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L’importanza di un rapporto fra teatro e scuola è riconosciuta dalla fine del Cinquecento, nella Ratio studiorum dei Gesuiti, e trova nell’Ottocento uno spazio rilevante nella pedagogia dei collegi salesiani di don Giovanni Bosco. All’inizio del Novecento gli allestimenti delle grandi compagnie storiche di teatro delle marionette, come i Colla, non sono specificamente mirati allo spettatore bambino, ma a un pubblico popolare: basti pensare a spettacoli come il Gran ballo Excelsior , celebrazione positivista del progresso della tecnica, o all’ Aida . Sergio Tofano, nel suo articolo “Recitare per bambini” (1937), è fra i primi a interrogarsi sulla specificità di un teatro rivolto a un pubblico in età scolare. Nel 1955 il termine `drammatizzazione’ entra nei programmi didattici per la scuola primaria, dove si suggerisce inoltre «che l’alunno partecipi attivamente a spettacoli di burattini».

Ma è dalla fine degli anni ’60 che il doppio legame fra scuola e teatro si fa più esplicito, con spettacoli per bambini che nascono spesso da laboratori teatrali realizzati con gli scolari e gli studenti, principalmente nella scuola dell’obbligo. Sono gli anni dell’animazione che, con il decentramento e la nascita delle prime giunte di sinistra, si inserisce in una politica culturale attenta alla partecipazione dei cittadini e ai luoghi del vivere: le piazze, le fabbriche, le scuole. A Torino, che costituisce il crogiolo di questo movimento, sono da citare fra i pionieri Gian Renzo Morteo, Giuliano Scabia, Franco Passatore, Loredana Perissinotto, Remo Rostagno, Sergio Liberovici. Negli anni ’70 in quasi tutte le grandi città nascono compagnie caratterizzate da tale impronta: a Torino Assemblea Teatro, Stilema, il Teatro dell’Angolo; a Milano il Teatro del Sole; a Roma il Gruppo del Sole e Ruota Libera; a Parma Le Briciole. All’interno di questa medesima temperie culturale, nel 1976 il Movimento di cooperazione educativa diffonde con successo la formula `a scuola con il corpo’. Col Progetto giovani per la prevenzione del disagio giovanile, rilanciato dal ministero della pubblica istruzione nel 1989, il laboratorio teatrale, forte delle sue valenze di progettualità, ritualità, socializzazione, esplorazione di registri non verbali, introspezione, si impone anche nelle scuole superiori, assumendo e consolidando modalità estetiche ed espressive autonome che, al pari di altre forme di teatro nel sociale, consentono di situare alcune esperienze significative su un terreno contiguo a quello della ricerca e della sperimentazione.

Il 6 settembre 1995, auspici Maurizio Scaparro e il pedagogista Luciano Corradini, viene firmato dal ministero della pubblica istruzione, dal dipartimento dello spettacolo e dall’Eti un protocollo d’intesa relativo all’educazione al teatro che, concepita sia come fruizione sia come pratica attiva, viene riconosciuta quale «componente importante nella formazione dei giovani». Il 12 giugno 1997 un secondo protocollo (detto Veltroni-Berlinguer), siglato dal dipartimento dello spettacolo, dal ministero della pubblica istruzione e da quello dell’università e della ricerca scientifica, estende il riconoscimento a tutte le discipline dello spettacolo. A seguito di tali documenti nascono le prime iniziative organiche di formazione, afferenti al teatro della scuola, rivolte a operatori scolastici e teatrali.