Arias

Non ancora ventenne lascia il suo paese in cerca di fortuna teatrale. A Parigi realizza il suo primo spettacolo, Dracula (1966), e fonda il Groupe Tse (1968). Recupera così quanto ha lasciato oltreoceano: l’ingenuità chiassosa della rivista, l’energia e la spettacolarità del music-hall. Pubblico e critica francesi scoprono allora l’originalità del suo teatro: erudizione, sofisticazione, seduzione sono le componenti di Histoire du Théâtre , Comédie policière , Goddess , in cui si afferma uno degli attori con cui lavorerà più spesso, Facundo Bo. Nel 1970 con Eva Peron di Copi, Alfredo Rodriguez Arias conquista un pubblico di ammiratori che lo seguiranno in 24 Heures , in Luxe e nelle Pene d’amore di una gatta inglese , da Henry James, commedia musicale del 1976 rappresentata trecento volte al Théâtre de Montparnasse (ma anche a Spoleto). Sperimenta quindi una drammaturgia a largo raggio (da Goldoni ai contemporanei), il più delle volte riletta attraverso i moduli della rivista: scene parlate, danzate, cantate, che ruotano attorno a una vedette e a un comico, sempre in equilibrio fra richiamo sessuale, fantasia, magia. «Un maquillage ben fatto – dichiara a quell’epoca – vale come dieci pagine di Shakespeare». Dal 1985 al 1990 è direttore del Centro Drammatico di Aubervilliers, dove allestisce Shakespeare, Marivaux, Maeterlinck, senza però dimenticare i fragori del teatro boulevardier e le pièce dell’amato connazionale Copi (Cachafaz , Loretta Strong). Mortadela , memoria di un’infanzia italo-argentina abbagliata dalle luci del music-hall, riceve nel 1992 il premio Molière come miglior spettacolo musicale. Nel 1993, ottenuto l’incarico di realizzare una nuova rivista per la riapertura delle Foliès-Bérgère, prepara Fous de Foliès . In Italia mette in scena il goldoniano Ventaglio. Nini , del 1995, con Marilù Marini, è un omaggio alla caratterista argentina Nini Marshall, e lo consacra finalmente anche presso il pubblico del suo Paese, che egli ricompensa inventando e interpretando un Faust argentino (1995). In ciò lo aiuta l’esperienza accumulata anche nell’operetta (una Vedova allegra a Spoleto e allo Châtelet di Parigi), nel teatro musicale (decine di allestimenti, tra cui I racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach alla Scala nel 1995), nel cinema (il suo primo lungometraggio, Fuegos , era già del 1986) e nella fiction televisiva (Bella Vista , da Colette, è del 1991).

Brie

César Brie inizia a fare teatro a diciassette anni, studiando al Centro Dramatico di Buenos Aires. La timidezza che lo caratterizza negli anni dell’infanzia e della prima adolescenza definisce paradossalmente la progressiva tensione verso la scena: «Desideravo le donne ma non ero in grado di rivolgere loro la parola. Ho creduto che il teatro potesse aiutarmi a esprimermi, a essere meno goffo, a usare il mio corpo senza trascinarlo inutilmente da un lato all’altro con un quaderno di poesie sotto il braccio. Ho iniziato a fare teatro per poter parlare con le donne. […] ma il teatro mi ha preso, intrappolato, non sono più riuscito a lasciarlo». L’originaria motivazione schiude dunque altre strade, aprendo nuovi orizzonti: attraverso il prisma del teatro César Brie interroga il presente, esplorando se stesso. Nel 1972 partecipa alla fondazione della Comuna Baires, in cui la ricerca espressiva si intreccia all’impegno civile, e con gli attori del gruppo è presto costretto a trasferirsi in Italia a causa delle persecuzioni operate dal regime fascista in ascesa nel Paese. L’esperienza dell’esilio segnerà in maniera radicale il suo percorso artistico.

