Dapporto

Figlio di un padre calzolaio («ero di famiglia malestante») e di una madre casalinga astigiana, fonte delle inflessioni piemontesi del suo classico Agostino, Carlo Dapporto è un ‘self made actor’: prima di arrivare sul palcoscenico fa un po’ di tutto, il barman, il cameriere, il battutista, lo chaperon e il tanghista al Savioli di Riccione, sempre osservando il mondo; nel 1927 viene perfino assunto come fantasista in un circo. Viene notato da V. D’Arys, signora soubrette che lo scrittura con A. Campanini nella compagnia di avanspettacolo, dove i due ragazzi si prodigano nel ’35 in un’imitazione di Stanlio e Ollio. D. passerà poi con la Fougez e D. Maggio, reciterà Visi e maschere (1937-38), Chissà che penserà di me (1938-39), Se ne vedono delle belle e Sono un tipo fatto così (1941-42). Diventa amico inseparabile dei fratelli De Rege, tanto che, dopo la morte di Guido, nel 1945, tenterà di rilanciare, facendogli da spalla, Ciccio in Ba bi b, il primo show del dopoguerra a Milano, dopo la Liberazione. Finché una sera del 1941, al Supercinema di Milano, W. Osiris, teatralmente neoseparata da Macario, seduta in platea ride alle trovate del giovane attore sanremese e lo scrittura nel grande spettacolo Sogniamo insieme di Nelli, tema dei sogni, indispensabili al periodo bellico. La ditta Osiris-Dapporto diventa una affiatata garanzia di botteghino anche in altri spettacoli, Sognate con me (1943-44), il fastoso Che succede a Copacabana (1943-44) e L’isola delle sirene di Bracchi e Danzi (1945-46). Ma Dapporto recita anche, in pieno coprifuoco, Si chiude quasi all’alba (1944-45) con la Paolieri, U. Tognazzi e l’orchestra di G. Kramer; Ohilalà di M. Marchesi (1944-45) con la Maresca e due show di beneficenza, per i partigiani e gli internati in Germania, con tutte le star in locandina.

Dapporto è dal primo dopoguerra uno dei grandi caratteri della rivista, in equilibrio delicato tra la vecchia maschera e il nuovo conversatore-barzellettiere che parla un gustoso e ironico francese, stupendo il pubblico con un infinito repertorio di doppi sensi, sintonizzati sul comune senso del pudore. Ha almeno due volti, entrambi simpatici: quello impomatato e in frac del Maliardo, del seduttore a tempo pieno che le donne sa come conquistarle, in regime di macho con vestaglia di seta e con l’occhio sempre rivolto a Montecarlo, come un D’Annunzio reso ridicolo e grottesco; dall’altra parte è irresistibile nella macchietta regional popolare del baffuto, ingenuo Agustino che parla e storpia in piemontese, personaggio nato nel 1950 nella rivista Buondì zia Margherita di Galdieri, in cui fa da soubrette E. Giusti, così come farà poi con lui la passerella D. Lodi. Riviera follies di D’Anzi e Marchesi, nel ’47, è lo show in cui pare si facesse per la prima volta uno strip-tease; seguono Chicchirichì (1947-48), in cui il comico fa la parodia di un gangster, Snob di Galdieri, nel 1950-51, con ricche coreografie, Sul cocuzzolo del tuo cuore (1951-52) con Carletto in Napoleone e La piazza (1952-53) sempre di Galdieri, suo autore di fiducia. E ancora Baracca e burattini nel 1953-54 con L. Masiero (in cui si fa il verso anche a Cantando sotto la pioggia ), Buon appetito : spettacoli di rivista molto tradizionali imperniati sulla doppia personalità di D., viveur della passerella e talent scout di soubrette, mentre in privato scrive anche poesie. Ma lo spettacolo che lo rilancia è il suo debutto con la ditta Garinei e Giovannini e il primo che, a furor di pubblico, fu replicato per due stagioni dal 1954 al ’56: con Giove in doppiopetto nasce il primo musical italiano, con D. nella parodia di un Giove donnaiolo che fa infuriare la moglie Giunone (prima L. D’Albert, poi L. Zoppelli) e s’innamora, complice un `doppio’ Gianni Agus, di una neomogliettina che è Delia Scala, prototipo della nuova soubrette: alla fine tutti riuniti a cantare “E le cicogne van…”. Lo spettacolo, ispirato a Plauto, è diverso, spiritoso, fatto di equivoci classici, ma nel secondo tempo D., pur mantenendo il filo conduttore, trova spazio anche per il suo Agustino. G. Kramer ha composto un’ottima partitura con motivi famosi (“Ho il cuore in paradiso” e “Il bacio con le pere” in cui debutta la formosa F. Gandolfi, poi signora Modugno). Sempre con i due `G’ D. si lancia in una parodia delle nozze di Ranieri e G. Kelly in Carlo non farlo (1956-57), con la Masiero che canta “Luna sanremese”, L. Nava, il Quartetto Cetra e il Charley Ballett: un ruolo perfetto e un pizzico di attualità.

La coppia felice con Delia Scala, un po’ edipica e un po’ maliarda, torna in L’adorabile Giulio di Garinei, Giovannini e Kramer (1957-58), con un Teddy Reno confidenziale e romantico che intona “Simpatica” e “Dillo con le rose”: musical ambientato nella New York in cui un maturo attore galante viene messo in crisi da una giovane figlia. Il periodo felice di D. finisce quando lascia Garinei e Giovannini; ma l’attore si ricicla nel suo classico personaggio insieme ad altre primedonne, la `vecchia’ E. Giusti e M. Scaccia nel Diplomatico di Scarnicci e Tarabusi (1958-59), o la `nuova’ Marisa Del Frate che sarà con lui in due spettacoli inizio anni ’60: Monsieur Cenerentolo e Il rampollo . Da aggiungere anche altri titoli di stampo tradizionale, come Il tiranno di Scarnicci e Tarabusi, in cui D. è doppio, un principe cinquecentesco dei Medici ma anche un contadino, lanciando la giovane Claudia Mori, non ancora coniugata Celentano; e inoltre appare in Babilonia (1962-63) di Maccari, show `ancien régime’ con la Merlini e Carlini, La gioia di Galdieri (1963-64) con Agus e la Folchi, in cui il comico fa lo strangolatore e il professore di spogliarello. La sua ultima scoperta sulla passerella sarà Miranda Martino, con lui in I trionfi , nel 1964-65, rivista classica sui vizi dell’uomo moderno, e L’onorevole (1965-66) di Scarnicci e Tarabusi, storia fin troppo tipica di uno sdoppiamento per equivoci. L’ultimo show musicale lo vede già anziano in passerella in Yo Yo Ye Ye , 1966-67, un’operazione nostalgica con Aldo Fabrizi. L’ultimo tempo della sua carriera – che ebbe anche qualche sporadica apparizione al cinema, quasi autobiografica, come Ci troviamo in galleria di M. Bolognini, finché E. Scola con La famiglia non gli fece vincere un Nastro d’argento – lo vede impegnato nella prosa, accanto a P. Quattrini (Mi è cascata una ragazza nel piatto), M. Sannoner (Un papà perfetto) e con R. Pavone in tv. Ripresi anche in palcoscenico alcuni dei successi di Govi come Pignasecca e Pignaverde, in cerca di una affinità elettiva che va alle radici linguistiche; ma senza tradire mai quella maniera che piaceva a B. Hope e M. Chevalier, segno della sua internazionalità.