O’Brien

O’Brien venne definito «una delle soubrette più eccitanti dell’avanspettacolo». Sulla locandina, solo il nome O’Brien stampato a vistosi caratteri tipografici. Durante lo spettacolo, quadri soprattutto coreografici, con una certa sontuosità nelle toilette, che rimandavano ai costumi di Wanda Osiris. Fece esordire, nel suo corpo di ballo, Raffaella Carrà. Memorabile il `numero’ del tango in cui O’Brien indossava un costume diviso in due parti: smoking a destra (e metà viso aveva capelli e baffi impomatati) e corpetto con gonna a balze a sinistra (l’altra metà del viso con rossetto, occhio bistrato e parrucca bionda e fluente). Seguito da un cono di luce, ruotando vorticosamente su se stesso, dava l’impressione di una coppia allacciata in “La cumparsita”. Anni dopo, la coreografa Gisa Geert sostenne d’essere stata l’ideatrice di quel numero. Primo esempio, negli anni ’50-’60, sulle ribalte minori di travestitismo, O’Brien sosteneva il ruolo femminile per tutta la durata dello spettacolo. Alla fine, dopo i ringraziamenti, guadagnava il centro della passerella, si sfilava in un baleno il sontuoso abito femminile e restava in giacca e cravatta. Ultimo colpo di scena: via la parrucca bionda, ed ecco esibita senza timore una `pelata’ da ragioniere. A quel punto in teatro si scatenava davvero il finimondo, tra urla, fischi e applausi, un mix di reazioni dettate da stupore, meraviglia e risentimento. Da una cronaca del 1963: «O’Brien, di scena all’Oriente di Roma, si muove sempre con equivoca morbidezza, passando agevolmente dalla voce di soprano a quella di baritono. Malgrado le rughe, il siciliano si diverte ancora. Sullo schermo, L’assalto degli Apaches ». Un ‘numero’ che fu anche del ballerino Harry Feist, e che in tv venne riproposto da Delia Scala nel varietà Il signore di mezza età con Marcello Marchesi. Sarebbero arrivate poi, in Italia, le compagnie di travestiti francesi `La grande Eugène’ e subito dopo `La vere Eugène’ (due formazioni parigine nate dallo stesso gruppo, divisosi per rivalità artistiche); e in seguito ci sarebbe stata l’affermazione dei Legnanesi di Felice Musazzi (Teresa) e Tony Barlocco (Mabilia) nei primi anni ’60: anche loro, nel gran finale, a sfilare in passerella finalmente in abiti maschili.

Brachetti

Trasformista per vocazione, Arturo Brachetti ha imparato il mestiere dalla biografia di Fregoli, ma ad aiutarlo è stato un sacerdote conosciuto durante gli anni trascorsi in seminario dai salesiani per volontà del padre. Dopo i successi ottenuti in Francia (diciottenne a Parigi, è già la vedette di famosi locali come il Paradis Latin e perfino l’Olympia), Germania, Gran Bretagna e Austria, approda in Italia nel varietà tv (1984). Dell’anno successivo è lo scatenato Varietà di Scaparro, del 1986 Amami, Arturo di cui è autore assieme a F. Crivelli. Nel 1990 è la volta di I Massabilli di Aymée, quindi Madama Butterfly in cui recita una parte `en travesti’ al fianco di U. Tognazzi. Ottiene uno strepitoso successo col musical Fregoli nella stagione 1994-1995, in cui cambia una trentina di ruoli, mutando costume in tempi rapidissimi. Da allora lavora con la Compagnia della Rancia. Lo spettacolo più recente, con la regia di S. Marconi, è Brachetti in Technicolor , in cui interpreta 100 personaggi di 100 anni di cinema. Tra le sue regie c’è quella dello spettacolo I corti con Aldo Giovanni e Giacomo (1996).

trasformista

Il trasformista è un artista di varietà specializzato in cambi di costumi spettacolari per la rapidità e l’abilità di passare da una caratterizzazione teatrale ad un’altra. Il trasformista mondialmente più celebre del Novecento è l’italiano Leopoldo Fregoli. Quasi altrettanta popolarità ha conquistato oggi Arturo Brachetti. Esiste poi il t. di circo, le cui tecniche sono pensate per lo spazio circolare ma escludono le caratterizzazioni di personaggi basandosi solo sul gioco dei costumi. Si è sviluppato nella tradizione russa e ha come maggiori esponenti il Duo Sudartchikovi.