Barra

Dopo aver studiato alla scuola del San Francisco Ballet e all’American Ballet School, dal 1953 al 1959 fa parte dell’American Ballet Theatre, dal quale passa come primo ballerino allo Stuttgart Ballet. Qui Barra Ray crea numerosi ruoli da protagonisti in balletti di John Cranko, tra i quali si ricorda Onegin (1965). Ritiratosi nel 1966 continua la sua attività come maître de ballet e coreografo, allestendo tra gli altri Don Chisciotte (1990) e Il lago dei cigni (1995) entrambi per il Balletto dell’Opera di Monaco.

Lavrovskij

Leonid Michailovic Lavrovskij si è diplomato all’Istituto coreografico di Leningrado ed è stato ballerino del teatro d’opera e balletto di Leningrado (Kirov) dal 1922 al 1935 (danzando nei ruoli di protagonista in Giselle, Le fiamme di Parigi, La bella addormentata, Il lago dei cigni) e interprete della danza sinfonica (La grandezza dell’universo di F. Lopuchov). Dal 1935 al 1938 è stato direttore artistico del Corpo di Ballo del Teatro Malyj di Leningrado (per il quale ha coreografato Fadetta , sulla musica di Sylvia di Delibes) e dal 1938 al 1944 del Kirov. Sono di questo periodo le sue coreografie più importanti: Il prigioniero del Caucaso (1938, musica di Boris Asaf’ev) e Romeo e Giulietta (1940, musica di Prokof’ev). Dal 1944 al 1964, con piccole interruzioni, è stato direttore artistico del balletto del teatro Bol’šoj di Mosca, dove ha coreografato Raymonda (1945), Romeo e Giulietta (1946), Il papavero rosso (1949), La notte di Valpurga (1949), Fadetta (1952), La fiaba del fiore di pietra (1954), Paganini (1960), Città di notte sulla musica del Mandarino meraviglioso di Bartók e Pagine di vita su musica di Balancivadše, entrambi del 1961. Nel 1959 ha creato la prima compagnia sovietica di balletto sul ghiaccio, per la quale ha coreografato Fantasia d’inverno (1959) e Sinfonia di neve (1959). La maggior parte delle sue coreografie è caratterizzata da una grande attenzione all’azione drammaturgica, e al profilo psicologico dei personaggi. L’attività di L., fra gli anni ’30 e ’50, si situa fra il massimo sviluppo e la decadenza del `drambalet’ (il balletto drammatico sovietico), genere al quale sono già estranei i suoi ultimi lavori, in cui si orienta verso le forme della sinfonia coreografica. Suo figlio, Michail Leonidovic L. (Tbilisi 1941) è stato dal 1961 al 1988 primo ballerino del Bol’šoj di Mosca. Medaglia d’oro a Varna nel 1965, è stato il primo interprete dello Schiaccianoci nella coreografia di Jurij Grigorovic.

Modica

Maurizio Modica segue gli insegnamenti di danza classica e moderna a Bergamo e a Milano e entra nella scuola del Piccolo teatro. Successivamente si dedica allo studio della danza contemporanea approfondendo la tecnica Graham con E. Piperno, J. Fontano (in Italia) e Markus Shulkind (in Francia) e la tecnica Cunningham con R. Kowich (in Francia) e T. Weikel (in Italia). Inizia quindi lo studio della composizione coreografica con Josè Montalvo e Dominique Hervieu e della contact-dance con Laurie Booth. Nel 1985 forma la compagnia Zikade, in qualità di coreografo, insieme ad un gruppo di danzatori provenienti dalla scuola Il labirinto (dove avevano lavorato alla coreografia Jeux d’enfants di Montalvo). Il gruppo inizia a delineare i punti della sua ricerca artistica con lo spettacolo Economie vitali . Lavorando sull’espressività e l’emotività di ogni singolo danzatore rielaborate in un unico linguaggio gestuale e immaginativo la compagnia propone un nuovo percorso di ricerca teatrale e coreografica. Tra le creazioni di M. per la compagnia: Hubakusha (1986), Oplontide (1987), Piccoli colpi (1988), Anacrusi-paesaggio senza peso (1989), II Paesaggio senza peso (1989), III paesaggio senza peso (1990), Control room (1993), Boom ta boom (1993), Try to imagine bisons (1994).

Caciuleanu

Gheorge Caciuleanu ha studiato all’Opera della sua città natale e, dopo una prima scrittura al Folkwang Ballet di Essen, si è trasferito in Francia. Qui ha lavorato presso il Ballet de Nancy, dove è stato anche direttore artistico (1974-78); successivamente è diventato direttore del Théâtre Chorégraphique di Rennes. Agli inizi degli anni ’70 risalgono le sue prime coreografie (Voices, Shadow of Candles). Artista dallo stile molto personale, ancorché legato a una base classica, la sua produzione appare quanto mai eclettica, anche se in essa spiccano i lavori a carattere spiritoso. Tra i titoli, Paradigme, Interfèrences, Mess Around, Mademoiselle Pagany, Pinocchio le rebelle, Un train pour en cacher un autre. Ha firmato anche un curioso Trovatore , che mette `sulle punte’ la famosa opera verdiana.

Bryans

Rufy Bryans ha studiato a Lione con Karnetzki ed è stato solista in diverse compagnie (dal 1963 con il Ballet de Lille, poi con la Charrat). Nel 1973 è approdato al Ballet de Marseille, dove è stato per lunghe stagioni una delle vedette. Fra l’altro R. Petit lo ha voluto protagonista in La rose malade (in coppia con M. Plissetskaja, 1973), L’Arlésienne (1974), Les intermittences du coeur (1974) e Septentrion (1975). Un film su Bryans è stato realizzato dalla televisione francese nel 1975.

Ullate

Formatosi alla danza classica con Maria de Ávila, Victor Ullate debutta nella compagnia di danza spagnola di Antonio, con la quale si esibisce in tutto il mondo. Dal 1964 al 1979 fa parte del Ballet du XXème Siècle di Maurice Béjart, apparendo come solista in vari balletti (Bakhti, L’ uccello di fuoco, Nomos Alpha) e creando l’acclamato ruolo del protagonista di Gaité Parisienne (1978); in quegli anni si esibisce anche in ruoli del repertorio classico, danzando come ospite con compagnie come il London Festival Ballet, il National Ballet of Canada e il Balletto nazionale di Cuba. Nominato nel 1979 direttore del Balletto classico nazionale di Spagna, lascia l’incarico nel 1983 per aprire la sua scuola di danza, cui segue, nel 1988, la fondazione del Ballet Victor Ullate.

Il complesso, composto da suoi ex allievi, ben presto si impone all’attenzione internazionale per l’affiatamento e la versatilità tecnica e stilistica, espressa in un repertorio composto di titoli del balletto romantico (Giselle), del Novecento storico (Concerto Barocco di G. Balanchine), del Neoclassico contemporaneo (In and Out di Hans Van Manen, Quartet di Nils Christe); sue sono inoltre molte delle creazioni proposte, caratterizzate da una spettacolare fusione tra balletto classico e antica danza iberica (Arraigo, 1988; Amanecer, 1991; El Amor Brujo, 1995; una personale lettura di Don Chisciotte, 1998).

Chalmer

Formatosi a Toronto con Erik Bruhn e Sergiu Stefanschi, Paul Chalmer danza ruoli da protagonista nel National Ballet of Canada, nello Stuttgart Ballett, nei Ballets de Monte-Carlo e, dal 1987, nell’English National Ballet. Il suo repertorio include grandi balletti (Giselle, Il lago dei cigni, La bella addormentata, La Sylphide), ma anche titoli di Balanchine, Kylián, Tetley. Dal 1988 è partner di Carla Fracci; con lei interpreta creazioni come Senso di Wayne Eagling, Il vespro siciliano di Derek Deane, Isadora, Phaedra. È molto apprezzato come elegante danseur noble.

