Ari

Carina Ari ha studiato a Stoccolma e a Copenhagen con Fokine e ha danzato come ballerina principale nei Ballets Suédois dal 1920 al 1925. Autrice di alcuni balletti per l’Opéra-Comique (Valses di Brahms, 1933), ha interpretato la parte principale nel balletto di Serge Lifar Il Cantico dei Cantici (1938). La Fondazione istituita a suo nome è tuttora importante per la promozione e la divulgazione dell’arte della danza in Svezia, grazie alle creazione di borse di studio per giovani danzatori e riconoscimenti alla più importanti personalità del balletto internazionale.

Primus

Pearl Primus studia medicina e antropologia e debutta come danzatrice nel 1941 con il New Dance Group. Nel 1944 crea una compagnia con la quale inizia a realizzare alcune coreografie (African Ceremonial). Attraverso l’approfondito studio delle danze africane e caraibiche avvia una personale ricerca di nuove modalità espressive di movimento. Si trasferisce per diversi anni in Africa dove fonda un centro di danza moderna (in Liberia) e dirige il Centro d’arte per la cultura negra (in Nigeria). Rientrata negli Usa insegna all’Hunter college di New York e si dedica alla creazione di nuovi lavori. Tra le sue coreografie ricordiamo Fanga e The Wedding che sono entrate a far parte del repertorio dell’Alvin Ailey American Dance Theatre. Insieme a C. Dunham la ricerca della Primus ha contribuito alla nascita della Black Dance americana.

Novaro

Allieva della Scala, Luciana Novaro debuttò giovanissima in teatro, di cui divenne prima ballerina nel 1941; due anni dopo era protagonista del Bolero di Milloss-Ravel, rivelando propensioni per la danza di carattere, soprattutto sul versante spagnolo. Fu partner di Antonio Ruiz in Amor brujo e Capriccio spagnolo ; altre sue interpretazioni di rilievo: Daphnis et Chloé di Lifar e Le sacre du printemps di Massine. Tra le creazioni, sempre alla Scala, Vita dell’uomo di Wallmann-Savinio e Mario e il mago di Massine-Visconti-Mannino. Nel 1951, a San Paolo del Brasile, iniziò l’attività di coreografa e nel 1956 creò alla Scala Sebastian di Menotti. Dal 1962 al 1964 fu direttrice del corpo di ballo della Scala, ricoprendo poi lo stesso incarico all’Arena di Verona, ove curò molti divertissements operistici. Ha aperto a Milano una scuola di danza accademica presso il Circolo della stampa.

Zerbey

Charlotte Zerbey studia danza moderna e classica all’Università di Utah ampliando la formazione con lo studio di contact improvisation, Ki Aikido, tecnica Alexander. Trasferitasi in Europa nel 1984, frequenta la School for New Dance Development di Amsterdam e danza con Group/o di K. Duck e Parco Butterfly. Nel 1989 fonda Company Blu insieme ad A. Certini, con il quale in Animus (1992), Le Curve dei Pensieri (1993) e Progetto Alveare (1995-97) definisce uno stile basato sull’improvvisazione e la sua immediata definizione coreografica. Nel 1996 è inoltre con il gruppo Sasha Waltz & Guests in Travelogue I.

Waltz

Dopo gli studi con Waltraud Kornhaus dal 1983 al 1986 Sasha Waltz si perfeziona alla School of New Dance Development di Amsterdam e a New York dove danza in gruppi dell’avanguardia coreografica americana. Rientrata in Europa nel 1988 collabora con artisti come Laurie Booth, Mark Tompkins, Tristan Honsinger, David Zambrano e crea le sue prime coreografie Schwarze Sirene (1988), Morgen war sie sprachlos (1991) e False Trap (1992), cui fa seguito il primo tassello del progetto Travelogue, Twenty to eight con il quale ottiene il secondo premio all’International Choreographers Competition (1994). Con le altre due parti del progetto – Tears breakfast 1994) e All ways six steps (1995) – e con i successivi Allee der Kosmonauten (1996) e Zweiland (1997) si impone come uno dei talenti più interessanti dell’ultima generazione del Tanztheater mitteleuropeo, grazie allo sbrigliato talento narrativo e all’acuta caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi, resi attraverso una danza variegata e composita, dai toni surreali e volutamente ironici.

