psicodramma

Lo psicodramma è una sperimentazione psicoterapeutica di matrice teatrale, che inaugura il settore della `teatroterapia’. È stata coniata dallo psichiatra J.L. Moreno, già fondatore, nella Vienna dei primi anni ’20, del Teatro della spontaneità. Lo psicodramma nasce successivamente, dopo il 1925, anno in cui Moreno si stabilisce in America, a Beacon Hill (New York), dove fonderà il Beacon Institute, primo istituto psicodrammatico (1936). L’obiettivo dello p. consiste nell’utilizzare i paradigmi teatrali (attore, regia, palcoscenico, drammaturgia, musica, luci, pubblico) come strumenti per una terapia espressiva attiva ( active psychotherapy ) che si distingua dalla `terapia passiva’ freudiana, allora ancora agli albori. Ciò significa che, mentre Freud – `dimenticando’ il corpo – faceva sdraiare il paziente sul lettino, instaurando un rapporto strettamente duale (terapeuta-paziente), Moreno invece – rigettando la triade psicoanalitica di Es, Io e Super Io – lascia che il paziente, previo riscaldamento ( warm up ), co-agisca su un palcoscenico circolare costruito su più livelli, corrispondenti simbolicamente alla molteplice espressione delle emozioni. Il regista è lo psicodrammatista che, con domande strategicamente mirate, favorisce l’emersione del problema che affligge (talvolta inconsciamente) il soggetto. È lui che decide se e quando introdurre brani musicali per facilitare l’immedesimazione del soggetto; lo stesso vale per le luci, abbinate a diversi stati d’animo. Gli spettatori non partecipano liberamente all’azione inscenata: alcuni di loro fungono da `Io ausiliari’, che entrano in scena solo quando le esigenze dell’attore principale lo richiedono.

Non esiste drammaturgia scritta: il testo non è altro che un episodio del paziente/attore realmente accaduto e ora rivissuto, partendo dal presupposto che la catarsi può scattare solo se il soggetto, rimettendo in scena il proprio vissuto spesso traumatico (pathos), lo rielabora prendendone coscienza. Si rimette in circolo il meccanismo drammatico delle tragedie greche, strutturate sulla ciclicità di tre elementi: capovolgimento dell’iniziale situazione positiva (peripetheia), trauma (pathos), liberazione catartica (catharsis). E, come le tragedie avevano sovente per oggetto i drammi intrafamiliari (le ambientazioni nella reggia di famiglie allora regnanti), così Moreno individua nella casa privata, sede anche di tensioni estreme, il locus nascendi del teatro terapeutico.

Lo psicodramma è stato ed è tuttora applicato in molteplici contesti prevalentemente non artistici, soprattutto nelle realtà del disagio (Moreno inizia a sperimentare con piccoli gruppi di ragazzi `difficili’ e di prostitute nei sobborghi di Vienna). Suoi elementi caratterizzanti sono: la spontaneità e la creatività (fattore S-C) come binomio motore dell’azione; l’assenza del copione; l’irripetibilità dell’evento inscenato: tutto accade una volta sola, nell’ hic et nunc dell’azione; l’espressione psico-somatica del problema (superando la tecnica soltanto verbale di Freud); i giochi di ruolo (role-play) tra attore principale e gruppo; il `tele’ (modalità di interazione affettiva) positivo, negativo o neutro; il rifiuto dell’ipnosi come terapia. Tra i limiti dello psicodramma: l’eccessiva attenzione spostata sul soggetto/attore a scapito del gruppo, il ricorso incompleto al corpo, la conduzione talvolta troppo direttiva. A metà secolo lo p. si diffonde in Europa e America, soprattutto in Francia ad opera di Basquin, Bour, Lebovici, Schützenberger.

Distinguendosi dallo psicodramma `classico’ (seguito dalla moglie Zerka Moreno, da L. Yablonsky e G. Boria), lo psicodramma `analitico post-moreniano‘ si può suddividere in tre indirizzi: freudiano (O. Rosati), teso a enucleare i rapporti inconsci tra desideri interni ed espressioni esterne – aspetto non sempre approfondito da Moreno; lacaniano (Anzieu, i coniugi Lemoine), caratterizzato da: teoria del desiderio di Lacan – che addita il ritrovamento del piacere in un segno che significhi l’assenza di qualcuno o qualcosa a noi caro , giochi di identificazione transferale, proibizione del contatto fisico per valorizzare l’importanza dello sguardo (pulsione scopica), interesse per un’utenza infantile e adolescenziale, aumento di terapeuti per sessione (generalmente un uomo e una donna, simboliche figure paterna e materna); junghiano (M. Gasseau, G. Gasca), che privilegia il lavoro sui sogni e sui simboli ad essi annessi, in un costante bilanciamento tra doppio e ombra, tra ruolo e archetipo collettivo.