Magli

Artista tra le più raffinate e interessanti nel panorama di ricerca italiano Valeria Magli ha partecipato ad alcuni spettacoli di danza e poesia come Poesia ballerina da Le ballate della signorina Richmond (1978) e Milleuna di N. Balestrini, voce di Demetrio Stratos, spettacolo presentato al Centre Georges Pompidou di Parigi (1981), il suo Primule e sabbia (1983) che gli è valso il premio Pasolini. Sempre a teatro ha lavorato in Amleto non si può fare di V. Franceschi con la regia di F. Macedonio (1976), Le bain de Diane di P. Klossowski al Théâtre Rond-Point di Parigi (1986), Il processo di Kafka, regia di A. R. Shammah (1989) e L’avventuroso viaggio di Clementina Gnoccoli di A. Busi, regia di A. B. Tosco (1990). Ha collaborato anche con Studio Azzurro nel film L’osservatorio astronomico del sig. Nanof di P. Rosa (1984).

Valduga

Il mondo, soprattutto quello contemporaneo, è una smisurata trappola fondata sulla mistificazione, in cui l’unica traccia di verità è data dall’esperienza del dolore e dall’ancoraggio al livello sensuale dell’esistere. Da questa base nasce la poesia di Patrizia Valduga, a cui si può dire connaturata la teatralità, che scaturisce dal drammatico e spesso urlato corpo a corpo tra l’io parlante e le cose. Frequenti sono state le trasposizioni delle sue opere sulla scena. Il debutto è avvenuto con La tentazione per la regia di B. Mazzali e l’interpretazione di A. Attili e A. Di Stasio (Roma, Teatro Trianon, 1986). Ad esso ha fatto seguito l’allestimento de Donna di dolori, «monologo pensato per essere messo in voce» per la regia di L. Ronconi, con F. Nuti (Torino, Teatro Carignano, 1992). L’ultima messinscena tratta da una sua opera è stata quella de Corsia degli incurabili , con G. Varetto nei panni di interprete e regista (Brescia, Teatro Santa Chiara, 1997). Fra le sue traduzioni per il teatro, L’avaro e Il malato immaginario di Molière (il primo per uno spettacolo di G. Strehler, poi diretto da L. Puggelli, il secondo per la regia di J. Lassalle 1995) e Riccardo III di Shakespeare (regia di A. Calenda, 1997).

Cvetaeva

Marina Ivanovna Cvetaeva si avvicina al teatro subito dopo la rivoluzione d’Ottobre, alla fine del 1917, quando è già poetessa affermata grazie a due raccolte di versi (Album serale , 1910; Lanterna magica, 1912) dove rivela il suo precocissimo talento. Introdotta nello stimolante ambiente del Secondo Studio del Teatro d’Arte di Mosca, diretto da Vachtangov, tra il 1918 e il 1921 (periodo per lei di lutti, disagi e difficoltà economiche) scrive una serie di brevi lavori teatrali (ce ne sono giunti sei, fra cui Avventura e La fenice , dedicati alla figura di Giacomo Casanova nella sua vecchiaia), destinati agli allievi dello Studio: avrebbe voluto riunirli in volume, col titolo di Romantika , ma, dopo l’emigrazione prima a Berlino (1922) e poi a Praga, rinuncia al progetto. Trasferitasi a Parigi (1925), a partire dal 1927, nel periodo di composizione dei suoi più celebri poemi ( Poema della montagna e Poema della fine ), lavora a una trilogia tragica, L’ira di Afrodite , inquietante rilettura contemporanea del mito di Teseo, di cui ci restano le prime due tragedie in versi, Arianna (inizialmente intitolata Teseo ) e Fedra . Il teatro della C., di grande complessità e intensità lirica, è stato quasi completamente dimenticato per circa mezzo secolo; oggi si comincia a scoprirne l’originalità, le suggestive, ardue cadenze poetiche.

Maraini

Figlia di Fosco M., celebre yamatologo (studioso della lingua e della cultura giapponese) e compagna di Moravia, Dacia Maraini, all’esordio narrativo, La vacanza , del 1962, e al seguente, L’età del malessere , del 1963, con cui guadagnò il premio internazionale Formentor, hanno fatto seguito molti altri romanzi, caratterizzati da un impegno femminista e sociale molto intenso, oltre che da una capacità di scrittura sempre felice e controllata. Per quanto concerne il teatro, le sue prime opere propongono soprattutto riflessioni sull’azione drammatica: ad esempio Il ricatto a teatro (1968) e Recitare (1969). Poi passa a testi più impegnati sul piano politico e civile come Manifesto dal carcere (1971) e La donna perfetta (1974). Tra le successive ricordiamo Veronica Franco , ispirato alla vita della poetessa vissuta a Venezia nel Cinquecento, I sogni di Clitennestra (1981) e Lezione d’amore (1982). Nel 1977 viene allestito un suo Don Juan tratto non solo da Molière ma anche da Tirso da Molina. Nel 1997 viene allestito da Luca Ronconi, Memorie , che M. ricava da Il diario di una cameriera , un romanzo di Octave Mirbeau. E debutta anche come voce recitante della commedia Suor Juana , storia di una monaca messicana del Seicento (a Radicondoli). I suoi saggi teatrali sono raccolti nel volume Fare teatro (1974).