Nel 1975 lascia definitivamente la Comuna Baires e insieme a P. Nalli, D. Albertin e D. Manfredini fonda il Collettivo teatrale Tupac Amaru presso il centro sociale Isola di Milano. Fino al 1979 con questo gruppo è protagonista di spettacoli agit-prop a sfondo sociale, legati alle lotte di quartiere e finalizzati alla realizzazione di «isole di cultura liberate» (fra gli altri: A rincorrere il sole , Milano 1978, testo, regia e interpretazione di B.; Ehi , Milano 1979, di e con B. e D. Manfredini; Il gran turco giocatore di scacchi , Bologna 1980, creazione collettiva). Parallelamente approfondisce la ricerca espressiva, e definisce le linee di un teatro caratterizzato dall’essenzialità della scena e dalla centralità dell’attore, poeta che interroga il tempo attraverso il corpo e la voce. Nel 1980 l’incontro con Iben Nagel Rasmussen, apre il periodo danese della sua ricerca e porta alla fondazione del gruppo Farfa, al quale partecipano Pepe Robledo, Maria Consagra, Daniela Piccari e Dolly Albertin, determinando la possibilità di un confronto diretto con l’esperienza dell’Odin Teatret e di Eugenio Barba. L’esperienza registica e drammaturgica si innesta progressivamente sul lavoro dell’attore amplificandolo. Nascono spettacoli importanti come Matrimonio con Dio (Holstebro, Danimarca 1982, regia di E. Barba), Il paese di Nod (Holstebro 1986, con I. N. Rasmussen, e C. B., testo e regia di B.), Talabot (Holstebro 1988, con gli attori dell’Odin Teatret, regia di Barba), Il mare in tasca (Pontedera 1989, testo, regia e interpretazione di César Brie), e allo stesso tempo si approfondisce la necessità di un ritorno alle origini, alla propria terra e soprattutto alla propria lingua. È Il paese di Nod a segnare il punto di svolta e a radicare nell’attore la necessità di un ritorno a casa: tema cardine l’esilio: l’esilio di chi è stato costretto a fuggire dalla propria terra a causa della dittatura militare, ma allo stesso tempo l’intima lacerazione di chi è rimasto ed è stato costretto in silenzio a subirne gli orrori. Lo spettacolo, portato in tournée in diversi paesi dell’America Latina, traccia le linee del futuro percorso.

Nel 1990, separatosi da Iben, e lasciato l’Odin,César Brie trascorre un altro anno in Italia insieme a Naira Gonzales, e con lei realizza Romeo e Giulietta (Este 1991), l’idea, tuttavia, è quella di concludere l’esperienza europea e di raccogliere i fondi necessari per il nuovo progetto in America Latina. Nell’agosto del 1991, insieme a Naira e a Giampaolo Nalli, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes. Sede della comunità artistica Yotala, un piccolo paese nei pressi di Sucre. Il gruppo degli attori acquisisce fisionomia attorno al progetto di Colòn (Yotala 1992), spettacolo di una comicità graffiante, incipit di un percorso destinato a privilegiare la sincerità e l’onestà delle emozioni insite nella pluralità di voci che animano il quotidiano. È così che all’epico Colòn fanno seguito, fra gli altri, l’intima e drammatica atmosfera di Solo gli ingenui muoiono d’amore (Yotala 1993), il dissacrante e grottesco Ubu in Bolivia , da A. Jarry (Yotala 1994), e la straordinaria poesia de I sandali del tempo (Las Abarcas del tiempo, Yotala 1995). Dal 1995 parallelamente all’attività teatrale, B. pubblica “Lo scemo del villaggio” (El tonto del Pueblo), rivista di arti sceniche che sposa memoria e ricerca, oggi distribuita in tutti i paesi latino-americani, oltre che in Spagna, Francia e Italia.

Robledo

Pepe Robledo arriva in Europa nel 1977, esiliato dalla dittatura del suo paese. In Argentina, a partire dal 1970, fa parte del Libre Teatro Libre con cui lavora fino al 1976, anno in cui il gruppo si dissolve a causa del golpe militare. Sempre nel 1976 partecipa al primo incontro del teatro di gruppo di Belgrado. Rimane poi in Europa dove lavora come attore e insegnante di tecniche di improvvisazione, entrando nel 1980, su richiesta di Iben Nagel Rasmussen dell’Odin Teatret, a far parte del gruppo Farfa. Qui conosce, nel 1983, Pippo Delbono, con cui instaura un rapporto di collaborazione duratura seguendolo, dapprima, nell’incontro con Pina Bausch (1987) e partecipando, in seguito, a tutti i lavori diretti dallo stesso Delbono, da Il tempo degli assassini a La guerra. Nel suo lavoro con la Compagnia Pippo Delbono, Robledo non si identifica nel solo ruolo di attore, ma svolge nel contempo le funzioni di aiuto regista, assistente, collaboratore alla drammaturgia, tecnico e fonico.