O’Casey

Di famiglia operaia e protestante, la carriera di Sean O’Casey si apre all’Abbey Theatre nel 1922 con Il falso repubblicano (The Shadow of a Gunman), cui seguono Juno e il pavone (Juno and the Paycock, 1924) e L’aratro e le stelle (The Plough and the Stars, 1926), trilogia sul proletariato irlandese durante la guerriglia per l’indipendenza dall’Inghilterra. L’indirizzo realistico è evidente sia nella scelta del linguaggio, che ricalca cadenze, ritmi e gergo della realtà urbana di Dublino, sia per le minuziose indicazioni di scena. Nella Tazza d’argento (The Silver Tassie, 1929) O’Casey usa, per raccontare l’esperienza di tre giovani irlandesi arruolatisi nell’esercito inglese, un forte espressionismo carico di simboli, evocando la guerra sotto forma di una tetra messa dove i soldati venerano il dio cannone. L’opera fu rifiutata dall’Abbey Theatre per il contenuto ardito; O’Casey fu costretto a un esilio volontario a Londra dove, nelle successive opere, affiancò ai temi sociali e politici irlandesi una forma nuova e sperimentale, senza smarrire il suo talento linguistico. Le opere più interessanti di questa fase sono: Dentro i cancelli (Within the Gates, 1933), La stella diventa rossa (The Star Turns Red, 1940), Polvere di porpora (Purple Dust, 1940), Rose rosse per me (Red Roses for Me, 1942), Il bel chicchirichì (Cock-a-double Dandy, 1949), Il falò del vescovo (The Bishop’s Bonfire, 1955) e I tamburi di padre Ned (The Drums of Father Ned, 1956). O’C. continuò a scrivere per il teatro fino al 1960, senza più ritrovare il successo iniziale: l’ideologia marxista gli alienò il pubblico borghese del West End, mentre l’anticattolicesimo gli rendeva difficile un ritorno in patria.