Lacarra

Dopo i primi studi a San Sebastian, Lucia Lacarra si perfeziona con Victor Ullate, José Ferran e Rosella Hightower, entrando nel 1992 nel Ballet Victor Ullate. Qui si mette in evidenza interpretando numerosi balletti di Ullate (Simoun, Arraigo, Concerto para Tres ), di Balanchine (Concerto Barocco ) e Hans Van Manen (In the Future, In and Out ) che la segnalano all’attenzione internazionale. Su invito di R. Petit nel 1994 entra come prima ballerina nel Ballet national de Marseille e interpreta i maggiori ruoli della sua produzione (Esmeralda in Notre, Dame de Paris , Carmen , Le jeune homme et la mort , Ma Pavlova), oltre ad alcune creazioni concepite per lei ( Il Gattopardo , 1995; Et la Lune descend sur le temple qui fut 1995; Bolero , 1996). Lasciata la compagnia marsigliese, nel 1997 debutta nel suo primo grande ruolo del repertorio classico accademico, Il lago dei cigni , con il Corpo di Ballo della Scala; nello stesso anno entra come solista al San Francisco Ballet. Considerata una delle più interessanti ballerine classiche dell’ultima generazione, si distingue per la sensuale presenza scenica unita a una tecnica raffinata e a una luminosa bellezza.

Pontois

Dopo aver vinto nel 1964 il `Prix Blum’, Noëlla Pontois diventa prima ballerina all’Opéra di Parigi nel 1966. Danzatrice di uno charme tutto particolare e di grande precisione tecnica, ha saputo unire all’armonioso `legato’ dei suoi movimenti brillanti doti interpretative. Scritturata in veste di artista ospite al London Festival Ballet, dove è stata anche promossa étoile, si è affiancata a John Gilpin in numerosi balletti classici, distinguendosi soprattutto ne La bella addormentata nel bosco . Nominata ufficialmente étoile (1968) all’Opéra, è stata un’eccellente Giselle al fianco di Cyril Atanasoff e Rudolf Nureyev; di quest’ultimo è stata più volte partner. Nel suo repertorio, di notevole ampiezza, ha incluso anche Pulsion (1973), con la coreografia del marito, il danzatore giapponese Daini Kudo. A partire dal 1983 è rimasta ancora per qualche anno artista ospite dell’Opéra, per poi dedicarsi all’insegnamento.

Trefilova

Diplomatasi presso l’Istituto coreografico di Pietroburgo Vera Aleksandrovna Trefilova ha danzato al Teatro Marijnskij dal 1894 al 1917. Ha interpretato Le halte de Cavalerie, Coppélia, Graziella. Rappresentate dell’accademismo russo, la sua danza, di grande musicalità, si è distinta per l’espressività soprattutto nell’adagio, morbidezza del movimento, perfezione scultorea delle attitudes e delle arabesque. L’armoniosità e il lirismo l’hanno resa interprete ideale de Il lago dei cigni, La bella addormentata, La najade e il pescatore , Il tulipano di Harlem, Don Chisciotte . Nel 1917 ha lasciato la Russia e si è stabilita a Parigi dove ha aperto una scuola (fra le sue allieve Nina Vyroubova). L’ultima apparizione in scena è stata La bella addormentata allestita da Diaghilev a Londra nel 1921 col titolo di The Sleeping Princesse.

