi di Pirandello e Rosmersholm di Ibsen (1945-46). Si dedicò anche alla regia di classici allestiti all’aperto (Plauto, Sofocle, Aristofane).

Pagni

All’età di diciassette anni Eros Pagni viene ammesso all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’ dove si diploma nel 1959. Lo stesso anno debutta al Teatro Stabile di Genova con Il revisore di Gogol per la regia di V. Puecher. Dal suo esordio in poi, la sua carriera si svolgerà quasi esclusivamente allo Stabile genovese, tanto che la sua figura diverrà un po’ il simbolo di questo teatro. Negli anni ’60 e inizio anni ’70 lavora soprattutto con L. Squarzina, recitando in molti spettacoli, tra i quali Ciascuno a suo modo di Pirandello (1961-62), I due gemelli veneziani di Goldoni (1962-63), Troilo e Cressida di Shakespeare (1964-65), La pulce nell’orecchio di Feydeau (1966-67), Madre Coraggio di Brecht (1969-70), Tartufo di Molière e Bulgacov (1970-71), Giulio Cesare di Shakespeare (1971-72), Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht (1973-74) nel quale interpreta il ruolo del giudice Azdak, cui dichiara di essere rimasto molto legato. Si considera un attore poliedrico, capace di prestarsi a ogni travestimento, grazie anche alla flessibilità del suo carattere. Per questo motivo, preferisce impersonare figure diverse, mettendo sempre in discussione le sue doti interpretative. Nel 1975 recita in Equus di Shaffer, per la regia di M. Sciaccaluga; la stagione seguente è diretto da L. Ronconi nell’ Anitra selvatica di Ibsen; quindi nel 1979-80 lavora con Marcucci in Turcaret di Lésage. Sempre impegnatissimo sulle scene, negli anni ’80 è applaudito interprete di una serie di spettacoli: nella stagione 1980-81 è attore solista in Delirio alla Fregoli scritto e diretto da Crivelli, nel 1982 recita sotto la guida di W. Pagliaro ne La brocca rotta di Kleist , nel 1984 interpreta per la regia di O. Costa Rosales di Luzi, quindi, nel 1989 è interprete, insieme a Raf Vallone del Tito Andronico di Shakespeare con l’adattamento e la regia di Peter Stein. Nel 1993 dà vita, insieme ad altri artisti, a un collage di commedie di Achille Campanile intitolato L’inventore del cavallo allestito da G. Di Leva, nel 1995 interpreta Amleto di Shakespeare per la regia di B. Besson e nel 1998 è sulle scene – applauditissimo – con La dame de Chez Maxim’s di Feydeau diretto da A. Arias. Ha lavorato in altri spettacoli al di fuori del Teatro di Genova, quali La resistibile ascesa di Arturo Ui di Brecht al Centro Teatrale Bresciano per la regia di Sepe, l’ Orestiade di Eschilo a Gibellina, Il bugiardo di Goldoni per la regia di M. Parodi. Ha lavorato per il cinema (Topo Galileo, Americano rosso, L’ultimo concerto ) e per la televisione fino al recente Ferri investigazioni.

Prosperi

Giorgio Prosperi ha legato per oltre quarant’anni il suo nome alla critica teatrale del quotidiano “Il Tempo”. Di profondi principi laici, trova nella storia la chiave per interpretare una realtà di mediocre profilo. Tra i suoi testi vanno ricordati La congiura (1960), sulla cospirazione di Catilina, Il re (1961), dove immagina il turbamento d’animo di Carlo Alberto nell’immediata vigilia della rinuncia al trono, e Il processo a Socrate (1983). Per il cinema ha collaborato come soggettista-sceneggiatore anche a Senso di L. Visconti.

