Masiero

Interprete eclettica, dotata di grande verve, Lauretta Masiero è passata con disinvoltura dalla rivista al teatro leggero a più impegnative prove nel teatro classico, in particolare Goldoni. Dopo una dura gavetta (sedicenne, fu ballerina di fila negli spettacoli della Osiris, poi, nel 1951, `seconda donna’ con Macario), il primo vero successo lo colse accanto a Rascel, che l’aveva scritturata in Attanasio cavallo vanesio (1954). Da allora riuscì a imporsi come una delle più applaudite soubrette in commedie musicali di largo successo quali La padrona di raggio di luna (1956), con Andreina Pagnani che le fu maestra in brio e simpatia), Carlo non farlo , con Carlo Dapporto, e Uno scandalo per Lill , con Ugo Tognazzi. Nel bel mezzo di questa parentesi di rivista, Carlo Ludovici le propose di recitare nelle goldoniane Le baruffe chiozzotte (1954) in un allestimento veneziano (Fondazione Cini, Isola di San Giorgio). Quel momento vide il suo ingresso nel teatro ufficiale, destinato ad avvicinarla anche a Pirandello ( La signora Morli una e due , Ma non è una cosa seria ). In quegli anni, popolare anche grazie alla televisione, formò una sua compagnia, prima con Volpi e Zoppelli (1954-1955), poi con Lionello-Pagnani (1958-1959), Lionello-Volonghi (1959-1960) e Arnoldo Foà (1962). Tra i grandi successi di quel periodo, La pappa reale di F. Marceau. Più rare le sue presenze sulla scena negli anni ’70, mentre negli ’80 e ’90 porterà al successo soprattutto autori anglosassoni, ivi compreso N. Simon, del quale interpreterà California Suite e Uscirò dalla tua vita in taxi . Accanto a M. Columbro sarà sempre brillantissima in Twist di Clive Exton; tra i suoi ultimi successi, il remake di Non ti conosco più (1966) di A. De Benedetti.

Mannoni

Dopo il diploma all’Accademia d’arte drammatica di Roma Paola Mannoni lavora nei primi anni della sua carriera al Teatro stabile di Genova sotto la direzione artistica di Ivo Chiesa e Luigi Squarzina, con la regia del quale ha partecipato a numerosi spettacoli tra cui I due gemelli veneziani di Goldoni con Alberto Lionello, Il diavolo e il buon Dio di Jean-Paul Sartre, Troilo e Cressida di Shakespeare e La coscienza di Zeno di Svevo. Tra le grandi figure femminili la M. ha interpretato Lady Macbeth nella tragedia scespiriana insieme a Tino Buazzelli e Giocasta nell’ Edipo re di Sofocle diretto da Virginio Puecher con Giancarlo Sbragia. Fin dalla sua fondazione ha fatto parte della Cooperativa teatrale Gli Associati partecipando a numerosi allestimenti tra cui un ulteriore edizione dell’ Edipo re e Il vizio assurdo di Lajolo-Fabbri con Luigi Vannucchi per la regia di Giancarlo Sbragia. Nell’ambito della collaborazione tra Gli Associati ed Emilia Romagna Teatro, cominciata nel 1977, ha lavorato in spettacoli come La potenza delle tenebre di Tolstoj, regia di Paolo Giurianna, Il commedione di Diego Fabbri (regia di Sbragia) e La tragedia della fanciulla con la regia di Aldo Trionfo. Recentemente per l’Ater/Emilia Romagna Teatro ha recitato in Le Trachinie di Sofocle e in Dialoghi delle Carmelitane di Bernanos. Le sue collaborazioni sono diventate molto intense soprattutto con due registi italiani come Ronconi e Castri: con il primo possiamo ricordare lo splendido allestimento della Fedra di Racine (1984) e con il secondo Il piccolo Eyolf di Ibsen (1985) e Le serve di Genet (1990). Altre partecipazioni: La favola del figlio cambiato (1987) di Pirandello (regia di Tino Schirinzi), Faust di Goethe (1988) diretto da G. Sbragia al Teatro Antico di Taormina e Il padre di A. Strindberg (1992), lavoro inserito all’interno di uno spettacolo composto di tre studi di drammaturgia a cura di Walter Pagliaro e Pierfranco Militerni.

Maglietta

Dotata di intensa carica interpretativa, Licia Maglietta ha svolto diversi ruoli nel teatro, nella danza e nel cinema. Dopo la laurea in architettura nel 1981 entra a far parte del gruppo Falso Movimento prima (Tango glaciale, 1982; Febbre gialla, 1984, di cui ha curato anche la regia; Ritorno ad Alphaville, 1986) e poi di Teatri Uniti (Seconda generazione, 1988; L’uomo dal fiore in bocca, 1990; Rasoi, 1991; Insulti al pubblico, 1991, coregia insieme ad Andrea Renzi; Riccardo II, 1993). Dopo una lunga parentesi con Carlo Cecchi, che l’ha diretta in La locandiera (1993) e Leonce e Lena (1994), ritorna al teatro con uno spettacolo tutto suo, Delirio amoroso (drammaturgia, regia e interpretazione; 1995-96), nato dall’incontro fulminante con la poetessa Alda Merini. Lo spettacolo, monologo sulla vita della Merini, donna marchiata dall’esperienza manicomiale, è una delle prove più significative dell’attrice napoletana. La sua ultima interpretazione in teatro è in Caligola (1997) con la regia di Elio De Capitani. Anche il cinema l’ha vista felice interprete di ruoli carismatici: Nella città barocca (1995), Morte di un matematico napoletano (1992), Rasoi (1993), L’amore molesto (1995) con la regia di Mario Martone, Rdf di Claudio Camarca (1996) e Le acrobate di Silvio Soldini (1997).

Niccoli

Moglie di Andrea Niccoli, figlia di Raffaello Landini e Anna Da Caprile, Garibalda Niccoli iniziò a recitare in tenera età, abbandonando le scene diciannovenne alla morte del padre, per poi riprendere a recitare nella compagnia di A. Corsini come seconda donna di prosa e prima donna di operetta. Lì conobbe il futuro marito ed incontrò il successo con L’acqua cheta , Acqua passata , L’ascensione , Gallina vecchia di A. Novelli e I. pateracchio di F. Paolieri. Dopo un nuovo periodo di assenza dal teatro a seguito della morte del marito, vi fece un definitivo ritorno col figlio Raffaello nel 1919. Fra le interpretazioni più riuscite dell’ultimo periodo: Mamma I’ Morino di B. Carbocci e La sora Maddalena di A. Testoni.

Pagnani

L’affermazione in un concorso filodrammatico di Bologna, all’indomani del matrimonio con l’ufficiale di aviazione di cui assunse il cognome anche in arte, procurò ad Andreina Pagnani una scrittura come primadonna nella Pilotto-Pescatori-Picasso, con i quali interpretò Goldoni, Maugham, Sardou, Praga. Fu poi a fianco di R. Ruggeri prima di concedersi una pausa distensiva nella mitica Za-Bum, riportando un successo lusinghiero in Famiglia reale di Kaufman e Ferber. Insistette nel genere brillante con Almirante-Besozzi, ritirandosi per un paio d’anni dalle scene dopo la morte del marito in un incidente di volo e riservandosi soltanto la partecipazione a spettacoli d’eccezione come Santa Uliva con la regia di Copeau al Maggio fiorentino (1933) e Il mercante di Venezia al primo Festival internazionale della Biennale con la regìa di M. Reinhardt. Di nuovo a fianco di Ruggeri (1935) e poi di L. Cimara e R. Cialente, si cimentò in un repertorio che svariava da G. Giacosa e Pirandello a A. Guitry, P. Ferrari, S. Benelli, riscuotendo pari successo in testi di Shakespeare, Goldoni, Cechov, D’Annunzio, Wilde, Shaw. Per un trentennio fu una delle protagoniste della scena italiana interpretando trecentottanta pièces, dai classici alla commedia sofisticata, dal vaudeville parigino al `neo-boulevard’ americano, di volta in volta a fianco di G. Stival, F. Scelzo, R. Ricci, S. Ruffini, G. Cervi, S. Tofano, G. De Lullo, E. Calindri, O. Lionello. Considerata una delle ultime `sovrane della scena’ nel senso ottocentesco del termine, fu per contro una delle attrici più moderne della sua generazione, anche se aliena da tentazioni sperimentalistiche. Alla bellezza delicata e all’eleganza proverbiale, accoppiava una sicurezza scenica che faceva sembrare naturale e scontata la situazione più vischiosa e la battuta più improbabile. Riuscì a imporsi come Clitennestra e Giocasta, come Aminta e Francesca da Rimini, ma anche come goldoniana Mirandolina e `Moglie saggia’, spaziando da De Musset a O’Neill, da Mauriac a Girardoux, da Rattigan a Roussin, concedendosi il capriccio di interpretare con E. Calindri la commedia musicale La padrona del raggio di luna di Garinei e Giovannini (1956). La sua ultima apparizione in scena avvenne con Ogni mercoledì a fianco del prediletto G. Cervi, con il quale aveva condiviso lo straordinario successo popolare dei televisivi coniugi Maigret.

Cenci

Con Alessandro Benvenuti e Paolo Nativi, Athina Cenci fonda nel 1972 il gruppo cabarettistico dei Giancattivi che debutta lo stesso anno con Il teatrino , al quale faranno seguito: Nove volte su dieci più una (1974), Italia 60 (1976), Pastikke (1977). Nel 1978 la formazione approda alla tv, dove esordisce nei varietà Black out e La sberla. Nel 1983 interpreta Marta e il Cireneo, scritta da A. Benvenuti (coprotagonista) e Ugo Chiti. Esauritasi l’esperienza dei Giancattivi, la Cenci arriva al successo con Emilio, un programma tra il varietà e la sit-com, nel 1989. Successivamente conduce su Telemontecarlo il talk show Tre donne intorno al cor (1992), insieme a Alba Parietti e Susanna Agnelli; nel 1993 affianca Claudio Bisio in Cielito lindo e partecipa allo sceneggiato Delitti privati.

