Maggio

Praticamente, Giustina Maggio sulle tavole del palcoscenico ci nasce: infatti, il nome d’arte di Pupella le viene quando, a un anno d’età e adagiata in una cesta, la portano alla ribalta accanto al padre, il grande don Mimì, che interpreta al Teatro Orfeo La pupa movibile di Eduardo Scarpetta. E da questo momento non c’è soluzione di continuità. Giungono prima l’impegno nel varietà e nella sceneggiata (con il conseguente lancio di non poche canzoni di successo) e poi l’approdo, nel ’59, alla compagnia di Eduardo, in occasione del debutto di Sabato, domenica e lunedì : si trattò, nella circostanza, della rivelazione – consacrata dal premio San Genesio per il 1960 – delle incomparabili qualità drammatiche di un’attrice ormai matura e consapevole. Ma ecco il primo `scarto’. Nello stesso anno 1960, Pupella lascia l’incrollabile `bene-rifugio’ costituito per l’appunto dalla posizione di prestigio raggiunta in seno alla compagnia di Eduardo e va a interpretare addirittura L’Arialda di Giovanni Testori, insistendo, tre anni più tardi, con In memoria di una signora amica di Giuseppe Patroni Griffi, accanto a Lilla Brignone e per la regia di Francesco Rosi. E certo, dopo torna con Eduardo: però non è finita, perché agli inizi degli anni ’70 Pupella parte per una nuova e ancora più sconvolgente avventura, il ruolo di Violante in Persone naturali e strafottenti dello stesso Patroni Griffi. E nel ’75 la troviamo impegnata nientemeno che sul versante dell’avanguardia, insieme con Maria Luisa e Mario Santella in un non dimenticato allestimento della Monaca fauza di Trinchera. Insomma, tutti ricordano la Concetta di Natale in casa Cupiello , che entra nella stanza da letto con in mano una fumante tazza di caffè e scandisce il suo monotono: «Lucarie’, Lucarie’… scètate, songh’ `e nnove». Ma l’autentica grandezza dell’attrice non sta tanto nell’aver (sia pure inarrivabilmente) trasferito in scena le stimmate profonde della donna (e, in particolare, della madre) napoletana, quanto nell’aver esteso le radici di quell’archetipo specifico sul piano di un simbolismo universale. È per questo che, sul finire degli anni ’70, Pupella riuscì a realizzare l’ennesima sua sfida alle convenzioni: interpretando, addirittura, La madre di Brecht. Anche sui suoi ricordi è scritta `Na sera `e… Maggio che Antonio Calenda nel 1982 ha dedicato alla vita artistica sua, di Beniamino e di Rosalia.