Saccomandi

Laureatosi in discipline dello spettacolo (Dams) all’università di Bologna, Gigi Saccomandi inizia la sua attività nel 1980. Collabora con alcuni tra i maggiori registi teatrali italiani: M. Castri, N. Garella, C. Lievi, G. Marini, P. Pizzi, L. Ronconi, S. Sequi, nei più importanti teatri europei (La Scala di Milano e la Fenice di Venezia; la Schaubühne di Berlino; la Staatsoper e il Burghtheater di Vienna; i principali teatri di prosa e d’opera italiani e quelli di Zurigo, Montecarlo, Ginevra, Berlino, Basilea, Madrid, Varsavia) e al Metropolitan di New York. Con la sua attività è stato determinante nell’istituire in Italia la figura professionale del light designer, basata finalmente su una solida formazione culturale e su evidenti doti artistiche trascurate in passato. Caratteristica principale della sua poetica è l’abilità con cui riesce a `raccontare’ attraverso la luce e un gusto estetico di ispirazione pittorica. Insegnante, per diversi anni, di illuminotecnica presso la Scuola d’arte drammatica `P. Grassi’, ha realizzato progetti di illuminazione anche per mostre, monumenti e palazzi.

Levi

Attratto dall’uso espressivo della luce e dello spazio, Guido Levi nei primi anni ’70 si avvicina all’ambiente teatrale partecipando ai lavori di Dario Fo. Tra il 1974 e il 1980 è con Missiroli al Teatro Stabile di Torino, dove realizza tra gli altri Zio Vanja di Cechov (1974-75), Verso Damasco di Strindberg (1975-76), I giganti della montagna (1975-76), La villeggiatura di Goldoni (1977-78). Intanto conosce Pier’Alli, con il quale collabora a diversi allestimenti: L’elisir d’amore di Donizetti (1982), Trittico di Schönberg (1983), La caduta di casa Usher di Debussy (1986), la Tetralogia di Wagner (1987-1992). Lavora con Cobelli, W. Herzog, Y. Kokkos, J. Miller e, dal 1995, inizia a collaborare con Ronconi ( Sturm und Drang di Klinger, Fierrabras di Schubert, 1995; Orfeo di Monteverdi, Cenerentola di Rossini, 1998). Nel 1998 partecipa all’allestimento della Turandot nella Città Proibita di Pechino con la regia di Zhang Yimou.

Rossi

Dal 1959 Sergio Rossi inizia a lavorare come elettricista teatrale per piccole compagnie e nel 1962 avvia una collaborazione con la compagnia dei Giovani destinata a durare sette anni. Affermatosi come direttore delle luci dal 1967, lavora con i più importanti registi italiani: Visconti, Rossellini, De Lullo, De Filippo, Pizzi, Zeffirelli, Castri, Squarzina, Ronconi. Ampliando i suoi interessi dalla prosa al melodramma e al balletto, partecipa alle produzioni del Teatro di Genova, del Rossini Opera Festival, dello Stabile di Trieste e dal 1963 al 1996 collabora agli allestimenti del festival dei Due mondi. Come libero professionista lavora anche con numerosi registi stranieri come Chéreau, Cacoyannis, Ken Russel, Bob Wilson, Ciulei, Gades. Tra gli ultimi allestimenti di cui si è occupato ricordiamo: Italiana in Algeri di Rossini per la regia di D. Fo, Guglielmo Tell – e Tancredi – di Rossini per la regia di Pizzi; Don Giovanni di Mozart regia di Squarzina; Gli ultimi giorni dell’umanità, Peer Gynt, Aminta e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, per le regie di Ronconi.

Cheli

Vinicio Cheli si diploma nel 1973 alla Scuola di scenografia dell’Accademia di belle arti di Firenze e dal 1974 al 1979 lavora al Maggio musicale fiorentino collaborando a tutte le produzioni. Dal 1979 al 1989 partecipa alle realizzazioni del Piccolo di Milano dove è collaboratore alle luci di Strehler. Intanto inizia a lavorare per il Rossini Opera Festival (dal 1987) e per il festival di Salisburgo (dal 1989) dove produce diversi spettacoli. Nel 1990 collabora all’inaugurazione dell’Opéra-Bastille e l’anno seguente è al Festival di Aix-en-Provence con Castor e Pollux . Nel 1992 lavora all’allestimento dell’ultimo balletto di Nureyev Bayadera . Collabora poi con Ronconi (Falstaff, 1993; Otello, 1994) e con Grüber (Erwartung, 1995; Otello, 1996). Nel 1998 lavora agli allestimenti di Parsifal (per la Nationale Reis Opera), Aida (per la riapertura del Teatro Massimo di Palermo), Lucrezia Borgia (con Hugo de Ana per la Scala), Lucia di Lammermoor (al Metropolitan di New York). Insegna illuminotecnica alla Nuova Accademia di belle arti di Milano e alla Scuola professionale della Scala.