Amodio

Allievo della Scala, Amodio  Amedeo è entrato in seguito nel corpo di ballo del teatro, diventando primo ballerino; passato all’Opera di Roma, vi ha compiuto le prime esperienze di coreografo. Nel 1972 ha creato L’après-midi d’un faune per Spoleto e per la Scala; per quest’ultimo teatro ha inoltre approntato Ricercare a nove (musica di Vivaldi, 1975), Lo schiavo morente (musica di G. Arrigo, 1975) e Oggetto amato (musica di Bussotti, 1976). Dal 1979 al 1995 è stato direttore dell’Aterballetto di Reggio Emilia, per il quale ha realizzato molte produzioni: ricordiamo fra le altre Mazapegul (musica di Corghi), Romeo e Giulietta (Berlioz), A sud di Mozart (Bennato-D’Angiò). È autore di nuove letture di classici di repertorio come Lo schiaccianoci , Il cappello a tre punte di Falla, Coppélia di Delibes, Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn. Dal 1997 è direttore della compagnia di balletto dell’Opera di Roma. Come attore cinematografico ha preso parte ai film di Liliana Cavani Il portiere di notte e Al di là del bene e del male . Ha cercato di coniugare le sue radici accademiche con suggestioni di danza di ispirazione soprattutto americana.

Schaufuss

Figlio dei ballerini Frank S. e Mona Vangsaae, Peter Schaufuss studia alla Scuola del Balletto reale danese e nel 1965 entra nell’omonima compagnia, danzandovi tutto il repertorio di Bournonville. Dal 1967 inizia la sua carriera internazionale esibendosi come primo ballerino con compagnie quali il National Ballet of Canada e il London Festival Ballet, e dal 1974 al 1977 viene ingaggiato dal New York City Ballet dove partecipa ad alcune creazioni di Balanchine (The Steadfast Tin Soldier, 1975). In seguito prosegue la sua carriera di étoile ospite, danzando con molte formazioni, tra le quali l’Aterballetto (dove consolida il sodalizio con Elisabetta Terabust) e interpretando creazioni di autori come Roland Petit (Il fantasma dell’Opera, Opera di Parigi 1978) e Kenneth MacMillan (Verdi Variations, Aterballetto 1979; Orpheus, Royal Ballet 1980).

Considerato uno dei più importanti ballerini classici della sua generazione per l’assoluta padronanza tecnica e la nobile e virile presenza scenica, superbo esponente dello stile di Bournonville si dedica con successo alla riproduzione di suoi titoli, da Napoli (National Ballet of Canada, 1981; San Carlo di Napoli 1988); a A Folk Tale (Opera di Berlino, 1992), Bournonville (Aterballetto, 1982) e soprattutto La Sylphide (London Festival Ballet, 1979), presentata in seguito da molti corpi di ballo internazionali, tra i quali gli italiani MaggioDanza (1983), Opera di Roma (1988), Balletto della Scala (1998). Dal 1984 al 1990 pur continuando a danzare, dirige il London Festival Ballet, ribattezzato English National Ballet; dal 1991 al 1994 è a capo del Deutsche Oper Ballet di Berlino e dal 1994 al 1996 del Royal Danish Ballet, per il quale coreografa una controversa versione rock di Amleto (1996); successivamente fonda il Peter Schaufuss Ballet (1997) per il quale firma una sua versione della trilogia ciaikovskiana. È stato inoltre protagonista del documentario televisivo della Bbc “Dancer” (1982).

Pendleton

Appassionato sciatore, Moses Pendleton vince il campionato mondiale di fondo nello stato del Vermont (1967). Si laurea poi in letteratura inglese al Darmouth College (1971) e da vita, con Jonatahan Walken, al Pilobolus Dance Theatre. In seguito al successo della inedita formula di danza acrobatica del gruppo, vince il Berlin Critics Prize (1975) e debutta a Broadway, presentato da Pierre Cardin (1977). Intanto, mentre continua a esibirsi con il Pilobolus, firma in proprio la coreografia per l’ Integrale Eric Satie all’Opéra di Parigi (1979) e il suo notissimo `a solo’ al ralenti, vestito di bianco, con occhiali neri e bastoncino, dal titolo Momix, ideato per la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi Invernali di Lake Placid. Nasce da qui la sua nuova compagnia, chiamata appunto Momix (1980), per la quale crea numerosi titoli a partire da un’intuizione, da un oggetto o da un dettaglio, che diventano occasioni di giocosi virtuosismi ginnici e di invenzioni fantasiose, sfruttando le potenzialità dinamiche del corpo. Tra le sue coreografie, al di fuori dell’attività con Pilobolus e Momix, ci sono anche il remake di Relâche per il Joffrey Ballet (1980), Pulcinella di Stravinskij per il Ballet de Nancy (1985), Platée di Rameu per il festival di Spoleto negli Stati Uniti (1987), il remake di Les mariés de la Tour Eiffel di Cocteau a New York (1988).

Coreografo per l’opera ( Kovancina alla Scala di Milano, regia di Y. Lyubimov, 1982; Carmen , regia di L. Wertmüller, Monaco di Baviera), per il video ( Quadri di un’esposizione , Decca), per il cinema ( The Go Between di Joseph Losey, 1970; Batdance per il cantante-ballerino Prince nel film Batman ), per la televisione (“Moses Pendleton presents Moses Pendleton”, “Abc”, 1982 e “Too Late for Goodbyes” di Julian Lennon, regia di S. Peckinpah, 1984), si dedica anche alla fotografia, sia per fissare nuove idee di movimento sia come espressione artistica pura. Alla base della straordinaria fortuna che il pubblico internazionale tributa alla danza allegra e surreale dei Momix ci sono indubbiamente il suo talento e la sua inventiva, uniti a un grande senso del ritmo teatrale e a un sicuro istinto registico. Sa, quindi, scegliere la via della semplicità per arrivare in modo diretto e immediatamente comprensibile a qualsiasi spettatore. La continuità della sua carriera e l’influsso che ha esercitato su altre personalità, come Daniel Ezralow, e su altri gruppi, come i Movers, testimoniano che si tratta della più acuta testa pensante nel campo dell’intrattenimento intelligente, che associa la libertà di ricerca della danza moderna e la spettacolarità del varietà e del teatro leggero.

Massine

Padre della danzatrice Tatjana e del ballerino e coreografo Lorca, Léonide Massine ha studiato alla scuola del Bol’šoj di Mosca, dove si è diplomato e ha anche preso parte ad alcune rappresentazioni. Debuttava nel 1914 all’Opéra di Parigi nel balletto La leggenda di Giuseppe (musica di R. Strauss), protagonista, con la coreografia di Michail Fokine, per i Balletti Russi di Diaghilev. L’anno dopo, sempre con Diaghilev, dava alla scena la sua prima coreografia: Soleil de nuit (musica di Rimskij-Korsakov). Aveva occasione di studiare con Enrico Cecchetti ma in lui, e anche in Diaghilev, premeva l’avviamento sempre più deciso per la composizione coreografica, mentre il ballerino andava via via maturando, con straordinaria vena naturale, la fisionomia di danzatore, nel `carattere’ (con una netta propensione per quello spagnolo). I risultati di questa appassionata ricerca si fecero intravedere subito con Les Femmes de bonne humeur (musica di Scarlatti-Tommasini, 1917), Parade (musica di Satie, 1917), La Boutique fantasque (musica di Rossini-Respighi, 1919), Le Tricorne (musica di Falla, 1919), Pulcinella e Le Sacre du printemps (entrambi su musica di Stravinskij, 1920). Si staccava da Diaghilev per intraprendere una carriera isolata con le `Soirées de Paris’. In questa piccola, particolare istituzione creava: Salade (musica di Milhaud), Mercure (musica Satie), Le Beau Danube (musica Strauss-Desormière). Tornava ai Balletti Russi di Diaghilev, ed erano gli anni di Zéphire et Flore (musica di Dukelsky, 1925), Les Matelots (musica di Auric, 1925) Le Pas d’acier (musica di Prokof’ev, 1927), Ode (musica di Nabokov, 1928). Inoltre lavorò a Londra per la rivista Cochrane dal 1925 al ’26. Partecipava come ballerino, anche con coreografie sue, alla tournée italiana del 1926-27 (al Teatro di Torino e alla Scala) dei Balletti Russi.

