Paxton

Steve Paxton è una delle figure più interessanti e originali della danza americana: se non l’inventore, è certamente uno dei maggiori fautori della Contact Improvvisation. Uno sperimentatore irriducibile, refrattario ai circuiti del mercato e impegnato in un tipo di ricerca artistica di reali dimensioni sociali: critica nei confronti della danza e della società, basata sulla percezione dei corpi e sulla loro libertà contro i modelli canonizzati nei valori estetici della danza corrente. Tutta la sua produzione si interroga sullo statuto del coreografo e del danzatore e sulla loro funzione nella società. Dopo aver terminato gli studi ginnici in Arizona, entra nel 1958, all’età di diciannove anni, al Connecticut College dove insegnano Martha Graham, José Limón, Doris Humphrey e Merce Cunningham. Danza nella compagnia di quest’ultimo dal 1961 al 1964 e quindi, influenzato dalla contro-cultura newyorkese degli anni Sessanta (Living Theatre, Paper Bag Company, Diane Diprima), dalle sue stesse posizioni politiche radicali e dagli artisti della Pop Art e del Minimalismo, è cofondatore, nel 1962, del Judson Dance Theatre: il centro artistico sperimentale di New York in cui ebbe origine il movimento della Postmodern Dance. Interpreta lavori di alcuni colleghi del Judson, come Yvonne Reiner ( Trio A , 1966) e Trisha Brown, avviando anche una personale ricerca sul movimento che parte da Isadora Duncan, da lui considerata la pioniera della libertà e dall’egualitarismo coreutici, ma si estende all’analisi del movimento suggerita da Rudolf von Laban. Inizialmente crea performances nutrite di gesti quotidiani e con l’apporto di oggetti, rivelando qui una propensione per il `ready made’ influenzata da Marcel Duchamp.

Nella pièce Satisfaying Lover (1967) si avvale di decine di interpreti non professionisti della danza per una performance in cui attribuisce significato estetico all’azione comune del camminare. Egli ricerca un metodo di trasmissione del movimento che prescinda dal volontarismo e dalla soggettività; si orienta verso la scoperta della realtà organica (respirazione, coscienza dello scheletro e del flusso muscolare) propria a ciascuno dei danzatori e non-danzatori con i quali lavora e conseguentemente privilegia le forme dinamiche più semplici come, appunto camminare, correre, saltare. Esplora, inoltre, le possibilità di sviluppo del movimento a partire da una riflessione sulle forze dinamiche che lo condizionano (forza di gravità, di inerzia, ecc.) e sull’interpretazione energetica tra i corpi. Nel 1970 fonda il gruppo di ricerca Grand Union con, tra gli altri, Trisha Brown, David Gordon, Douglas Dunn e Yvonne Rainer e sviluppa, in un laboratorio con otto uomini, la tecnica conosciuta come Contact Improvvisation (o Contact Dance): uno strumento di libero scambio dinamico, incentrato sullo scambio di peso e appunto di energia tra i corpi dei performers. Un dare e avere di spinte e resistenze reciproche, che, in una gamma infinita di combinazioni improvvisate, impongono uno stato di continua tensione percettiva. La Contact Improvvisation è infatti una commistione di ginnastica, arti marziali, Tai Chi Chuan e metodo Alexander che non impone alcuna concezione estetica, ma, come ricerca di base, supera le frontiere tra le diverse discipline del movimento e diviene terreno d’incontro dinamico per danzatori, atleti ma anche per dilettanti.

Con i suoi primi laboratori maschili di Contact Improvvisation, Paxton sovverte, tra l’altro, il ruolo abitualmente conferito agli uomini nella danza: dimostra che la loro forza può tramutarsi in tenerezza. L’esito, che fa scalpore, è una sorta di risposta simpatetica al movimento femminista tanto in auge in quegli anni. Nella seconda metà degli anni Settanta insegna in Europa e spesso in Italia dove compare anche nel 1980, accanto alla partner Lysa Nelson nell’intenso e ironico duetto Part (su musica e interventi vocali di Robert Ashley) che rivela la forza e il fascino della sua figura di performer-ballerino. Assente dalle scene nel decennio successivo, continua la sua ricerca in forma appartata e solitaria senza rinunciare all’insegnamento. A metà degli anni Novanta torna sporadicamente a compare in veste di danzatore-performer e coreografo: in duetto con Trisha Brown a Vienna, nel 1996, e, nello stesso anno, ancora in coppia con la Nelson in Excavations continued.