Parenti

Franco Parenti si diploma all’Accademia dei Filodrammatici nel 1940; insieme a lui c’è Giorgio Strehler. Debutta nello stesso anno nella compagnia Merlini-Cialente. Nel 1941 fonda con Paolo Grassi il gruppo d’avanguardia Palcoscenico, che ha come fine la ricerca di una drammaturgia italiana. Nel 1946 è in compagnia con Randone-Maltagliati e nel 1947 nella compagnia di rivista Navarrini-Rol. Quindi al Piccolo Teatro nell’anno della sua fondazione. È Moscone ne Il mago dei prodigi di Caldéron; Brighella nell’ Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni; Milordino ne I Giganti della montagna di Pirandello. Nell’estate del 1948 vuol provare l’esperienza dell’avanspettacolo e della rivista. Così lo troviamo in compagnia con Giorgio De Rege, con Macario e con Pina Renzi, che scopre in Parenti un attore di sicuro avvenire. Proprio con Parenti, Renzi scrive i primi sketch e collabora alla direzione artistica della compagnia. Nel 1950-1951, salvo una breve parentesi con W. Chiari, comincia il suo lavoro alla Rai, dove rende popolarissimo il personaggio di Anacleto, che drammaturgicamente era nato come tranviere e radiofonicamente diventa gasista. Nel 1951, insieme a Dario Fo, lo vediamo impegnato nello spettacolo di Spiller e Carosso Sette giorni a Milano ; nel 1952 partecipa ai primi spettacoli televisivi con Mario Landi e Daniele Danza, con i quali collabora anche alla stesura dei testi. Scrive con D. Fo e G. Durano Il dito nell’occhio (1953, regia di Parenti, scene e costumi di Fo, direzione mimica di Lecoq) e Sani da legare (1954, composizioni mimiche di Lecoq, musiche di Fiorenzo Carpi). Il successo è strepitoso. Nel 1955 Parenti crea il `teatro cronaca’, allestendo: Italia sabato sera di A. Contarello e Il diluvio di Betti. Nel 1956 mette in scena Le sedie e La cantatrice calva di Ionesco curandone la regia, e, non molto tempo dopo, Un uomo al giorno di U. Pirro.

L’attività registica continua con I pallinisti di S. Sollima e M. Ciorcolini (1957), e La tavola dei poveri di R. Viviani, nella stagione 1959-1960, con il Piccolo Teatro di Genova. Come interprete lo troviamo ancora al Piccolo Teatro di Milano con I vincitori di Bettini e Albini (1956-1957), al Teatro Stabile di Genova con Misura per misura di Shakespeare, Serata di gala di F. Zardi (1957-1958), La commedia degli equivoci (1958), J.B. di A. MacLeish (1958). Ottiene il premio S. Genesio a San Miniato. Seguono: La romagnola di Squarzina, Il benessere di Brusati-Mauri (1958-1959), Il misantropo di Menandro (1959), Il revisore (1959-1960). Dal Teatro Stabile di Genova passa al Teatro Stabile di Torino nelle stagioni dal 1959 al 1962, dove inizia una collaborazione intensissima con G. De Bosio: partecipa a tutti i suoi spettacoli e ad altri dei quali cura personalmente la regia. Come interprete lo troviamo in La moscheta del Ruzante (1960); La resistibile ascesa di Arturo Ui di Brecht (1961), che fu un grandissimo successo personale; La cameriera brillante di Goldoni (1961); Don Giovanni involontario di Brancati (1961); La Celestina di F. de Rojas (1962). Collabora alla regia con De Bosio in: L’ufficiale reclutatore di G. Farquhar (1962), mentre è regista e interprete di: Il grande coltello di Odets (1961); J.B . di MacLeish (1962); Il berretto a sonagli e La giara di Pirandello. Nel 1963 lo troviamo direttore del Teatro Stabile di Palermo. In cartellone ci sono: Pirandello, Brancati, Molière. Lo spettacolo inaugurale è il Don Giovanni di Molière nell’adattamento di Brecht; la regia è di B. Besson. Durante una rappresentazione a Cesena del Don Giovanni , gli arriva la notizia del grave incendio che ha distrutto il teatro di cui era direttore. L’anno successivo è con Eduardo De Filippo, che scrive per lui: Dolore sotto chiave (1964). La collaborazione continua con Uomo e galantuomo, Il cilindro (1965) e con L’arte della commedia (1965). Nel 1966 è richiamato da De Bosio allo Stabile di Torino per partecipare al Festival di Venezia, con il dramma di A. Moravia Il mondo è quello che è (1966). Nel 1966 è impegnato allo Stabile di Bologna, dove è regista e interprete di Il bagno di V. Majakovskij, e ancora di La mosca e La commessa di L. Diemoz.