Martin

Virginia Mary Martin è stata tra le più grandi interpreti presenti a Broadway negli ultimi decenni e, insieme a Ethel Merman, la star più amata dagli spettatori newyorkesi. Pur essendo conosciutta soprattutto perché cantante, nasce come ballerina e maestra di danza: l’avere una piccola scuola a Hollywood le permetteva di presentarsi a tutti i possibili provini cinematografici. Finalmente, nel 1938, riesce a debuttare a Broadway nel musical di Cole Porter Leave It To Me e ferma lo show con la sua interpretazione di My Heart Belongs to Daddy (in quello stesso numero è presente anche Gene Kelly agli inizi); viene così scritturata dalla Paramount per quattro anni durante i quali gira dieci film, per rendersi conto che, nonostante il suo talento, il cinema non fa per lei. Nel 1943 è di nuovo a Broadway con One Touch of Venus di Weill e Nash, scritto per la Dietrich, ed ha un bel successo e 567 repliche. Lo spettacolo seguente, Lute Song (4 marzo 1946) ha solo 142 repliche a Broadway. Anche un intervento a Londra, per Pacific 1860 di Noel Coward si rivela un’esperienza insoddisfacente, mentre ha invece un esito fantastico la compagnia di giro di Annie Get Your Gun , di cui la Martin è la star: più di un anno e mezzo di repliche, dal 1947 al ’48. Nel 1949, la Martin trionfa a Broadway in South Pacific di Rodgers e Nammerstein: 1.952 repliche, più altre 802 a Londra (a partire dal 1951). Non è un successo invece (152 repliche) Peter Pan nonostante la regia e le invenzioni coreografiche di Jerome Robbins. Un altro trionfo, invece, è, il 16 novembre 1959, The Sound of Music , ancora Rodgers e Hermmerstein, che totalizza 1.443 repliche nonché le critiche più negative e quelle più entusiaste di quegli anni. Nel 1963 ha il suo unico vero insuccesso: Hello Dolly! nel 1965, i cinque mesi che lo show trascorre a Londra sono un personale trionfo dell’attrice. La Martin appare per l’ultima volta in un musical nel 1966: I Do! Do! con Robert Preston ottiene un bel successo e 560 repliche; è il primo musical a due soli personaggi. Durante gli anni ’70, la Martin partecipa a spettacoli di prosa, fa televisione, appare in un memoriale spettacolo di beneficenza a Broadway con Ethel Merman (1977) e infine compie una lunga tournée nel 1986 insieme a Carol Channing.

Razzi

Anna Razzi studia e si diploma in recitazione all’Accademia di Arte Drammatica ed è allieva di Placida e Teresa Battaggi alla Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, nella cui compagnia danza per un anno. Dopo varie esperienze, anche teatrali (è Miranda nella Tempesta di Shakespeare con Gianni Santuccio, 1961), nel 1963 passa nel Corpo di Ballo del Teatro alla Scala dove sale tutta la gerarchia della compagnia fino ad essere nominata nel 1978 prima ballerina étoile . Tipica esponente della tradizione accademica italiana, dotata di una tecnica brillante e vivace che mette in evidenza nei maggiori classici del repertorio (il Lago dei Cigni) si impone per le sue non comuni qualità di interprete in ruoli lirici (Giselle) e drammatici (Romeo e Giulietta, Miss Julie) che caratterizza con accurati dettagli psicologici. Lasciata la Scala nel 1988, danza come ospite in varie compagnie italiane e internazionali e partecipa a nuove creazioni (La figlia di Iorio, coreografia Massimo Moricone, Teatro Filarmonico Verona, 1989); in seguito, dopo una breve esperienza con il Balletto di Lombardia, assume nel 1990 la direzione della Scuola di Ballo del San Carlo di Napoli.

Calderini

Formatasi alla Scala e perfezionatasi al Bol’šoj, Renata Calderini si segnala già nel 1981 accanto a Rudolf Nureyev nel suo Romeo e Giulietta per la Scala. Con Maurizio Bellezza è poi prima ballerina al London Festival Ballet (1981-84), all’Opera di Monaco (1986) e all’English National Ballet (1989-92), dove danza i classici (Giselle) e i balletti drammatici del ‘900 (Onegin). Ritiratasi nel 1993, svolge attività di maître de ballet.

Karsavina

Figlia del ballerino e insegnante del teatro Marijnskij di Pietroburgo Platon Karsavin, Tamara Platonovna Karsavina frequentò la Scuola imperiale di ballo con Pavel Gerdt, Christian Johansson e anche con il celebre Enrico Cecchetti, già al tempo dei Balletti Russi (primo decennio del secolo). Il debutto avvenne in Javotte (1902) al Marijnskij, teatro di cui divenne nel 1909 prima ballerina. In quell’anno Diaghilev l’assunse nel complesso dei Ballets Russes appena istituito con esordio a Parigi. In coreografie di Fokine, spesso accanto a Nijinskij, K. emerse subito e divenne una delle danzatrici preferite del pubblico parigino per l’eleganza, la grazia delle sue interpretazioni, anche se restia ad adeguarsi al rinnovamento della coreografia. Dapprincipio danzò le coreografie di Fokine: Les Sylphides, Cléopâtre, L’oiseau de feu, Le spectre de la rose, Narcisse, Petruška, Le Dieu bleu, Thamar, Daphinis et Chloé, Papillons, Le Coq d’or, tutte creazioni presentate tra il 1909 e il ’14.