Barra

Concetta Barra nacque a Procida, e di quel luogo – immortalato dalla Morante come L’isola di Arturo – portò sempre con sé, nella voce e nelle fattezze da saracena, l’incanto fiero e un po’ selvaggio. A sedici anni, insieme con le sorelle Nella e Maria, fonda il Trio Vittoria, con cui partecipa a riviste di primaria importanza nelle compagnie di Totò, Fabrizi, Anna Magnani e Sordi. Poi, nel ’45, lascia il teatro per dedicarsi completamente alla famiglia e ai figli nati dal matrimonio con il fantasista Giulio Barra. Ma il richiamo della ribalta è troppo forte. All’inizio degli anni ’70 comincia a cantare il repertorio folk e tradizionale in genere, accompagnata alla chitarra dal figlio Gabriele. L’incontro con Roberto De Simone fa il resto. Nel ’76 Concetta contribuisce al trionfo di La gatta Cenerentola , partecipando, quindi, a tutti gli altri più importanti spettacoli di De Simone: da Festa di Piedigrotta all’ Opera buffa del Giovedì Santo . Nel 1981, infine, entra stabilmente nella compagnia Peppe & Barra, fondata dal figlio Peppe insieme con Lamberto Lambertini, e con questa gira tutto il mondo, portando a uno straordinario successo spettacoli quali, appunto, Peppe & Barra , Sempre sì , Senza mani e senza piedi , La festa del principe e La Cantata dei Pastori , in cui è un indimenticabile e surreale Sarchiapone. Nel 1984 gira l’Europa e le Americhe con il Don Chisciotte di Scaparro. E muore sul campo: nel ’93, mentre, ancora al fianco di Peppe, è in tournée con lo spettacolo Flic e Floc.

Zappa Mulas

Nel curriculum di Patrizia Zappa Mulas, tre anni di danza alla scuola della Scala, il Dams di Bologna, una laurea in estetica e la scuola di regia al Piccolo Teatro. Poi la decisione di diventare attrice, dopo qualche anno come assistente di M. Castri al Centro teatrale bresciano cui dà un notevole impulso creativo. Inizia nel 1978 con l’Edipo di M. Castri, e prosegue all’insegna del classico con Così è se vi pare (1979) ed Elettra (1985). Con N. Garella interpreta I Masnadieri di Schiller e Ricorda con rabbia di J. Osborne. Nel 1991 è la volta de la principessa dell’ Histoire du soldat di Stravinskij e una singolare Ofelia nell’ Amleto di C. Cecchi. Nel 1995 recita in Ermengarda sempre col Ctb. Tra le tante altre sue interpretazioni ricordiamo una Dodicesima notte di Shakespeare che C. Cecchi allestisce per l’Università di Siena, e una Caterina di Heilbronn di Kleist. Con N. Garella dà inoltre vita a Gli innamorati di Goldoni interpretando il ruolo di Eugenia. È un’ottima Figliastra nei Sei personaggi in cerca d’autore, che Garella reinterpreta in chiave surreal-grottesca.

Catullo

Nota soprattutto per le sue interpretazioni radiofoniche, Lucia Catullo lavorò anche per la televisione e si fece conoscere dal grande pubblico con la soap opera Matilde. Negli anni ’70 in teatro lavorò soprattutto con gli Associati: ricordiamo Sacco e Vanzetti e Il caso Oppenheimer.

Maggio

Praticamente, Giustina Maggio sulle tavole del palcoscenico ci nasce: infatti, il nome d’arte di Pupella le viene quando, a un anno d’età e adagiata in una cesta, la portano alla ribalta accanto al padre, il grande don Mimì, che interpreta al Teatro Orfeo La pupa movibile di Eduardo Scarpetta. E da questo momento non c’è soluzione di continuità. Giungono prima l’impegno nel varietà e nella sceneggiata (con il conseguente lancio di non poche canzoni di successo) e poi l’approdo, nel ’59, alla compagnia di Eduardo, in occasione del debutto di Sabato, domenica e lunedì : si trattò, nella circostanza, della rivelazione – consacrata dal premio San Genesio per il 1960 – delle incomparabili qualità drammatiche di un’attrice ormai matura e consapevole. Ma ecco il primo `scarto’. Nello stesso anno 1960, Pupella lascia l’incrollabile `bene-rifugio’ costituito per l’appunto dalla posizione di prestigio raggiunta in seno alla compagnia di Eduardo e va a interpretare addirittura L’Arialda di Giovanni Testori, insistendo, tre anni più tardi, con In memoria di una signora amica di Giuseppe Patroni Griffi, accanto a Lilla Brignone e per la regia di Francesco Rosi. E certo, dopo torna con Eduardo: però non è finita, perché agli inizi degli anni ’70 Pupella parte per una nuova e ancora più sconvolgente avventura, il ruolo di Violante in Persone naturali e strafottenti dello stesso Patroni Griffi. E nel ’75 la troviamo impegnata nientemeno che sul versante dell’avanguardia, insieme con Maria Luisa e Mario Santella in un non dimenticato allestimento della Monaca fauza di Trinchera. Insomma, tutti ricordano la Concetta di Natale in casa Cupiello , che entra nella stanza da letto con in mano una fumante tazza di caffè e scandisce il suo monotono: «Lucarie’, Lucarie’… scètate, songh’ `e nnove». Ma l’autentica grandezza dell’attrice non sta tanto nell’aver (sia pure inarrivabilmente) trasferito in scena le stimmate profonde della donna (e, in particolare, della madre) napoletana, quanto nell’aver esteso le radici di quell’archetipo specifico sul piano di un simbolismo universale. È per questo che, sul finire degli anni ’70, Pupella riuscì a realizzare l’ennesima sua sfida alle convenzioni: interpretando, addirittura, La madre di Brecht. Anche sui suoi ricordi è scritta `Na sera `e… Maggio che Antonio Calenda nel 1982 ha dedicato alla vita artistica sua, di Beniamino e di Rosalia.

Guerritore

Interprete di teatro classico, dopo il debutto a sedici anni nel Giardino dei ciliegi (con la regia di Strehler al Piccolo Teatro), nella parte di Anja (1974), Monica Guerritore viene diretta dai maggiori registi teatrali. Nel 1977 è Elena in Zio Vanja con la regia di Missiroli. In seguito recita con la compagnia Valli-De Lullo in La dodicesima notte e Il malato immaginario . Il primo spettacolo con Lavia è I masnadieri di Schiller (1981) che sigla il loro sodalizio artistico e sentimentale. In seguito diventa la protagonista in quasi tutti gli spettacoli del suo compagno, calandosi in ruoli di personaggi di grande rilievo: Giocasta, Lady Macbeth, Ofelia, Lijuba. Ma dà anche vita a una galleria di mogli, madri, figlie e amanti sempre passionali e talvolta estreme. Con la regia di Lavia ha interpretato, tra gli altri: Il principe di Homburg di Kleist e il Don Carlos di Schiller (1983), Amleto (1985) e Macbeth (1987-88) di Shakespeare, Edipo re di Sofocle (1988) e Il padre di Strindberg, Riccardo III di Shakespeare, Zio Vanja (1990), La signorina Giulia (1992) di Strindberg, Il duello di Kleist, Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman (1996-97-98). Nel cinema si è calata in parti di donne sensuali e di dark-lady, sempre e comunque personaggi estremi e dalla personalità contrastata e complessa. Ha iniziato, dopo il ruolo di una sorella incestuosa in Fotografando Patrizia di Samperi, con Scandalosa Giulia (1985) e Sensi (1986) di Lavia, La mantide , sul caso Guerinoni (1989), e La lupa (1997) diretta da Lavia. Nel 1998 è protagonista in Femmina di Giuseppe Ferlito. Ha lavorato anche in televisione: nel 1975 nella Manon Lescaut di S. Bolchi e in altri film tv.

Smith

Maggie Smith inizia la carriera come comparsa in uno spettacolo di varietà, New Faces , per poi diventare protagonista accanto a Kenneth Williams in un’altra rivista Share My Lettuce (1956). Il successo raggiunto con il varietà non le impedisce tuttavia di sperimentarsi in altri generi, da qui l’incontro con la compagnia Old Vic con cui partecipa, nella stagione 1959-60, a due allestimenti shakespeariani: Come vi piace e Riccardo II, per poi lavorare in La prova di Jean Anouilh (1961) e ne L’orecchio privato e L’occhio pubblico di Peter Shaffer (1962). Di seguito collabora con il National Theatre e, diretta da Laurence Olivier nell’ Otello, interpreta una memorabile Desdemona (1963). Si distingue soprattutto come interprete di commedie di costume, da Così va il mondo di William Congreve (1984) a Vite private (1972) di Noël Coward. Intraprende anche la carriera cinematografica, che le vale l’Oscar per La strana voglia di Jean (The Prime of Miss Jean Brodie, 1969). Nel 1976, dopo il divorzio dal primo marito, l’attore Robert Stephens, e dopo essersi già risposata con lo scrittore Beverly Cross (1975), inizia a lavorare con la compagnia di Stratford (Ontario, Canada), dove si trasferisce per un certo periodo allestendo tra l’altro Virginia, uno studio sulla vita di Virginia Woolf che poi porterà nel 1981 anche a Londra.

Peragallo

Figlia del compositore Mario Peragallo, Perla Peragallo ha frequentato la scuola di Alessandro Fersen ma ancor di più ha contato nella sua formazione artistica la cultura musicale di tradizione familiare. A metà degli anni ’60, dopo alcune esperienze deludenti, avviene l’incontro decisivo con Leo De Berardinis, con cui per un quindicennio formerà una coppia di arte e di vita. Nel 1967 debutta il loro primo spettacolo, La faticosa messinscena dell’Amleto di William Shakespeare , seguito da un’altra rilettura shakespeariana, Sir and Lady Macbeth, in cui lo sperimentalismo cinematografico si mescola a una partitura scenica di stampo jazzistico. Dopo una fugace collaborazione con Carmelo Bene, con cui realizzano nel 1968 un Don Chisciotte, e la realizzazione del film A Charlie Parker , agli inizi degli anni 1970 i due attori si trasferiscono a Marigliano, nell’entroterra napoletano, dove insieme a un gruppo di attori improvvisati e a musicisti di paese, innestano il loro teatro sulla tradizione della sceneggiata napoletana, come rivelano i titoli contaminati degli spettacoli che realizzano in quel periodo, da `O zappatore (1972) a King lacreme Lear napulitane (1973) fino allo struggente Sudd (1974) che sigla la fine di quell’esperienza.

