Opera di Pechino

Opera di Pechino  (Jing xi, letteralmente `teatro della capitale’) è il modello scenico più noto dell’Opera cinese, ovvero lo stile regionale, estremamente spettacolare e fondato sulla tecnica degli attori-danzatori, sviluppatosi a Pechino. Il graduale prevalere del dialetto pechinese ha favorito l’assunzione dell’O.d.P. come teatro nazionale. Non utilizza in genere pièce intere, ma un’antologia di episodi tratti da drammi diversi, a loro volta già concepiti per poter essere rappresentati a pezzi e assemblati volta a volta secondo un filo narrativo (un’avventura di Sun Wu Gong, il celebre re delle scimmie, la leggenda del serpente bianco che si incarna in una donna innamorata), in genere derivato dalla materia popolare. Il testo è parlato e cantato (si canta perlopiù in falsetto sul registro acuto, più raramente di petto nel grave), senza partitura fissa e con grande spazio per l’improvvisazione del cantante. Gli strumenti, in genere da cinque a sette (a corde, a fiato e a percussione), hanno esclusivamente la funzione di accompagnamento del canto e dell’azione; i suonatori siedono in genere a destra della scena, in modo da poter vedere gli attori. La narrazione però è affidata in gran parte alla mimica, alla gestualità e all’azione scenica (perciò l’Opera di Pechno è leggibile sostanzialmente anche da un pubblico non cinese); queste sono fortemente stilizzate, talora nella direzione di un’amplificazione (salti mortali e acrobazie in genere per le battaglie o il superamento di ostacoli), talvolta in quella di una riduzione (il gesto del remare indica l’azione che descrive, ma anche simbolicamente la barca e addirittura il fiume).

Attraverso stilizzazione e simbolismo sono indicati non solo gli eventi narrati e i sentimenti, anch’essi fortemente tipizzati, ma anche il contesto scenico: nell’Opera di Pechno non c’è scenografia, ma uno spazio vuoto, delimitato da una tenda sul fondo, con due passaggi laterali (gli attori entrano sempre da sinistra all’inizio di una scena ed escono sempre da destra) e il luogo dell’azione è indicato da qualche attrezzo (una bandiera con una ruota per una carrozza) o da un personaggio (un imperatore seduto indica che siamo a corte). I costumi – più leggeri per i ruoli acrobatici, più sontuosi ed elaborati per le divinità – così come il trucco sono pure standardizzati; grazie a essi il pubblico identifica immediatamente i personaggi, che corrispondono a quattro tipi fondamentali (Opera cinese). L’Opera di Pechno, portata per la prima volta fuori dai confini nazionali all’inizio del nostro secolo grazie soprattutto dell’attore Mei Lanfang, affascinò e influenzò alcuni dei principali innovatori del `nostro’ teatro, da Ejzenstejn e Mejerchol’d a Brecht, che ravvisò in alcune convenzioni dell’Opera cinese (in particolare quella degli attori principali di rivolgersi direttamente al pubblico e presentarsi col proprio nome) le medesime radici del proprio principio di straniamento. Durante la Rivoluzione culturale, dal 1966 e per tutto il decennio successivo – soprattutto ad opera della moglie di Mao, Jiang Quing, che ne era stata attrice – l’Opera di Pechno dovette abbandonare costumi e vicende tradizionali, in favore di narrazioni esaltanti degli eroi della guerra civile e della costruzione del nuovo stato socialista, e prestarsi perciò a un fine educativo in luogo di quello tradizionale, estetico e ricreativo. Dalla fine degli anni ’70 è tornata alle forme classiche.