Philipe

Attore mito, prediletto da intere generazioni di spettatori, a vent’anni Gérard Philipe debutta al teatro di Nizza, prima tappa di una vocazione e di una carriera troppo breve. Da quel momento la vita del teatro diventa la sua vita: si trasferisce a Parigi dove studia al Conservatorio. Ma quasi subito si impone sulle scene della capitale interpretando con un successo clamoroso il ruolo dell’Angelo in Sodoma e Gomorra di Giraudoux accanto a Edwige Feullière (1943). Nello stesso anno debutta anche al cinema in Les Petites du quai aux fleures di Marc Allegret. Da questo momento Philipe si alternerà fra teatro e cinema. Nel 1944 con l’attore Michel Auclair partecipa alla liberazione di Parigi, prima testimonianza di un impegno politico che rimarrà costante. Malgrado abbia interpretato Caligola di Camus, è con il ruolo cinematografico del giovane studente ne Il diavolo in corpo di Autant Lara, accanto a Micheline Presle, che si impone definitivamente come figura-simbolo di un’intera generazione.

L’incontro chiave della sua carriera teatrale è quello con Jean Vilar, il regista animatore del Théâtre National Populaire di Chaillot. Con lui, infatti, Philipe sarà un indimenticabile Cid di Corneille e un memorabile Principe di Homburg di Kleist, e un sorprendente Lorenzaccio di De Musset. Bello, tenero, con una voce quasi disincarnata; antieroe, e nel contempo, insultante seduttore, Philipe sembra compendiare l’immagine di «mille anime riassunte in un solo corpo» come dice Albert Camus. L’unico insuccesso che conosce è quello in Till Eulenspiegel (1956) di cui è, allo stesso tempo, regista e interprete principale. Nel 1955, per la terza volta, è il protagonista di un film di René Clair, Grandi manovre: un successo internazionale, che ne conferma e accresce il fascino e la forza carismatica. Nel 1958, sempre al Teatro di Chaillot, interpreta i suoi ultimi ruoli I capricci di Marianna e Non si scherza con l’amore di De Musset e viene diretto da Buñuel nel suo ultimo film L’isola che scotta.

Il nove novembre, improvvisamente, viene ricoverato in clinica. Senza conoscere la gravità del suo male prende accordi con Peter Brook per un Amleto che purtroppo non è riuscito a fare. Leggendo Don Giovanni di Molière annota accanto al ruolo di Sganarello, poco profeticamente, «per me fra vent’anni». Pochi giorni dopo, il venticinque novembre, invece, muore di un cancro fulminante al fegato a soli trentasette anni. La sua tomba a Ramatuelle, nelle colline che sovrastano Saint Tropez, è meta ancora oggi di un ininterrotto pellegrinaggio.