Svoboda

Dopo il liceo scientifico Josef Svoboda frequenta la scuola per falegnami e studia all’Accademia di architettura e arti applicate di Praga. Le sue prime scenografie risalgono al 1943, presso il teatro sperimentale praghese (Nuovo gruppo al museo Smetana), per La morte di Empedocle di Hölderlin. Si rileva in questi progetti l’influenza costruttivista russa, unita ai temi scenografici di Appia e Craig, che poi Svoboda svilupperà portando la sua scenografia a essere protagonista, componente essenziale, presenza polarizzante per la drammaturgia dello spettacolo. Le sue messinscene sono fatte di forme e di volumi architettonici, in contrasto con la visione pittorica della tradizione ottocentesca.

Nel 1946 Svoboda diviene direttore di produzione del Teatro 5 maggio a Praga, che nello stesso anno allestisce La sposa venduta di Smetana (regia di Václav Kaslík). Nel 1948 è nominato direttore tecnico-artistico del Teatro Nazionale di Praga e nel 1973 direttore artistico della Lanterna Magika; dal 1968 insegna all’università di Praga. Nel corso della sua fertile e lunga carriera partecipa a numerose, celebri produzioni teatrali, stringendo interessanti collaborazioni con registi di primo piano: A. Radok, per cui allestisce fra l’altro I racconti di Hoffmann di Offenbach (Praga 1946); K. Jernek, per cui cura l’allestimento della Tosca di Puccini (Praga 1947), V. Kaslík, con cui idea ancora la messinscena di Nabucco (Londra, Covent Garden 1972) e Macbeth di Verdi (Montreal 1983).

Interessanti tutte le sue produzioni wagneriane, tra le quali il Tannhauser (1973, regia di Kaslík) e il Ring con la regia di Götz Friedrich (1974-1976), entrambi al Covent Garden. Particolarmente incisivo, inoltre, il confronto con il teatro musicale del Novecento; ne sono un esempio gli allestimenti per due opere di Janácek, L’affare Makropulos (Hannover 1979, regia di Kaslík) e Jenufa (Ginevra 1980, regia di E. Schorm). Scenografo eminentemente `creativo’, S. si impone come innovatore del teatro lirico e di prosa, collaborando per quest’ultimo soprattutto con il regista Otomar Krejca ( Aspettando Godot di Beckett, Salisburgo 1970; Edipo re, Edipo a Colono, Antigone di Sofocle, Praga 1971): una scena `moderna’, attraverso l’impiego delle tecniche più sofisticate di illuminazione, attraverso giochi di luce e controluce che disegnano plasticità e forme dello spazio del palcoscenico.

Una caratteristica della sua scenografia è il movimento di tipo cinetico architettonico (usa proiettori, sipari di luce, specchi, laser, schermi multipli, audiovisivi): soprattutto nella prosa Svoboda continuò a sviluppare un teatro di tipo cinetico, non statico, avvalendosi dell’esperienza sviluppata alla `Lanterna Magika’. In Italia ha debuttato con Intolleranza 1960 di Luigi Nono (Venezia, La Fenice 1961; regia di Kaslík), continuando poi una fertile attività nell’ambito del teatro musicale (Cardillac di Hindemith; Scala 1964); con la regia di V. Puecher ideò successivamente le scene per Atomtod di G. Manzoni (Piccola Scala 1965). Particolarmente significativo per la concezione dello spazio è l’allestimento di L’albergo dei poveri , l’opera di Flavio Testi da Gor’kij (Piccola Scala 1966; regia di Kaslík): un insieme di materiali poveri crea l’atmosfera da bassifondi, dove tra un groviglio di fili e di lamiere vi è lo spazio per le diapositive.

Con K. Jernek progetta il Wozzeck di Berg alla Scala (1971; contemporaneamente allestisce il Woyzeck di Büchner allo Stabile di Torino, regista Virginio Puecher) e, nello stesso teatro, realizza Il mandarino meraviglioso di Bartók con la coreografia di Roland Petit (1980). Collabora con il Piccolo Teatro per Faust frammenti di Goethe (1989-1991, regia di G. Strehler) e La donna del mare di Ibsen (1991), con la regia di Henning Brockhaus, per il quale lavora a molteplici produzioni: Un ballo in maschera (Wuppertal 1991), La traviata (Macerata 1992, Roma 1993), Rigoletto (Macerata 1993), Macbeth di Verdi (Roma 1995), Biedermann e gli incendiari (Anversa 1991) e Andorra di Max Frisch (Saarbrücken 1996).

La scenografia definita da Svoboda è, come si è detto, una componente essenziale dello spettacolo: a volte può essere dominante, a volte quasi assente, ma non rinuncia mai alla funzione allusiva dell’immaginazione. Svoboda crea, nella costruzione dello spazio scenico, la metafora, la suggestione, trasformandone le forme con l’uso di materiali, tecniche e trucchi; costruisce nello spazio del palcoscenico, con la sua scenografia astratta, immagini visive e mentali da sogno.