Solenghi

Tullio Solenghi frequenta la scuola del Teatro Stabile di Genova e, nel 1982, fonda con Anna Marchesini e Massimo Lopez il Trio, che diventa uno dei fenomeni di spettacolo più importanti della scena italiana. Sciolto il Trio nel 1991, continua la sua attività come attore. Il suo debutto in tv risale al 1977 in “Luna Park”, su Rai uno in seguito il suo percorso, intrecciato per la maggior parte con quello del Trio tra televisione e teatro lo vede come attore protagonista, nel 1997 in Frankestein , un musical di cui Solenghi è co-autore insieme a M. Presta e A. Dose. Nel 1995 è la voce di `Scarr’ nel Re Leone della Disney. Nel 1996 lo vediamo al cinema nel film di L. Wertmüller Metalmeccanico e parrucchiera in un’orgia di sesso e politica.

Legnanesi,

I Legnanesi sono una compagnia storica di attori ‘en travesti’, che solo nell’ultima passerella si presentavano in abiti maschili, nacque nell’oratorio di Legnanello nel 1946, come piccolo gruppo di teatro dilettante. Già da allora i primi attori della compagnia sono Felice Musazzi, Tony Barlocco, Renato Lombardi (la mostruosa Chetta), che però si esibivano anche in abiti maschili. Il debutto ufficiale avviene con E un dì nacque Legnanello , nel 1949, nel teatro dell’oratorio del Redentore di Legnano. Accolta subito da grande successo popolare, la compagnia si trasforma in una specie di Stabile legnanese, in grado di fare piccole ma capillari tournée in Lombardia. Il primo titolo in cui si battezzano le storiche figure di Teresa e Mabilia, madre e figlia in continua ripicca, vere protagoniste di questa Commedia dell’Arte lombarda, è Sém nasù per patì (Siamo nati per soffrire), cui seguirono molte altre riviste d’ingenua spettacolarità. La prima trasferta importante è nel 1955, al Villoresi di Monza, ma la consacrazione avviene con Va là batel… al Teatro Odeon di Milano, nel ’58, per volontà del suo gestore Enrico Papa. È subito un trionfo di ilarità, sia popolare sia snobistica: in platea Wanda Osiris segue e applaude le gesta e le imitazioni di Tony Barlocco, soubrette della compagnia che indosserà via via i più sfarzosi costumi, come nella parodia della vecchia rivista. Da allora fu ogni anno un record di applausi e di incassi, i Legnanesi divennero un fatto di costume teatrale, chiamando in sala un pubblico nuovo e diverso, non affine al tradizionale spettatore milanese.

La compagnia, che recitava sempre e soltanto testi della sua `prima donna’ Felice Musazzi, ex metalmeccanico della Franco Tosi, era composta di operai che, senza montarsi la testa, di giorno lavoravano in fabbrica e la sera partivano in pullman per Milano, tornando a casa a ora tarda, a fine spettacolo. Il gruppo, eccentrico ed eccezionale nel panorama del nostro teatro, raccoglieva, – trattando, con verace vena di osservazione i problemi quotidiani della povera gente nei cortili – la tradizione del teatro popolare, accostabile per qualcuno alla Commedia dell’Arte e al Ruzante. Tra i difensori storici dei Legnanesi è da citare Alberto Arbasino che, in un articolo dei primi anni ’60, paragonò lo stile di Musazzi a quello brechtiano, citando il cabaret pop di Karl Valentin e consacrando un tipo di rivoluzione nel messaggio diretto e irresistibile offerto alla platea. I testi delle riviste erano quasi sempre canovacci per mettere in risalto le condizioni di vita della povera gente della provincia lombarda, quasi una deformazione grottesca di Bertolazzi. Una delle componenti del successo fu anche, negli anni ’70, l’estremo lusso degli allestimenti, il momento canoro di Ciro, la parodia sempre più fastosa, anche negli atteggiamenti, della soubrette Barlocco che si esibiva in attese passerelle al finale del primo tempo: ma nel fondo resisteva la satira socialista ancien régime , e anche qualche battibecco `anti-meridionale’ fatto però col cuore in mano. Se l’Odeon divenne, nel corso degli anni, il teatro dei Legnanesi, dove la compagnia recitava a sala esaurita per cinque o sei mesi, gli spiritosissimi travestiti andarono anche al Manzoni, al Nuovo, al Lirico, al Massimo, sempre richiamando un fedelissimo pubblico che si riconosceva nelle situazioni `minimaliste’ e nei dettagli di costume, oltre che nel classico e storpiato gioco di parole, eredità del vecchio varietà, che la Teresa sublimò in alcune battute leggendarie, col dialetto usato come arma da scasso per la risata totale.

