Balletto Reale Svedese

La fondazione della compagnia Balletto Reale Svedese risale al 1773, quando fu inaugurato il nuovo teatro dell’Opera di Stoccolma. L’incarico di maître de ballet fu affidato al francese Louis Gallodier, ruolo ricoperto in seguito anche da Filippo Taglioni (1818). Nella seconda metà dell’Ottocento, la compagnia ebbe un certo declino con qualche cenno di ripresa nel 1913, quando M. Fokine allestì a Stoccolma alcuni suoi balletti. Un vero impulso alla compagnia è venuto però solo negli anni ’50, quando è stata diretta da A. Tudor (1950-53). Il repertorio comprende coreografie di L. Massine e J. Kylián, della svedese B. Cullberg di J. Limón e J. Robbins. Attualmente è diretto da Frank Andersen.

Ballets Russes

Incoraggiato dal successo delle esposizioni parigine di pittori russi, di musica russa e di opere liriche russe, Diaghilev decideva di portare nella capitale francese una compagnia costituita di ballerini scelti fra i migliori elementi dei due teatri: il Bol’šoj moscovita e il Marijinskij pietroburghese. L’esordio avveniva la sera del 18 maggio 1909 al Théâtre du Châtelet con il seguente programma (che doveva ripetere poi molte altre volte): Le Pavillon d’Armide, le Danze Polovesiane da Il principe Igor di Borodin e Le Festin con musiche di autori vari. Un avvenimento per la singolarità e l’eccezionalità del procedimento teatrale: tre balletti anziché un ‘ballo grande’ che occupasse l’intera serata, alla maniera ottocentesca. Diaghilev si rese subito conto che di lì era nato il balletto moderno. Il gioco era fatto e con esso la compagnia dei Ballets Russes di Diaghilev con spettacoli anche a Londra e poi a Montecarlo ove si stabilì. La prima guerra mondiale tagliò Diaghilev fuori dalla Russia ma le tournée europee continuarono e la compagnia poté effettuare anche un viaggio negli Usa (1916-17). Anni duri, difficili per ragioni finanziarie ma Diaghilev riusciva a riemergere ogni volta e a riottenere scritture per la sua compagnia. I più grandi artisti del momento da Cocteau a Picasso, da Stravinskij a Fokine, da Massine a Balanchine, dai due fratelli Bronislava Nijinska e il fragile Vaslav Nijinskij riuscirono, nella completa fusione delle espressioni, a creare qualcosa di memorabile e di duraturo che viaggiò per i cammini del mondo e che, con il passare del tempo, non si disperse ma si rinforzò grazie alla forza, alla bontà dell’ispirazione.

Si potrebbero classificare con i nomi dei vari coreografi le fasi della compagnia: Fokine (1909-12 e 1914); Nijinskij (1913); Massine (1915-1920 e 1925-1928); Nijinska (1922-1926); Balanchine (1926-1929). Quindi anche un periodo russo, un altro francese, ancora un altro delle avanguardie storiche con il quale prematuramente si chiuse un ciclo utile al rinnovamento della danza d’arte, alla perfetta fusione degli elementi artistici arrivando così al vagheggiato balletto moderno. Fra i ballerini si leggono i nomi di Pavlova, Karsavina, Nijinskij, Nijinska, Mordkin, Bolm, Spessivtseva, Danilova, Dolin, Lifar, Balanchine. Alcuni ballerini hanno fatto fuggevoli apparizioni legati ad una sola stagione ma ugualmente prestigiosi: Ida Rubinstein, Lopokova, Nikitina, Nemcinova, Zvereff, Massine, Vilzak ed anche il nostro illustre Cecchetti in qualità di mimo, inoltre due `sergenti di ferro’ Ninette de Valois e Marie Rambert passate poi alla guida di due singole compagnie, in questo caso come dire due filoni distinti nell’ampio panorama del balletto classico che si rinnova e della danza moderna che fa (con la Rambert) un non certo timido capolino. Due figure s’impongono: Sergej Grigoriev, direttore artistico e Enrico Cecchetti, maître de ballet. Ci sono poi i quadri della musica e della pittura scenografica ricchi di artisti che dovevano, in seguito, con il loro solo nome riempire le cronache e le critiche di una buona metà del secolo ventesimo: fra i primi Stravinskij, Debussy, Ravel, R. Strauss, Satie, Falla, Respighi, Prokof’ev, Poulenc, Milhaud, tutti compositori di partiture espressamente scritte per il balletto e per Diaghilev; fra i secondi i due maghi della scenografia ballettistica Benois e Bakst, poi Golovine, Roerich, Serov, Sert, Larionov, Goncarova, Balla, Picasso, Braque, Derain, Matisse, Gris, Laurencin, Utrillo, M. Ernst, Mirò, de Chirico, Rousault. Basterebbe scorrere il libro di Grigoriev: The Diaghilev Ballet 1909-1929 (Londra, 1953) per rendersi conto dell’imponenza e della rarità dell’impresa, secondo lo stesso Grigoriev per un totale di sessantotto produzioni molte delle quali ancora oggi in circuito nel mondo intero. Citiamo per lo meno: Le spectre de la rose , Les Sylphides , Petruška , Daphnis et Chloé , Josephslegende , L’après-midi d’un faune , Jeux , Le sacre du printemps , Parade , La boutique fantasque , Il cappello a tre punte (Le tricorne), Pulcinella , Les noces , Les biches , Apollon Musagète , Le fils prodigue ma l’elenco completo delle produzioni è riscontrabile sia nel numero di gennaio 1972 della rivista “Les Saisons de la danse” che nel catalogo della Mostra del centenario diaghileviano Ricordo di Diaghilev al Museo Teatrale alla Scala di Milano e al Teatro La Fenice di Venezia (marzo-aprile 1972).