Hoyer

Allieva di G. Palucca, Dore Hoyer ha danzato con numerose compagnie e gruppi tedeschi, per dedicarsi a recital solistici dal 1933. Nella duplice veste di solista e direttrice di un suo gruppo si è esibita anche dopo la guerra ( Danze per K&aulm;the Kollwitz , 1945). Maître de ballet dell’Opera di Amburgo dal 1949 al ’51, in seguito ha proseguito l’attività solistica in numerose tournée internazionali, esibendosi insieme al pianista-percussionista Dmitrij Viatovic in danze da lei create ( Bolero ). Morta suicida, è una delle personalità più significative della `Ausdruckstanz’, rappresentata in maniera esemplare dalle sue danze severe e rigorose; si ricorda ancora il ciclo degli Affekte , grazie anche alla ricostruzione di Susanne Linke (1989).

Cullberg

Pittrice, laureata in Letteratura all’Università di Stoccolma, Birgit Cullberg dal 1935 al 1939 studia danza moderna con Kurt Jooss e Sigurd Leeder perfezionandosi a New York con Martha Graham e debutta con un primo gruppo nel 1939. Nel 1947 forma insieme a Ivo Cramer lo Svenska Dansteater e inizia la sua attività di coreografa, subito contrassegnata dal suo capolavoro Signorina Giulia (1950), entrato successivamente nel repertorio di molte compagnie internazionali (in Italia è eseguito dal Balletto della Scala) e da Medea (con Maurice Bejart nella parte di Giasone, 1950). Dal 1952 al 1957 è coreografa principale del Balletto Reale Svedese per il quale crea, tra gli altri, Moon Reindeer (1957); in seguito, affianca all’attività di coreografa ospite (Lady from the Sea , 1960 da Ibsen e Eden , 1961 per American Ballet Theatre) quella, all’epoca pionieristica, di coreografa televisiva, condotta con audace sperimentazione dei mezzi tecnici e notevoli risultati creativi in La Strega Cattiva (Premio Italia 1961), I am not You, Pulcinella e Pimpinella, Red wine in green glasses (Premio Italia 1971), Peer Gynt. Nel 1967 fonda il Cullberg Ballet, prima compagnia di ‘giro’ svedese, per il quale firma altri significativi balletti, come Euridice è morta (musica Ennio Moricone, 1968), l’essenziale versione di Romeo e Giulietta (musica di Prokofiev, 1969), Revolt (1973), La scuola delle mogli (1974), War Dances (1979); lasciata la carica di direttrice della compagnia al figlio Matsek nel 1980, continua a seguire i molti allestimenti internazionali delle sue opere. Personaggio di punta del balletto moderno europeo e ‘madre’ della danza contemporanea svedese, che ha marcatamente segnato con la sua poetica e il suo stile, ha saputo tradurre i suoi interessi per la letteratura e il teatro moderno (ravvivati anche dalla vicinanza del marito, l’attore Andersek) nel genere del `’dancedrama ‘ che con lei ha assunto una struttura agile e essenziale e si è concentrato sull’osservazione delle problematiche sociali e interpersonali contemporanee, sviluppate attraverso un vocabolario di danza fortemente espressivo, dato dalla efficace e sintetica fusione tra i vari stili coreutici e dalla reinvenzione della gestualità quotidiana, utilizzata come coinciso mezzo `narrativo’.

Saporta

L’approccio al mondo della danza di Karine Saporta avviene in maniera molto tradizionale mentre segue corsi universitari di filosofia e di sociologia. Nei primi anni ’70, effettua un soggiorno negli Usa e inizia a coreografare. Le sue prime opere originali risalgono al 1974 (Kokakola). La compagnia ‘le Corps graphique’ che essa anima appartiene a quelle giovani troupe che aprono nuove piste alla danza. Fino al 1982, anno della creazione di una compagnia che porta il suo nome, firma ben diciotto lavori, molti dei quali, come Judith (1978), esplorano temi che saranno in seguito sviluppati. Anche se la sua reputazione è buona, è tuttavia con Èclats d’infante (Maison de la danse di Lione, 1982) che avviene la sua rivelazione e la riconferma l’anno successivo con Hipnoticus circus. Presentato ad Avignone, è del 1985 Les larmes en porcelaine.