È, per Peragallo soprattutto, l’incontro con una cultura popolare meridionale, in bilico fra tradizione e sottosviluppo, che si porteranno dietro quando Leo e Perla, come ormai sono unanimemente chiamati, faranno ritorno a Roma. Il decennio ’70 segna per l’attrice la progressiva acquisizione di una personale intensità drammatica, con esiti di grande rilievo in lavori come Assoli (1977) e Avita murì (1978), all’interno di una scena teatrale sempre più informale e degradata, dove i due attori lasciano sempre più spazio all’improvvisazione. Fino ad andare in scena con i loro nomi in De Berardinis-Peragall o (1979), dove però l’attrice si misura significativamente con il personaggio eduardiano di Filumena Marturano in un ideale omaggio a Titina De Filippo. Matura contemporaneamente un progressivo distacco da Leo De Berardinis che dopo l’ultimo spettacolo insieme, Annabel Lee (1981), conduce alla rottura del sodalizio artistico e all’abbandono definitivo della scena. P. ha successivamente dato vita a una scuola per attori intitolata Il Mulino di Fiora.

Miranda

Carmen Miranda nasce in Portogallo pochi giorni prima dell’emigrazione della poverissima famiglia verso il Brasile. Fin da bambina è affiancata nelle aspirazioni artistiche dalla sorella minore Aurora che ne seguirà fedelmente la carriera. A venticinque anni è già una stella del teatro leggero, della radio e della canzone popolare con decine di migliaia di dischi venduti. Lee Schubert, il grande impresario di Broadway, viene folgorato da una sua esibizione a Rio de Janeiro e la mette sotto contratto la sera stessa trasformandola nell’attrazione esotica dei suoi spettacoli sulla 42a strada. Da New York a Hollywood il passo è breve ( Notti argentine , 1940; Una notte a Rio e Tre settimane d’amore , 1941) e la stravaganza del suo personaggio conquista subito il pubblico nordamericano. Parla un inglese fantasioso, calza alte zeppe, indossa abiti coloratissimi e incredibili copricapo fatti di frutti tropicali di cui è autrice in prima persona (da giovane era stata modista). Per l’americano medio diventa in breve il simbolo di una generica America Latina, senza distinzione tra Paesi di lingua portoghese o spagnola. In tal senso è funzionale alla propaganda politica Usa che durante il conflitto mondiale utilizza la sua immagine per sottolineare l’importanza delle alleanze e delle neutralità dei Paesi sudamericani. Durante gli anni di guerra gira per la Fox i suoi film più importanti In montagna sarò tua (1942), Banana split (1943), Samba d’amore (1944) fino a diventare nel 1945 l’artista più pagata del Paese. Ma già dal 1946 inizia la crisi, Copacabana viene girato in bianco e nero, il matrimonio celebrato con rito cattolico si rivela un inferno, entra in depressione. Non le è di giovamento il breve ritorno di qualche mese in Brasile dove viene accolta quasi alla stregua di una traditrice. Anche il rientro a teatro a New York risulta difficile. Sempre più in ombra nel cinema e sulla scena partecipa a numerosi show alla radio e alla tv, al termine di uno dei quali viene stroncata da un infarto.

Zambon

Lorenza Zambon inizia lo studio e la pratica teatrale al Centro universitario teatrale dell’università di Padova. Dal 1981 collabora regolarmente con Alfieri Società Teatrale (ex Teatro Magopovero) con cui recita in numerosi allestimenti tra i quali: Van Gogh (1988) di L. Nattino, Giorni felici (1992) di Beckett, Maudie e Jane (1994) da Il diario di Jane Somers di D. Lessing, riscuotendo un grande successo assieme a J. Malina e cura la regia di La fortezza vuota (1995) di L. Nattino. Nella stagione 1997-98 ha recitato insieme ad alcuni attori del Living Theatre di New York nella riscrittura di Nattino del Chisciotte di Cervantes. La Zambon conduce da molti anni un’esperienza di sperimentazione teatrale all’interno del Collettivo Teatrale del carcere di Pavia.

Cei

Pina Cei iniziò a recitare nella compagnia di Raffaele Niccoli. Dopo qualche anno di apprendistato si guadagò il ruolo di prim’attrice, ma nella sua carriera si distingue, nella maturità, soprattutto come caratterista. Ha recitato al fianco di Ruggero Ruggeri e Emma Gramatica; ha lavorato nel 1945 con la Borboni, Randone e Carnabuci e nel 1948 con Besozzi e Scandurra. Nel dopoguerra entrò a far parte della compagnia stabile della Soffitta di Bologna, dove si impegnò in un repertorio di classici, da Ibsen a Gogol’. Tra le sue interpretazioni più celebri, Costanza nella Trilogia della villeggiatura di Goldoni al Piccolo Teatro, Carlotta nel Giardino dei ciliegi di Cechov diretta da Strehler, Maria Maddalena nel Processo a Gesù di D. Fabbri. Ha collaborato con la Compagnia dei Quattro ( La barraca ). Nel 1986 è stata la contessa di Roussillon in Tutto è bene quel che finisce bene di Shakespeare, per la regia di A. Trionfo.

Mancinelli

Lydia Mancinelli debutta nel 1964 nell’ Amleto di Shakespeare messo in scena da Carmelo Bene. Lo spettacolo rappresenta l’avvio del lungo sodalizio artistico con l’attore pugliese. In qualità di attrice, oltre che di impresario e collaboratrice, partecipa a quasi tutti gli spettacoli dell’artista. Si ricordano, fra gli altri, La storia di Sawneyh Benan (Roma, Teatro delle Arti, 1964), Manon da Prévost (Roma, Teatro Arlecchino, 1965), Faust e Margherita (Roma, Teatro dei Satiri, 1966), Il rosa e il nero (Roma, Teatro delle Muse, 1966), Nostra Signora dei Turchi (Roma, Teatro Beat ’72, 1966), Arden of Ferverham (Roma, Teatro Carmelo Bene, 1968), Romeo & Giulietta (Storia di Shakespeare) secondo Carmelo Bene (Prato, Teatro Metastasio, 1976), Riccardo III (da Shakespeare) secondo Carmelo Bene (Cesena, Teatro Bonci, 1977) e Otello o la deficienza della donna (Roma, Teatro Quirino, 1979). Protagonista dei principali film di Bene, ha affiancato l’esperienza cinematografica alla scena teatrale: Nostra Signora dei Turchi (1968), Don Giovanni (1970), Salom è (1972), e Un Amleto di meno (1973). Per il Teatro alla Scala ha interpretato nel 1981 Manfred di Byron-Schumann e nel 1982 Pinocchio . Per il Conservatorio Verdi ha messo in scena, con le musiche di Bizet, L’Arlésienne di Daudet, curandone traduzione, adattamento e regia (Milano 1987).

Milani

Patrizia Milani studia all’accademia milanese del Teatro Filodrammatici. Inizia la sua carriera al fianco di grandi nomi: Lilla Brignone, Olga Villi. Nel 1977, dopo aver interpretato il pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore regista Giulio Bosetti, lascia le scene per qualche tempo. È lo stesso Bosetti a riportarla in teatro con un Pigmalione di Shaw. Nel 1989 viene chiamata da Marco Bernardi allo Stabile di Bolzano per un ruolo nel Barbiere di Siviglia di Beaumarchais e ci resta come attrice (diventando anche la compagna del regista). Dal sodalizio nascono moltissimi spettacoli: Anni di piombo di Margaret von Trotta sul tema del terrorismo, Libertà a Brema di Fassbinder, La rigenerazione di Svevo, Il maggiore Barbara di George B. Shaw.

Littizzetto

Diplomata al conservatorio di Torino in pianoforte, allieva della scuola di teatro di Michele Mauro, Luciana Littizzetto è una delle rappresentanti della scuola comica anni ’90. Giunta alla popolarità attraverso trasmissioni televisive di successo (Avanzi, Cielito lindo), i suoi personaggi (Minchia Sabbry, la ragazzina di periferia fidanzata con Minchia Tony, 1 metro e 20 di chiodo e camperos, o Mirella, l’enorme, intonso, attivista del gruppo parrocchiale Comunella e Liberatutti) sono ironici e scanzonati stereotipi (prevalentemente femminili), ispirati dalla società in cui sono nati. Con le trasmissioni tv Ciro il figlio di Target e Mai dire gol mette a punto nuovi personaggi di impatto immediato tra cui l’irresistibile Lolita. Nel suo più recente recital Bella di notte e racchia di giorno (1997-98), l’attrice presenta tutte le sue donne.