Seguiva un’esperienza americana, a New York, al Roxy Theatre. Riprendeva nel 1930 il suo Sacre du printemps con Martha Graham. Per la compagnia di Ida Rubinstein dava le coreografie dei balletti David (musica di Sauguet) e Amphion (musica di Honegger). Lavorava per il Ballet Russe de Monte-Carlo nel 1932 e negli anni a seguire, con alcune opere che furono subito giudicate come le sue più importanti, con tutti i numeri per resistere ai tempi, riprese poi da alcuni dei più prestigiosi complessi internazionali. È il caso di Jeux d’enfants (musica di Bizet, 1932), Choréartium (musica della Quarta Sinfonia di Brahms, 1933), Les Présages (musica della Quinta Sinfonia di Cajkovskij, 1934), Symphonie fantastique (musica di Berlioz, 1936). Nasceva un genere: la sinfonia coreografica, che restava legata al nome di M. e che poteva poi contare uno sviluppo, in direzione molto più astratta di `danza pura’, con il balletto concertante di Balanchine. A quella tendenza appartenevano la Settima Sinfonia (musica di Beethoven, 1938), Rouge et noir (musica della Prima Sinfonia di Šostakovic, 1939), sino alla Sinfonia di Leningrado (musica di Šostakovic, 1945-46). M. rinuncia al virtuosismo fine a se stesso. Le sue sinfonie coreografiche, che per la natura propriamente concertante potrebbero essere accomunate all’astrattismo compositivo, non rinunciano alla varietà dei temi e a un’illustrazione molto concreta, una danza definibile `terra-terra’ per la natura delle situazioni reali che vuole rappresentare. Egli ha adattato il suo stile a ogni soggetto trattato: mistero religioso (le Laudes Evangelii , musiche venete dei secoli XVI-XVII arrangiate da Virgilio Mortari, `sacro teatro’, 1954) l’operetta, il folclore (di preferenza spagnolo), l’opera (una versione danzata del Barbiere di Siviglia di Rossini, 1960), il balletto sinfonico ( Aroldo in Italia , musica di Berlioz, Ballets Russes de Monte-Carlo 1951), la commedia dell’arte ( La commedia umana , musica del XIV sec., 1960), la rievocazione d’altri tempi ( Gaîté parisienne, musica di Offenbach, 1938). Tre film sono da ricordare: il famoso Scarpette rosse (1948), I racconti di Hoffmann (1951), Carosello napoletano (1953). L’invenzione è in lui sempre ricca, piena di fermenti circostanziali; e ciò vale sia per i suoi balletti sinfonici sia per quelli strettamente d’azione i quali, specie le commedie, hanno riscosso, proprio per la loro vivacità, i maggiori consensi.

Parsons

David Parsons studia nella sua città natale per entrare poi nella compagnia di Paul Taylor a New York (1978), dove interpreta, alla creazione, Arden Court (1981), Last Look e Roses (1983). Passa poi al gruppo dei Pilobolus e a quello dei Momix, ma fonda intanto la propria compagnia (1978), per cui coreografa numerosi lavori, tra i quali il solo a luci stroboscopiche Caught (1982), che è il suo brano più noto, The Envelope (1984), Nascimento (1990), Rise & Fall (1991), Bachiana (1992), Union e Step into my Dream (1993), Mood Swing (1994). In Italia, debutta al Festival di Spoleto nel 1988, dove porta Brothers, creato con Daniel Ezralow, anch’egli proveniente dalla compagnia di Taylor; un brano interpretato anche da famosi ballerini classici come Paolo Bortoluzzi, Charles Jude, Rudolf Nureiev. Il suo fisico di ragazzo americano sano e robusto, il suo atletismo, la positività e l’allegria dei suoi temi, l’energia dei suoi danzatori, ne hanno fatto una figura molto popolare. Alla base del successo c’è però soprattutto la semplicità delle sue coreografie, costruite con strutture di facile comprensione, piacevolmente ritmate sulle musiche accattivanti che ama scegliere.

Grigorovic

Diplomato all’istituto coreografico di Leningrado, Jurij Nicolaevic Grigorovic dal 1946 al 1961 danza come solista al Teatro Kirov di Leningrado interprete soprattutto di ruoli di carattere. Dal 1961 al ’64 è coreografo al Teatro Kirov, dal 1964 al 1995 è direttore artistico e coreografo principale al Teatro Bol’soj. Riscuote il suo primo successo come coreografo nel 1957 con Il fiore di pietra di Prokof’ev al Teatro Kirov dove, successivamente (1961), mette in scena La leggenda dell’amore , rispettivamente allestite al Bol’soj nel 1959 e nel 1965. In questi due balletti, rimontati poi per molti altri teatri, il coreografo ha modo di mettere alla prova e far conoscere il suo stile saldamente ancorato alla danza accademica ma arricchito da altri stili, dove il gesto diventa espressivo senza bisogno di ricorrere alla pantomima ottocentesca, i caratteri dei personaggi sono tratteggiati con acume psicologico, la profonda unione di musica e danza dà luogo a complesse forme di sinfonismo coreografico.

La sua prova successiva è Spartaco (1968, su musica di Aram Chacaturjan, premio Lenin nel 1970) dove raggiunge la completa maturità espressiva. Il balletto, che racconta la rivolta degli schiavi nella Roma imperiale, è stato cavallo di battaglia per i grandi danzatori del Bol’soj: V. Vasil’ev, I. Muchamedov, E. Maximova, N. Bezmertnova. Oltre a riallestire per il Bol’soj i tre balletti di Petipa e Cajkovskij ( Bella addormentata , 1963, Schiaccianoci , 1964, Lago dei cigni , 1969), crea Ivan il Terribile (1975); Angarà (1976), ambientato fra pionieri siberiani lungo il fiume Angarà; Romeo e Giulietta (prima redazione all’Opera di Parigi 1978, seconda redazione al Bol’soj 1979); L’età dell’oro (1982) su musica di Sostakovic; Raimonda (1984); seguono La Bajadere (1991); Corsaro , Don Chisciotte (entrambi del 1994). Nel 1994 dà vita a una troupe indipendente dal Bol’soj intitolata Jurij Grigorovic Ballet. Nel 1995, dopo anni di lotte intestine all’interno del teatro, che avevano visto M. Plisetskaja e V. Vasil’ev contrastare la sua carica di direttore artistico della compagnia, viene dimesso e prosegue la sua attività di direttore e coreografo dello Jurij Grigorovic Ballet.