Seguì poi un nuovo indirizzo, quando Nijinskij diede una svolta alla sua creatività; si era nel 1913, anno del Sacre du printemps di Stravinskij, e anche di Jeux di Debussy, primo balletto con soggetto contemporaneo nel repertorio di Diaghilev, gioco dello sport (il tennis) e dell’amore a tre (una delle ragazze era per l’appunto Tamara Karsavina). Rivolta anche al `carattere’, Tamara Karsavina si affidava alle cure interpretative del Sombrero de tres picos (musica di Falla) e del Pulcinella di Stravinskij tra il 1919 e il ’20, coreografie di Massine. Nel 1918 si era già trasferita a Londra, dopo essersi sposata in seconde nozze con il diplomatico inglese J. Bruce, non trascurando il teatro, artista ospite sempre con i Ballets Russes di Diaghilev e il nascente Ballet Rambert (1930-31). Da questo momento K. si fece forza incentivante per le sorti del balletto inglese. Nel 1955 assunse la carica di vicepresidente alla Royal Academy of Dancing, divenne insegnante di mimo e consulente attiva per i balletti del repertorio djagileviano da riprodurre. Fu autrice di un’autobiografia, Theatre Street (1930) e di altri libri: Ballet Technique (1956), Classical Ballet: The Flow of Movement (1962), testi che rivelano la grande esperienza didattica di una delle più intelligenti ballerine della storia del balletto del ventesimo secolo, nonché la grande influenza che esercitò sul mondo della danza.

Pavlova

Allieva alla scuola imperiale di Gerdt, Legat e Cecchetti, Anna Pavlova si mise in luce precocemente per fine sensibilità ed espressività, anche se un fisico fragile le precludeva forti conquiste tecniche. Diplomata nel 1899, nel 1906 fu nominata prima ballerina del Marijnskij, ma già nell’anno precedente Fokine aveva creato per lei un assolo Il cigno – su musica di Saint-Saëns – destinato a diventare quasi un emblema della sua personalità. Artista solitaria, non si inserirà mai stabilmente in ampi contesti artistici, come nel caso dei Ballets Russes, anche per i difficili rapporti che ebbe da sempre con Diaghilev. Personalità enigmatica, ricca di magnetismo e carisma, tentò la reincarnazione della ballerina romantica fin dalla scelta del repertorio, che andava da Giselle a Il lago dei cigni con incursioni in titoli creati appositamente sulla sua misura, ma sempre volti alla tradizione ottocentesca. Restò infatti del tutto estranea a ogni idea di rinnovamento e gli unici titoli da lei creati per Diaghilev – Les Sylphides e Cléopâtre di Fokine – non appartenevano al genere più avanzato dei Ballets Russes. Negli anni ’10 ha iniziato la serie dei suoi recital in tutto il mondo, avendo come partner Mordkin, Volinine e Vladimorov.

Stabilitasi a Londra, formò una piccola compagnia che ha portato in tutti i continenti con massacranti tournée che raggiunsero la Cina, l’Australia, gli Stati Uniti, ove nel 1915 realizzò un film, La muta di Portici , e in seguito altri frammenti del suo repertorio montati dopo la sua scomparsa nella pellicola The Immortal Swan (1956). I recital e gli spettacoli della sua compagnia normalmente erano costituiti da frammenti di classici particolarmente incentrati sulla sua personalità, ma anche da danze da lei stessa create, spesso su musiche di mediocri compositori. Un balletto completo da lei coreografato è Foglie d’autunno su musica di Chopin. Tra gli altri titoli maggiormente frequentati, oltre all’immancabile Morte del cigno , la meditazione dalla Thaïs di Massenet, The Dragonfly di Kreisler, la Gavotte Pavlova di Lincke, Il risveglio di Flora di Drigo.

