Pierfederici

Dopo il diploma all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’ di Roma Antonio Pierfederici è scritturato da R. Ruggeri, con il quale interpreta il marchesino di Nolli in Enrico IV (1944), ma si impone con Visconti nei Parenti terribili di Corteau (1945) accanto a Lola Braccini, Andreina Pagnani, Rina Morelli e Gino Cervi al teatro Eliseo di Roma; poi è il Figlio nei Sei personaggi con Luigi Almirante. Il suo fisico da primattore, unito a un’intelligenza lucida e inquieta, incide una galleria di personaggi che vanno dal dannunziano Simonetto de La fiaccola sotto il maggio (più volte affrontato: da ricordare almeno l’edizione al Vittoriale accanto a Lilla Brignone) a Clarence nel Riccardo III , interpretato da Renzo Ricci al Piccolo Teatro con la regia di Strehler, al Poverello del dramma omonimo di Copeau (San Miniato, regia O. Costa 1950), all’ Amleto di R. Bacchelli diretto da E. Ferrieri (1956). Al Piccolo di Milano in due stagioni, negli anni Cinquanta, è protagonista de I giusti di A. Camus, degli Innamorati di Goldoni, e passa dal Florindo dell’ Arlecchino a Desmoulins ne La morte di Danton di Büchner. Con Vittorio Caprioli (Pozza) nel 1954, a Roma, è Lucky nella prima italiana di Aspettando Godot di S. Beckett, con un’interpretazione maiuscola che gli vale il premio San Genesio quale miglior attore dell’anno. Dal 1965 al ’67 è con la Proclemer-Albertazzi in Dopo la caduta di Miller e Come tu mi vuoi di Pirandello. L’anno dopo è primo attore a fianco di Randone e Neda Naldi ( La fastidiosa di Brusati; Enrico IV e Il piacere dell’onestà di Pirandello). Fra le ultime notevoli interpretazioni, il Serparo nella Fiaccola dannunziana (regista G. Cobelli, 1984), Le smanie della villeggiatura di Goldoni e Oreste di Euripide, entrambi diretti da M. Castri.

Pasqualino

Il suo amore per il teatro siciliano dei pupi ha convissuto con la sua attività di chirurgo, ma anche con altre passioni: per l’etnologia e per la semiologia. Il principale intento di P. fu quello di salvare dall’oblio la tradizione dei pupi, per cui egli ha investito i profitti della sua professione medica nella fondazione del `Museo Internazionale delle Marionette’, sede di una galleria di più di 3000 pezzi, divenuto luogo d’incontro di studiosi del folklore provenienti da tutto il mondo e fornito di una biblioteca di più di 3000 volumi sulle tradizioni popolari, in cui sono conservate circa 800 registrazioni di spettacoli di pupari.

Pavese

Fratello di Luigi P., esordisce nel 1930 nella compagnia Zacconi e in seguito partecipa agli spettacoli Zabum (1933). Dal 1934 al 1939 collabora con diverse compagnie, tra cui Merlini-Cialente e Tofano-Maltagliati e nel 1941 fonda, insieme a Calò e Bagni, una compagnia di spettacoli gialli. Nel 1942-43 è in compagnia insieme a E. Gramatica e dal 1944 al 1946 recita in alcuni spettacoli al Teatro delle Arti come Piccola città di T. Wilder insieme a E. Merlini, La foresta pietrificata di R. Sherwood con A. Proclemer. In seguito P. è tornato a più riprese in ditta con la Gramatica (1947-48 e 1954) e ha lavorato con G. Porelli (1952-53), oltre che al Piccolo di Napoli (1955-56) e al Ridotto dell’Eliseo di Roma (1960). Al cinema ricordiamo: I due sergenti (1940), Il brigante Musolino (1949), Cuore ingrato (1952) e La pattuglia dell’Amba Alagi (1953).

Porto

Mendes d’Abreu; 1888 – 1941), clown portoghese. Divenuto celebre negli anni ’20 e ’30 soprattutto al circo Medrano di Parigi, P. resta nella storia per aver slegato progressivamente la figura dell’augusto dalla `spalla’ rappresentata dal `clown bianco’. Di P. i contemporanei sono concordi nel sottolineare un eccezionale talento.

Puecher

Virginio Puecher è uno degli inventori della regia critica, una figura di grande rilievo nel teatro italiano, per la sua forza innovativa sia nella scelta del repertorio che in quella stilistica, con una carriera fortemente permeata dal suo impegno e rigore politico e dall’ansia di ricerca. Dopo una laurea in filosofia, un’esperienza nella lotta partigiana, approda nel dopoguerra al Piccolo Teatro dove rimane dodici anni: la fase più limpida e proficua delle sua carriera. Dal 1955 diventa assistente alla regia di Strehler dopo aver lavorato per due anni al terzo programma Rai creando trasmissioni culturali. Debutta come regista nel 1955 al Teatro Odeon in Lunga giornata verso la notte di O’ Neill, con la compagnia di Ricci, le scene di Damiani e i costumi di Frigerio; e l’anno dopo al Piccolo Teatro ne I vincitori (1956) – un testo in milanese di P. Bettini e E. Albini, un’amara riflessione sul Risorgimento – e ne L’ereditàa del Felìs di Illica (1962). Il successo arriva con Mercadet l’affarista di Balzac (1958-59), con Tino Buazzelli, a cui fa seguire una lunga serie di novità italiane, quali Come nasce un soggetto cinematografico di Zavattini (premio Idi, 1959), I burosauri di S. Ambrogi (1963) e L’annaspo di R. Orlando (1964). Un aspetto fondamentale hanno i suoi lavori politici, tra i quali spicca L’istruttoria di P. Weiss (1966-1967), il suo lavoro più noto e forse più sentito, per il riflesso di esperienze personali (come l’internamento a Mathausen col padre) e La vita immaginaria dello spazzino Augusto G. di A. Gatti (1969).

Le sue regie, realizzate secondo la tecnica dell’incastro, propongono innovative e complesse architetture, elaborate con interessanti e rivoluzionarie forme visive e l’utilizzo di ambientazioni in spazi alternativi al teatro tradizionale. Parallelamente sviluppa l’analisi dei testi che vengono vivisezionati e riassemblati: emblematici sono gli esempi del Faust , in realtà l’ Urfaust di Goethe, nel 1969 a Vicenza, e del Woyzeck di Buchner nello stesso anno a Bologna, in cui metteva in fila in un’unica sequenza le quattro versioni del dramma incompiuto. Negli anni ’70 fonda Gli Associati con S. Fantoni, I. Garrani, V. Ciangottini e V. Fortunato ( La nuova colonia di Pirandello, 1975; Zio Vanja di Cechov, 1976). La regia lirica, a cui è legato per studi musicali, occupa una parte di rilievo nella sua produzione. I suoi interessi sono prevalentemente concentrati sulla musica moderna: oltre a Atomtod (1965) e Per Massimiliano Robespierre (1974) di Giacomo Manzoni, suo amico, Il coccodrillo (1972) di V. Bucchi e Hyperion di B. Maderna (1977), vanno ricordati i due allestimenti di Wozzeck (1963, 1973) e Lulu (1967) di Berg, l’ Albert Herring (1979) e Il giro di vite di B. Britten, realizzato con le gigantografie fotografiche di Ugo Mulas. Esperimenti figurativi che prosegue con A. Pomodoro per l’ Alcesti di Gluck, nel 1987 . I suoi ultimi allestimenti sono: Il piccolo Marat di Mascagni, allestito a Villa Mimbelli a Livorno (1989) e Falstaff di Verdi a Treviso (1990).