Saporta

L’approccio al mondo della danza di Karine Saporta avviene in maniera molto tradizionale mentre segue corsi universitari di filosofia e di sociologia. Nei primi anni ’70, effettua un soggiorno negli Usa e inizia a coreografare. Le sue prime opere originali risalgono al 1974 (Kokakola). La compagnia ‘le Corps graphique’ che essa anima appartiene a quelle giovani troupe che aprono nuove piste alla danza. Fino al 1982, anno della creazione di una compagnia che porta il suo nome, firma ben diciotto lavori, molti dei quali, come Judith (1978), esplorano temi che saranno in seguito sviluppati. Anche se la sua reputazione è buona, è tuttavia con Èclats d’infante (Maison de la danse di Lione, 1982) che avviene la sua rivelazione e la riconferma l’anno successivo con Hipnoticus circus. Presentato ad Avignone, è del 1985 Les larmes en porcelaine.

Dal 1988 lavora al Centre choréographique di Caen dove dispone di solida base logistica che le permette di percorrere un cammino caratterizzato da spettacoli sempre più ambiziosi e teatrali; anche complessi e sontuosi, raffinati e ricchi di movimento che molto spesso si traducono in grandiose avventure oniriche (la critica parlerà di `opéras du regard’). Al traguardo degli anni ’90, le tappe della sua evoluzione passano attraverso lavori quali Une passion con Yano Hydeushi (danzato nei celebri saloni dell’Hotel Maurice), Un bal dans un coloir de fer, La fiancée aux yeux de bois, fino alla collaborazione con il cineasta Peter Greeneway per il film Prospero’s Book ; e ancora La chiave d’Elvire, La princesse de Milan e l’immaginoso Les trattories de Leila. Molto attenta al mondo delle immagini (S. è eccellente fotografa), ha realizzato vari film, tra i quali Le cirque da Georges Seurat (1986), La Brûlure (1987) e L’adorateur adoré (1991).