Tharp

Dopo aver studiato pianoforte e violino, Twyla Tharp si dedica all’acrobazia, e poi, trasferitasi in California, a un’ampia gamma di discipline, tra cui balletto, jazz dance, percussioni, twirling, tip tap, danze gitane. Approdata a New York, continua gli studi di danza presso le scuole dei maggiori maestri per entrare una sola stagione nella compagnia di Paul Taylor. Debutta come coreografa nel 1965 e presenta l’anno dopo Re-Moves , presso il Judson Dance Theatre, con il pubblico costretto ad `ascoltare’ la danza senza vederla. La fama arriva però con The Fugue (1970), un trio postmoderno con le sole percussioni dei piedi sul pavimento amplificato.

Dopo di che la sua formazione eclettica riemerge offrendole gli spunti e i mezzi tecnici per una danza rigorosamente costruita e nel contempo gradevole al grande pubblico. Nascono alcuni brani di ironica leggerezza su musiche jazz, popolarissime, come Eight Jelly Rolls, The Bix Pieces (1971), Sue’s Leg (1976), Baker’s Dozen (1979) e Nine Sinatra Songs (1982), in chiave musical. Nel 1973 crea per la sua compagnia e il Joffrey Ballet insieme Deuce Coupe , un successo di botteghino su musica dei Beach Boys; poco dopo, ancora per il Joffrey Ballet, firma As Time goes by , uno spiritoso esempio di balletto post-neoclassico su musica di Haydn, a cui seguirà In the Upper Room (1987, musica di Philip Glass).

È del 1976 Push comes to Shove , che rivela il talento di ballerino contemporaneo di Barishnikov. Questi, in veste di direttore dell’American Ballet Theatre, le commissiona Bach Partita (1984) e la chiama accanto a sé come condirettrice (1988). Coreografa per il New York City Ballet, in collaborazione con Robbins, Brahms – H&aulm;ndel (1984), allestisce all’Opéra di Parigi Rules of the Game (1989) e per la compagnia di Martha Graham Demeter and Persephone (1994). Tra i suoi lavori degli anni ’90 si ricordano Octet (1991), Jump Start (1995) e il trittico Tharp! cioè Sweet Fields, 66, Heroes (1996), in cui conferma la sua attitudine all’entertainment colto. Curiosa ed eclettica, lavora anche per il video ( The Catherine Wheel , 1983, musica di David Byrne), per il cinema (Hair, 1979; Ragtime, 1980; Amadeus, 1984; White Nights, 1985) e per il musical con il remake di Singin’in the Rain (Broadway, 1985). Scrive l’autobiografia Push comes to Shove (1992).