Minnelli

Figlia della grande cantante Judy Garland e del regista Vincente Minnelli. A due anni e mezzo Liza Minnelli fa la sua prima apparizione cinematografica: In The Good Old Summertime (è la bambina figlia di Garland e di Van Johnson nel finale). Quando ha cinque anni i suoi genitori si separano e lei vive un po’ con l’uno e un po’ con l’altra. A sette anni partecipa a un concerto della madre al Palace di New York. Nel 1962, a sedici anni, manifesta i primi veri interessi per lo spettacolo e lavora in due revival: Take Me Along e The Flower Drum Song . Nel 1963, per un altro revival, Best Foot Forward , vince un premio. È nelle compagnie di giro di Carnival , The Pajama Game e The Fantasticks . Nel 1964 appare accanto alla madre al London Palladium, il concerto è registrato su disco ed è un grande successo, il primo disco di canzoni cantate da M. che vende, in quell’anno 500.000 copie. 1965: Flora and The Red Menace , di Kander and Ebb; Liza è premiata con Tony Award ma lo show resta in scena per sole 87 repliche. 1966: debutto nel night-club del Plaza Hotel con successo a dir poco entusiastico. Tre film tra il 1967 e il ’70, per The Sterile Cuckoo ottiene una nomination all’Oscar. Nel 1972, con la sua interpretazione del film Cabaret , Liza M. diventa una superstar, ottiene l’Oscar e le copertine contemporaneamente di Time e Newsweek. Quello stesso anno ottiene un Emmy Award per il suo special televisivo, a cura di Bob Fosse, Liza With A Z e nel ’73 uno Special Tony Award per lo spettacolo Liza at the Winter Garden . Continua a incidere dischi e ad apparire nei night-club ma privilegia la carriera cinematografica con una serie di delusioni finché, nel 1977, New York, New York è un meritato trionfo. Gli autori di questa celeberrima canzone, Kander e Ebb, sono anche gli autori di The Act (1977) che dopo molti tormentati spostamenti tra Chicago, San Francisco e Los Angeles, debutta a New York il 29 ottobre 1977: Tony Award per Liza, critica discorde, pubblico indispettito dalle continue assenze della protagonista, poco più di 250 repliche. Pochi film e molti problemi (alcool e droghe) seguono, fino a una nuova apparizione a Broadway, febbraio 1984, in The Rink , ancora di Kander e Ebb, accanto alla grande Chita Rivera, ma la M. non regge e lascia lo show per una seria cura disintossicante. Torna in concerto al London Palladium nel 1986 con immenso successo. Gira un paio di film nell’88, ma, soprattutto, intraprende una specie di giro del mondo di concerti con Frank Sinatra e Sammy Davis. Nel 1991 debutta a New York e prosegue poi in una lunga tournée con un suo `one woman show’ Liza Minnelli: Stepping Out at Radio City e gira un film musicale, tratto da uno spettacolo londinese intitolato Stepping Out .

West

Mae West è stata soprattutto un mito e per varie ragioni: la sua capacità di impersonare una bomba del sesso e contemporaneamente farne la parodia, un humour sovente corrosivo e alcune battute che hanno fatto la storia dello spettacolo americano e, infine, tempi comici perfetti. Ancora una volta il vaudeville e l’aver cominciato a calcare le scene da bambina insegnarono alla futura star tutto sul pubblico e sulla recitazione. Pare fosse apparsa la prima volta in scena a cinque anni; a quattordici già la chiamavano `The Baby Vamp’. A quindici, nel vaudeville, fu la prima a scatenarsi in scena ballando lo shimmy. A diciannove, per la prima volta apparve in una commedia musicale e fu una rivelazione (A’ la Broadway); aveva già rifiutato una proposta di lavoro da parte di Ziegfeld. La W. aveva cominciato abbastanza presto a rivedere e riscrivere vuoi le sue battute vuoi addirittura i suoi sketch, sicché nel 1926 scrisse una commedia per produrla, interpretarla e dirigerla a Broadway: Sex, che le fruttò un’interruzione della polizia, l’arresto e dieci giorni di prigione, ma anche pubblicità per un valore incalcolabile.

La sua seconda commedia, Drag, del 1927, trattava di omosessualità e non oltrepassò una cittadina del New Jersey dove la polizia la fece chiudere definitivamente. Nel 1928 la W. portò a Broadway quello che doveva essere il suo massimo successo teatrale, Diamond Lil, accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica. Pleasure Man , del ’29, fu un altro successo dell’autrice-attrice-regista, e così The Constant Sinner (1931). A questo punto la West accettò le offerte di Hollywood e, cosa inaudita a quei tempi, iniziò a quarant’anni una carriera di star cinematografica. Dieci film in dieci anni, con attori che andavano da Cary Grant a W.C. Fields; ma l’ultimo, apparso nel ’43, non fu un successo. E così l’indomita W. tornò alle scene con una commedia su Caterina di Russia (Catherine Was Great, 1944) e poi con un altro successo nel ’46, Come On Up . Seguì una lunga tournée in Inghilterra con Diamond Lil, che fu ripresa anche a Broadway nel 1949 e nel ’51. Nel 1954, a sessantadue anni, si esibì per la prima volta in un night-club circondata da giovanotti superpalestrati e seminudi: ancora una volta, gran successo. Nel 1959 scrisse la sua autobiografia intitolata, dalla più celebre delle sue battute, Goodness Had Nothing to Do With It , e nel ’78 partecipò di nuovo a un film, lo sfortunato Myra Breckinridge. Ci fu un ennesimo, e ultimo, come-back nel 1978 con il film Sextette.

Confalone

Marina Confalone frequenta a Napoli negli anni ’70 la scuola di Eduardo De Filippo e partecipa a numerosi spettacoli del Teatro di Eduardo (Natale in casa Cupiello, Gli esami non finiscono mai, L’arte della commedia, Gennareniello). Approda quindi al Granteatro di Carlo Cecchi, dove dà vita a grandi interpretazioni: la serva in L’uomo, la bestia e la virtù di Pirandello, Maggie in Il compleanno di Pinter (premio Ubu 1980 come migliore attrice non protagonista), Pulcinella in Lu curaggiu de nu pumpiere napulitano di Scarpetta. Attrice irrequieta e personalissima, che coniuga alla consapevolezza contemporanea l’intimo sodalizio con il personaggio, reso con il distacco e lo straniamento di tradizione napoletana, è stata paragonata a un autentico fenomeno teatrale capace di costruire maschere vocali e gestuali. Nel 1983 G. Bertolucci scrive e dirige per lei il monologo Raccionepecui , in un meridionalese inventato dagli esiti comici e violenti. Per L’isola di Sancho di M. Santarelli, regia di G. De Bosio, riceve il premio Idi nel 1984. Seguono Amanda Amaranda di P. Shaffer, regia di A. Calenda (1988); Mamma , ultimo testo di A. Ruccello, con il quale firma la sua prima regia (1988); Due di noi di M. Frayn, regia di G. Solari, che nel 1991 la dirige anche nel testo di cui è autrice La musica in fondo al mare ; Ritter, Dene, Voss di T. Bernhard, regia di C. Cecchi (1993). Nel 1998 debutta in Le farse di P. De Filippo, accanto a S. Orlando e per la sua regia. Oltre agli intermezzi televisivi (da L’altro varietà di A. Falqui a Dio vede e provvede ), numerose le partecipazioni cinematografiche e i premi come attrice non protagonista: per Così parlò Bellavista di L. De Crescenzo (1984), Arriva la bufera di D. Lucchetti, (1992), La seconda volta (1995) e La parola amore esiste (1997) di M. Calopresti.

Hoppe

Marianne Hoppe studiò recitazione al Deutsches Theater di Berlino e privatamente con Lucie Höflich. Debuttò nel 1928 e fece quindi parte della compagnia del Deutsches Theater sotto la direzione di Reinhardt sino al 1930. Quindi recitò al Neues Theater di Francoforte e ai Kammerspiele di Monaco in ruoli di primo piano (Adriana in La commedia degli errori, diretta da O. Falckenberg). Dal 1933 al ’45 lavorò con G. Gründgens (che sposò nel 1936 e dal quale divorziò nel 1946) al Teatro nazionale di Berlino: fu protagonista in Emilia Galotti (1937) e in Antigone (1940). Recitò anche in numerosi film. Dopo la guerra, dal 1947 al ’55, continuò a lavorare con Gründgens allo Schauspielhaus di Düsseldorf: interpretò Elettra ne Le mosche (1947) di Sartre e Celia in Cocktail party (1950) di Eliot. Nel 1962 lavorò nell’ultima regia di Gründgens, Il concerto di H. Bahr, al Deutsches Schauspielhaus di Amburgo. Negli anni ’70 fu diretta in diverse occasioni da C. Peymann in opere di T. Bernhard. Restano famose le sue interpretazioni di Madeleine in Savannah Bay di M. Duras, allo Schiller Theater di Berlino (1986), e del ruolo maschile di protagonista in Re Lear , diretta da B. Wilson a Francoforte (1990). Definita `la Duse prussiana’, è a tutt’oggi considerata una delle più grandi attrici del teatro tedesco. Tra le sue interpretazioni più recenti vanno ricordate quelle al Berliner Ensemble: Quartett di H. Müller (1994); La resistibile ascesa di Arturo Ui di Brecht, con la regia dello stesso Müller (1995); Monsieur Verdoux di Chaplin-Schroeter (1997).

Crippa

Protagonista della scena internazionale, Maddalena Crippa interpreta con originalità e rigore stilistico personaggi-chiave, nel corso di una carriera condotta al fianco di importanti registi, alternando ruoli da popolana a ruoli da aristocratica o spregiudicata sciantosa. Inizia a recitare a diciotto anni al Piccolo Teatro ne Il campiello di Goldoni (1975), diretta da Strehler nel ruolo di Lucietta, partecipando poi a una lunga tournée: Parigi, Berlino, Mosca, Varsavia. Un altro ruolo fondamentale è Lady Macbeth, con la regia di E. Marcucci (1980); è protagonista, diretta da Ronconi, in La commedia della seduzione di A. Schnitzler; contemporaneamente è Leonide e Focino in Il trionfo dell’amore di Marivaux, per la regia di A. Vitez (1985). M. Castri la dirige in Fedra di D’Annunzio, dove interpreta il ruolo della protagonista (1988 e ’93). È una sensuale Tamora nella versione del Tito Andronico di Shakespeare di P. Stein, Nora in Casa di bambola di Ibsen, la nobile Cornelia e la governante Rosa – parti in cui si alterna con Elisabetta Pozzi – nell’ Attesa di R. Binosi per la regia di Cristina Pezzoli. Partecipa al festival di Salisburgo dal 1994 al 1997, recitando in lingua tedesca la parte della lussuria (Buhlschaft) nello Jedermann di Hofmannsthal. Con la regia di Stein, di cui è compagna, è Elena in Zio Vanja di Cechov, che debutta a Mosca (1996) e vince il premio come miglior spettacolo al festival di Edimburgo. La troviamo protagonista nel Pierrot lunaire di Schönberg con la regia di W. Le Moli e in due recital, Canzoni italiane del 1919-39 e Canzonette vagabonde degli anni ’20-40, in cui canta brani italiani e tedeschi. Vince il premio Maschera d’argento come miglior attrice nel 1994.

