Fava

Giovanissimo Giuseppe Fava si trasferì a Catania, che divenne la sua città di adozione, dove intraprese l’attività di giornalista nel quotidiano “Espresso sera”, con la carica di capocronista e di redattore capo, che mantenne fino al 1980. A questo periodo risalgono le prime inchieste sulla Sicilia e sui siciliani che avrebbe successivamente raccolto in due volumi: Processo alla Sicilia e I siciliani. Nel 1966, col premio Vallecorsi, inizia la sua attività di autore teatrale: scrisse Cronaca di un uomo (1966) e La violenza (premio Idi, 1970), la cui struttura è quella di un processo per delitti e fatti di mafia. I personaggi somigliano molto a quelli che ritroviamo nelle cronache giudiziarie, ovvero imputati, testimoni, vittime reticenti nei grandi e piccoli processi alla criminalità organizzata. F. predilesse, in alcune sue commedie, la formula del `teatro documento’, mentre in altre quella della dimensione onirica. Altri suoi testi sono: Il proboviro (1972); Bello, bellissimo (1974), Opera buffa (1979), Sinfonia d’amore (1980), Foemina ridens (1982), L’ultima violenza (1983). Quest’ultima divenne il suo testamento spirituale, dato che un anno dopo, davanti al Teatro Verga di Catania, F. fu ucciso in un agguato mafioso. Emblematicamente l’ Ultima violenza è il documento di ciò che può accadere in una società stravolta dalla violenza mafiosa, col suo palazzo di giustizia stretto in un assedio mortale. Il suo linguaggio attinge a una forma di `dialettalità’ che non è dialetto ed è espressione di una originale partecipazione degli esclusi alle vicende della storia.