Bernardi

Marco Bernardi ha studiato all’università di Bologna con Ezio Raimondi e Luciano Anceschi ed è stato allievo di M. Scaparro col quale ha collaborato per sette anni. Nel 1973 debutta in teatro allo Stabile di Bolzano come aiuto regista di Scaparro nell’ Amleto . Nel 1975 insieme a Scaparro e Micol fonda il Teatro Popolare di Roma dove nel ’76 cura la sua prima regia con Murales , uno spettacolo multimediale con il quartetto di Giorgio Gaslini. Nella stagione 1977-78 ha fatto il critico teatrale per il quotidiano “L’Adige” di Trento e nella stagione seguente ha lavorato per la Biennale di Venezia, collaborando alla progettazione del Carnevale del Teatro.

Dal ’79 si dedica regolarmente alla regia e nel 1980 diventa direttore artistico del Teatro stabile di Bolzano. Nei sui lavori si possono individuare due linee guida: la prima è quella di una grande fedeltà al teatro di parola riscontrabile in Andria (1979), Romeo e Giulietta (1980), William Shakespeare Hotel (1982), Sogno di una notte di mezza estate (1983), Minetti (1984) e Il Teatrante (1986) di T. Bernhard; la seconda incentrata sui rapporti drammaturgici tra il linguaggio teatrale e quello cinematografico come in Coltelli (1981) di J. Cassavetes, Qualcuno volò sul nido del cuculo (1986), Anni di piombo (1989) di M. von Trotta. Altre produzioni di Bernardi allo Stabile di Bolzano: La rigenerazione (1990) di I. Svevo, Libertà a Brema (1991) di Fassbinder, La locandiera (1993), Hedda Gabler (1995) di Ibsen e Il contrabbasso (1995) di P. Suskind.

Bolzano

Inizialmente il Carrozzone, trasformatosi in teatro stabile, mantiene il proprio nome, quasi a voler sottolineare l’intenzione di non voler rinunciare alla propria poetica teatrale, nonostante la svolta segnata dalla sedentarietà. Gli anni che vanno dal 1950 al 1966, sono caratterizzati dalla direzione artistica del Teatro Stabile di Bolzano dello stesso Piccoli, che cerca di mantenersi fedele a una linea produttiva non commerciale, capace di coinvolgere il pubblico attraverso la rivisitazione dei classici e dei grandi autori stranieri e italiani ( Miles gloriosus di Plauto, 1950-51; Medea di Euripide, 1950-51; Zio Vanja di Cechov, Il ballo dei ladri di Anouilh 1952-53; La signora dalle camelie di A. Dumas, 1955-56; L’annuncio a Maria di Claudel 1959-60; Le mani sporche di Sartre, 1962-63, fra gli altri, oltre a un’ampia rivisitazione della produzione drammatica di Goldoni e di Pirandello). Un periodo di grande precarietà, testimoniato anche dall’assenza di materiale documentario relativo alle produzioni e alle diverse attività del teatro. Gli succedono alla guida del teatro due attori importanti quali Mario Ricci (1966-67) e Renzo Giovampietro (1967-68), e l’attore e regista genovese Pietro Privitera (1968-69): sono anni di grande instabilità istituzionale, che si riflettono sensibilmente nelle linee progettuali delle provvisorie direzioni artistiche. Con Scaparro (1969-75) si defininsce progressivamente una nuova politica culturale dello stabile. Una nuova sala si affianca al Teatro Comunale di Gries (sede provvisoria del teatro sin dalla sua fondazione) e l’attività produttiva viene rilanciata (Cosa dirà la gente di Feydeau , regia di M. Scaccia, 1969-70; La Lena di Ariosto, regia di Scaparro, 1971-72; Amleto , 1972-73, fra gli altri). Alessandro Fersen guida il teatro alle soglie degli anni ’80, tentando di travasare nell’istiuzione pubblica la sperimentazione espressiva del suo laboratorio romano. Difficoltà finanziarie tuttavia, compromettono l’esito del tentativo (fra le produzioni di questi anni: Leviathan , 1975-76; Brecht 39 , 1975-76; Leonce e Lena , 1977-78). Sfiorata la chiusura nel 1979-80, lo Stabile sopravvive e sotto la direzione artistica di Marco Bernardi (1980), amplia notevolmente gli orizzonti delle sue produzioni: da un rinnovato impegno nell’accostamento dei classici, soprattutto attraverso Shakespeare (Romeo e Giulietta , 1980-81; Pene d’amor perdute, 1982-83; Il Sogno di una notte di mezza estate, 1983-84), a un ciclo di produzioni sul Settecento (L’impresario delle Smirne , 1984-85; Arlecchino educato dall’amore ; 1987-88; Il barbiere di Siviglia di Beaumarchais, 1988-89), al confronto diretto fra i linguaggi del cinema e del teatro (Qualcuno volò sul nido del cuculo , da K. Kesey, 1985-86; Anni di piombo di M. von Trotta, 1988-89), all’attenzione per l’attualità di Ruzante (I dialoghi , 1991), oltre che alla rivisitazione di Thomas Bernhard.