Balletto Reale Danese

In Danimarca i balletti di corte furono introdotti nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, mentre al Teatro Groennegard e al Teatro Reale, inaugurato nel 1748, si alternarono maestri di ballo francesi e italiani. Ma è stata la personalità e l’opera di August Bournonville tra il 1829 e il 1879 a segnare indelebilmente lo stile di danza del Balletto Reale Danese; stile francese che Bournonville aveva appreso sotto la guida di Vestris e che riprodusse in balletti ancora oggi eseguiti fedelmente come Napoli o La sylphide. Dopo la sua morte, il Balletto Reale Danese ebbe un periodo di declino, scosso appena dal passaggio di ospiti illustri come Fokine, che allestì nel 1925 Petruška , e Balanchine nel 1930. È stata la direzione di Harald Lander, fra il 1932 e il 1951, a riconsolidare la fama della compagnia. Lander si è curato della rinascita dello stile bournouvilliano e ha creato suoi balletti, tra cui il celebre Etudes (1942). Sotto la sua guida, la compagnia cominciò ad avere fama internazionale e a effettuare tournée, come quella applauditissima al Covent Garden di Londra. Un altro periodo di transizione segna la storia della compagnia dopo le dimissioni di Lander fino al 1966, quando arriva alla direzione Flemming Flindt, anche lui impegnato per ripristinare il repertorio bournonvilliano, al quale accosta un repertorio moderno con lavori di G. Tetley, P. Taylor e M. Louis. Dalle file del Balletto Reale Danese sono usciti artisti come Margot Lander, stella degli anni ’30, Erik Bruhn, Peter Martins, Peter Schaufuss. Attualmente è diretto da Maina Gielguld, ex stella di Maurice Béfart.

Balletto di Toscana

Su iniziativa di Cristina Bozzolini, sua direttrice artistica, Balletto di Toscana nasce con il sostegno della Regione Toscana nel 1985 come compagnia stabile e indipendente di balletto contemporaneo e nel 1997 ottiene una residenza presso il Teatro Manzoni di Pistoia. Formata da quattordici solisti di scuola classica, ma dotati di un notevole eclettismo stilistico e interpretativo, si è ben presto caratterizzata nelle sue linee artistiche, tese alla proposta delle principali tendenze coreografiche europee e alla valorizzazione dei coreografi italiani contemporanei. Così, negli anni, si è imposta sulla scena nazionale e internazionale come una delle più interessanti compagnie di danza europee, interpretando titoli di Hans Van Manen (In & Out , Grosse Fuge), Nils Christe (Quartett II ), Ed Wubbe (Bianchi flussi ), Christopher Bruce (Dancin’ Day), Vasco Wellenkamp (Holberg Suite), Cesc Gelabert (Hortensia), Angelin Preljocaj (Liqueurs de Chair), Amanda Miller (Two Pears ) e producendo molti lavori di autori italiani tra i quali Elysios (1987) di Gianfranco Paoluzi, Nuit en huit (1988) di Massimo Moricone, Apollon Musagète (1989) e Pulcinella (1990) di Virgilio Sieni, Era Eterna (1988), Giulietta e Romeo (1989), Otello (1994), La Tempesta (1996) di Fabrizio Monteverde, Turnpike (1991), Mediterranea (1993), Pression (1994), Don Giovanni (1996) di Mauro Bigonzetti.