Urbain

Allievo dell’Opéra di Parigi, la carriera di James Urbain si è svolta presso numerose e importanti compagnie internazionali. Si è esibito con il celebre complesso del Marchese de Cuevas, nonché con R. Petit e il Ballet de Monte-Carlo. Molto attivo anche in Italia, ha brillato soprattutto accanto a Carla Fracci; con la grande étoile è stato fra l’altro partner in Paquita e in Pelléas et Mélisande (Scala 1970) e, all’Arena di Verona, in Romeo e Giulietta (1971). All’Opera di Roma è invece apparso nel Ballo Excelsior.

Catá

Alfonso Catá ha cominciato i suoi studi a Ginevra con B. Kniaseff. Nel 1956 debutta nei Ballets de Paris, poi danza con il Ballet de Monte-Carlo, il Joffrey Ballet, il Ballet du Marquis de Cuevas e lo Stuttgart Ballet. È tuttavia al New York City Ballet, dove entra nel 1965, che trova il suo vero sboccio, anche in veste di coreografo. Con l’appoggio dello stesso Balanchine diventa poi direttore del Ballet de Genève (1969-73), al quale dà valido impulso, introducendo tra l’altro nel repertorio molte opere del maestro americano. Con lo stesso spirito di rigore e fedeltà dirige in seguito (1973-79) il Balletto di Francoforte. Dopo altre esperienze, soprattutto in America, è chiamato a creare, a Roubaix, il Ballet du Nord; compagnia che guida fino alla morte, portandola a brillanti risultati sia mantenendo ferma la tradizione balanchiniana, sia creando lui stesso molte coreografie. Tra le altre, Sonate (musica di Chopin), La mer (Debussy), Nuit de mai (Rimskij-Korsakov), Valses de Brahms e Chabriesque (Chabrier).

Wright

Peter Wright studia con Jooss, Volkova, Van Praagh, iniziando a esibirsi con la compagnia di Jooss (1945-46). Successivamente passa al balletto del Metropolitan (1947) e a quello del Sadler’s Wells Theatre (1949-51, 1952-55). Dal 1957 al ’59 svolge l’attività di insegnante alla scuola del Royal Ballet e inizia a creare le sue prime coreografie ( A Blue Rose , 1957; The Great Peacock , 1958; Musical Chairs, 1959). Per il balletto di Stoccarda (dove riveste il ruolo di maître dal 1961 al ’67) realizza le coreografie: The Mirror Walkers (1963), Quintet (1963), Namouna (1967). In seguito è direttore associato del Royal Ballet (dal 1970) e coreografo – nonché direttore fino al 1994 – della Touring Company (Sadler’s Wells Royal Ballet, oggi Birmingham Royal Ballet).

Spoerli

Dopo gli inizi dell’attività lavorativa come apprendista pasticcere, nel 1958 Heinz Spoerli inizia lo studio della danza classica con Walter Kleiber, entrando due anni dopo nel Corpo di ballo dell’Opera di Basilea, dove danza fino al 1963. Dal 1963 al 1966 lavora con Tod Bolender al Balletto di Colonia, in seguito è solista al Royal Winnipeg Ballet (1966-97), Grand Ballets Canadiens (1967-69 e 1970-71) e del Balletto di Ginevra (1971-73) dove debutta come coreografo con Le Chemin. Direttore del Balletto di Basilea dal 1973 al 1991 vi crea oltre settanta balletti tra i quali ricordiamo i concertanti Chas, Wendung, Trois Gnossiennes. Thundermove, le sue versioni di Giselle, Lo schiaccianoci, e i nuovi balletti drammatici Sogno di una notte di mezza estate e La Belle Vie, cui affianca creazioni per molte compagnie internazionali, come La Fille Mal Gardée (Opéra di Parigi 1981, La Scala 1987) e Child Harold (Opera di Berlino 1984). Nominato direttore artistico del Balletto dell’Opera di Düsseldorf nel 1991 continua a consolidare la sua fama di autore con Szenen, La Bella addormentata, Goldberg Variationen . In seguito assume la direzione del Balletto di Zurigo (1996) per cui crea tra l’altro Patently Unclear ; è inoltre invitato dalla Scala a firmare le coreografie dell’opera inaugurale della stagione 1996-97, Armide di Gluck. Coreografo neoclassico, particolarmente versato nei balletti di impostazione narrativa, è autore di una danza fluida e musicale, contraddistinta da una delicata vivacità e un umorismo leggero.

Cranko

John Cranko prese le prime nozioni di danza presso l’università di Città del Capo, dove creò la sua prima coreografia: una suite tratta da L’histoire du soldat di Stravinskij (1942). Passato a Londra, entrava nel 1946 alla Sadler’s Wells School per entrare più tardi nel celebre Sadler’s Wells Ballet, una compagnia che ebbe un momento felice di affermazione prima di passare alla denominazione più pomposa, per conferimento regio, di Royal Ballet. In questa compagnia diede subito la misura del suo talento coreografico. Fra le principali coreografie sono da ricordare in particolar modo per lo spirito arguto e salace: Pineappel Poll (musica di Sullivan-Mackerras, 1951), The Lady and the Fool (musica di Verdi-Mackerras, 1954), The Prince of the Pagodas (musica di Britten, 1957). Con il Ballet Rambert diede Variations on a Theme (musica di Britten, 1954), La Belle Hélène (musica di Offenbach, Opéra di Parigi, 1955; piccante interpretazione di Yvette Chauviré). In seguito C. dava la versione occidentale (che doveva rimanere negli annali della storia del balletto moderno) del Romeo e Giulietta di Prokof’ev, prima a Venezia (1958, Teatro Verde dell’isola di San Giorgio) e poi alla Scala, con il corpo di ballo del teatro e l’interpretazione carismatica di Carla Fracci. C. era poi anche il responsabile della messinscena del Sogno di una notte di mezza estate di Britten a Aldeburgh nel 1960. Nel 1961 lasciava il Royal Ballet per passare alla direzione dello Stuttgart Ballet, operando quello che fu definito «il miracolo Balletto di Stoccarda» per aver saputo formare e plasmare quella compagnia ai massimi livelli, vigile e solerte alla guida di un gruppo che si poteva avvalere di due interpreti eccezionali, fedeli alla lettera e allo spirito del coreografo: Marcia Haydée e Richard Cragun. C. è stato anche alla testa dell’Opera di Monaco dal 1968 al ’71. Nell’attività di C. è sorprendente lo sviluppo crescente della sua creatività con una serie di capolavori ( Onegin , musica di Cajkovskij, 1965; La bisbetica domata , musica di Scarlatti-Stolze, 1969) perfettamente centrati nella drammaturgia e nello sviluppo della coreografia, condotta con scavo sottile nel tratteggio dei personaggi. I suoi balletti sono nel repertorio delle più importanti compagnie del mondo; inoltre esistono molte riprese televisive dei suoi balletti.

Lormeau

Dedicatosi dodicenne alla danza, vincitore giovanissimo del primo premio al Concorso di Parigi, nel 1977 Jean Yves Lormeau entra nel corpo di ballo dell’Opéra di Parigi, dove diventa presto primo ballerino e dove rimarrà fino al 1996. Diventa étoile nel 1981. Le sue grandi doti tecniche lo hanno sovente portato a cimentarsi nei grandi ruoli classici (Sigfrido, Albrecht, ecc.), ma è stato anche l’interessante protagonista di lavori di R. Petit (in particolare ne Il fantasma dell’Opera ) e di M. Béjart, del quale ha goduto grande stima. Rilevanti le sue interpretazioni in Bolero , Uccello di fuoco , Ne serait ce la mort . Più volte Lormeau è stato guest star di grandi compagnie internazionali, ivi compreso il New York City Ballet.

