Scabia

Preceduto dal testo poetico scritto per La fabbrica illuminata di Luigi Nono (1964) e da altri, raccolti in Servo & Padrone (1965), l’esordio come autore teatrale di Giuliano Scabia con Zip Lap Lip Vap Mam Crep Scap Plip Trip Scrap & la Grande Mam alle prese con la società contemporanea alla Biennale di Venezia (1967) rappresenta uno degli episodi che inaugurano la controversa stagione dell’avanguardia teatrale italiana (Scabia ha fatto anche parte del Gruppo 63 e a lavorato in coppia con Quartucci). Nella sua formulazione ‘acentrica’, aperta alla partecipazione collettiva, Zip anticipa i temi politici e antistituzionali del Sessantotto teatrale e prepara la serie dei testi `aperti’ che Scabia va componendo ( All’improvviso, 1967; Visita alla prova de l’isola Purpurea di Michail Bulgakov, 1968; Scontri generali, 1969-71), mentre amplia il proprio intervento attraverso le formule militanti e sperimentali dell’`animazione’ (laboratori nei quartieri operai di Torino, interventi in una scuola della campagna emiliana, ‘azioni’ teatrali con ragazzi in dodici centri dell’Abruzzo).

Nasce nel corso di quest’ultima esperienza, con Forse un drago nascerà (1972), l’immagine di un ‘teatro vagante’ che caratterizzerà per molto tempo la poetica di Scabia, sia come stimolo profondo sia come pratica di lavoro: un teatro pellegrino che si muove su percorsi estranei alle direttrici di maggioranza, modellato secondo l’antica consuetudine dei trovatori e intessuto di momenti rappresentativi e narrativi, che lo stesso autore si incaricherà di realizzare nelle sue ‘camminate’ (vere e proprie passeggiate a piedi, anche di più chilometri, trasformate, a seconda delle esigenze e del contesto, in apparizioni, evocazioni, visite, visioni, lettere). Questo lavoro acquista notorietà e risonanza, anche internazionale, lungo tutto l’arco degli anni ’70, quando Scabia è ideatore e anima di esperienze come Marco Cavallo (con i ricoverati e gli operatori dell’ospedale psichiatrico di Trieste, diretto allora da Franco Basaglia, 1972-73), Il gorilla quadrumàno (con gli studenti del Dams bolognese, presso cui è docente di drammaturgia, stimolati alla ricerca di un ‘teatro di stalla’ sulle montagne dell’Appennino emiliano, 1974-75), Il Diavolo e il suo angelo (con l’invenzione, nella Venezia del Carnevale, di una `nuova Commedia dell’Arte’, 1979).

Durante gli anni ’80, Scabia intensifica l’attività di teatrante-viandante e dà forma di ciclo alla sua scrittura. Riassorbendo Commedia armoniosa del cielo e dell’inferno (1971) e Fantastica visione (1973), il ciclo del `Teatro vagante‘ comincia a comporsi nei suoi diciannove testi, tra i quali Lettera a Dorothea (1980), Commedia del poeta d’oro con bestie (1982-87), Ma io insistetti per stare volando ancora un poco (seconda lettera a Dorothea, 1983), Lettere a un lupo (1983) , Cinghiali al limite del bosco (1983), Tragedia di Roncisvalle con bestie (1985), Gli spaventapasseri sposi (1985), Apparizione di un teatro vagante sopra le selve (1986-87). Vanno così scoprendosi, dentro una scrittura che l’autore stesso definisce ‘amorosa’, le costanti del suo immaginario narrativo: radici che affondano in un paesaggio italiano di boschi e di cieli, ma soprattutto nelle aie contadine della pianura padana, dalla cui tradizione orale, innestata al piacere della poesia e dell’affabulazione, si sviluppa nel corso degli anni ’90 la stagione letteraria di Scabia, segnata dai romanzi In capo al mondo (1990) , Nane Oca (1992) e dal libro di poesia e disegni Il poeta albero (1995), oltre che dal riallestimento di testi teatrali precedenti a cui si aggiungono, nel 1997, Gloria del teatro immaginario e Visioni di Gesù con Afrodite.