radiofonico,

La radio è un mezzo di comunicazione e di espressione che si rivolge a un unico tipo di percezione da parte dello spettatore: quella sonora. La radio stimola sempre il suo pubblico alla partecipazione fantastica, lo guida all’ascolto di voci, musiche, rumori tali da evocare un mondo verosimile. Il teatro radiofonico ha dunque una sua specifica autonomia espressiva legata alla natura del mezzo; non possiede naturalmente le caratteristiche che sono proprie dell’evento scenico che ha luogo davanti agli spettatori, ma ha la possibilità di valorizzare al massimo la parola quale espressione più sottile e profonda della persona umana in quanto capace di esprimere e comunicare idee, emozioni, sentimenti, stati d’animo. La ‘messinscena’ della parola, naturalmente, è affidata alla voce recitante degli attori che appare lo `strumento’ sonoro più importante. Non tutti i testi drammatici possono essere adattati alla radio: occorre che essi offrano la possibilità di ‘corporeizzare’ la parola e di ‘rappresentare’ con i suoni luoghi, ambienti, azioni.

‘Radiodramma’ viene denominato il testo drammatico scritto appositamente per la trasmissione radiofonica: esso prevede in genere la presenza di pochi personaggi, un intreccio poco elaborato, un dialogo teso a definire i rapporti psicologici e i confronti intellettuali più che le azioni. Negli Usa la radio è sempre stata essenzialmente una sorta di `giornale parlato’ con forti interessi pubblicitari; peraltro non mancano esperienze importanti quali il `verse-play for radio’, una forma di drammaturgia poetica ideata da Archibald Mac Leish, e la nota trasmissione di Orson Welles culminata con la messa in onda di The War of the Worlds di H.G. Wells (1938), che causò grande spavento in molti ascoltatori convinti che si trattasse di un notiziario di attualità. In tutta Europa (esclusa l’Italia) il radiodramma ha acquistato una fama e un prestigio ormai saldamente consolidati. La Gran Bretagna ha una notevole tradizione in questo campo (Stoppard, Beckett, Pinter, Spark, Arden, Thomas, Wesker). Pure in Francia troviamo tra gli autori di radiodrammi i maggiori letterati del Novecento: Artaud, Queneau, Sarraute, Duras, vari esponenti del Teatro dell’assurdo e del Nouveau roman.

La stagione più felice del radiodramma tedesco va dal 1925 al 1940, ma prosegue ancora oggi una vastissima produzione, la cui fortuna è dovuta a nomi come quelli di Brecht, Frisch, Dürrenmatt, Handke. Nel nord Europa la situazione non cambia; ricordiamo che anche l’esordio di Ingmar Bergman è stato nel campo della radiodrammaturgia. In Italia pochi dei nostri letterati e drammaturghi si sono cimentati nel radiodramma: tra i nomi più noti si possono citare solo Savinio, Pratolini, Fabbri, Bontempelli, Anton, Buzzati, Primo Levi. Dall’inizio delle trasmissioni (1924) fino al dopoguerra la radio è stata considerata nel nostro paese soprattutto un mezzo di propaganda; in seguito è stata quasi sempre privilegiata la musica in quanto considerata un intrattenimento più gradito dal pubblico. Così è giunta relativamente tardi la consapevolezza delle possibilità del mezzo, e il mondo intellettuale raramente gli si è accostato con continuità. Non è un caso che il radiodramma Rai di maggior successo sia stato I 4 moschettieri di Nizza e Morbelli (1934-35), evasiva parodia umoristico-canora che a lungo restò il modello della rivista musicale radiofonica. Prima del 1950, la prassi del teatro radiofonico italiano si limitava per lo più all’allestimento di opere molto semplici, prevalentemente di autori italiani, le quali si prestavano a essere recitate in diretta; il risultato era raramente qualcosa più di un `rozzo artigianato rumoristico’.

La nascita del Prix Italia costituisce un notevole stimolo per la produzione radioteatrale, perché istituisce contatti periodici tra esperti di vari Paesi permettendo confronti fruttuosi. Sempre nel 1950 l’apertura del terzo programma vede affacciarsi nel palinsesto titoli di romanzi e racconti sceneggiati, di classici del teatro di tutti i tempi e tutto il mondo, di commedie e radiodrammi contemporanei. L’inizio delle trasmissioni televisive non danneggia affatto l’attività della radio nel campo teatrale, in quanto gli anni ’60 costituiscono senza dubbio il periodo più felice della prosa radiofonica italiana, in cui a un apparato tecnico molto raffinato corrispondono una selezione di testi attenta e sistematica e una pratica di messinscena professionalmente elevatissima. La Rai può contare non solo su vari registi di grande mestiere come Morandi, Majano e Scaglione, ma anche su giovani sperimentatori come Lerici, Pressburger, Bene, Quartucci, Liberovici e su musicisti quali Berio, Nono, Maderna.

Nonostante il successo delle trasmissioni di `intrattenimento in diretta’, il teatro radiofonico ottiene ancora ottimi risultati espressivi, grazie anche alla riforma della Rai (1976) in seguito alla quale vengono programmati grandi `cicli’ teatrali dedicati a Schnitzler, Miller, Duras, Svevo ecc., e grazie all’impegno dimostrato dalla sperimentazione teatrale degli anni ’80 nel tentativo di rinnovare il linguaggio radiofonico spesso legato a stereotipi monotoni e ripetitivi. Nel 1997 Luca Ronconi ha promosso un vasto programma di teatro radiofonico scegliendo testi e registi, dirigendo egli stesso alcuni spettacoli, con l’obiettivo di non surrogare l’esperienza del palcoscenico, ma di rivolgersi all’ascoltatore considerandolo simile al lettore di un libro, pronto a lavorare con la propria fantasia.