Brignone

Figlia del regista cinematografico Guido e nipote dell’attrice Mercedes, Lilla Brignone esordì a quindici anni con Kiki Palmer, per recitare poi con Gandusio, Besozzi, Ricci, la Merlini, Stival, Cimara, Benassi, non disdegnando una parentesi in rivista con Rascel. Se suo prediletto quanto intransigente maestro fu Ruggeri, una svolta decisiva nella sua carriera avvenne con la settennale esperienza presso l’appena nato Piccolo Teatro di Strehler-Grassi, dove fu impegnata con Shakespeare, Molière, Pirandello, ma anche con Camus, Anouilh, Savinio, oggi sofoclea Elettra (1951), domani shakespeariana Lady Macbeth (1952). Dalla maturazione con Strehler alla consacrazione con Visconti il passo fu breve ma essenziale, trascorrendo dalla Nennele di Come le foglie di Giacosa (1954) alla Elizabeth del Crogiuolo di Miller (1955), dalla Contessina Giulia di Strindberg (1957) a La monaca di Monza di Testori (1967). In coppia con Santuccio, per una dozzina d’anni suo compagno d’arte e di vita, affrontò classici e moderni, tragici e comici (Seneca e Schiller, O’Neill e Brecht, Williams e Albee, Goldoni e Ibsen), affidandosi a registi come Squarzina, Enriquez, Scaparro, Fenoglio. Un’inesausta ricerca di perfezione, filtrata da una sensibilità al limite della nevrosi, la stimolò a prediligere personaggi tormentati e problematici, senza perciò negarsi a qualche concessione `brillante’, quasi per una necessità di controcanto. Negli ultimi anni lavorò soprattutto con Sepe, un regista «uscito dalle cantine romane», con il quale fu tra l’altro l’enigmatica signora Frola di Così è (se vi pare) di Pirandello, suo straziante canto del cigno.