Wakhevitch

Conclusi gli studi artistici, Georges Wakhevitch debutta come scenografo con Le roi Camelot di M. Rouf (Parigi, Théâtre de l’Oeuvre 1927), interessandosi in seguito prevalentemente al cinema. Ritorna al teatro nel 1935, collaborando con Ducreux e Roussin (Macbeth di Shakespeare e La sconosciuta di Arras di A. Salacrou; Marsiglia, Le Rideau Gris, stagione 1935-36) e, dopo aver allargato la sua attività anche al balletto e all’opera, consacra il suo successo con la realizzazione del Così fan tutte di Mozart, primo spettacolo del festival di Aix-en-Provence (1948). Con uno stile solidamente costruttivo risolve la simultaneità dell’azione drammatica senza togliere emotività e suggestione all’ambiente scenico, come accade per Il console di Menotti (Scala 1951), per la ‘veduta d’angolo’ di Sud di J. Green (Parigi, Athénée 1953) e per l’essenziale allestimento a due livelli dei Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc (regia di M. Wallmann, Scala 1957). Dopo un Simon Boccanegra (regia di F. Enriquez; Verona, Arena 1973) dall’impianto scenico meccanicizzato, ma con atmosfere tra il metafisico e il surreale, gli ultimi lavori (Otello di Verdi: Berlino, Deutsche Oper, stagione 1975-76; Pagliacci di Leoncavallo: Scala 1977) lasciano più spazio al consueto gusto per i riferimenti pittorici, come nei fastosi costumi per il Don Carlos di Verdi (regia di H. von Karajan, scene di G. Schneider-Siemssen; Salisburgo 1979).