Dal 1988 lavora al Centre choréographique di Caen dove dispone di solida base logistica che le permette di percorrere un cammino caratterizzato da spettacoli sempre più ambiziosi e teatrali; anche complessi e sontuosi, raffinati e ricchi di movimento che molto spesso si traducono in grandiose avventure oniriche (la critica parlerà di `opéras du regard’). Al traguardo degli anni ’90, le tappe della sua evoluzione passano attraverso lavori quali Une passion con Yano Hydeushi (danzato nei celebri saloni dell’Hotel Maurice), Un bal dans un coloir de fer, La fiancée aux yeux de bois, fino alla collaborazione con il cineasta Peter Greeneway per il film Prospero’s Book ; e ancora La chiave d’Elvire, La princesse de Milan e l’immaginoso Les trattories de Leila. Molto attenta al mondo delle immagini (S. è eccellente fotografa), ha realizzato vari film, tra i quali Le cirque da Georges Seurat (1986), La Brûlure (1987) e L’adorateur adoré (1991).

Piperno

Elsa Piperno studia all’Accademia Nazionale di Danza e a Londra con Marie Rambert e Robert Cohan, entrando successivamente a far parte della London Contemporary Dance Company. Fonda a Roma nel 1971 il Centro di formazione professionale che introduce per primo, in Italia, la tecnica di danza di Martha Graham, divulgata anche attraverso i lavori della compagnia TeatroDanza Contemporanea, che dirige insieme a Joseph Fontano (1972-89) e per la quale sigla anche coreografie (Autofocus). In seguito, proseguendo la sua attività di insegnante, crea e dirige la compagnia Danzare la Vita (1994).

Cava

Adriana Cava studia danza classica e moderna con Susanna Egri e in seguito si specializza in danza modernjazz con Luigi e Matt Mattox. Nel 1981 fonda a Torino il Centro di studi danza jazz e la compagnia professionale Jazz Ballet, con la quale propone sue coreografie, basate sulle più recenti espressioni della musica jazz, in numerose rassegne nazionali.

Rossellini

Raffaella Rossellini partecipa nel 1978 alla fondazione del Teatro dell’Iraa (Istituto di Ricerca sull’Arte dell’Attore) diretto da Renato Cuocolo e concentrato sull’analisi e la fusione di diverse culture teatrali – con spiccata predilezione verso quelle orientali e sudamericane – e diversi codici espressivi, attraverso lavori come Lontano da dove (1981), Atacama (1982), Nowhere to hide (1984). In seguito con la compagnia Silvestremente ha proseguito il suo lavoro di ricerca etnologica. Ha partecipato al film di Marco Bellocchio La Visione del Sabba ed è autrice del saggio La liquidazione del corpo (1989).

Armitage

Dopo gli studi con Tatiana Dokudovska e alla North Carolina School of Arts, Carole Armitage si trasferisce in Europa, dove danza il repertorio balanchiniano nel Ballet de Genève (1972-1974), sotto la direzione di Patricia Neary. Di ritorno negli Usa, entra nella compagnia di Cunningham (1976-1981), che ne valorizza le qualità estetiche e formali interpretando con lei un duetto in Squaregame (1976) e mettendola al centro di Channels/Inserts (1981), uno dei suoi capolavori. La tecnica limpidamente padroneggiata, la carica energetica, il temperamento ribelle ne fanno un’interprete radicalmente innovativa, di inedito impatto scenico. Inizia intanto la sua attività di coreografa (Fractions , 1978) e si impone poi all’attenzione generale con Drastic Classicism (1981), sulla musica rock di Rhys Chatham a tutto volume, facendo parlare per la prima volta di ‘balletto punk’. In Watteau Duet (1985), un’altra delle sue coreografie esemplari, alterna le scarpe da punta con i tacchi a stiletto e utilizza il vocabolario accademico estremizzandolo nelle linee e nella velocità. Questo suo approccio al classico le porta molti consensi in Francia, dove crea Slaughter per il Gruppo di Ricerca dell’Opéra di Parigi nel 1982 e The Tarnished Angels per l’intera compagnia nel 1987, e le frutta una commissione da parte dell’American Ballet Theatre, per cui coreografa The Mollino Room (1986), ispirato all’architetto italiano Carlo Mollino, interprete Mikhail Barishnikov. Comincia, in questo periodo, la sua collaborazione con due importanti artisti neofigurativi statunitensi, David Salle e Jeff Koons, che disegnano scene e oggetti per i suoi titoli neo-pop come Go-Go Ballerina (1988). Dopo lo scioglimento del proprio gruppo, coreografa Strictly Genteel (1989) su musica di Frank Zappa per il Lyon Opéra Ballet e I had a Dream (1993) per i Ballets de Monte-Carlo. Nel 1995 viene chiamata a dirigere il corpo di ballo del Teatro Comunale di Firenze, per cui firma Il viaggio di Sheherazade (1995), The Predator’s Ball (1996), Apollo e Dafne di H&aulm;endel con scene di James Ivory e Weather of Reality (1997), Pinocchio (1998). Al termine di un periodo contrastato, per le accoglienze alterne riservate ai suoi lavori, sempre in bilico tra manierismo post-neoclassico e scandalo, nel 1998 lascia la guida della compagnia toscana.

