Lavelli

Di origine argentina, ma figlio di italiani, Jorge Lavelli è tra i più incisivi registi della scena europea, caratterizza la sua ricca produzione, non soltanto teatrale ma anche lirica, con scelte audaci sia nel repertorio sia nello stile. Mescola sapientemente il realismo al grottesco, al surreale e alla fantasmagoria, con risultati ironici e rivoluzionari. Dopo studi di economia e alcune esperienze di teatro indipendente in Argentina, arriva a Parigi nel 1960 con una borsa di studio per i corsi di Lecoq. Allestisce il suo primo spettacolo ( Le tableau di Ionesco), e nel 1963 vince con Il matrimonio di W. Gombrowicz il concorso delle giovani compagnie teatrali: uno spettacolo tragico-grottesco, di un’ironia violenta, che fa di lui un regista riconosciuto. La scelta dei due autori è sintomo dei suoi interessi soprattutto verso il repertorio contemporaneo. Contribuisce infatti con i suoi allestimenti a far conoscere in Francia drammaturghi come Arrabal ( La torre di Babele , 1979) e Copi. Su testi di quest’ultimo realizza Una visita inopportuna e Quatre jumelles . Parallelamente al lavoro in teatro, ha anche una intensa attività come regista di opera lirica, soprattutto tra gli anni ’80 e ’90. In questo ambito le sue regie più significative sono: L’heure espagnole e L’enfant et les sortilèges di Ravel (1975) al Teatro alla Scala, Pelléas et Mélisande di Debussy (1977), Madama Butterfly (1978), Al gran sole carico d’amore di L. Nono (1982), Les arts florissants di M.A. Charpentier (1982), Le nozze di Figaro (1979), Il flauto magico (1989) e Il ratto dal serraglio (1990) di Mozart. Alla guida del Théâtre de la Colline dal 1988 al ’96, dove debutta con un’opera poco nota di García Lorca, El publico , impronta l’attività del teatro ad allestimenti di testi contemporanei, tra cui Alla greca (1990) e Décadence (1995) di S. Berkoff, Heldenplatz di T. Bernhard (1991) e Slaves di T. Kushner (1996).