Carrara

In realtà quando Salvatore, a vent’anni, decide di abbandonare la Sicilia e affrontare il viaggio verso il nord, siamo già all’ottava generazione di una famiglia di attori fortemente radicata nel repertorio e nella tradizione siciliana. La nona generazione della famiglia Carrara, quella di Masi, nasce nomade. Il nuovo ramo si distacca da quello paterno e si fonde con i Laurini, facendo così sorgere la decima generazione dei Carrara: quella di Armando (1949), Tino (1951) e Annalisa (1955). Sono proprio loro, nel 1975, a dare vita al teatro La Piccionaia, innestando le tradizioni della commedia dell’arte siciliana nel ramo veneto. Nel 1979, per ricordare la propria storia, i C. presentano al Verdi di Milano Antiche farse . Tra le moltissime produzioni ricordiamo Carillon (1982), prima formazione autonoma di teatro-ragazzi. Nel 1984 inizia l’attività del Centro di formazione teatrale, che porta a Vicenza docenti di fama. Nel 1985 La Piccionaia produce con il Consort of Musicke The marriage of Pantalone (Londra, Queen Elizabeth Hall). Nel 1987 ai C. viene affidata la gestione del teatro Astra di Vicenza: viene realizzato il primo spettacolo da `stabile’, Charlot . Nel 1989 Armando C. cura la regia di La buffa beffa del beffardo beffato , per la rassegna internazionale di teatro popolare ‘La nuova commedia dell’arte’. Nel 1997 Argia Laurini viene premiata come miglior attrice al festival di Kulmbach, in Germania, e il festival d’autunno dell’Olimpico di Vicenza invita La Piccionaia a produrre L’alfabeto dei villani.

Rame,

I Rame hanno quale capostipite Pio (Alessandria 1849 – Castano Primo 1921) che inizia il mestiere con il marionettista Domenico Razzetti. Si mette in proprio nel 1876 e da allora, fino all’indomani della prima guerra mondiale porta i suoi spettacoli in molte province del Piemonte, della Lombardia e dell’Emilia. Negli anni ’20 la compagnia (tutta familiare, formata dai figli Domenico e Tommaso e poi dalle figlie Pie e Franca) incomincia a dedicarsi sempre di più al teatro in persona, presentando grandi drammi e farse e a limitare il circuito al Varesotto e all’Alto Milanese.

Barrymore

Il capostipite, Maurice Barrymore (Herbert Blythe; 1847 – 1905), debuttò in Inghilterra e si trasferì poi negli Usa dove sposò Georgiana Emma Drew, appartenente a un’illustre famiglia d’arte. Ebbero tre figli, tutti destinati a grande fama. Lionel (1878 – 1954) fece teatro (con successi come The Copperhead di A. Thomas e La cena delle beffe di S. Benelli accanto al fratello) fin quando un disastroso Macbeth (1921) non lo convinse a trasferirsi definitivamente a Hollywood. Lo seguì, ma nel 1940, la sorella Ethel (1879 – Filadelfia1959), che per la sua bellezza (fu coniata per lei l’espressione `glamour girl’) e il suo talento era stata un idolo di Broadway (dove un teatro porta dal 1928 il suo nome), dal 1901 ( Captain Jinks of the Horse Marines di C. Fitch) al 1939 (Il grano è verde di E. Williams), affrontando anche personaggi come Nora, Porzia, Giulietta e Margherita Gautier. A Hollywood approdò stabilmente anche John (1882 – 1942) quando, dopo aver sfruttato a lungo sulle scene il proprio fascino (il profilo famoso) e la propria disinvoltura, si era guadagnato i galloni del grande attore interpretando Giustizia di J. Galsworthy, Riccardo III e soprattutto, nel 1922, un Amleto, acclamato in patria e a Londra come il migliore, forse, del suo tempo.

