Luigi Fanfulla, figlio di Mercedes Mendlesi, detta `Diavolina’ sulle locande del varietà, considerato il più dotato della sua epoca. Eppure, curiosamente per scelta personale, rimase confinato in quel genere minore che ad altri comici era invece servito come palestra d’apprendimento e trampolino di lancio per la rivista vera e propria: da Totò a Rascel, da Fabrizi a Dapporto, da Tognazzi a Bramieri, da Taranto a Billi e Riva, tutti militarono per anni in avanspettacolo prima del salto in alto verso ribalte più prestigiose. Accanto a Fanfulla, vanno nominati altri talentuosi comici d’avanspettacolo rimasti tali: Fredo Pistoni, Vanni Romigioli, Mario Ferrero, Renato Maddalena, e una serie di fratelli: i Martana, i Bonos, i Maggio, i De Rege. Fanfulla, in un’intervista a Oreste del Buono del 1970, a proposito della sua carriera, ebbe a dire: «Io, che alla fine della guerra godevo di una popolarità immensa, mi sono visto superare da tanti in fama e guadagni. E allora qual è stato lo sbaglio? Per cominciare, credo che un qualche sbaglio ci sia stato nel nome. Lo conoscono tutti, d’accordo, ma forse è riduttivo. A Roma avevo zii, parenti vari in posti importanti. Mi occorreva uno pseudonimo. Restai incerto tra Fanfulla e Attila. E poi decisi per Fanfulla. Chissà, Attila avrebbe funzionato meglio. Va a sapere…». Nonostante il cognome non aveva nessun legame con i Visconti di Modrone lombardi, questo coincidenza, però suggerì uno scherzo all’autore di riviste Ruggero Maccari. Intervistato da un giovane e inesperto giornalista, rivelò che era in quel periodo intento alla stesura di un copione importante, commissionatogli nientemeno che da Visconti. Si trattava, ovviamente, di Fanfulla, ma il giornalista abboccò e attribuì al già famoso regista Luchino il proposito d’esordire in rivista.
Fanfulla comico d’una comicità surreale (come Rascel), che si presentava indossando giacche di colori impossibili, citava battute sapide prese a prestito dalle riviste d’umorismo “Marc’Aurelio” e “Bertoldo”, arricchiva i suoi spettacoli con ospiti a sorpresa: se attore di prosa, impegnato in un monologo; se cantante, nell’esecuzione di alcuni motivi di successo. Nel 1942, in compagnia ebbe Alberto Sordi nel ruolo di presentatore. E Sordi ricorda: «Ogni settimana un ospite. Una volta venne la Magnani, un’altra Fabrizi. Una sera presentai Federico Fellini e Giulietta Masina che, appena sposati, erano in viaggio di nozze. Li feci salire sul palcoscenico e invitai il pubblico a regalare loro, come dono di nozze, un bell’applauso. E gli spettatori si pelarono le mani a furia di batterle». Il settimanale di spettacolo “Otto” così giudicò Fanfulla: «Questa del cambiar vestito ad ogni quadro è una trovata che indubbiamente rende molto sul piano dello spettacolo: appena Fanfulla va fuori scena con il suo vestito celestrino, il pubblico resta lì ad aspettarlo al varco chiedendosi come riapparirà dopo; e dopo c’è il vestito rosa e poi quello verde smeraldo e quindi quello rosso fuoco, e arancione, e giallo, e indaco, e violetto. Una trovata spettacolare, come quella del passo addormentato, degli occhi socchiusi, del viso immobile, del lievissimo sorriso, della grattatina alla suola della scarpa, del sudore al gomito, dell’indice ribelle da ripiegare con mansuetudine. Mille trovate che fanno di Fanfulla un attore comico». Un attore consapevole del suo talento. Stava per fare compagnia con Wanda Osiris, e quindi stava per compiere il salto di categoria. Non accettò l’ordine di apparizione sul manifesto. Voleva: «Fanfulla presenta Wanda Osiris». Gli fu ribattuto: «Wanda Osiris presenta Fanfulla». Rifiutò. Al suo posto, venne chiamato Renato Rascel. Mai banale, neppure nei titoli degli spettacoli: Il romanzo di due orfanelle povere e due sergenti miserabili padroni delle ferriere: misteri di Parigi , un bigino di feuilleton firmato da Amendola e Mac (Ruggero Maccari), stagione 1946-47 al Valle di Roma. Nel cast, Mara Landi e il cantante Achille Togliani; scene di Onorato.
La stagione successiva, sempre al Valle (F. si muoverà poco da Roma) va in scena La favola di tutti i tempi di Sullin, con satira politica «non sempre di buon gusto». Ma in scaletta c’è anche un incontro di boxe tra donne. Sempre a Roma, nella stagione 1948-49, tre assi in concorrenza: Fanfulla varietà , Rascel varietà e Bustelli varietà , il mago dai mille trucchi. In Tante piccole cose , Roma 1950-51, con Fanfullaci sono Edmea Lari, la ‘spalla’ Carlo Rizzo e il ballerino Harry Feist. In Follie di primavera di Amendola e Mac, Fanfulla sdrammatizza la discesa in serie B della squadra calcistica Roma, recitando Er fattaccio sportivo (1951-52). Dopo anni di intenso e proficuo lavoro al servizio dell’avanspettacolo, F. risente anch’egli della crisi che attraversa quel genere, sconfitto da strip-tease, cabaret e commedie musicali. Nel 1965, va in scena Che donne, ragazzi! ; nella stagione 1967-68, un `superavanspettacolo’ firmato da Dino Verde e intitolato Divertentissimo . Stile e talento di F. furono esaltati in due film di Federico Fellini. Ne I clown , 1970, ma soprattutto in Satyricon (1969), rilettura trasgressiva dell’opera di Petronio. Nella debosciata Roma imperiale, F. fu il comico Vernacchio, ricalcato sull’iconografia dei mosaici che esprimeva una desolata, ambigua e grassa comicità. Ottenne per tale incisiva interpretazione il Nastro d’argento. «Sboccato, ilare con tristezza e amaro con risvolti giocosi», chiosò l’autorevole Pietro Bianchi.