Polaire

Emilie-Marie Bouchad Polaire, dalla particolare figura sottile («esile come nessun’altra donna fu mai» scrisse di lei Colette) e dagli stravaganti e fastosi costumi di scena, si esibiva con stile appassionato e insieme semplice, e con un istinto infallibile per i tempi teatrali. Nel 1902 debutta nella prosa grazie a Willy (Henry Gauthier-Villars, marito di Colette) che la vuole per interpretare Claudine à Paris (dal romanzo di Colette, ridotto dallo stesso Willy e da Luvey, nome fittizio di Lugné-Poe e Charles Vayre), messo in scena da Lugné-Poe. Polaire («attrice improvvisata a cui scienza e mestiere erano superflui» scrive ancora Colette) crea una Claudine celeberrima (lo spettacolo vanta 123 repliche consecutive), vivace e monella, ispirandosi alla ragazzina povera di Montmartre disegnata da Poulbot. Dopo avere recitato in numerosi teatri parigini, appare ai Capucines nell’operetta Le Coq d’Indie (1908) di Rip e Terrasse. Si esibisce con successo anche fuori dalla Francia, a Londra e a New York (nel 1910, dove viene paragonata a Sarah Bernhardt). Tra le sue interpretazioni si segnalano Glu (1909) di Richepin, in un ruolo già portato al successo da Réjane, Les sauterelles (1911) di E. Fabre, l’operetta di Flers, Caillavet e Terrasse Monsieur de la Palisse (1913), La flamme di C. Méré, all’Ambigu (1922), Les Marchands de canons di Rostand (1933). Nel 1933 pubblica la sua autobiografia, Polaire par elle-même , che raccoglie i suoi ricordi teatrali.