Falconi&Frattini

Falconi Dino (Livorno 1902) e Frattini Angelo (1896 – 1967) formano un duo di attori indimenticabili. Falconi era figlio di famosi attori: Armando Falconi (a sua volta figlio d’attori: Pietro Falconi e Adelaide Negri) e Tina Di Lorenzo, `di radiosa bellezza’ e `di istintiva immediatezza’. Il teatro di rivista nasce negli anni Trenta, il primo spettacolo importante (1929) venne importato, si trattava di Donne all’inferno , con la compagnia viennese dei fratelli Schwarz, «punto d’incontro – si scrisse – tra operetta e varietà». nello stesso periodo nasce l’avanspettacolo, una rivista `di serie B’ da rappresentare due-tre volte al giorno (e la domenica quattro!) intervallandola a proiezioni cinematografiche. La nuova forma di spettacolo leggero, la rivista, attrae anche attori di prosa, e la prestigiosa compagnia diretta da Dario Niccodemi (1874 – 1934), prolifico autore di drammoni lacrimogeni ( La nemica ), di commediole effervescenti ( Scampolo ) o sentimentali (La maestrina ), si affida a un copione di F. (scritto con Oreste Biancoli) per cambiar genere: Triangoli (1930) viene interpretato da Elsa Merlini, Luigi Cimara, Nino Besozzi, tutti affermati attori di prosa. L’anno successivo (1931), ancora F. (con Biancoli) scrive un testo per Vittorio De Sica, Umberto Melnati, Pina Renzi, Giuditta Rissone, Camillo Pilotto. Si intitola Le lucciole della città e si ispira nel titolo a Le luci della città di Chaplin. Nel 1927, con Biancoli, F. aveva scritto Ultim’ora , rivista rappresentata al Salone Margherita di Roma con Titina De Filippo e un quasi esordiente Erminio Macario. Nel 1937 debutta la coppia d’autori Falconi&Frattini con Bertoldissimo , omaggio al popolare settimanale umoristico “Il Bertoldo” diretto da Giovanni Mosca e Vittorio Metz. Nel cast i fratelli De Rege. Nel 1941-42, i due scrivono La città delle lucciole (rifacendosi nel titolo al loro primo successo) con Enrico Viarisio, Giuseppe Porelli, Isa Pola. Luccicano, nel cast delle riviste di F. e F., le stelle della prosa: nel 1945-46, in Ah… ci risiamo! recitano Nino Besozzi, Vivi Gioi e Vittorio De Sica, che canticchiava e recitava anche dopo aver diretto Sciuscià per lo schermo. Nel 1951-52, con Spiller, firmano Cocoricò , rivista con un nuovo comico, Dario Fo (che imita Fausto Coppi), con il `fantasista’ Giustino Durano e la soubrette di colore Vickie Henderson. La stagione successiva, Fo e Durano, con Franco Parenti, rappresenteranno al Piccolo Teatro di Milano Il dito nell’occhio , una rivista con interpreti in calzamaglia nera, ricca di pantomime, parodie musicali e scenette satiriche d’elevatissimo livello, un successo bissato nella stagione successiva con Sani da legare . Falconi&Frattini, con Orio Vergani, scrivono Miracolo all’Olimpia per Nino Besozzi (1950-51). In epoca in cui la rivista era considerata genere minore perché disimpegnato, non meritevole di recensioni critiche e semmai attaccato perché offriva ospitalità ben retribuita ad attori `seri’ di prosa, Falconi&Frattini scrissero (1953) un’abile e indiscriminata agiografia intitolata Guida alla rivista e all’operetta.

Cochi e Renato

Aurelio Ponzoni (Milano 1941) e Renato Pozzetto (Milano 1940), cabarettisti, in due per una dozzina d’anni, a partire dal 1965. il duo prenderà il nome di Cochi e Renato. Amici d’infanzia, compagni di scuola (Ponzoni è ragioniere, P. è geometra), vicini di casa d’estate a Gemonio (Varese) sul lago Maggiore, sposati con due ragazze amiche tra loro, genitori di due figli a testa, hanno avuto entrambi una breve carriera in altre professioni: Ponzoni impiegato interprete (francese, inglese, russo) all’aeroporto milanese di Linate, Pozzetto contitolare di un’impresa di impianti di raffreddamento. Debutto, come cabarettisti, nel 1964-65 all’Osteria dell’Oca d’oro in via Lentasio a Milano, poi al Cab 64 e al Derby. Prima paga, 2500 lire a serata, e a testa, ma con almeno dieci spettatori in sala: niente quorum , niente soldi. Fedelissimi al repertorio dell’esordio: filastrocche e canzoncine, monologhi e scenette tutte rigorosamente improntati ai non sense della comicità assurda, alla Rascel e, letteralmente, ispirata a Campanile e Ionesco. Come sigla d’apertura dello show, chitarra in mano, gambe a squadra e canzoncina-tormentone: «La gallina non è un animale intelligente, un tempo era chiamata volpe e non invidia le pecore che ci hanno il maglione»; oppure: «E la vita l’è bela, l’è bela, basta avere l’umbrela». Comicità spiccatamente meneghina, una risposta del Nord alla straripante presenza di artisti di Roma, Napoli, Sicilia.