Nel settembre dello stesso anno interpreta Ruzante all’Olimpico di Vicenza. Dal 1969 al 1972 ritorna al Piccolo Teatro di Milano con La Betia ; è con S. Randone nel Timone di Atene di Shakespeare. Nel marzo del 1970 apre la stagione con La Moscheta , a cui seguirono W Bresci (marzo 1971) e Ogni anno punto e da capo (ottobre 1971), con cui ritorna a una felice collaborazione con E. De Flippo. Nel 1972 porta in giro nei vari quartieri milanesi Il bagno. Quest’ultima stagione sembra anticipare quella del Salone Pier Lombardo e della Cooperativa Teatro Franco Parenti, che avviene proprio verso la fine del 1972. Il 16 gennaio 1973 va in scena Ambleto di Giovanni Testori, regia di A.R. Shammah, uno spettacolo e un evento che a Milano commosse e entusiasmò. Da quella prima, il Pier Lombardo apparve come una reale alternativa al predominio del Piccolo. Seguirono: George Dandin di Molière, regia di Parenti; A Milano con Carlo Porta ; Gran can can di Ettore Capriolo e Franco Parenti, regia di Parenti; Macbetto Edipus e I promessi sposi alla prova di Testori, regia di A.R. Shammah; Orestea di Eschilo nella traduzione di E. Severino; 1986-87: Dibbuk di Shalom An-ski, uno spettacolo di Bruce Myers; nella stagione 1987-88: Filippo di Alfieri, regia di Testori; Cantico di mezzogiorno di Parenti Claudel, regia di A.R. Shammah; ultimo spettacolo (1989): Timone d’Atene di Shakespeare, regia di A.R. Shammah.

Performance Group

Per oltre una decina d’anni il Performance Group (fondato a New York nel 1967 da Richard ? Schechner) è stato una delle formazioni leader del nuovo teatro americano, non solo per i suoi manifesti teorici (Schechner è stato professore universitario, critico teatrale e direttore della “Tulane Drama Review”, oltre che autore di molte pubblicazioni divenute punti di riferimento per un’intera generazione di teatranti: La cavità teatrale, La teoria della performance ). La visibilità e la notorietà del gruppo si deve anche alla provocatoria apparizione dei suoi spettacoli, primo fra tutti Dyonisus in 69 (1968, una rielaborazione delle Baccanti di Euripide), che lasciò tracce persistenti nella coscienza della comunità teatrale americana sia per le scene di nudo (si trattava di dei nel momento della loro nascita) sia per la carica liberatoria e anticonvenzionale (alla fine del lavoro Dioniso pone la sua candidatura a presidente degli Stati Uniti e offre al pubblico distintivi elettorali). La proposta di un `environmental theatre’, codificata da Schechner in molte occasioni, tende alla radicale redifinizione del rapporto fra lo spazio della rappresentazione e quello del pubblico (che è sollecitato a partecipare attivamente all’evento, come anche nel successivo Commune, 1970) e assegna a ogni spettacolo una diversa organizzazione spaziale, che non si limita al solo aspetto scenografico.

L’attività del Performance Group si inquadra infatti in una dimensione antropologica (ispirata anche al lavoro di Grotowski) e tende a situare socio-politicamente il lavoro teatrale. Alla metà degli anni ’70 il gruppo si è indirizzato verso i testi – The Tooth of Crime (1973) di Sam Shepard, Madre Coraggio (1974) di Brecht, Edipo (1977) di Seneca (1977) – ma soprattutto ha visto affermarsi le personalità di Elizabeth LeCompte e Spalding Gray. Diversamente impostato (Gray aveva lavorato con il danzatore Kenneth King e con Robert Wilson) il lavoro di Gray e LeCompte ha determinato una sostanziale modifica nella poetica del Performance Group Mentre Schechner proseguiva sulla strada `partecipazionale’ con Le balcon di Genet (1979), i due hanno tentato un cammino in parte anche autobiografico privilegiando il ruolo del performer: ad esempio nella trilogia Three Places in Rhode Island (S akonnet Point , 1975; Rumstick Road , 1977; Nayatt School , 1978) e nel suo epilogo Point Judith (1979), spettacolo che segna l’uscita di Schechner dal gruppo, che dal 1980 assume il nome di Wooster Group (dal nome della strada dove aveva sede il garage, sede del Performance) sotto la guida della LeCompte.

Paso

Con al suo attivo circa duecento testi, oltre a un’intensa attività di cineasta, attore, giornalista, narratore e perfino cantante, P. costituisce uno dei fenomeni più significativi del mondo dello spettacolo in Spagna negli anni ’50 e ’60. Partito da posizioni di rinnovamento nel tentativo di conciliare una certa critica sociale, nella linea del neorealismo italiano, con un teatro inverosimile, il successo che gli arrise dalla rappresentazione di Una bomba llamada Abelardo (Una bomba chiamata Abelardo, 1953), lo spinse poi verso un maggiore convenzionalismo. Fu autore abilissimo anche di drammi storici o pseudo-storici, di commedie poliziesche dall’umorismo macabro e di testi poetici-umoristici.