Carotenuto

Figlio d’arte – il padre Nello è un ufficiale del dazio diventato attore anche di film muti – Mario Carotenuto trascorre un’infanzia turbolenta al fianco del fratello Memmo, che sarà a sua volta attore. Debutta sul palco a otto anni al Teatro Costanzi di Roma, prima che il suo carattere ribelle lo releghi per tre anni in riformatorio. Sulla strada trascorre la giovinezza arrangiandosi come salumiere, cravattaio o attacchino, e la strada è la sua prima accademia artistica. Al termine della guerra, durante la quale conosce la prigionia, approfitta di una scrittura radiofonica a Firenze per iniziare la carriera d’attore. È protagonista al microfono di trasmissioni come Zig zag e Il rosso e il nero , e interprete di rivista al fianco delle Peter Sisters in Ice Follies , di Rosalia Maggio in Cavalcata a piedi (1952), prima di diventare capocomico in proprio con Occhio per occhio, lente per lente (1953). Nel 1951 è nel cast di Marakatumba, ma non è una rumba , primo titolo di una filmografia che arriva a più di cento pellicole (tra il 1958 e il ’62 sono oltre trenta), moltissime di serie B, in cui caratterizza, con la sua presenza bonaria, personaggi burberi, cornuti o derisi. Ma anche autori importanti lo vogliono nei propri film per parti più complesse e drammatiche: con Lattuada gira La spiaggia (1953), con Risi Poveri ma belli (1956), con Damiani Girolimoni (1972), con Comencini Lo scopone scientifico (1972) che gli vale il Nastro d’argento. Inaugura la sua epoca d’oro in teatro con il ruolo di Peachum nell’ Opera da tre soldi (1956) diretta da Strehler, cui fa seguire la commedia musicale Un paio d’ali (1957) di Garinei-Giovannini-Kramer, che lo scritturano ancora per Un trapezio per Lisistrata (1958). Nel 1963 offre la sua prova teatrale più completa, dando vita ad Alfred Doolittle, padre scorbutico e sempre sbronzo di My fair lady. Strehler lo chiama di nuovo al Piccolo nel 1966 per affidargli il ruolo di Cromo in I giganti della montagna , poi è Bolognini a dirigerlo come autoritario patriarca Max in Ritorno a casa di Pinter (1974); ma il teatro comico lo risucchia con Neil Simon (Promesse promesse, I ragazzi irresistibili), Feydeau (Un gatto in tasca) e i classici riadattati da Roberto Lerici nei tardi anni ’80 (L’avaro, Il burbero benefico, Falstaff). Sul teleschermo è presentatore del varietà Un, due, tre (1954), ma soprattutto protagonista drammatico – spesso è ‘il cattivo’ – in sceneggiati come La fine dell’avventura (1969), I demoni e Il sospetto (1972). È sulla scena per l’ultima volta con Il medico per forza.