Youskevic

Igor Youskevic si stabilisce a Belgrado e dopo aver brillato nell’atletica leggera inizia a studiare danza nel 1932 con la ballerina Xenia Grunt assieme alla quale debutta nello stesso anno. Trasferitosi a Parigi continua a studiare danza con Preobrajenska e nel 1934 esordisce nella compagnia della Nijinska. L’anno seguente è nella compagnia di Woizikowsky e nel ’37 passa a quella di de Basil. Dal 1938 al 1944 danza nel Ballet Russe de Monte-Carlo ottenendo grandi riconoscimenti: Gaité parisienne (1938), Rouge et noir (1939), Vienna 1814 (1940), The New Yorker (1940) di Massine, The snow maiden (1942), Ancient Russia (1943) di Nijinska. Nel 1946 è nel Ballet Russe Highlights di Massine e l’anno seguente viene scritturato come primo ballerino nel Ballet Theatre dove danza fino al 1955 esibendosi nelle prime rappresentazioni di Theme and variations di Balanchine (1947), Shadow of the wind di Tudor (1948), Schumann concerto di Nijinska (1951). Successivamente si esibisce con il Balletto di Cuba e con altre compagnie danzando spesso insieme alla Alonso (memorabile Giselle , New York 1958). Ha preso parte al film Invito alla danza di G. Kelly (1952) ed è stato direttore artistico del New York Ballet Competition.

Scholz

Dopo precoci studi in danza e musica, Uwe Scholz nel 1973 si iscrive alla Scuola del balletto di Stoccarda e nel 1979 entra nell’omonima compagnia, della quale, nel 1982, è nominato coreografo stabile. Nel 1985 assume la direzione del Balletto di Zurigo e per questa compagnia crea diversi lavori tra i quali La creazione (musica di J. Haydn, 1986), L’uccello di Fuoco (1987), Il Rosso e il Nero (1989, presentato al teatro alla Scala nel 1994); nel 1991 passa alla guida del Balletto di Lipsia e qui firma tra l’altro Settima sinfonia (musica di Beethoven, 1992), Amerika (1994), Il mandarino meraviglioso (musica di Bartók, 1996), Sinfonia Classica (musica di Prokof’ev, 1997). Ospite di molte compagnie internazionali ha allestito tra l’altro Airs (MaggioDanza 1985), Jeunehomme (1990) e la Seconda sinfonia di Schumann (1993) per il Balletto di Montecarlo. Dotato di una grande sensibilità musicale e di un forte senso teatrale, è autore di una danza neoclassica di notevole bellezza formale e intensa espressività.

Gordon

Nel 1956 David Gordon entra nella compagnia di James Waring, dove coreografa Mama Goes Where Papa Goes (1960). Frequenta intanto le lezioni di Cunningham e studia con Graham, Horst e Robert Dunn. Prende parte attivamente all’esperienza dei postmoderni del Judson Dance Theatre e danza in Trio A , opera seminale della Rainer. Firma il solo Walks and Digressions (1966), cui seguono Sleepwalking (1971), basato sull’accelerazione progressiva, Chair (1974), duo con la moglie Valda Setterfield. Forma poi la sua compagnia (1974), per la quale crea lavori come Not Necessarily Recognizable Objects (1978) e Tv Reel (1982), esemplari del suo stile di coreografo-costruttore, solo in apparenza casuale. Crea anche Field, Chair and Mountain per l’American Ballet Theatre (1985).

Madia

Formatosi alla scuola di Ballo del Teatro alla Scala, dopo una stagione nella sua compagnia, Giorgio Madia danza dal 1984 come solista nei Ballet du XXème siècle e Béjart Ballet Lausanne, nel Pennsylvania Ballet e nel San Francisco Ballet. Primo ballerino dello Zurich Ballet dal 1995 al 1997, qui debutta nella coreografia firmando Stuck (1995) e le danze di Die Lustige Witwe (1997). Ritiratosi nel 1997 è oggi maître de ballet.

Agesilas

Studia presso il Conservatorio nazionale di Musica e Danza di Parigi. Scritturato all’Opéra, vi rimane fino al 1971, anno del suo incontro con Joseph Russillo con il quale, nel 1973, fonda il Ballet Théâtre Joseph Russillo. Danzatore di grande forza e bellezza plastica, partecipa come interprete principale a tutte le creazioni di Russillo, firmando contemporaneamente numerose coreografie, soprattutto per vari festival (Châteauvallon, Avignone, Arles). Dal 1984, insieme a Russillo, è co-direttore del Centro nazionale di coreografia di Tolosa e del Midi. Tra i suoi lavori, vanno ricordati Spleen, Elégie, Voyage intérieure, Carte postale, Voici la compagnie, Violence et passion, Suite de Bach.

Gades

Di famiglia operaia e antifranchista, Antonio Gades abbandona gli studi a undici anni per dedicarsi a umili mansioni. Da persecuzione politica e miseria nasce quell’impegno sociale destinato a diventare il filo conduttore della sua vita pubblica e privata. Altra predestinazione è l’incontro con una edizione clandestina del Romancero gitano di Federico García Lorca, che fa scattare nel giovane Antonio un processo di identificazione poetica e civile. Spinto a frequentare l’Accademia della maestra Palitos, Antonio Gades viene notato da Pilar Lopéz: che lo prende in compagnia e gli affida il nome Gades, da Cadice, la città già lodata da Marziale per la leggiadria delle danzatrici destinate alla Roma dei Cesari. Antonio Gades impara la danza e il modo di costruirla direttamente dalla pratica del palcoscenico. La severa e intelligente scuola di Pilar spazia dal folclore regionale a quello andaluso e segnatamente flamenco, alla `escuela bolera’ che è frutto della contaminazione culturale ispanica e franco-italiana. Nel 1960 Antonio Gades sceglie la libertà. Lo troviamo a Roma, dove monta con Anton Dolin il Bolero di Ravel e dove, soprattutto, si sottopone a un rigoroso studio del classico. Conosce Beppe Menegatti, cui deve l’affermazione nel nostro Paese. Suo tramite entra nel gruppo che già riunisce Carla Fracci, Ferruccio Soleri, Oscar Ghiglia e altri. Il teatrino di Don Cristóbal (tanto per cominciare un García Lorca) montato da Menegatti per Fiesole trionfa, e fa trionfare G., a Spoleto (1962). Qui Menotti non esita ad affidargli la regia della Carmen che lancerà Shirley Verrett. Subito dopo Antonio Gades è alla Scala come ballerino e maître. Nel 1963 torna in Spagna, dove mette assieme un piccolo gruppo. In un night di Barcellona frequentato da intellettuali Antonio Gades colpisce Miró, che lo segnala alla New York World’s Fair del ’64. È l’affermazione internazionale. Durante la stagione teatrale 1968-69 Parigi assegna a Antonio Gades il Premio della critica. Nel 1970 avviene il debutto a Londra. Poi il mondo è suo e la cronologia si confonde. Antonio Gades, che nasce Antonio Gades baciato da quello che noi chiamiamo carisma, possiede anche il carattere che gli spagnoli definiscono `duende’. Uno, il `duende’, lo `tiene’ o non lo `tiene’. `Duende’ è estro, passione, anarchia, imprevedibilità. Così Antonio Gades fa e disfa le sue compagnie. Arriva e riparte. Balla e si ferma. Crea e gli si inaridisce la vena. Scompare, anche per anni, senza lasciare traccia, fagocitato da un qualche suo affanno ideologico o sentimentale. O più semplicemente perché gli va di andare in barca. Se infatti Antonio Gades va fiero per un buon numero (pare che le sposi tutte) di mogli e figli, è anche vero che nel 1975 interrompe dall’oggi al domani una tournée perché in Spagna hanno fucilato degli innocenti. C’è la questione dei separatisti baschi, c’è di mezzo un suo fratello. Si rifugia a Cuba dove Alicia Alonso, regina di tutte le rivoluzioni, lo convince che il teatro è il suo `mezzo’ e che anche con il `baile’ è possibile protestare. Nel 1978 la Spagna del dopo-Franco gli offre la direzione del Balletto nazionale. Lui tentenna ma accetta. Solo per poco. Preferisce i suoi, con i quali gira l’orbe in torpedone, con jeans e scarpe da tennis per tutto bagaglio.

