Sironi

Esponente del movimento Valori Plastici nel 1918 e protagonista del gruppo Novecento negli anni ’30, S. avviò le prime esperienza di scenografo nei teatri milanesi d’avanguardia: la Piccola Canobbiana, dove nel 1924 lavorava a I cavalieri di Aristofane per la regia di Ettore Romagnoli (spettacolo mai rappresentato), e il Teatro del Convegno, che nello stesso anno mise in scena Marionette, che passione! di Rosso San Secondo, dove S. realizzò le scene e i costumi in collaborazione con Emanuele Fontanals. Esordi a cui fece seguito il primo importante debutto come scenografo con L’isola meravigliosa , messo in scena al Teatro Manzoni nel 1930 per la regia di Guido Salvini, col quale S. realizzò quasi tutti i suoi lavori teatrali futuri. In questo dramma di U. Betti, dove V. De Sica è interprete di re Nadir, S. dispiega già i tratti essenziali della sua poetica, con i rari ed essenziali toni di colore dei bozzetti fortemente espressivi, che definiscono l’impianto formale concepito in un non finito materico, e una concezione grandiosa e visionaria della scena. Le scenografie di S. risentono delle sue esperienze pittoriche, riprendono soluzioni da lui sperimentate nel campo dell’illustrazione e rivelano l’influenza delle sue esperienze in architettura al fianco di Giovanni Muzio, come già appare nei bozzetti per Lucrezia Borgia di Donizetti, rappresentata al Maggio fiorentino del 1933, dove l’artista elabora una quinta architettonica fortemente disegnata e chiaroscurata, con campiture piatte, dove prevalgono la biacca e il nero, elementi che ricordano studi grafici e dipinti degli anni precedenti. Un lavoro dove si rivelava il clima fortemente drammatico e visionario che caratterizza l’opera di S. scenografo, qui realizzato nel clima notturno che domina l’intero svolgimento del dramma nella pittura dei grandi fondali e delle quinte. Dopo Tosca di Puccini per la tournée dell’Opera di Roma in Olanda, nella stagione 1934-35, e il progetto mai realizzato di una Luisa Miller di Verdi per il Maggio del 1937, segue la prima rappresentazione italiana del Doktor Faust di Busoni per il Maggio del 1942, e un Tristano e Isotta di Wagner rimasto storico, rappresentato alla Scala nel 1947 sotto la direzione di Victor De Sabata e con la regia di Hans Zimmermann, due opere che mostrano la piena e felice maturazione espressiva dell’artista. S. è ora giunto a definire la propria idea teatrale: un ambiente scenico dichiaratamente falso, illusorio, dove la rappresentazione supera l’esperienza reale per coinvolgere emotivamente lo spettatore e provocare «certo terremoti che sono la vita dell’arte e dell’emozione», mentre «se si fa ordine e si mette ogni cosa a posto si esce dalla magia e ci si trova in un mondo banale». Per I Lombardi alla prima crociata , un’opera giovanile di Verdi ricca di difficoltà di rappresentazione per i continui cambiamenti di scena, S. realizzò tredici bozzetti passando dall’effetto possente delle forme architettoniche romaniche agli ambienti orientali, e agli alberi dai rami nudi e spezzati, le rocce, le colonne del suo repertorio pittorico. Numerosi i disegni per i costumi che rimandano ai suoi dipinti degli anni ’30 o si ispirano alle sculture medioevali. Siamo nel 1948 ed è la penultima esperienza di S. al Maggio fiorentino. L’ultima risale a due anni dopo, col Don Carlos di Verdi, dove forse riprende in parte i precedenti disegni per l’edizione annullata del 1943 e dove si compendia la sua esperienza artistica in una riuscita efficacia scenica, visiva e drammatica, nel dispiegarsi di situazioni sempre dominate dal pittoricismo come motivo espressivo culminante nel bozzetto per la prima scena del quarto atto, uno dei momenti di maggiore intensità dell’opera. Un posto a parte occupano i due spettacoli al Teatro Romano di Ostia del 1949, Medea e Il ciclope , sempre per la regia di Salvini, dove S. dispose negli spazi all’aperto pesanti masse volumetriche di finte pietre e rocce, tendendo a un’astrazione di colori e di linee che caratterizza particolarmente i costumi.