Tra i molti titoli, dal 1958 in poi: Teresa e Mabilia show in famiglia (irresistibile famiglia Colombo), Telalà la luna, Teresa di notte, Teresa degli spiriti , Zucc e melun la so stagiun, Chi vusa pu sé la vacca l’è sua, I pover Christ superstar, Regna la rogna, I lenzoeu d’ier e d’incoeu, Il cortile dei miracoli, Famm, fum e frecc, B… come `buleta’ , Oh vita, oh vita straca, E la buleta la va la va e l’ultimo Lasciate che i pendolari vengano a me, che debutta nel 1983 e poi viene ripreso nel 1985. Tra le tournée fuori Lombardia, una serie di poco fortunate recite al Sistina di Roma, dove accorsero però spettatori doc come Luchino Visconti e altri ammiratori dell’ambiente; e una tappa a Parigi, rappresentanti del teatro popolare italiano. Amati molto anche da Fellini, i Legnanesi ebbero poca affinità col cinema, ospitati solo dal regista Caprioli nel salotto folk di Splendori e miserie di madame Royale con Ugo Tognazzi travestito. Dopo la morte dei due capostipiti, Tony Barlocco nel 1986 e Felice Musazzi nel 1989, i Legnanesi si riorganizzarono sotto la direzione di Alvaro Testa e Dante Barlocco, allestendo allo Smeraldo altri spettacoli sulla stessa linea popolar-dialettale, cambiando i nomi ma non i caratteri, e partendo con un omaggio alla loro storia teatrale, Legnanesi story . Tra i `nuovi’ protagonisti sono da citare Lino Mario (la peccaminosa Eleonora), Angelo Mortarino (la saggia zia Maria) e Rino Mareschi (Rina, inedita zitella di taglia extra large). I migliori spettacoli del gruppo sono stati editati anche in videocassetta e Legnano ha dedicato ai suoi eroi molti onori e un ricco volume.

Trio

I membri del Trio provengono da esperienze diverse. La Marchesini ha frequentato l’Accademia d’arte drammatica di Roma ed esordì accanto a Tino Buazzelli in Il borghese gentiluomo di Molière; Solenghi è stato attor giovane in prosa con il regista Luigi Squarzina al Teatro Stabile di Genova; nel 1977 fu con Giorgio Albertazzi in Il fu Mattia Pascal di Pirandello; lasciò quella parte per lavorare in cabaret a Milano (al Refettorio, era stato impegnato nel numero d’apertura della serata; dopo toccava a Beppe Grillo). Il suo ruolo pirandelliano passò a Massimo Lopez, che già divertiva sé e gli altri, con un carosello infinito di imitazioni. Nel 1982, Radio Due propose a Solenghi il varietà “Helzapoppin” e qui nasce il Trio, che comprende un bancario mancato (Lopez), un aspirante prete (Solenghi) e una psicologa 110 e lode (la Marchesini). Di “Helzapoppin” erano state previste tredici puntate, diventarono sessantacinque.

Poi, nel 1984, il trio fa “Tastomatto” in tv accanto a Pippo Baudo; segue, l’anno successivo, “Domenica in” con Mino Damato. Nel 1986 il trio partecipa a “Fantastico” e con uno sketch ironico sull’Iran provoca l’ira dell’ayatollah Khomeini (interpretato da Solenghi) e le proteste dell’ambasciata iraniana. Il T. venne riconfermato per l’edizione successiva di “Fantastico”. Nelle stagioni 1989-90 e 1990-91, rappresentarono in teatro Allacciate le cinture , uno spettacolo campione d’incassi che ripropone in una sapida antologia le scenette televisive più riuscite. Altre due stagioni (1991-93) in teatro con In principio era il trio , che manifesta maggiori ambizioni, di scrittura e interpretazione e che fu un altro grande successo di pubblico e di critica. Sul tema antico del triangolo marito-moglie-amante, i tre si sbizzarriscono funambolicamente, con sommesse citazioni classiche, da Feydeau a Courteline, da Pirandello a Freud.

Il Trio era reduce da un altro grande successo televisivo, la rilettura ironica dei Promessi sposi, realizzata nel 1990 per la Rai, con l’imbonitrice Wanna Marchi che vendeva rimedi contro la peste, Pippo Baudo nel ruolo di Pennellone, papà di Lucia, e altri personaggi noti del teleschermo. Due anni di preparazione, cinque puntate. L’attività del Trio è durata dodici anni, dal 1982 al 1993. Poi, dopo un’esperienza della coppia Solenghi-Marchesini (La rossa del Roxy bar, 1995), i tre hanno preso definitivamente strade diverse. La Marchesini è diventata mamma e si dedica alla famiglia; Massimo Lopez ha condotto nel 1994 il programma tv “Massimo ascolto”, nel 1995 ha presentato con Teo Teocoli, su reti Mediaset, “Scherzi a parte” e nel 1996, con Luca Barbareschi, ha fatto “I guastafeste”. A Massimo Lopez, in coppia con Giancarlo Magalli, è stata affidata l’edizione 1998-99 di “Domenica in” su Raiuno. Da segnalare i successi paralleli di due serie di spot televisivi: Lopez testimonial della Telecom nel ruolo dell’eterno condannato a morte (‘Una telefonata allunga la vita’) e Solenghi in paradiso a sorseggiare caffè con san Pietro (Riccardo Garrone).

Trettré,

I Trettré iniziano alla fine degli anni ’70 nel cabaret – girando per i locali notturni e le discoteche della penisola – e approdano presto alla tv. Durante la gavetta hanno modo di riprendere e `riverniciare’ gli schemi dell’avanspettacolo, ma non sempre sono all’altezza. Partecipano nel 1980 ai programmi di Raitre Il barattolo , Lo scatolone e Il ponte sulla manica. La notorietà arriva nel 1983 con la partecipazione alla trasmissione Drive in (1983-1985). Nel 1986 approdano a Retequattro con Un fantastico tragico venerdì e Che piacere averti qui. Nel 1989 sono gli interpreti della sit-com I-taliani , scritta dallo stesso Setaro e da Lorenzo Beccati. Nel 1991 i tre sono al Tg delle vacanze di Retequattro e partecipano al Festival della canzone demenziale Sanscemo. Dal 1992 al 1994 partecipano a Buona domenica . Nel 1995 il trio è nel varietà Caro bebè . Lo stesso anno recitano in teatro nello spettacolo Avviso ritardo treno proveniente da…