Antonio Gades è uomo di intensa sensibilità culturale. Come conciliarla con quella formazione tanto frettolosa? Perché Antonio ha imparato gli uomini e le cose vivendo, così come ha imparato il ballo ballando. Perché `tiene duende’, è intelligente e umile. Sa scaldarsi al sole dei grandi che illumina con le sue intuizioni. Rafael Alberti gli dedica versi indimenticabili: “Antonio Gades, te digo:/ lo que yo,/ te lo diria mejor/ Federico./ Que tienes pena en tu baile/ que los fuegos que levantan/ tus brazos son amarillos”. Lui impara da Matisse e Miró la spazialità, la luce, la geometria, il modernismo surreale che ne segna il teatro. Un teatro spagnolo assolutamente rivoluzionario. La sua è una Spagna di sangue ma non di elezione. Nulla egli sembra amare di quella terra tronfia e barocca, retorica e sgargiante se non le leve dell’avanguardia che cercano l’affrancamento dall’hispanidad e l’adorato García Lorca, onnipresente con i simboli scarnificati dell’infanzia trascorsa nella campagna granadina. Sole e luna, morte e figlio, giglio e cristallo, chitarra e Guadalquivir delle stelle. Molto teatro di G. è sussurrato, suggerito, disseccato. Tra i vari stili appresi da Pilar c’è anche il flamenco, cui sono affidati i momenti di maggiore tensione drammatica. Allora i `cantaores’ dalla voce roca levano i desolati `gipidi’, e i bastoni gitani percuotono inesorabili la terra, come campane a morto. Intanto gli uomini consumano `en ralenti’ il loro duello fatale (Bodas de sangre, 1974), le sigaraie si affrontano come eserciti nemici nella `bodega’ arredata di povertà (Carmen, 1983), Frondoso contagia con il `taconeo’ la necessità di rivolta (Fuente Ovejuna, 1994). Le danze regionali servono invece per le distensioni liriche. E il silenzio, grande protagonista delle cose vere, magari commentato dal flash che coglie il volo di due amanti a cavallo verso la luna (Chagall) per i sentimenti estremi. Antonio da Elda che ha conosciuto il sudore dei poveri ne sa anche le feste. Che esplodono sgangherate e improvvise con la parodia della corrida (Carmen e Fuente Ovejuna ). La produzione di G. non è copiosa, perché dopo l’atto creativo lui «si sente vuoto come un animale e non ha più niente da dire». La trilogia costituita da Bodas de sangre, Carmen e Fuego, tutti titoli mutuati dalla cinematografia di Carlos Saura, è seguita da Fuente Ovejuna sull’omonima commedia di Lope de Vega. Il tiranno che oltraggia la sposa di Frondoso è sinonimo di tutti i tiranni, dunque l’antagonista esistenziale di Antonio. Quando infatti, alla fine, qualcuno domanda chi abbia ammazzato il governatore, la coralità, meritevole di perdono, del celebre “todos a una, Fuente Ovejuna” è sostituita dal fiero “yo” ripetuto dai singoli campesiños. E Fuente diventa tragedia. Da tempo la partner storica di Antonio, Cristina Hoyos, è stata sostituita da Stella Arauzo. E adesso anche lui, Antonio che accenna la straziante `farruca’, che leva le braccia come ali di gabbiano, che dardeggia lo sguardo fiero dal legno antico del volto scavato, che t’affronta con la camicia bianca, le anche guizzanti e il fremito delle gambe nervose, ha annunciato il ritiro dalle scene. Il coreografo promette un trittico lorchiano per il 1999. Ci saranno altre Bodas e altre Bernarda Alba . Forse anche il Lamento per Ignazio. Ma chi, al suo posto, potrà parlare di “tori celesti, mandriani di pallida nebbia”? Chi troverà quel `duende’ che, diceva Federico, «non arriva se non vedi una possibilità di morte, se non sai che dovrai corteggiarla, se non hai la sicurezza che dovrai cullare quei rami che tutti portiamo con noi, e che non hanno, non avranno mai, consolazione»?

Celli

Vincenzo Celli ha iniziato gli studi di teatro e danza classica a Chicago e si è perfezionato in Italia con Enrico Cecchetti, del quale è stato l’ultimo allievo prediletto. Diplomatosi alla Scuola di Ballo della Scala nel 1928, vi ha danzato come primo ballerino fino al 1931 e nel 1935 si è trasferito negli Stati Uniti dove, dopo una parentesi come Maitre de Ballet con i Balletti Russi di Monte Carlo (1938-40) si è da allora dedicato all’insegnamento, diventando una delle maggiori autorità didattiche del metodo Cecchetti e contribuendo in maniera fondamentale alla formazione di ballerini come Lupe Serrano, Maria Tallchief e Royes Fernandez.

Canales

Figlio di una zingara e di un gitano, Antonio Canales si forma presso la scuola del Balletto nazionale di Spagna e da qui entra nell’omonima compagnia in veste di solista. Dopo aver proseguito la carriera come artista ospite in vari `gala’ internazionali, nel 1992 fonda una sua compagnia, con la quale realizza Siempre flamenco (1992), Torero (1993), Narciso e Triana (1996), A cuerda y tacon (1997); in questi lavori si impone per la sua energica personalità di interprete, dal gesto raffinato e dall’esecuzione ritmica travolgente, nonché per la ricerca coreografica tesa a una modernizzazione del flamenco.

Christe

Nils Christe studia musica al Conservatorio e danza classica all’Accademia di danza di Rotterdam; a diciassette anni entra a far parte del Nederlands Dans Theater, dove si impone come uno dei ballerini di maggior rilievo in creazioni di L. Falco, J. Robbins, H. Van Manen e J. Kylin. Lasciata la compagnia nel 1981, si dedica alla coreografia, mettendo in luce un fluente e musicale stile neoclassico in balletti rappresentati da molte compagnie internazionali (Quartett II, Strings, Before the Nightfall, Danses concertantes). Dal 1986 al 1991 ha diretto lo Scapino Ballet, rinnovando la politica artistica e creando, fra l’altro, nuove coreografie per Pulcinella di Stravinskij (1987) e Cenerentola di Prokof’ev (1989). Successivamente ha intrapreso la carriera di coreografo free-lance.