Prina

Allieva della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala Anna Maria Prina consegue il diploma nel 1960. Tre anni dopo viene scelta per frequentare il primo seminario di perfezionamento al Bol’šoj di Mosca che nei due anni di permanenza in Russia si estende anche al Teatro Kirov. Al ritorno entra nel Corpo di Ballo della Scala dove interpreta, da ballerina di impostazione accademica ma con naturale tendenza all’interpretazione moderna, ruoli solistici. Ma è all’insegnamento che si dedica con speciale passione. Il 1974 è l’anno del suo ritorno a Mosca e all’odierna San Pietroburgo per un perfezionamento didattico, soprattutto è l’ anno della nomina a direttrice della Scuola di ballo della Scala (in sostituzione di John Field): l’incarico che dediene tuttora insieme a quello di insegnante di balletto classico e di repertorio. Dal’76 è ideatrice e promotrice di spettacoli didattici annuali per le scuole e crea coreografie per la Scala e altri teatri. Abituale giurata di concorsi di balletto internazionali, ha conseguito numerosi riconoscimenti per la sua attività. Ha tradotto dal russo pubblicazioni di danza classica e pubblicato il suo primo libro di metodologia didattica della danza classica nel 1995.

Clerici

Formatasi alla Scuola del Teatro alla Scala sotto la guida di Fausta Mazzucchelli e Cia Fornaroli, Milly Wanda Clerici si è diplomata nel 1943 entrando immediatamente nell’omonimo Corpo di Ballo e interpretando ruoli principali in balletti di Aurel Milloss (Coppélia 1946; Petrushka 1947) e Serge Lifar (La Valse, 1948). Dotata di una tecnica brillante, perfetta espressione della danse d’ecole italiana, anche come insegnante ha trasmesso la nostra tradizione accademica agli allievi della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, dove ha insegnato fin dai primi anni ’50.

Caccialanza

Allieva di Enrico Cecchetti alla scuola dell’American Ballet, Gisella Caccialanza danza con il Ballet Caravan di Lincoln Kirstein e con la Ballet Society di George Balanchine; con lui interpreta ruoli principali in Le baiser de la fée (1937), Ballet Imperial (1941), I quattro temperamenti (1946). Ritiratasi dalle scene, si è dedicata all’insegnamento, operando tra l’altro come direttrice e maître de ballet del San Francisco Ballet in collaborazione con il marito, il ballerino Lew Christensen.

Cambieri

Giuditta Cambieri studia danza classica a Milano e contemporanea a Roma, perfezionandosi a Essen. Debutta nel 1983 come danzatrice con Enrica Palmieri; nel 1985 è nella compagnia Vera Stasi. Contemporaneamente sviluppa una ricerca coreografica imperniata su una teatralità ironica e surreale, in lavori come Cercatori d’ombre (1990), Qual dolor, qual? (1991), Miss Dance (1994), Di cosa abbiamo paura quando… (1996), Telemitica me (1997).

Aubin

Il rapporto tra danza e musica, tra immagine e suono sta soprattutto al centro della sua attività coreografica. Dal 1985 Stéphanie Aubin dirige la compagnia Larsen; tra i titoli più significativi, Sixtole , Dévoilé , Dedoublé (1986), Les feuilletons (1988), Dédicace (1993), Suites pour l’année 1996 (1996). Di rilievo un suo allestimento di Orfeo ed Euridice di Gluck per l’Opéra du Rhin (1992, poi ripreso). Negli ultimi anni con la sua compagnia ha promosso manifestazioni originali, in cui ha coinvolto altri artisti e coreografi, al servizio dell’arte e alla ricerca del suo nuovo cammino (L’art en scène , Soirées d’Ariane).