Salerno

Marinella Salerno studia danza moderna con Traut Faggioni, perfezionandosi al Cunningham Studio di New York e alla School for New Dance Development di Amsterdam. Dopo aver collaborato con alcune formazioni del teatro di ricerca (Parco Butterfly, Mascarà Teatro), nel 1991 crea l’assolo Ruwe Bineda, cui segue nel 1993 Chioma di Drago su musica originale di Stuart Rabinowitsch. Dal 1995 collabora con la coreografa e danzatrice Angela Torriani Evangelisti, con la quale realizza due brani per Progetto Tabucchi (Interni-Reves) e Progetto per Sheherazade (1996).

Gallizia

Allieva di Raffaele Grassi, Enrico Cecchetti e Nicola Guerra all’Accademia della Scala, Bianca Gallizia ha debuttato come prima ballerina al San Carlo di Napoli nel 1923, spostandosi poi, sempre col medesimo incarico, in molti teatri italiani come il Carlo Felice di Genova, la Fenice di Venezia, il Massimo di Palermo, il Comunale di Bologna, l’Arena di Verona. È stata inoltre ospite dell’Opera di Vienna, a Parigi, al Cairo, ad Atene, a Malta e in altri teatri europei. Nel 1933 ha partecipato alla prima edizione del Maggio musicale fiorentino nell’allestimento del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare diretto a Boboli da Max Reinhardt. Tra i suoi importanti partner figura anche Aurelio Milloss al suo debutto italiano anche come coreografo, nel 1936, al San Carlo di Napoli in Aeneas di Roussel. Tornata alla Scala nel 1931-32, ha danzato in Rondò veneziano di Pizzetti, e in Vecchia Milano di Vittadini. Nello stesso teatro opererà anche come coreografa, a partire dal 1941, allestendo La giara di Casella e Il carillon magico di Pick Mangiagalli. Ma ha anche coreografato, in molti teatri europei, un centinaio di balletti e di divertissement operistici. Nel 1944 ha ricevuto l’incarico di ricostituire il Corpo di ballo del San Carlo di Napoli e nel 1950 di ripristinarne la scuola che, fondata nel 1812, è la più antica d’Italia. Ritiratasi nel 1974, Gallizia si è prodigata con entusiasmo e coraggio per il rilancio del balletto in Italia.

Corradi

Formatasi alla danza contemporanea a Parigi con J. Gaudin, J. Uotinen, L. Ekson e C. Carlson, nel 1985 Laura Corradi si perfeziona alla Folkwang Schule di Essen diretta da P. Bausch. Nel 1986 fonda la compagnia ‘Ersilia’ e ottiene il primo premio al concorso internazionale di Cagliari, con Vedrai come si biforca la cantina. Prosegue nella sua ricerca, influenzata dal teatrodanza mitteleuropeo, ispirandosi spesso a opere letterarie (Mi hanno visto baciare una poltrona, 1988; Non è bello che un re si allunghi al suolo, 1990; Nella grande stanza centrale…, 1994; Achille, 1997).

Hutter

Trasferitasi a Torino nel 1923 insieme alla sorella Raja, vivace esponente del gusto modernista condiviso con il `Gruppo dei Sei’ di Felice Casorati, Bella Hutter si è imposta per la portata innovatrice della sua coreografia, ispirata alla danza libera di origine mitteleuropea e influenzata dalla collaborazione con Clotilde Von Derp e Aleksandr Sakharov. Sostenuta dall’élite intellettuale torinese del salotto artistico di Riccardo Gualino, ha iniziato la sua attività di danzatrice e insegnante nella sede del Teatro di Torino; dopo l’interruzione della guerra, l’ha ripresa negli anni ’50 formando una importante generazione di danzatrici moderne, tra le quali Sara Acquarone e Anna Sagna.