Golejzovskij

Cresciuto alle scuole di Mosca e Pietroburgo, Kas’jan Jaroslavic Golejzovskij è entrato nel 1909 al Teatro Marijinskij di Pietroburgo per passare, nello stesso anno, al Teatro Bol’šoj di Mosca, dove ha interpretato ruoli da solista ( La bella addormentata , Il cavallino gobbo , La fille mal gardée ). Spirito innovatore e irrequieto, presto ha abbandonato la scena accademica per intraprendere dal 1915 la carriera di coreografo presso l’Intimnyj Teatr, il Teatro di Mamontov e il cabaret Il pipistrello. Influenzato dalle innovazioni di I. Duncan, M. Fokine, A. Gorskij è diventato, a cavallo fra gli anni ’10 e ’20, uno dei più significativi coreografi sperimentatori. Nel 1916, seguendo l’esempio del regista A. Tairov, ha fondato un suo Balletto da Camera di Mosca, per il quale ha realizzato La sonata della morte (1918, musica di Skrjabin), Salomé (Strauss), La tragedia delle maschere , Il fauno (Debussy) tutti del 1922, Danze eccentriche (1923). La sua ricerca si è indirizzata soprattutto verso una espressività del movimento libera dai dettami accademici, affrancando il corpo dagli impedimenti del costume classico a favore della quasi totale nudità. Per primo ha introdotto nella danza il costruttivismo adottando scenografie complesse nei balletti realizzati per la scena sperimentale del Bol’šoj, come Giuseppe il bello (1925). Ha collaborato con i più importanti registi d’avanguardia del periodo; a partire dal 1927 ha subìto una lenta ma progressiva emarginazione adattandosi a lavorare per il music-hall, i divertissement per le opere (per esempio le Danze Polovesiane del Principe Igor) o per i teatri delle repubbliche dell’Asia Centrale. Nel periodo del `disgelo’ krusceviano è stato chiamato ad allestire al teatro Bol’šoj la leggenda orientale Lejli e Medznun (1964).

Scigliano

Eugenio Scigliano studia danza classica a Cosenza e per tre anni alla Scuola del balletto nazionale del Canada con Erik Bruhn. Dal 1986 nel Balletto di Toscana, si impone per tecnica brillante, presenza scnica e versatilità stilistica in lavori di Gianfranco Paoluzi (Elysios 1987) e Ed Wubbe (Pop Sense 1988) e in creazioni come Giulietta e Romeo (1989), Pinocchio (1990) di Fabrizio Monteverde, Pulcinella (1990) e Chi vuol esser lieto sia (1992) di Virgilio Sieni. Solista all’English National Ballet nel 1992-93, rientra poi nel Balletto di Toscana dove è protagonista di Otello di Monteverdi (1994) e Blue Note di Mauro Bigonzetti (1997) e dove debutta nella coreografia nel 1996.

Uotinen

Dopo aver studiato alla Finnish National Ballet School e aver danzato con l’omonima compagnia, Jorma Uotinen si perfeziona con Serge Golovine e nel 1975 entra nel Group de Recherches Choregraphiques dell’Opéra di Parigi diretto da Carolyn Carlson, con cui danza L’Or des Fous , Les Fous d’Or e Sablier Prison, mettendo in risalto la sua personalità magnetica e la sua misteriosa presenza scenica . Il sodalizio con la coreografa continua con Le Trio (1980) e nel TeatroDanza la Fenice; rientrato in Finlandia, dal 1982 al 1991 dirige il City Theater Dance Group, creandovi Steps , Scream e Rif Raf , e dal 1992 il Finnish National Ballet, per il quale coreografa vari lavori tra cui Kalevala (1985), Hallayo (1995), The Firebird (1996).

Cramer

Insieme a B. Cullberg, Ivo Cramer è da considerare una delle personalità più rilevanti della danza svedese del Novecento. Nel 1946 ha fondato `Les Ballets Cramer’, compagnia per la quale ha realizzato fra l’altro Il messaggio (1947), premiato al Concorso internazionale di Copenaghen. Degno di rilievo anche Il figliuol prodigo (1957), balletto diventato una sorta di bandiera nazionale e in cui è riflesso in maniera vivace ed originale il lavoro dei contadini del suo Paese. A lui si devono anche varie coreografie di carattere storico ( Un piatto di zuppa di piselli ; Buonasera mascherina , sulla figura del grande re Gustavo Vasa). C. è anche uno specialista nelle ricostruzioni di balletti del passato, sia del repertorio più lontano ( La fille mal gardée ) come anche dei Ballets Suédois. A lui si deve anche un festoso Arlecchino, mago per amore creato per il Balletto di Svezia, del quale è stato direttore dal 1975 al 1980.

Vu An

Cresciuto alla Scuola di ballo dell’Opéra di Parigi, appena quindicenne Eric Vu An viene scritturato dallo stesso teatro. Vincitore di importanti concorsi internazionali (Varna, Carpeaux, Nijinskij) è subito valorizzato nell’interpretazione di ruoli classici e moderni. Béjart, fra l’altro, lo vuole protagonista della versione scaligera del Martyre de Saint Sébastien (1986). Con R. Petit ha danzato accanto a Z. Jeanmaire in Java for ever . La sua bravura e la sua bellezza esotica sono state sfruttate, seppur marginalmente, anche dal cinema (appare fra l’altro ne Il té nel deserto di B. Bertolucci). É stato anche Antinoo nella versione teatrale, curata da M. Scaparro, di Le memorie di Adriano tratto dalla Yourcenar (Tivoli 1990).

Lommel

Dopo gli studi all’Académie des Beaux Arts di Liegi, Daniel Lommel ha iniziato a danzare al Théâtre Royal della medesima città. Successivamente, a Parigi, è stato scritturato dalla compagnia di J. Charrat e quindi dall’Opera di Amburgo dove è rimasto fino al 1967, anno in cui viene accolto dal Ballet du XXéme Siècle. Danzatore di grande eleganza e prestanza, Béjart lo valorizza nei suoi più significativi lavori degli anni ’60 e ’70 (Bakthi, Messe pour le temps présent, Baudelaire, Les Vainquers, Pli selon pli ma anche Romeo e Giulietta, Nona sinfonia, I trionfi ). Accanto a J. Donn, appare anche in Canto di un compagno errante . Lasciata la celebre compagnia, dove per un certo periodo assunse la carica di direttore aggiunto, è stato ospite in varie altre compagnie europee.

Candeloro

Allievo di M. Besobrasova, Tony Candeloro danza con il corpo di ballo dell’Arena di Verona, il Ballet de Nancy e il Balletto di Zurigo; qui, dal 1987 al ’91, si impone per personalità e tecnica in balletti di Uwe Scholz, Pierre Wyss (Ikarus) e in classici del ‘900 (Romeo e Giuliett). Passato poi all’Opera di Bonn, interpreta molti balletti di V. Panov (Petruška, 1993). Ospite di numerose compagnie internazionali, danza con étoile come Carla Fracci, Galina Panova, Lorna Feijo, apparendo in recital coreografici (Omaggio a Fokine, 1995) e in novità su musiche di Sylvano Bussotti (Nuit d’un faune, 1991) e Luca Veggetti (La nascita di Orfeo, 1996).

Fascilla

Allievo della Scuola di ballo della Scala, Roberto Fascilla si diploma nel 1956; l’anno dopo è già impegnato nel corpo di ballo in parti solistiche. Promosso primo ballerino nel 1964, interpreta tutti i balletti del repertorio ottocentesco (Giselle, Il lago dei cigni) e neoclassico (Allegro Brillante di Balanchine), segnalandosi soprattutto come sicuro partner e ‘porteur’. Dagli anni ’70 si dedica alla coreografia e allestisce nuove versioni di classici, sia per la Scala (Romeo e Giulietta, 1976) sia per la compagnia di Carla Fracci (Coppélia, 1973; La bella addormentata, 1976), nonché nuovi balletti drammatici di linguaggio neoclassico, ma non privi di spunti coreografici moderni (Il diario di Anna Frank, Verona 1983). Fondatore e coreografo della compagnia della Fondazione Piccinni di Bari (1978), dal 1990 al 1997 ha diretto con buoni risultati artistici il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli.