Tcherina

Ludmila Tcherina si forma a Parigi con Préobrajenska e Blanche d’Alessandri e, dopo essersi esibita in alcuni spettacoli e concerti di danza, debutta con Lifar nel suo Romeo e Giulietta a Parigi (1942). Si perfeziona con Kniaseff e successivamente entra all’Opéra di Marsiglia come prima ballerina (Romeo e Giulietta, Mephisto valse in coppia con il marito Edmond Audran). Danza con i Nouveaux Ballets de Monte-Carlo e con i Ballets des Champs-Elysées (Forains di Petit). Dal 1948, con l’interpretazione cinematografica di Scarpette rosse , alterna l’attività di ballerina a quella di attrice. Danza in Giselle , La morte del cigno (entrambi alla Scala, 1954-55) e in Le martyre de Saint Sébastien di Sparemblek. Nel 1958 forma una sua compagnia (tra i successi del repertorio: Les amants de Teruel, Feu aux poudres) e nel 1961 è nel Ballet du XXème siècle in Gala di Dalí-Béjart. Tra le interpretazioni cinematografiche ricordiamo I racconti di Hoffmannn (1951), Oh, Rosalinda! (1955).

Furno

Formatasi con Susanna Egri danza come prima ballerina nella sua compagnia e in quella di Carla Fracci e Beppe Menegatti (Le creature di Prometeo , 1970). Fondatrice del Collettivo di Danza del Teatro Nuovo di Torino, Loredana Furno crea nel 1977 con il ballerino Jean Piecrearre Martal la compagnia del Teatro di Torino, il cui repertorio spazia dai classici (Giselle) ai moderni (There is a time di José Limón) a balletti narrativi (Werther di Milorad Miskovitch 1979, Amo le rose che non colsi di Loris Gai, 1983), a novità di autori italiani (Flusso d’ombre di Roberto Castello, 1991; L’envol d’Icare di Luca Veggetti, 1997). Dirige il festival Acqui in palcoscenico.

Monk

Tra le maggiori `performance artists’ della scena contemporanea americana, Meredith Jane Monk è autrice di una ricca serie di opere multimediali che incorporano coreografia, musica, linguaggio e filmografia, prodotte per la maggior parte – se non interamente – da lei stessa. Ha compiuto dapprima gli studi musicali e si è quindi rivolta alla danza, apprendendo le tecniche `Graham’ e `Cunningham’. Nel 1965 presentò alla Judson Church di New York, crocevia delle nascenti tendenze postmoderne, le sue prime performance. L’anno successivo il suo 16 Millimetres Hearings , sorta di allusivo racconto autobiografico in forma di performance, venne giudicato una delle esibizioni più riuscite di quel periodo. In seguito si è dedicata all’esplorazione di spazi teatrali alternativi: le tre parti di Juice (1969), definito `cantata teatrale’, si svolgevano in un teatro universitario, sulla grande scala a spirale del Guggenheim Museum di New York e in un loft . Tra i numerosi spettacoli multimediali degli anni ’70 e ’80 spiccano Education of a Girlchild (1973), di cui firmò musica e regia e che rimanda, come gran parte del suo lavoro, a un `vissuto’ autobiografico qui riletto in chiave femminista; Recent Ruins (1979), Turtle Dreams (1983) e Atlas (1991), opere in cui la danza si modula su gesti minimi e quotidiani e sviluppa una ricerca analitica sulla gestualità. Ma sono da ricordare anche le composizioni prettamente musicali come Songs from the Hill (1976) per voce sola, Book of Days per voci e strumenti (1985) e Facing North per voce, organo e pianoforte (1990). Infatti l’aspetto forse più originale di questa sfaccettata ricerca risiede proprio nell’inconfondibile impiego della vocalità, che nelle sue performance assolve a una funzione marcatamente teatrale . La voce assurge in lei a strumento di comunicazione totale e di semplicità primigenia, svincolata dalle tecniche consuete alla tradizione occidentale, in specie di quella colta. M. assegna alla voce un valore volutamente `regressivo’ e straniante, quasi essa potesse riportarci alle sorgenti di una perduta infanzia dell’umanità. A questo fine ha articolato le forme di un elegante primitivismo che alterna con disinvoltura lamenti, cantillazioni, imitazioni di animali, momenti di parlato, canto sillabico e vocalizzi, e ancora altri echi di tecniche esotiche o di nuovo conio, amalgamandole tutte grazie alla singolare mobilità dei suoi suggestivi timbri vocali. Di queste straordinarie qualità se ne accorse, tra i primi, Bob Wilson con il quale la M. partecipò alle prime rivoluzionarie performance della Byrd Hoffman School of Byrds.