Terry

Secondogenita di Benjamin Terry capostipite di una famiglia dedita al teatro, Ellen Alicia Terry interpreta la sua prima parte in Mamilius per Charles Kean nel 1856, mentre dal 1859 al 1861 è in tourneé insieme alla sorella Kate. Nel 1864 sposa Frederick Watts, siglando un’unione che avrà poca fortuna e a cui seguiranno altri due matrimoni. Una relazione più profonda e intensa è quella che la unisce all’architetto E.W. Godwin, che le darà due figli, particolarmente noti nel mondo teatrale, Edith Craig e Gordon Craig. Attrice tragica e comica si distingue molto presto per la spontaneità nella recitazione in versi dei testi shakespeariani. Nel 1878 dopo averne apprezzato l’interpretazione in Olivia di W.G. Willis, Irving la invita a far parte della sua compagnia al Lyceum dove resterà per venticinque anni affermandosi come miglior attrice. Restano storiche le sue interpretazioni shakespeariane: Ofelia (1878), Porzia (1879), Desdemona (1881), Giulietta e Beatrice (1882), e ancora Cordelia (1892) e Volumnia (1901). Nel 1903, divenuta impresaria presso l’Imperial Theatre cura la messa in scena de I Vichinghi di Ibsen, con l’aiuto del figlio Gordon Craig per la parte scenografica. Nel 1908 pubblica la sua autobiografia La storia della mia vita (The story of my life) e si ritira a vita privata, dedicandosi dal 1910 al 1920, alla preparazione di lezioni sulle eroine shakespeariane e prestando il suo talento per alcuni film muti.

Boccardo

Interprete delicata, dalla bellezza classica, Delia Boccardo ha lavorato molto con L. Ronconi (da Ignorabimus di Arno Holz nel 1985 a Tre sorelle di Cechov nel 1988 a Re Lear dove della sensuale violenza di Goneril ha restituito un eccezionale ritratto). Nel 1987 è al fianco di M. Mastroianni in Partitura incompiuta per pianola meccanica dal Platonov di Cechov diretta da N. Michalkov. Nella stagione 1997-98, nell’ambito di una serie di drammi radiofonici curata da Ronconi, ha interpretato La rivolta di V. de l’Isle-Adam.

Pasello

Silvia Pasello è sorella di Luisa Pasello. Inizia la propria formazione nel 1978 all’interno del Teatro Nucleo di Ferrara. Nel 1980 fa parte del progetto di ricerca biennale `L’eresia del Teatro: Stanislavskij’, organizzato dal Csrt di Pontedera, dove incontra docenti e maestri di diverse tradizioni teatrali come Jerzy Stuhr, Marisa Fabbri, Ingemar Lindh, Ryszard Cieslak. Silvia segue in modo particolare il lavoro di Ingemar Lindh sull’autopedagogia dell’attore. Partecipa, tra gli altri, ai seguenti spettacoli: Mucciana City (1984) di Alfonso Santagata; A. da Agatha (1986 e 1994) e Temiscira 3, le vostre madri sono state più solerti (1997) di Thierry Salmon; The Said Eyes of Karlheinz Ohl (1991) di Gerald Thomas; Don Giovanni (1992) di Raul Ruiz; Nostos (1996) di Roberto Bacci; Macbeth Horror Suite (1996) di e con Carmelo Bene. Cura la regia di alcuni suoi personali lavori: La Mite (1990) e Krotkaja (1993) e dirige Senza diritto d’autore (1997). Nel 1998 lavora con la Societas Raffaello Sanzio in Buchettino.

Zoppelli

Nel 1939 Lia Zoppelli debutta sulle scene con la compagnia Maltagliati-Cimara-Ninchi. Nelle stagioni successive lavora con Ruggeri (1940-41) e con Benassi (1942-43). Dal 1943 al 1945 è nella compagnia di Stival dove ricopre ruoli principali. Dopo aver recitato nella compagnia di S. Ferrati è diretta da Visconti nel ruolo della Contessa d’Almaviva ne Il matrimonio di Figaro (1946). È, quindi, fra i protagonisti delle prime stagioni del Piccolo Teatro di Milano recitando in: L’albergo dei poveri di Gor’kij (1947), Le notti dell’ira di Salacrou, Arlecchino servitore di due padroni, Il corvo di Gozzi (1949). Nel 1949 è nella compagnia di Carraro e l’anno successivo in quella di Ricci dove recita in Cocktail party di Eliot. Successivamente forma una compagnia con Calindri, Volpi e V. Valeri (1953) dove si impone nei ruoli brillanti (Tredici a tavola di Sauvajon, Affari di stato di Verneuil, Il cadetto Winslow di Rattigan). Si cimenta poi nella rivista lavorando con Dapporto in Giove in doppiopetto . Nel 1956-57 è con U. Tognazzi e in seguito lavora al Teatro Italiano e allo Stabile di Torino. Negli anni ’60 lavora soprattutto per la televisione in sceneggiati come Tom Jones (1960), I giacobini (1962), Paura per Janet (1963) e insieme a Calindri e Volpi propone il ciclo La prosa del venerdì . Nel 1977 interpreta Un angelo calibro nove di Nino Marino per la regia di Foà e nel 1980 è nella compagnia M. Scaccia ne Il galantuomo per transazione di G. Giraud.

Blady

Syusy Blady inizia negli anni Ottanta col gruppo Gran Pavese Varietà, un circolo Arci trasformato in cabaret insieme con Patrizio Roversi che poi diventerà suo marito oltre che suo partner negli spettacoli comici. Inventa il concorso delle `tap model’ che finisce in libro Manuale della tap model. Approda con successo al varietà televisivo. Abile nello sfruttare la propria inadeguatezza fisica al mondo dello spettacolo, si costruisce un personaggio di moda dai toni surreali e parodici.

Esdra

Micaela Esdra inizia a recitare a tredici anni nel film La volpe e le camelie, tratto da un romanzo di Silone. Lo stesso anno Visconti la sceglie per sostituire O. Piccolo (nel ruolo di Anja) nel Giardino dei ciliegi , dove ha modo di lavorare accanto a Rina Morelli che sarà per lei un’importante maestra. Nel 1975 è al Piccolo Teatro di Milano, dove interpreta Gasparina nella celebre edizione strehleriana del Campiello ; successivamente recita in L’illusion comique di Corneille (1979) e Stella di Goethe (1988), entrambi per la regia di W. Pagliaro. Intanto lavora per il Teatro di Genova in Lupi e pecore di Ostrovskij (1980), Donne attente alle donne di Middleton (1981) e nelle opere di Kleist Il principe di Homburg (1982) e Anfitrione (1983), dirette da Pagliaro. Nel 1988 recita in Aiace di Sofocle per la regia di Calenda al Teatro greco di Siracusa (dove interpreterà anche Elettra e Le baccanti ), quindi lavora con Ronconi in Tre sorelle (1990). Con la regia di Pagliaro (suo marito dal 1988) affronta diversi ruolo in Il malinteso di Camus, A porte chiuse di Sartre (1990-91), e interpreta una splendida Signorina Else nell’omonima opera di Schnitzler. Nel 1995, insieme a Pagliaro, Paola Mannoni e Roberto Herlitzka fonda l’Associazione culturale `G. Santuccio’ che opera al Teatro della Villa di Roma, con la quale realizza: Antigone (1997), Piccola commedia di Schnitzler (1998) e Vestire gli ignudi di Pirandello (1998-99).

Lansbury

Sua madre, attrice, rimasta vedova, si trasferisce negli Usa, a New York, dove Angela continua i suoi studi di recitazione; ha una breve esperienza di teatro a Los Angeles, e una brevissima esperienza di night-club a Montreal, nel 1943. Quello stesso anno Angela Brigid Lansbury firma un contratto con la Mgm e debutta in Gaslight, accanto a Ingrid Bergman e Charles Boyer, nel 1944 (nomination all’Oscar): da qui parte una carriera cinematografica che include decine di film e dura fino al 1985. Nel ’52 partecipa a due spettacoli teatrali estivi, in tournée (Affairs of State e Romains To Be Seen). A Broadway nel ’57 con Hotel Paradiso (da Feydeau); di nuovo a Broadway nel ’60 con Sapore di miele (A Taste of Honey). Solo nel 1964 L. affronta il suo primo musical: Anyone Can Whistle, di Stephen Sondheim; solo nove repliche, ma Lansbury viene notata da musicisti e autori con entusiasmo.

Il musical seguente sarà Mame , di Jerry Herman; il ruolo del titolo, peraltro rifiutato da Mary Martin e, pare, da altre quaranta attrici, rese la Lansbury una superstar di Broadway e il musical ebbe 1.508 repliche, più quattro compagnie di giro negli Usa, più Londra, più vari revival, compreso uno in cui la L. riprese brevemente il ruolo nel 1983. Dear World , del 1969, ancora di Jerry Herman, tratto da La pazza di Chaillot di Jean Giraudoux, è ancora un successo per l’attrice che sarà premiata con il Tony Award (come per Mame , e poi per Gypsy e per Sweeney Todd ). Il revival di Gypsy è del 1973, a Londra, ed è un personale trionfo della L. che lo replica per 300 volte al Piccadilly Theatre e nel ’74 lo riprende a Broadway per 120 repliche. Nel ’75, a Londra, è la Regina nell’ Amleto interpretato da Albert Finney e nel ’77 è protagonista di due atti unici di Edward Albee, Listening e Counting the Ways . Nei primi mesi del 1979 Lansbury e Michael Kermoyan sostituiscono per 24 repliche Yul Brinner e Constance Towers in The King and I e, nel marzo di quello stesso 1979, Lansbury è protagonista di un altro suo personale trionfo, Sweeney Todd di Stephen Sondheim, con 558 repliche. Ma forse l’attività principale della Lansbury è ormai in tv, per la quale ha girato moltissime commedie, special e partecipazioni e, last but not least, la serie “La signora in giallo” (Murder, She Wrote), impersonando l’amabile ma implacabile scrittrice-detective Jessica Fletcher. Esistono registrazioni discografiche dei musical interpretati dalla Lansbury, e anche raccolte di canzoni.