Nijinskij

Vaslav Fomic Nijinskij studiò alla scuola di Pietroburgo con il celebre maestro Nikolaj Legat e poi anche con il non meno celebre Enrico Cecchetti, agli inizi del Novecento. Il suo fisico, piccolo e tarchiato, non era dei più felici, ma straordinaria sin dagli inizi fu la forza dell’espressione; del resto furono proprio la conformazione fisica, gli zigomi accentuati, gli occhi a mandorla che rivelavano i caratteri orientali, gli stessi tratti somatici a decretare la personalità del danzatore. Debuttò nel 1905 in Aci e Galatea, con la coreografia di Fokine; l’affermazione completa giunse nel 1908. Scritturato in quell’anno da Diaghilev per le rappresentazioni dei Ballets Russes in Europa (debutto a Parigi), sollevò l’entusiasmo delle folle per le doti tecniche (il grande salto) e la singolarità dell’espressione in Shéhérazade , Carnaval , Giselle , Le spectre de la rose , Petruska , tutte interpretazioni fulcro della sua carriera, per l’espressionismo tragico (il disperato Petruska) e per il languore neoromantico delle Silfidi come dello Spectre guidato dalla mano del coreografo Fokine e dal gusto `art nouveau’ di Bakst e di A. Benois. Diaghilev lo mise in contatto con Marie Rambert, che a sua volta era permeata delle teorie ritmiche, allora in voga, di Jaques-Dalcroze: nacque, rivoluzionaria e scandalistica, la coreografia dell’ Après-midi d’un faune (1912) sulla partitura di Debussy e la traccia letteraria di Mallarmé. Intanto era interessante la composizione coreografica, oltre che l’interpretazione: una coreografia basata sulle posizioni di profilo, attinte ai bassorilievi greco-etruschi, in disdegno del classico `en dehors’ ma pienamente giustificata dal carattere del brano.

L’anno dopo vennero Jeux (musica di Debussy), gioco dell’amore e dello sport (una partita di tennis in chiave ballettistica), e soprattutto Le sacre du printemps , per la musica di Stravinskij: altro scandalo, anche per la coreografia, fuori dai canoni accademici, che ricostruiva l’immagine di una Russia arcaica, primitiva e pagana con grande forza espressiva. Con il matrimonio (a Buenos Aires) con la seguace e ammiratrice Romola de Pulszkij, si ruppero i legami con Diaghilev e N. si trovò a percorrere improvvisamente e violentemente un cammino in discesa nella sua arte, verso la follia progressiva. Nel 1916 partecipò a una tournée negli Usa e creò Till Eulenspiegel sulla partitura di R. Strauss; tentò un nuovo approccio con Diaghilev nel 1917. Testimonianza probante e probabile dello smarrimento psichico di N. fu il celebre Journal , raccolto dalla moglie con numerose edizioni delle quali l’ultima, italiana, uscì nel 1979. Per la sua personalità unica, inconfondibile N., oltre ad appartenere al gusto di una stagione, e quindi alla storia della danza, dell’arte in genere per i vari addentellati figurativi e del costume, è entrato nel mito e nella leggenda, con la fioritura molto estesa di un’abbondante letteratura: mostre fotografiche, film, spettacoli teatrali (di Béjart, Nijinskij clown de Dieu ; di Lindsay Kemp, Nijinskij, il matto ), pubblicazioni (Nijinskij di Richard Buckle), vari studi condotti da esperti di danza come Lincoln Kirstein ed Edwin Denby e anche da psicologi.

Neumeier

Laureato in Letteratura Inglese e Storia del Teatro studia danza moderna con Sibyl Shearer e classica con Sheila Reilly, Vera Volkova e alla Royal Ballet School e dal 1963 al 1969 John Neumeier fa parte dello Stuttgart Ballet*, dove debutta nella coreografia con Separate Journeys (1968) nell’ambito dei laboratori della Noverre Society*. Dal 1969 al 1974 è direttore del Balletto di Francoforte e vi allestisce le sue versioni di Romeo e Giulietta (1971) e Schiaccianoci (1971), Dafni et Chloe (1972), Le Sacre (1973); l’anno successivo viene chiamato alla guida dell’Hamburg Ballet. Con questa compagnia, ben presto elevata ai massimi livelli della scena internazionale, prosegue la sua attività creativa, ampliata da collaborazioni con compagnie come l’Opèra di Parigi, il Royal Danish Ballet, il National Ballet of Canada, lo Stuttgart Ballet. I suoi oltre cento lavori seguono alcune linee di ispirazione distinte: i balletti sinfonici, con un ciclo dedicato all’opera di Gustav Mahler composto da Terza Sinfonia (1974), Quarta Sinfonia (1977), Decima Sinfonia (1980), Sesta Sinfonia (1984), Des Knaben Wunderhorn (1989), Quinta Sinfonia (1989), Zwischenr&aulm;ume (1994); i lavori di profonda ispirazione spirituale come la Matth&aulm;us Passion , sull’omonimo oratorio di Bach (1980) e considerato tra i suoi lavori più esemplari e ispirati, Magnificat (musica di J.S. Bach, Balletto dell’Opéra di Parigi 1987), Requiem (musica di Mozart, Festival di Salisburgo 1991); i balletti su fonti letterarie e teatrali, come Sogno di una notte di mezza estate (1977), Othello (1985), Mozart e temi da Come vi piace (1985), Vivaldi o la Dodicesima Notte (1997), Peer Gynt (1989), La Signora delle Camelie (Stuttgart Ballet, 1978), Un Tram chiamato Desiderio (Stuttgart Ballet, 1984), Medea (Stuttgart Ballet, 1990), A Cinderella Story (1992), Odyssée (1996), West Side Story (1978) On the town (1991), Bernstein dances (1998). Tra i massimi coreografi contemporanei, ha saputo innovare con estrema originalità il genere del balletto drammatico e si è distinto, oltre che per la padronanza della composizione coreografica e del vocabolario classico e moderno, per l’acume delle sue intuizioni teatrali, la sensibilità nel tratteggio psicologico e la stimolante rielaborazione della struttura drammaturgica che, eseguita talvolta in maniera radicale – come nel caso dei classici del repertorio tradizionale ( Illusioni – Come Il lago dei cigni , 1976) – non manca mai, tuttavia, di una sua coerenza interiore e di una costante ispirazione, supportata da una non comune cultura umanistica.

Bintley

David Julian Bintley studia presso maestre locali, poi alla Royal Ballet School dove inizia il lavoro creativo e si rivela danzatore di eccezionale carattere. Entrato nel Sadler’s Wells Royal Ballet nel 1976, dà vita a importanti ruoli: la vedova Simone e Alain ne La fille mal gardée e Bottom nel Dream di Ashton; il Re rosso nel Checkmate di de Valois e la sua interpretazione più straordinaria, Petruška di Fokine. Coreografo eclettico e prolifico, crea sia balletti di danza pura, sia balletti narrativi, anche in tre atti, come il popolare Hobson’s Choice (balletto comico-drammatico, musica di Paul Reade, 1989), qualche volta a tinte forti (Edoardo II, creato per il Balletto di Stoccarda su musica di John McCabe, 1995). Fra i lavori in atto unico più riusciti, Consort Lessons (musica di Stravinskij, 1983), Still Life At The Penguin Café (musica di Simon Jeffes, 1988), Nutcracker Sweeties (Cajkovskij-Ellington, 1996). Diventa direttore artistico del Birmingham Royal Ballet nel 1995, pur continuando a creare balletti per il San Francisco Ballet e per il Balletto di Stoccarda. Gli sono stati conferiti l’Evening Standard Award For Ballet nel 1983 e il Laurence Olivier Award nel 1984.