Graham

Figlia di un medico specializzato in malattie mentali, Martha Graham trascorse l’infanzia nella cupa Allegheny per poi trasferirsi con la famiglia nella solare California, terra ancora ricca di folclore messicano e di cerimonie multirazziali autoctone che ebbe modo di vedere e che influenzarono profondamente la sua danza, specie nel periodo creativo cosiddetto ‘pionieristico’. La sua formazione coreutica avvenne alla Denishawn School di Los Angeles, diretta da Ruth St. Denis, la sua prima musa ispiratrice che vide danzare nel 1911, e Ted Shawn che per lei creò, l’assolo Xochtil (1919), una danza ispirata alla cultura azteca, ufficiale debutto della sua carriera di danzatrice durata cinquantatre anni (il ritiro dalle scene avvenne il 20 aprile 1969). Entrata nelle file dei Denishawn Dancers, vi rimase sino al 1923, apprendendo vari stili di danza influenzati dai generi orientali e le teorie di François Delsarte. Dopo essersi esibita per un breve periodo con il Greenwich Village Follies, preferì approfondire una sua personale ricerca sulle possibilità cinetiche del movimento in relazione alle motivazioni psicologiche (leitmotiv di tutta la sua coreografia), creando, a partire dal 1926, una serie di assolo di cui fu interprete, culminanti in Lamentation (1930), su musica di Zoltán Kodály. Vi emergevano sia i residui della sua prima formazione che le suggestioni dei danzatori tedeschi Harald Kreutzberg e Mary Wigman, ammirati durante le loro prime esibizioni americane.

Tenace oppositrice della ‘danse d’école’, accettò di interpretare, nel 1930, il ruolo dell’Eletta nella stravinskiana Sagra della primavera di un coreografo di formazione accademica, Léonide Massine. Ma fu uno dei pochi episodi contraddittori in una carriera tutta volta a rimarcare la necessità di una danza nuova: grazie alle sue coreografie edificò un vocabolario proprio – la cosiddetta `tecnica Graham’ – ricco di movimenti altamente drammatici e spiraliformi, da eseguire a piedi nudi, in parte complementari, nella loro tensione verso il suolo, alla verticalità del balletto, in parte ad esso affini. Contrariamente a quanto si pensa, però, l’artista non ebbe come scopo l’affermazione di un nuovo codice coreutico ma soprattutto della sua personale poetica ed estetica di cui quella tecnica – messa a punto soprattutto dai futuri insegnanti della Martha Graham School of Contemporary Dance, fondata nel 1927 – fu strumento cangiante e operativo. In Heretic (1929), la sua prima coreografia di gruppo, intessuta sulla melodia ripetitiva di un canto bretone, si esibì con il Dance Group (la compagnia tutta femminile con la quale avrebbe lavorato sino al 1938), espressione del suo ribellismo nei confronti della società puritana discriminatrice della donna e ideale strumento del suo primo periodo creativo, cosiddetto dei `long woolens’, i lunghi abiti tubolari di maglia indossati dalle sue ballerine. Un altro assolo, Frontier (1935), che formalizzò la sua intensa collaborazione con il musicista Louis Horst e avviò la duratura partnership artistica con lo scultore giapponese Isamu Noguchi, diede inizio al suo periodo `americano’ o `nazionalistico’, culminante in Appalachian Spring (1944), su musica di Aaron Copland.