Ciangottini

Valeria Ciangottini debutta a soli sedici anni al cinema nella Dolce vita di Fellini. Studia all’Actor’s Studio di Fersen, e con gli anni abbandona il cinema e la televisione per dedicarsi al teatro brillante. Tra le sue interpretazioni ricordiamo Tredici a tavola, per la regia di Luigi Bonori, e Il pensionante di Raffaella Battaglini, per la regia di Walter Manfrè, entrambi con Carlo Simoni. Un volto dolcissimo e un duttile talento di spettacolo, bruciato anzitempo dal clamore del grande schermo.

Borelli

Figlia d’arte, Alda Borelli debuttò sedicenne nella compagnia di Pia Marchi Maggi, per poi sposarsi ventenne con l’attore Alfredo De Sanctis; al suo fianco recitò per una dozzina d’anni, formando successivamente compagnia con Piperno, Carminati, Ruggeri. Giunse all’apice del successo negli anni ’20, interpretando Come le foglie di Giacosa, La signora dalle camelie di Dumas figlio, Il ferro e Parisina di D’Annunzio, La vita che ti diedi e Vestire gli ignudi di Pirandello. Ritiratasi dalle scene nel 1929, riapparve in teatro nel 1942 con La nemica di Niccodemi, che segnò il battesimo dell’esordiente Gassman. Dopo una seconda assenza decennale, tornò in palcoscenico con La vergine folle di Bataille, L’ombra di Niccodemi, I mostri sacri di Cocteau, La porta chiusa di M. Praga. La raffinatezza del segno interpretativo riconosciutale da Simoni fu la costante del suo itinerario d’arte consacrato alla commedia borghese, con coraggiose incursioni nella drammaturgia allora avanguardistica di Crommelynck, O’Neill, Amiel, Antonelli, Rosso di San Secondo, nulla concedendo all’effettismo di maniera.

Charisse

Cyd Charisse studia danza classica e, ancora giovanissima, è étoile nelle ultime tournée dei Balletti russi. Arrivata a Hollywood nel 1943 si presenta con lo pseudonimo di Lily Nordwood, prima di apparire in ruoli minori in film come Nasce una stella (1944) e Ziegfeld Follies (1945). Dopo il matrimonio con il cantante ‘crooner’ Tony Martin, con cui costituisce una delle coppie più solide di Hollywood, la Mgm continua a offrirle solo parti di contorno in film musicali come La matadora (1947), Su di un’isola con te e Parole e musica (1948). Deve aspettare Cantando sotto la pioggia (1952), in cui è la `femmina fatale’ protagonista della sequenza del sogno, per emergere appieno e imporsi come star. Negli anni ’50 contribuisce all’epoca d’oro del genere musicale in film come Spettacolo di varietà (1953), Brigadoon (1955), È sempre bel tempo (1955), La bella di Mosca (1957), pellicole in cui è partner di grande eleganza di Gene Kelly e Fred Astaire e interprete ideale delle coreografie di Michael Kidd. Anche se dotata di una voce gradevole e intonatissima, viene spesso doppiata nelle parti cantate da professioniste della canzone, più di frequente da Marion Doeges, Eileen Wilson, India Adams e Carol Richards; ciò nonostante ha al proprio attivo varie incisioni discografiche. Quando abbandona il musical con Black Tights (1962) si rivela attrice drammatica di notevole talento in Due settimane in un’altra città (1962). Negli anni seguenti è talora a fianco del marito in esibizioni dal vivo e alla televisione. Nel 1976 pubblica il libro autobiografico, scritto a quattro mani col marito, The Two of Us .

Girardot

Dopo gli studi al Conservatoire, dal 1954 al 1957 Annie Girardot è alla Comédie-Française, apparendo soprattutto in ruoli brillanti. Debutta nel cinema nel 1955 con Treize à table di Hunebelle, ma il suo successo è legato anche all’Italia: lavora infatti a teatro con L.Visconti (Dopo la caduta, 1960), che nello stesso anno la vuole in uno dei suoi capolavori cinematografici, Rocco e i suoi fratelli , dove è la prostituta Nadia. Durante gli anni ’60 e ’70 lavora con importanti registi italiani: accetta di imbruttirsi per il ruolo grottesco della Donna scimmia (1963) di Ferreri, dove recita accanto a Tognazzi; appare ne I compagni (1963) di Monicelli, nell’episodio firmato da Visconti de Le streghe (1967), in Dillinger è morto (1968) ancora di Ferreri, in Metti una sera a cena (1969), l’opera cinematografica più celebre di Patroni Griffi, ne Il sospetto (1975) di Maselli, ne L’ingorgo (1979) di Comencini. In Francia, collabora con A. Astruc ( La proie pour l’ombre , 1961), C. Lelouch (Vivre pour vivre , 1967; Il y a des jours… et des lunes , 1990), P. de Broca, A. Cayatte, E. Molinaro (La mandarine, 1971), B. Blier (Merci la vie, 1991). Attrice dal sicuro talento drammatico e dalle intense doti espressive, G., con la sua bellezza moderna e non convenzionale, ha creato un tipo femminile inquieto, intelligente e sensibile. Premiata a Venezia come miglior attrice per Trois chambres à Manhattan (1965) di Carné, nel 1975 conquista anche il César per Docteur Françoise Gailland di Bertuccelli.

Fortunato

Valentina Fortunato debutta nel 1948 al Quirino di Roma come Olivia nella Dodicesima notte di Shakespeare, con la compagnia di F. Piccoli (poi divenuta Stabile di Bolzano); dal 1952, al Piccolo Teatro di Genova, recita Goldoni, Gor’kij, Mauriac ed è la Celestina di de Rojas. Quest’ultima interpretazione fa sì che l’anno successivo venga scritturata al Piccolo di Milano, dove diventerà primattrice; dopo La famiglia dell’antiquario , Piccoli borghesi e Il fuoco sulla terra , è Giacinta nella Trilogia della villeggiatura di Goldoni (1954), Varja nel Giardino dei ciliegi di Cechov e Martirio ne La casa di Bernarda Alba di García Lorca (entrambi del 1955), e viene diretta da Strehler in L’anima buona di Sezuan (1958). La dirigono inoltre O. Costa e V. Puecher. I primi successi televisivi arrivano con gli sceneggiati (non farà mai cinema e «senza rimpianto», nonostante l’invito di Pontecorvo per Kapò); partecipa a tournée all’estero (in Sudamerica con Benassi) e a grandi spettacoli all’aperto, tra cui Saul di Alfieri, Tartufo di Molière e Casa di bambola di Ibsen. Negli anni ’60, sposato l’attore S. Fantoni, è diretta da Ronconi e Visconti (tra i titoli: I lunatici , 1966; La monaca di Monza , 1967) e poi si unisce alla Compagnia degli Associati (con Fantoni, Garrani, Vannucchi, Sbragia), portando in scena Don Carlos e Strano interludio , con la regia di G. Sbragia. Gli anni ’80 vedono il ritorno al Piccolo Teatro nel Temporale di Strindberg con la regia di Strehler e in Spettri di Ibsen, in cui F. è diretta sia da Lavia sia da Branciaroli. Una recente tournée in Canada l’ha vista in grandi ruoli femminili. Attrice di grande intensità e riservatezza, ha fatto della timidezza e della pigrizia che la contraddistinguono (per sua stessa ammissione) motivo di orgoglio e insieme costante miglioramento della propria arte.

Borelli

Come la sorella maggiore Alda, Lyda Borelli debuttò quindicenne, per essere subito scritturata da Talli nella compagnia di E. Gramatica e Calabresi. Se valore emblematico ebbe l’incontro con la Duse per una recita benefica, determinante fu invece l’esperienza con Ruggeri, accanto al quale si affermò ben presto come la più elegante e fascinosa primadonna del momento. Capace di passare dai toni farseschi di La presidentessa di Hennequin-Veber alla sofisticata Salomé di Wilde, dalle tragedie dannunziane e da La Gorgona di Benelli ai drammi di Bracco, Bernstein, Bataille, non si negò perciò alla scoppiettante vivacità del vaudeville. Al culmine del successo di palcoscenico ebbe spalancate le porte del cinema, imponendo il suo inconfondibile stile, statuario e misterioso, fin dall’esordio (Ma l’amor mio non muore di M. Caserini, 1913). Quando nel 1918 abbandonò definitivamente palcoscenici e teatri di posa per sposare il conte Vittorio Cini, i suoi più fervidi ammiratori tentarono invano di recuperarla `all’arte’.

Galiena

Accanto ai ruoli teatrali spesso interpreta lavori creati sia per il cinema che per la televisione. Anna Galiena si forma professionalmente a New York dove studia con Caroline Ducrocq, Michael Moriartry e Sandra Seacat. È il 1978 quando, nella stessa città, debutta in teatro in Romeo e Giulietta; nel 1980 interpreta Il gabbiano di Cechov, e, nello stesso anno studia all’Actors studio. Fino al 1984 il suo lavoro prosegue in America con spettacoli come Riccardo III (1980), Zio Vanja (1982), The Chain (stagione 1982-83), accanto a commedie di autori contemporanei americani e musical, in seguito torna in Europa, dove, al Teatro stabile di Genova, interpreta Tre sorelle (1984), per la regia di O. Krejca. Nel 1991, al Teatro Odéon di Parigi, lavora ne Il balcone , diretta da Lluis Pasqual e nel ’92 è al festival di Spoleto con Verso la fine dell’estate . La sua attività teatrale prosegue al Teatro Franco Parenti di Milano, dove interpreta La vita è un Canyon (1994), per la regia di A. R. Shammah. Al festival di Avignone ’94 fa parte di una compagnia del teatro no giapponese, nella pièce Susanô , creata da Takayuki Kawabata e diretta da Hiroschi Teshigahara. Nel 1998 è impegnata ne L’amante di Pinter, per la regia di A. R. Shammah.

