Magazzini (Criminali)/Il Carrozzone è una compagnia teatrale che partecipa fin dal 1972 alla ‘nouvelle vague’ della scena italiana con Morte di Francesco (1972) e La donna stanca incontra il sole (1973). Di evidente matrice figurativa, il debutto di Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Marion D’Amburgo, all’epoca riuniti ancora sotto il nome di Il Carrozzone, si colloca storicamente nel periodo di transizione che, a cavallo tra i ’70 e gli ’80, vede affacciarsi sulla scena nazionale una folta e agguerrita rappresentanza di registi, interpreti e autori avocati, per il carattere anticonvenzionale del loro lavoro e il costante riferimento all’arte moderna e contemporanea, al filone della `nuova avanguardia’.
Su questo sfondo, di fertile e contraddittoria elaborazione formale e tematica, è possibile leggere anche il percorso ormai trentennale della compagnia che dalle spinte trasgressive e dagli studi sullo spazio di allestimenti come Presagi del vampiro (1977) o Vedute di Porto Sud (1978) approda negli anni alla rilettura di classici antichi (lo Shakespeare di Scene di Amleto , 1998) o contemporanei (il Brecht di Nella giungla delle città , del ’97).
Lombardi e D’Amburgo in scena, con Tiezzi nei panni di regista, si affermano a livello italiano ed europeo verso la fine degli anni ’70 con due lavori, Punto di rottura e Crollo nervoso , sotto la nuova denominazione di Magazzini Criminali. Nel successivo decennio l’accento della ricerca del gruppo si sposta verso il `teatro di poesia’ che connota la produzione del gruppo tra l’84 e l’85 (Genet a Tangeri , Ritratto dell’attore da giovane , Vita immaginatria di Paolo Uccello e Perdita di memoria , presentato alla Biennale di Venezia) e le successive ricognizioni di alcune delle figure chiave del teatro del Novecento.
All’esplorazione sui `padri’ della sperimentazione (Artaud e il teatro della crudeltà, il teatro dell’assurdo, Genet) seguono il Beckett di Come è dell’87, con la drammaturgia di Franco Quadri (sullo stesso autore torneranno nel ’92 con Finale di partita ), e l’Heiner Müller di Hamletmaschine e Medeamaterial (1988).
Modello definitivo del `teatro di poesia’ inteso sia come scrittura scenica sia come drammaturgia in versi sono le tre cantiche della Commedia di Dante rivisitate in collaborazione con Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici (1989-91). La stessa poetica continuerà a influenzare le successive produzioni (tra le altre, l’Adelchi di Manzoni nel ’92 e, nel ’94, Porcile di Pasolini, che per primo concepì e parlò di un `teatro di poesia’) per tornare anche in Felicità turbate di Luzi (al Maggio musicale fiorentino del 1995, con musiche di Giacomo Manzoni) e nel dittico testoriano di Edipus e Cleopatràs tra il ’94 e il ’96.