Antonelli

Luigi Antonelli fu considerato, assieme a Rosso di San Secondo, Luigi Chiarelli, Enrico Cavacchioli, il fondatore del ‘teatro del grottesco’, una formula che venne applicata, quasi indistintamente, e che coinvolse anche Pirandello. In verità, ciascuno svolse una propria strada, cercando di stravolgere, dal di dentro, certi risultati della commedia borghese. Luigi Antonelli lo fece con L’uomo che incontrò se stesso (1918), un testo, a dire il vero, assai bizzarro, un’avventura fantastica, come un’avventura colorata era stata quella di La bella addormentata di Rosso di San Secondo. Al centro c’è un quarantenne che, grazie a delle arti magiche, può vedere se stesso ventenne e quindi ripercorrere, a ritroso, vent’anni della sua vita. Protagonista fu Antonio Gandusio, un attore certamente adatto a creare forme diverse di comicità. Seguirono La fiaba dei tre maghi (1919), protagonista sempre Gandusio; I diavoli nella foresta (1920), Compagnia Talli; L’isola delle scimmie (1922), Compagnia Borelli-Ruggeri-Talli; Il basso in fa (1924), Compagnia Gandusio; La casa a tre piani (1924), Compagnia Gramatica. Fu un autore prolifico, rappresentato fin negli anni ’40, ed ha lasciato testi inediti per la scena. La sua fortuna si è interrotta nel secondo Novecento, se ne ricordano più gli studiosi che i teatranti. Fu anche critico drammatico sul “Giornale d’Italia” per il quale collaborò per circa un decennio.

grottesco,

La stagione del teatro del grottesco va dal 1916 al ’19 e comprende opere di maggiore e minore esito artistico, quali Così è (se vi pare) e Il gioco delle parti (1917) di Pirandello, La scala di seta di Chiarelli (1917), Marionette, che passione! (1918) di Rosso di San Secondo, L’uomo che incontrò se stesso (1918) di Luigi Antonelli, L’uccello del paradiso (1919) di Enrico Cavacchioli. Sulla suggestione della teoria pirandelliana espressa nel saggio sull’ Umorismo , la drammaturgia del g. costruisce situazioni tipiche della pièce bien faite del teatro borghese, ma ne rappresenta le relazioni sociali e i conflitti morali come un gioco di forme insieme patetico e comico, in cui si dibattono personaggi-maschera. Tra questi centrale è il raisonneur , vero portavoce del riso amaro dell’autore e del disincanto con cui questi sottopone a una critica corrosiva sia le convenzioni sociali sia quelle teatrali – del dramma naturalista – della sua epoca. Al successo di questi autori contribuì in modo significativo una generazione di attori (Talli) sensibile a un rinnovamento espressivo delle convenzioni rappresentative del teatro italiano coevo.