Dopo anni di lavoro misconosciuto, nel 1968 esordirono in televisione nella trasmissione Quelli della domenica in onda alle 18. Autori: Marcello Marchesi, Italo Terzoli, Enrico Vaime e Maurizio Costanzo. Nel cast, un altro comico esordiente, Paolo Villaggio che presentando i personaggi di Fracchia e del domatore tedesco Kranz ottenne un successo personale strepitoso, tale da oscurare in qualche modo la pur incisiva presenza di C. e R. Il varietà era stato previsto per sei puntate, che divennero otto e infine ventiquattro. «Noi le abbiamo fatte tutte – dichiararono – ma sempre con contratto settimanale, che veniva rinnovato il sabato per il lunedì. Una grande angoscia, ripagata con una grande popolarità». Durò fino al 30 giugno, con quattro milioni e mezzo di spettatori di media. L’anno dopo, diventarono ospiti fissi di È domenica ma senza impegno . La collaborazione con Enzo Jannacci servì poi a definire meglio i loro personaggi: Cochi l’intellettuale astratto e bizzoso, Renato il bifolco concreto e pacioccone. Personaggi esaltati nel 1973 nella trasmissione Il poeta e il contadino (di sabato alle 21 sul secondo canale Rai). Autori, con loro, Guido Clericetti, Ludovico Peregrini, Enzo Jannacci. Battuta tormentone: «Ehi, ma qui siamo sui milletré», detta da Renato contadino della val Brembana. Fu il primo varietà tv tutto settentrionale, e ottenne buone critiche e medi ascolti. Parteciparono alle tre puntate di Riuscirà il cav. Papà Ubu? (1971) e a Canzonissima 1974, con la Carrà, si ritagliarono esilaranti siparietti comici, e interpretarono la sigla finale sceneggiando quella loro canzoncina d’esordio: «E la vita l’è bela, l’è bela». Altra battuta-tormentone, entrata subito nel lessico dei giovani:«Bene, bravo, sette più».

Altre canzoncine di successo (incise anche su disco): “È capitato anche a me”, “Un pezzo di pane”, “La domenica”, “Come porti i capelli bella bionda”. Dopo il cabaret e la televisione, e qualche sporadica recita teatrale, arrivò il cinema. Per entrambi, ma in film diversi. Così, Pozzetto esordì alla grande in Per amare Ofelia , di Flavio Mogherini (1974), con Françoise Fabian (mamma oppressiva), Giovanna Ralli (lucciola generosa), dove Pozzetto brillò nel ruolo su misura di imbranato in questioni di sesso. Seguì, nello stesso anno, La poliziotta di Steno con Mariangela Melato, e da allora una serie di film così intensa da precludere il ritorno al cabaret o alla tv, e a sancire la scissione del duo comico (stesso evento accaduto, anni prima, al duo Tognazzi-Vianello). Ponzoni, nel 1976, interpreta il film Cuore di cane di Alberto Lattuada, con Max von Sydow, favola grottesca ispirata al romanzo di Bulgakov, che narra di un trapianto di organi di un funzionario di partito su un cane randagio senza ottenere i risultati sperati. Ponzoni era il `cane’. Gira nello stesso anno Telefoni bianchi di Dino Risi, con Agostina Belli nei panni di una diva di regime fascista. Mentre la carriera cinematografica di Pozzetto prosegue tra simpatia del pubblico e favore della critica, quella di Ponzoni s’arresta per mancanza di offerte valide. Allora Ponzoni intraprende, dopo un periodo di riflessione, la strada della prosa, rivelando doti d’attore misurato e efficace. È tornato in televisione come `spalla’ di lusso di Paolo Rossi nel varietà Su la testa! (1992); un ritorno che è diventato scoperta per le generazioni più giovani.

Brignone

Il capostipite della famiglia Brignone, Giuseppe (Torino 1854 – ivi 1937), dopo una dura gavetta di palcoscenico, fece coppia con Pia Marchi Maggi prima di autopromuoversi capocomico. Nel 1917 lasciò il teatro per dedicarsi esclusivamente al cinema, fino alle soglie del sonoro. La figlia Mercedes (Madrid 1886 – Roma 1967), dopo aver esordito bambina nella compagnia paterna, fu a quattordici anni con la Mariani, e poi con Sichel, Garavaglia e Palmarini (che sposò nel 1903). Allontanatasi dalle scene per una dozzina d’anni, vi ritornò a fianco di Ruggeri, Ricci, la Palmer; nel secondo dopoguerra fu con Maltagliati-Randone-Carraro, e con una serie di compagnie particolarmente versate nel genere brillante. Numerosissime le sue interpretazioni cinematografiche, in un arco trentennale dal muto al parlato. Suo fratello Guido (Milano 1887 – Roma 1958), dopo aver debuttato come attore cinematografico alla vigilia della Grande guerra, passò quasi subito alla regia, realizzando una ventina di film muti prima di lavorare prevalentemente in Francia e Germania. Negli anni ’30, tornato in Italia, realizzò pellicole di grande successo comeTeresa Confalonieri, Passaporto rosso, Vivere!, per dedicarsi infine a un repertorio di accentuato gusto drammatico-popolaresco (La sepolta viva, Il bacio di una morta, Core `ngrato).