Villoresi

Ancora ragazzina Pamela Villoresi entra nella filodrammatica del Teatro Metastasio di Prato per poi cominciare a fare le prime esperienze da professionista, sempre nella sua città: nel gruppo Teatro Insieme (1972) e al Teatro Studio (1975). Inizia così una intensa carriera teatrale che la porta a lavorare con M. Missiroli, G. Mauri ( La dodicesima notte ) e G. Cobelli (Prove per una messa in scena della figlia di Iorio, 1973 e La Venexiana , 1977). Nel 1975 Strehler la chiama per Il campiello, primo di una lunga serie di spettacoli al Piccolo Teatro (Clarice nell’ Arlecchino servitore di due padroni, edizione del 1977; Temporale , 1978 ; Minna von Barnheim , 1982; la ripresa delle Baruffe chiozzotte , 1992; L’isola degli schiavi e Le utopie di Marivaux, 1994). A soli ventuno anni viene premiata a Saint Vincent per la sua interpretazione cinematografica nel Gabbiano di M. Bellocchio (1977). Nel 1980 interpreta una intellettuale Lulù di F. Wedekind con la regia di M. Missiroli, lavora poi con A. Innocenti come protagonista di una importante versione di La fiaccola sotto il moggio (1987, regia di P. Maccarinelli) e interpreta una discussa Desdemona nell’ Otello di V. Gassman. Grande successo riscuote come protagonista femminile, al fianco di N. Manfredi, in Gente di facili costumi . Una crisi la porta ad abbandonare Les liaisons dangereous dell’Eliseo, e non riesce a imporre la sua Ninni dallo Scialo di V. Pratolini. È anche la Santa Teresa riscritta da M. Vargas Llosa. Nel 1986 entusiasma i critici a Gibellina per la sua interpretazione della Didone di Marlowe, regia di Cherif, in cui recita anche in arabo. Nel 1992, oltre all’intepretazione di Crimini del cuore , è anche stata direttrice artistica del Festival delle Ville Tuscolane. Si cimenta anche nella regia di Taibele e il suo demone da I. B. Singer e E. Friedman senza lasciare un segno tangibile.

Primavera

Nel 1917, il cantante-comico-fantasista Guido Riccioli fonda la sua compagnia `di riviste, operette e varietà’. L’anno successivo scrittura una primadonna bella e brava, Nanda Primavera, le offre il nome in ditta e la sposa. La compagnia Riccioli-Primavera diventa la più famosa formazione italiana nel genere operetta. Allestimenti sontuosi, un repertorio ampio (si cambiava cartellone tutte le sere), un successo incontrastato. Fino agli anni ’30, poi la Riccioli-P. passerà alla rivista, mettendo in scena anche testi di Galdieri. Nella stagione 1936-1937, va in scena a Napoli (e poi in tournée nel sud), Gran Bazar di Carbone-Cetera, e Riccioli figura in locandina anche come coautore. Si cambia spettacolo a Roma: Ho l’impressione che tu esageri! di Fiorita, con un quadro di «esercitazioni militaresche-musicali di belle ragazze, che fanno invidia ai legionari di Badoglio entrati vittoriosi ad Addis Abeba». Nella stagione 1938-39, la compagnia mette in scena Ma in campagna è un’altra… rosa , in sintonia con la rivalutazione autarchica della campagna voluta dal regime fascista, che sul tema fece comporre anche molte canzonette di successo ( O campagnola bella ). In compagnia, inappuntabile in frac, Alberto Sordi. E, per amore della bellissima soubrette, in frac e cilindro bianchi, un `boy’ di bella presenza: Indro Montanelli. Tra i vari quadri, le parodie di “Francesca da Rimini” e di “Marechiaro”;. gran successo al Mercadante di Napoli. Alla fine degli anni ’30, la compagnia Riccioli-P. diventa `stabile’ (cosa inconsueta per i tempi) e gestisce il teatro Modernissimo di Firenze. Guido Riccioli tornerà al teatro nel 1959 nella compagnia di Peppino De Filippo. La Primavera torna accanto a Sordi nei film: Gastone , 1959; Il vedovo, 1960; Il medico della mutua , 1967.

Mazzamauro

Interprete comica e brillante, dopo una serie di esperienze teatrali Anna Mazzamauro raggiunge il successo nel cinema, nella parte della signorina Silvani, in Fantozzi (1975) e seguiti. Negli anni ’70 lavora con Oreste Lionello e Lino Banfi nel cabaret e crea il personaggio della Signorina Tina. Parallelamente ha un’intensa attività teatrale, alternando cabaret e teatro comico, portando in scena la galleria dei suoi personaggi presi anche dalla cronaca. Di questo genere degno di nota è Brutta e cattiva (1983), una galleria di donne impetuose e bizzarre. Importante la sua interpretazione in Annie dei vagabondi di James Prideaux, a cui segue La parigina di Henry Becque (1996). Interessante ed efficace è la sua interpretazione di Raccontare Nannarella , per la regia di Aldo Trionfo e Franco Però, in cui presenta, anche attraverso scritti autobiografici, la vita di Anna Magnani.

Rizzoli

Laura Rizzoli si diploma all’Accademia dei Filodrammatici di Milano sotto la guida di Esperia Sperani nel 1953. Interprete di temperamento drammatico, debutta con la compagnia del Teatro Manzoni di Milano (Benassi, Santuccio, Brignone) ne I fratelli Karamazov di Copeau-Dostoevski; seguono L’allodola di Anouilh, Tartufo di Molière (Dorina), La Dodicesima notte (Maria). Con il Teatro Stabile Duse di Genova prende parte a Ivanov di Cechov, I mariti di Torelli, La coscienza di Zeno di Svevo (regia L. Squarzina). Nel 1957 riceve la Noce d’oro per La ragazza della giostra di Bassani. Del 1958 è l’esordio televisivo come protagonista di La donna di nessuno; lavora con la compagnia teatrale di E. Calindri, a fianco del quale interpreta in tv diverse commedie. Nel 1968 a Roma dà vita con Mino Bellei alla Cooperativa del Malinteso (Il malinteso di A. Camus, Senilità di I. Svevo, La donna di casa di V. Brancati, regie N. Rossati). Negli anni ’70 partecipa alla stagione femminista del Teatro della Maddalena (Roma) con spettacoli di B. Alberti, D. Maraini, A. Ceriani (Eguaglianza e libertà). Dopo Maschere nude da Pirandello, regia L. Puggelli, nel 1978 lascia il teatro e da allora si dedica al doppiaggio, a Milano con la cooperativa ADC (serial e soap-opera tv; sue le voci di V. Redgrave, J. Moreau, I. Bergman).

Pagano

Figlia di un bravo mandolinista, Guglielmo, Angela Pagano comincia a otto anni come cantante, accompagnando il trio di posteggiatori costituito dal padre. Da grande, deve adattarsi a lavorare in un negozio di guanti. Per caso conosce Maria Consiglio, la costumista di Eduardo De Filippo: e il resto viene di conseguenza. Debutta nel 1958 in La fortuna con l’Effe maiuscola di De Filippo e resta con lui per cinque anni, interpretando ruoli brillanti via via più importanti e impegnativi. Poi, l’occasione decisiva: Patroni Griffi la vede recitare un testo di Franca Valeri, Le catacombe (1962-63) e nel 1967 la chiama per Napoli: notte e giorno lo spettacolo che segna la riscoperta di Viviani. La P. si trova al fianco di alcuni dei più grandi attori napoletani, a cominciare da Pupella Maggio. E rimane con Patroni Griffi anche per il secondo spettacolo del progetto su Viviani, Napoli: chi resta e chi parte . Seguono, fra l’altro, il ruolo di Bernardina in Masaniello di Porta e Pugliese, quello di Zenobia in Circo equestre Sgueglia di Viviani (ancora con la regia di Armando Pugliese) e interpretazioni altrettanto rilevanti in La donna è mobile (il primo spettacolo da capocomico allestito da Luca De Filippo) e Le religiose alla moda e Lo Bazariota diretti da Roberto De Simone. Infine, a riprova della versatilità della P., valga il memorabile ritratto di Yvette Poitiers da lei disegnato in Madre Coraggio di Brecht, per la regia di Antonio Calenda.

MacLaine

Sorella maggiore di Warren Beatty, Shirley MacLaine ha una madre ex attrice e ballerina che la incoraggia verso la danza fin dalla più tenera infanzia. Durante gli studi Shirley si esibisce in spettacoli amatoriali con gruppi locali, ma dall’età di sedici anni passa le vacanze a New York frequentando tutte le audizioni. A diciannove anni è scritturata per un musical di Rodgers e Hammerstein, ultimo nome del cast: Me and Juliet resta in scena 358 repliche. L’anno seguente viene scritturata, sempre ultimo nome, per The Pajama Game , ma questa volta è la sostituta di Carol Haney e, come in un film hollywoodiano, la sostituisce quando Haney si frattura una gamba: viene immediatamente notata da un produttore, Hal Wallis, e altrettanto immediatamente messa sotto contratto. La MacLaine lascia il teatro (ci tornerà solo nel 1976) per una splendida carriera cinematografica che dura ancora, con molti film di successo tra i quali due musical: Can-Can di Cole Porter, con Frank Sinatra e Maurice Chevalier nel 1960 e Sweet Charity di Bob Fosse nel 1968-69. La tempestosa quanto generosa personalità della MacLaine si è espressa in molte direzioni: attività politica per il partito democratico, attività umanitaria, viaggiando per il mondo; nel ’73 ha fatto un lungo viaggio in Cina, che ha raccontato in un libro, dal quale ha anche tratto un documentario, A China Memoir (1975) che è stato candidato all’Oscar.

