Bluebell

Le Bluebell nacquero da un’idea di Margaret Kelly e del marito, il musicista francese Marcel Leibovici, che nel 1948 iniziarono a ‘reclutare’, proprio con un’ottica paramilitare, ragazze che corrispondessero alle misure ideali della ballerina: altezza m. 1,75, misure fisiche di 95-63-95, almeno un metro di gambe da sventolare con grazia sulla passerella. All’inizio venivano selezionate solo ragazze inglesi, ma in seguito furono ammesse anche altre nazionalità, l’importante era la sintonia e l’immagine fisica quasi `clonata’. Furono formati dieci gruppi delle Bluebell, da otto a dodici per gruppo, in tournée nelle varie nazioni, in show di vario stile (da noi era la rivista), simbolo di un successo legato alla professionalità, alla disciplina, alla correttezza dei rapporti. Si dice infatti che le Bluebell facessero una vita privata ritirata e controllata, andando tutte insieme a cena e poi in albergo dopo lo spettacolo, quasi come collegiali cui era vietato frequentare i colleghi di lavoro o ammiratori casuali (il che non impedì ad alcune di celebrare fortunati matrimoni, d’amore o di interesse, in Italia). Da noi i primi a importare Le Bluebell furono Garinei e Giovannini che, con Paone, le scritturarono nel ’50 per la rivista Il diavolo custode con la Osiris. Da allora, per un buon decennio, il corpo di danza inglese fu l’attrazione di ogni spettacolo di classe, aveva il nome in ditta e in locandina, ribaltando l’immagine della procace soubrettina all’italiana, fiero invece della propria personalità, e contraddicendo le misure delle nostrane maggiorate. Ma Le Bluebell portavano, con discrezione, anche un po’ di erotismo britannico, in quanto nei costumi la sgambatura era quasi verticale, anticipando il tanga di oggi. Ma nulla nell’atteggiamento era però volgare: le Bluebell, come in una fantasia caleidoscopica di Busby Berkeley, dovevano soprattutto muoversi all’unisono, offrire il senso di un rigore professionale unico, essere al servizio, dalla ‘chorus line’, di una étoile. Il nome de le Bluebell pare venga dal colore degli occhi dell’irlandese fondatrice lady Margaret, di colore azzurro cupo, come quello dei fiori che gli inglesi chiamano bluebell e noi campanule. La loro fortuna si esaurì nel tempo, sui nostri palcoscenici, anche se fiorirono le imitazioni, anche di classe, come i Charley Ballett, però a due sessi.