Negli anni ’40 la Martha Graham Dance Company era ormai una realtà molto lontana dal Dance Group. Oltre ad aver accolto interpreti maschili, tra cui Erik Hawkins che G. sposò nel 1948 – l’anno di nascita del solare capolavoro Diversion of Angels – ma dal quale si separò, dolorosamente, due anni dopo o Merce Cunningham, travolgente interprete di Every Soul is a Circus (1939), fu anche una delle prime compagnie americane ad accogliere danzatori di colore. Donna dal temperamento indomito e risoluto, G. continuò a esprimere il suo femminismo in Letter to the World (1940), ispirato alla vita della poetessa Emily Dickinson, e in Deaths and Entrances (1943), opere successive a quelle d’impegno politico, antimilitarista e pacifista come Chronicle (1936). Con Dark Meadow, Cave of the Heart, Errand into the Maze e Night Journey , creati tra il 1946 e il ’47, ha ufficialmente inizio il suo terzo periodo creativo, quello psicoanalitico. Ma già nel duetto Herodiade (1944), su musica di Paul Hindemith, l’artista si era inoltrata in un tormentato viaggio nei meandri della psiche e dell’inconscio. Sulle orme dell’esperienza paterna, ma ormai soprattutto influenzata da Freud e Jung e convinta, secondo gli insegnamenti platonici, che la mitologia esprimesse la dimensione psicologica dell’antichità, estese la sua ricerca agli archetipi tragici e biblici in Clytemnestra (1958), Alcestis (1960), Phaedra (1961), Circe (1963), Judith (1980), sino a Phaedra’s Dream (1983), su musica di George Crumb. Negli anni ’50 fu definitivamente riconosciuta come protagonista di spicco della cultura americana (nel 1959 firmò con il massimo esponente del neoclassicismo, George Balanchine, il balletto Episodes ) e la sua compagnia cominciò a farsi conoscere anche in Europa (debuttò in Italia nel 1954). La sua operatività non conobbe che rare pause e il suo repertorio si arricchì tra gli anni ’60 e ’80 di nuove opere, ispirate al mito e alla poesia, come Mendicants of Evening (1973), Myth of Voyage (1973), Lucifer (1975), i cui ruoli principali furono interpretati da Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, e soprattutto Acts of Light (1981), The Rite of Spring (1984) e l’ironico testamento, su musica di Scott Joplin, Maple Leaf Rag (1990). Nell’autobiografia Blood Memory (New York 1991)

La Graham rivela di aver riversato nella danza le passioni e i tormenti della sua lunga esistenza, e di aver vissuto nella consapevolezza di essere stata prescelta a svolgere la sua missione di danzatrice e coreografa: una parabola creativa che infatti l’apparenta alle grandi e longeve figure dei maggiori artisti del secolo come Stravinskij e Picasso, e avvolge e riflette quasi un secolo di `positivismo’ americano. Dalla democratica scoperta delle varie e ricche realtà etniche del Paese all’orgoglioso pionierismo, dall’acquisizione e rielaborazione delle scienze psicoanalitiche di derivazione europea all’affermazione di una cultura specificamente americana, basata sul sogno di un nuovo umanesimo, la sua arte è a un tempo espressionista e simbolista e in essa la tensione formale ha un peso altrettanto importante della spinta drammatica e interiore. Anche per questo il suo lascito (circa duecento coreografie) ha una statura ormai classica e riproducibile da compagnie di danza che non siano quella che porta ancora oggi il suo nome.

Cambieri

Giuditta Cambieri studia danza classica a Milano e contemporanea a Roma, perfezionandosi a Essen. Debutta nel 1983 come danzatrice con Enrica Palmieri; nel 1985 è nella compagnia Vera Stasi. Contemporaneamente sviluppa una ricerca coreografica imperniata su una teatralità ironica e surreale, in lavori come Cercatori d’ombre (1990), Qual dolor, qual? (1991), Miss Dance (1994), Di cosa abbiamo paura quando… (1996), Telemitica me (1997).

Aubin

Il rapporto tra danza e musica, tra immagine e suono sta soprattutto al centro della sua attività coreografica. Dal 1985 Stéphanie Aubin dirige la compagnia Larsen; tra i titoli più significativi, Sixtole , Dévoilé , Dedoublé (1986), Les feuilletons (1988), Dédicace (1993), Suites pour l’année 1996 (1996). Di rilievo un suo allestimento di Orfeo ed Euridice di Gluck per l’Opéra du Rhin (1992, poi ripreso). Negli ultimi anni con la sua compagnia ha promosso manifestazioni originali, in cui ha coinvolto altri artisti e coreografi, al servizio dell’arte e alla ricerca del suo nuovo cammino (L’art en scène , Soirées d’Ariane).

Brown

Dopo gli studi di danza moderna al Mills College e poi con Limón, Horst e Cunningham, nel 1960 Trisha Brown incontra Yvonne Rainer, che la induce a trasferirisi a New York, dove frequenta le classi di composizione di Robert Dunn ed è tra i membri fondatori del Judson Dance Theatre (1962) e in seguito della Grand Union (1970-1976). Qui crea i suoi innovativi ‘equipment pieces’, tra cui le danze lungo i muri di palazzi e grattacieli come Man walking down the Side of a Building (1969), Walking on the Walls (1971) e Roof Pieces (1973) con quindici danzatori sui tetti di Manhattan, che si trasmettono il movimento telegraficamente. In questo periodo nasce anche l’esemplare Accumulation (1971), cui aggiunge poi With Talking (1973) e Plus Watermotor (1978), un brano che sviluppa la coreografia a partire da una sequenza base di movimento, ripetuta e progressivamente arricchita di nuovi elementi, secondo uno schema di crescita a catena. Verso la fine degli anni Settanta, inizia a lavorare in spazi teatrali introducendo nei suoi lavori musica e scene. Glacial Decoy (1979), con le fotografie e le proiezioni di Robert Rauschenberg, è il brano di svolta, che si caratterizza come un flusso motorio, senza inizio né fine.

