kathakali

Relativamente tardo (risale al XVII secolo) rispetto ad altre tradizioni di teatro indiano, il Kathakali condivide con esse l’indissolubilità delle varie tecniche, canto, recitazione, danza, mimo, trucco; è dunque un teatro totale, particolarmente vigoroso e ricco di registri, che negli ultimi decenni si è guadagnato un numero crescente di estimatori anche fuori dell’India. Il repertorio messo in scena, tratto principalmente dai due grandi cicli epici indiani, il Mahabharata e il Ramayana, narra di dèi, eroi e miti. Gli spettacoli si svolgono in genere all’aperto, senza scenografia né oggetti in scena salvo per un telo, sorretto a vista da servi di scena come sipario, e una grande lampada con significato rituale, ma anche con la funzione di illuminare lo spettacolo. Le rappresentazioni durano molte ore, a volte una notte intera. Già dal pomeriggio il pubblico, che può sempre muoversi liberamente, ha modo di assistere alla preparazione degli attori: il trucco (una vera e propria pittura sul volto, la cui realizzazione è assai lunga e laboriosa) e la vestizione con costumi estremamente complessi, con tiare, diademi, cinture, sciarpe e bracciali, tutti elementi dal profondo significato. Gli attori del Kathakali, trasformati in figure impressionanti e irreali e obbligati a una postura innaturale, ottenuta con un duro esercizio fin dalla prima infanzia, hanno a disposizione un repertorio limitato di passi e movimenti dei piedi (gran parte dell’azione si sviluppa sul posto), ma un ricchissimo vocabolario di gesti (`mudras’) delle mani e di espressioni del volto, grazie soprattutto a un controllo straordinario dei muscoli facciali. Meraviglia, terrore, comicità, collera ed eroismo sono i principali registri espressivi, ma non mancano momenti di erotismo o il gusto del caricaturale e del grottesco. L’intera rappresentazione è musicata, con due cantanti a cui è affidato il testo, costantemente accompagnati da tamburi di diverse forme e dimensioni, ai quali si uniscono talvolta altri strumenti.