Ha girato sei special tv di canto, danza e intrattenimento, ciascuno premiato con Emmy Award. Ha scritto sei libri, tra il saggio e l’autobiografia, tutti best seller, più un settimo, che è il più profondo e il più interessante My Lucky Star . Da uno dei suoi libri, Out on a Limb , è stata tratta una miniserie televisiva di cui lei stessa è stata protagonista nel 1986. Profonda conoscitrice di filosofia orientale è una convinta assertrice della teoria della reincarnazione, alla quale ha dedicato studi assai approfonditi. Nel 1989, ha registrato una videocassetta (di successo) Shirley MacLaine’s Inner Workout in cui divulga le sue teorie. In teatro è tornata una prima volta nel 1976 con A Gypsy in My Soul , uno sfrenato one woman show di canto e danza, accompagnata da quattro ballerini. Nel 1984 un nuovo show, Shirley MacLaine On Broadway , e ancora, nel ’90, con la solita combinazione di due ballerinoni e due ballerine, Out There Tonight : debutto a Londra, giro negli Usa, Giappone e Australia. L’indomita signora ha ripreso nel ’95 la strada delle tournée in tutto il mondo, tutta sola, con un altro spettacolo, soprattutto di intrattenimento, ma canta anche molte canzoni e accenna un numero di danza: Shirley MacLaine Live! . Non vanno dimenticate le sue apparizioni a fianco di Frank Sinatra in concerti al Radio City Music Hall di New York e al Greek Theatre di Los Angeles.

Lazzarini

Negli anni ’50 Giulia Lazzarini frequenta il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Debutta in teatro nel 1954 con Grattacieli di Giannini, mentre dall’anno successivo inizia a lavorare al Piccolo Teatro di Milano diretto da Strehler e, alternando l’attività di palcoscenico con la partecipazione a importanti sceneggiati televisivi, è subito in tournée con Arlecchino servitore di due padroni interpretato da Moretti; poi è con Soleri nell’edizione dell’addio. Tra i capolavori interpretati figurano Platonov e Il giardino dei ciliegi , di Cechov, L’egoista di Bertolazzi, Vita di Galilei e L’opera da tre soldi di Brecht, Le balcon di Genet, La tempesta di Shakespeare (nel ruolo di Ariel) e Giorni felici di Beckett (nel ruolo di Winnie). Nel 1986 inaugura il Teatro Studio al fianco di Strehler con Elvira o la passione teatrale di Jouvet (ripreso nel ’97), così come in I giganti della montagna , pochi mesi prima della morte del regista, con cui aveva interpretato nel 1988 Faust, frammenti parte prima (nel ruolo di Margherita). Inoltre, nel ’95 interpreta Enoch Arden di Tennyson e, nella primavera ’96, Madre Coraggio di Sarajevo . Al di fuori della compagnia del Piccolo Teatro, è stata interprete di Buonanotte mamma nel 1985, diretta da C. Battistoni; lo stesso regista (con cui è sposata) la dirige anche in Le case del vedovo di Shaw, Minnie la candida di Bontempelli, Intermezzo di Giraudoux e Grande e piccolo di B. Strauss. Attrice sensibile, in grado di affrontare con risvolti psicologici moderni i personaggi dei grandi classici e di dare compatta tragicità a quelli di testi contemporanei, ha quindi interpretato, con la regia di G. Cobelli, Morte di un commesso viaggiatore , di MIller (1997-98) con U. Orsini.

Serreau

Figlia del regista Jean-Marie e della traduttrice Geneviève Serreau, Coline Serreau inizia a recitare negli anni ’70, dopo aver compiuto studi di musica e di filosofia. Nel 1973 scrive e interpreta On s’est trompé d’histoire d’amour, con la regia di J.-L. Bertucelli. Recita quindi in Come vi piace di Shakespeare (1976) e in Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht (1979). Nel frattempo scrive e dirige alcuni film, uno dei quali, Tre uomini e una culla (Trois hommes et un couffin, 1985), la fa conoscere in tutto il mondo. S. affronta con un tono lieve e ironico i temi più scottanti che agitano la società contemporanea (la disoccupazione, la condizione femminile, l’immigrazione). Interpreta tutte le commedie di cui è autrice: Lapin Lapin (1986), Le théâtre de verdure (1987), Quisaitout et Grobêta (1993; ricordiamo l’allestimento per il Teatro di Genova, Tuttosà e Chebestia , nella traduzione di Stefano Benni, con Luca De Filippo e Lello Arena, 1993), tutte dirette da Benno Besson. Nel 1998 ha presentato un nuovo spettacolo, Le salon d’été, al Théâtre des Bouffes-Parisiens, di cui è stata anche interprete.

Rivera

All’età di undici anni Chita Rivera incomincia a studiare danza presso l’American School of Ballet. Quando debutta sui palcoscenici di Broadway è un anonimo elemento della chorus line di Call Me Madam (1952) e dei numeri di danza di Bulli e pupe (1953) e di Can-Can (1954). Il primo successo personale arriva con The Shoestring Revue (1955), confermato dalla notevole prova di Seventh Heaven (1955) e dalla sostituzione di Eartha Kitt in Shinbone Alley (1957). Assurge al ruolo di star come interprete di Anita in West Side Story (1957), sia nella produzione originale americana sia in quella londinese (1958).

Nel 1960 conosce il trionfo di Bye Bye Birdie a Broadway, replicato l’anno seguente nell’allestimento inglese; curiosamente questo musical ha un sequel nel 1981, Bring Back Birdie, in cui Rivera ha per compagno di scena Donald O’Connor. Continua a essere attiva in televisione in programmi di varietà dal 1956 e in teatro in musical di successo come Bajour (1964) e Chicago (1975), dove Bob Fosse la affianca da coprotagonista a Gwen Verdon, o come The Rink (1984) nel quale è la partner di Liza Minnelli. In anni più recenti è la star femminile di Kiss of the Spider Woman (1994), versione musicale ispirata più al film omonimo di Babenco che all’originale letterario di Puig.

Pozzi

Anticonformista ed esibizionista figlia di un’affermata famiglia borghese, Moana Pozzi prende giovanissima la via di Roma per tentare di imporsi come attrice cinematografica. Partecipa a film d’autore come Borotalco (1981) e Ginger e Fred (1986) ma è smaniosa di emergere e lascia in fretta Cinecittà per approdare da protagonista alla produzione erotica. Viene notata dal regista e talent-scout del settore pornografico Riccardo Schicchi, che ha già sotto contratto molte attrici come Ilona Staller, con il quale allaccia una breve relazione affettiva e professionale. Sotto la sua guida viene indirizzata e lanciata come pornodiva internazionale in esibizioni dal vivo, tournée, servizi fotografici per la stampa specializzata e pellicole hard-core. In totale è la star di una trentina di film riproposti spesso con montaggi e titoli differenti. Quando partecipa alla trasmissione televisiva Jeans (1987) è già una porno-star tanto famosa che la sua comparsa sul teleschermo è fonte di infinite controversie nonostante si limiti ad alcuni sketch di comicità assurda. In questa veste ironica e paradossale viene concepito per lei l’`angolo della vergogna’ nel programma di Antonio Ricci Matrjoska (1988), in cui compare completamente spogliata, ma lo scandalo annunciato ha proporzioni tali che la trasmissione viene bloccata prima di andare in onda. In toni più dimessi partecipa a Lupo Solitario (1988) dello stesso Ricci e a numerose serate del Maurizio Costanzo Show dove ha modo di conquistare l’affetto e la stima degli spettatori con interventi intelligenti e irriverenti, sempre spiritosi e ricchi di buon senso. Tra il 1990 e il 1992 compare sugli schermi televisivi anche nel ruolo di scanzonata conduttrice di programmi di telepromozioni per prodotti afrodisiaci, durante i quali ha modo di esibirsi come apprezzabile cantante. Nel 1992 segue l’esempio di Ilona Staller, all’epoca parlamentare del Partito Radicale, e tenta senza troppa fortuna la carriera politica candidandosi alla Camera per il Partito dell’Amore. I ricordi della sua vita sono fissati nell’autobiografia. Alla sua morte, causata da un’infezione contratta in Asia, lascia un’accesa contesa tra le altre porno-dive che si scatenano per ereditarne il titolo di personaggio `scandaloso’ più amato dagli italiani.

Bianchi

È proprio vero che, come dicevano i greci, noi portiamo il nostro destino nel nome. Regina Bianchi esordì, appena sedicenne, interpretando nella compagnia del grande Raffaele Viviani il ruolo della Reginella di Campagna napolitana . E regina, di nome e di fatto, è stata poi nel corso di tutta la sua carriera: per una sorta di aristocratico distacco dalle battute, spesso gravate dall’opzione del sentimentalismo, che le toccava pronunciare. D’altronde, forse non per caso, a parte le imposizioni del fascismo, lei, napoletana d’adozione e di cultura, decise di scambiare il suo cognome anagrafico, d’Antigny, con quello portato, sì, dalla propria nonna paterna, ma soprattutto dalla Brigida Bianchi che, corrente il Seicento, si distinse ad un tempo come squisita commediante e, addirittura, autrice di sonetti, madrigali, canzoni, stanze e dialoghi per musica considerati perfino da Corneille, Racine e Molière. Senza alcun dubbio, c’è tutto questo dietro la galleria di personaggi eduardiani disegnati con impareggiabile sapienza da Regina B.: dalla gelida Filumena Marturano all’intrigante Teresa di Ditegli sempre di sì , dalla cupa e amara Amalia di Napoli milionaria! all’imponderabile Armida di Questi fantasmi! E d’altronde, proprio una simile capacità di stilizzazione ha consentito alla B. di cimentarsi, e sempre con risultati notevoli, anche nel repertorio, lontanissimo da quello napoletano, costituito da autori come Lorca, Pirandel-lo, Brecht, Goldoni, Maeterlinck e Hochhuth.

Viviani

Elisabetta Viviani studia all’Accademia dei Filodrammatici con E. Sperani, poi danza con L. Novaro. Recita al Teatro San Babila in una fiaba di Piccoli, poi è con la coppia Calindri-Zoppelli ne Il giorno che sequestrarono il Papa di Betancourt. Famosa in tv negli anni ’70 come interprete della sigla del cartoon Heidi , esce di scena nel 1981 dopo alcune operette e il film Asso con A. Celentano.