Ancora Rauschenberg è autore delle scene e dei costumi grafici in bianco e nero di Set and Reset (1983), su musica di Laurie Anderson, perfetto esempio di sintonia tra più artisti di comune sensibilità epocale. La collaborazione con Rauschenberg è destinata a restare una costante della sua attività, da Astral Convertible (1989) a Foray Forêt (1990) al mirabile e sapiente solo per se stessa, danzato interamente di spalle, If you couldn’t see me (1994). Nel 1986 crea, intanto, le danze per Carmen al Teatro San Carlo di Napoli; poi, senza mai venir meno al suo interesse centrale per la natura e la sostanza della creazione coreografica, negli anni ’90 lavora sulla musica classica, coreografando M.O., sull’ Offerta Musicale di Bach (1995) e curando la regia dell’ Orfeo di Monteverdi (1998). Il suo linguaggio, di estrema libertà e fluidità, genera una danza capace di rendere virtuosistico anche il gesto quotidiano. Il suo influsso creativo e formativo si avverte nel lavoro di Stephen Petronio, già componente della sua compagnia, e in numerosi esponenti della nouvelle danse francese.

Monk

Tra le maggiori `performance artists’ della scena contemporanea americana, Meredith Jane Monk è autrice di una ricca serie di opere multimediali che incorporano coreografia, musica, linguaggio e filmografia, prodotte per la maggior parte – se non interamente – da lei stessa. Ha compiuto dapprima gli studi musicali e si è quindi rivolta alla danza, apprendendo le tecniche `Graham’ e `Cunningham’. Nel 1965 presentò alla Judson Church di New York, crocevia delle nascenti tendenze postmoderne, le sue prime performance. L’anno successivo il suo 16 Millimetres Hearings , sorta di allusivo racconto autobiografico in forma di performance, venne giudicato una delle esibizioni più riuscite di quel periodo. In seguito si è dedicata all’esplorazione di spazi teatrali alternativi: le tre parti di Juice (1969), definito `cantata teatrale’, si svolgevano in un teatro universitario, sulla grande scala a spirale del Guggenheim Museum di New York e in un loft . Tra i numerosi spettacoli multimediali degli anni ’70 e ’80 spiccano Education of a Girlchild (1973), di cui firmò musica e regia e che rimanda, come gran parte del suo lavoro, a un `vissuto’ autobiografico qui riletto in chiave femminista; Recent Ruins (1979), Turtle Dreams (1983) e Atlas (1991), opere in cui la danza si modula su gesti minimi e quotidiani e sviluppa una ricerca analitica sulla gestualità. Ma sono da ricordare anche le composizioni prettamente musicali come Songs from the Hill (1976) per voce sola, Book of Days per voci e strumenti (1985) e Facing North per voce, organo e pianoforte (1990). Infatti l’aspetto forse più originale di questa sfaccettata ricerca risiede proprio nell’inconfondibile impiego della vocalità, che nelle sue performance assolve a una funzione marcatamente teatrale . La voce assurge in lei a strumento di comunicazione totale e di semplicità primigenia, svincolata dalle tecniche consuete alla tradizione occidentale, in specie di quella colta. M. assegna alla voce un valore volutamente `regressivo’ e straniante, quasi essa potesse riportarci alle sorgenti di una perduta infanzia dell’umanità. A questo fine ha articolato le forme di un elegante primitivismo che alterna con disinvoltura lamenti, cantillazioni, imitazioni di animali, momenti di parlato, canto sillabico e vocalizzi, e ancora altri echi di tecniche esotiche o di nuovo conio, amalgamandole tutte grazie alla singolare mobilità dei suoi suggestivi timbri vocali. Di queste straordinarie qualità se ne accorse, tra i primi, Bob Wilson con il quale la M. partecipò alle prime rivoluzionarie performance della Byrd Hoffman School of Byrds.