Fry

Cristopher Fry è stato anche attore, direttore del Tunbridge Well’s Repertory Players e della Oxford Playhouse, regista, traduttore di testi di Anouilh e Giraudoux, critico teatrale e sceneggiatore di film ( Ben Hur , 1959; Barabba , 1962; La Bibbia , 1966). Ha esordito con Il ragazzo col carretto (The Boy with a Cart, 1938) e ha raggiunto la fama con Una fenice assai frequente (A Phoenix Too Frequent, 1946). Seguì il ciclo delle `commedie di stagione’, che comprendono quattro opere: La signora non è da bruciare (The Lady’s not Burning, 1949), interpretato da John Gielgud; Venere illuminata (Venus Observed, 1950), scritta per Laurence Olivier; La tenebra è luce sufficiente (The Dark is Light Enough, 1954), scritta per Edith Evans; e Il cortile del sole (A Yard of Sun, 1970). Il favore di cui F. ha goduto è legato a queste commedie, che rispondevano al bisogno del pubblico del dopoguerra di essere intrattenuto con testi vivaci e messaggi consolatori. Ma è da ricordare il contributo di F. alla rinascita del dramma poetico, in cui è riuscito a conciliare il verso e i contenuti morali alle esigenze di scena. Ha scritto anche drammi religiosi: Il primogenito (The First Born, 1948), Thor con gli angeli (Thor with Angels, 1948) e Sonno di prigionieri (A Sleep of Prisoners, 1950).

Baldini

Autore dal profondo respiro narrativo, Raffaello Baldini ha esordito con il volume ‘E solitèri (1977), raccolto poi in La nàiva (1982), con poesie che, cadenzate dal dialetto del suo paese nativo, tratteggiano la vita e l’umanità del borgo attraverso le piccole e grandi cose del quotidiano. I luoghi, la dura esistenza nelle campagne e il ritmo della parlata quotidiana emergono dall’intera opera poetica di B., mantenendo sempre un gradevole spazio alla melodia delle parole. Per il teatro ha scritto tre monologhi di grande forza espressiva: Carta canta , Zitti tutti! e In fondo a destra , pubblicati nel 1998 e interpretati da Ivano Marescotti (che ha anche portato in scena una riduzione teatrale di un altro suo racconto Furistir).

Bacchelli

Narratore prolifico, deve la sua fama soprattutto al romanzo storico Il diavolo al Pontelungo (1927) e alla saga de Il Mulino del Po (1938-40). Come autore di teatro Riccardo Bacchelli iniziò con Spartaco e gli schiavi (1920), a cui seguì una rielaborazione di Amleto (1923), messo in scena a Milano, Teatro del Convegno, con Monica Vitti, Antonio Pierfederici, Enrica Corti, regia di Enzo Ferrieri, 194, e nel 1974 con la regia di Ruggero Jacobbi e l’interpretazione di Elena Cotta nei panni del principe. Nel 1928 la Compagnia Niccodemi portò in scena, al Teatro Manzoni di Milano, Bellomonte , mentre nel 1949, al festival di Venezia, il Piccolo di Milano rappresentò L’alba dell’ultima sera con la regia di Brissoni, e con interpreti: Vittorio Caprioli, Carlo D’Angelo, Mario Feliciani, Gianni Mantesi. A ricordare Bacchelli drammaturgo, oggi davvero poco rappresentato, restano i due volumi di tutto il teatro, pubblicati nel 1964; vi sono compresi anche i monologhi che ebbero anche una discreta fortuna scenica: Minerva tradita dal sonno al Teatro dei Commedianti di Roma (1954), La bottiglia d’acqua minerale (1958) e Un marito ti ci vuole (1959) al Teatro Gerolamo di Milano, Idioma gentile e Luna lunatica tutti scritti per Paola Borboni. È autore anche di farse, come La notte di un nevrastenico, rappresentata al Teatro delle Maschere di Milano (1957), poi ridotta in libretto, per la musica di Nino Rota. Per Ildebrando Pizzetti ha scritto Il calzare d’argento, andato in scena nel 1961 al Teatro alla Scala. Per radio e televisione scrisse: La smorfia, L’inseguimento, Duello all’americana in miniera, La serva della Madonna .

Fava

Giovanissimo Giuseppe Fava si trasferì a Catania, che divenne la sua città di adozione, dove intraprese l’attività di giornalista nel quotidiano “Espresso sera”, con la carica di capocronista e di redattore capo, che mantenne fino al 1980. A questo periodo risalgono le prime inchieste sulla Sicilia e sui siciliani che avrebbe successivamente raccolto in due volumi: Processo alla Sicilia e I siciliani. Nel 1966, col premio Vallecorsi, inizia la sua attività di autore teatrale: scrisse Cronaca di un uomo (1966) e La violenza (premio Idi, 1970), la cui struttura è quella di un processo per delitti e fatti di mafia. I personaggi somigliano molto a quelli che ritroviamo nelle cronache giudiziarie, ovvero imputati, testimoni, vittime reticenti nei grandi e piccoli processi alla criminalità organizzata. F. predilesse, in alcune sue commedie, la formula del `teatro documento’, mentre in altre quella della dimensione onirica. Altri suoi testi sono: Il proboviro (1972); Bello, bellissimo (1974), Opera buffa (1979), Sinfonia d’amore (1980), Foemina ridens (1982), L’ultima violenza (1983). Quest’ultima divenne il suo testamento spirituale, dato che un anno dopo, davanti al Teatro Verga di Catania, F. fu ucciso in un agguato mafioso. Emblematicamente l’ Ultima violenza è il documento di ciò che può accadere in una società stravolta dalla violenza mafiosa, col suo palazzo di giustizia stretto in un assedio mortale. Il suo linguaggio attinge a una forma di `dialettalità’ che non è dialetto ed è espressione di una originale partecipazione degli esclusi alle vicende della storia.