Neiwiller

Presenza artistica forte ma discreta, e di rara intensità, Antonio Neiwiller attraversa tre decenni di ricerca teatrale italiana. Nella sua formazione studi filosofici, insegnamento, preparazione tecnica e pittura: arte che Neiwiller equipara al teatro, e nella quale privilegia l’opera di Paul Klee. Dapprima scenografo e scenotecnico, firma la prima regia nel 1974, Ti rubarono a noi come una spiga (da P. Eluard, S. Quasimodo, R. Scotellaro, E. Vittorini), alla quale seguono Don Fausto di A. Petito (1975), Quanto costa il ferro? di Brecht (1976), BerlinDada (1977), Anemic Cinema (1979). Intento a combinare nella complessità dell’arte teatrale i diversi linguaggi artistici (pittura, musica, danza), la sua sottile fantasia con il rigore della ricerca, in seguito all’incontro con spettacoli di Grotowski e Kantor ( La classe morta ) Neiwiller abbandona i testi e si indirizza verso un teatro del silenzio e della memoria, antidoto alla `barbarie’ edonistica e consumistica degli anni ’80. Alla guida del gruppo napoletano Teatro dei Mutamenti (con il quale nel 1978 ha già realizzato una seconda edizione di Don Fausto ), attraverso un lungo lavoro laboratoriale e lo stretto rapporto artistico con gli attori, dà vita a Titanic the End (1983), Darkness (1984), Fantasmi del mattino (1985-86), Storia naturale infinita (1987). Neiwiller, che già nel 1977 aveva preso parte a Maestri cercando: Elio Vittorini (regia di R. Carpentieri), ha intanto cominciato, con eccezionale talento, a recitare. Lavora nelle produzioni del gruppo Falso Movimento: protagonista nel 1985 di Il desiderio preso per la coda da Picasso, prende parte a Coltelli nel cuore da Brecht (1985) e Ritorno ad Alphaville da J.-L. Godard (1986, regie di M. Martone), irrompendo come una «rivelazione di verità e umanità nel disegno formale del gruppo». Nel 1987 partecipa a Napoli alla nascita di Teatri Uniti, in cui confluiscono Falso Movimento, Neiwiller e il regista-attore Toni Servillo. Nel 1987-88, con L. Putignani, S. Cantalupo, A. Cossia, realizza per Teatri Uniti due sessioni di laboratorio ( Questioni di frontiera ), presentate ai festival di Santarcangelo e Montalcino, dove incontra il musicista Steve Lacy.

Nell’allestimento La natura non indifferente (1989), ispirato all’artista tedesco Joseph Beuys e al legame tra arte, energia primordiale, creazioni della civiltà, lo Steve Lacy Trio è sul palco. Segue Una sola moltitudine (1990), un’opera-installazione `visionaria’ (Neiwiller è anche tra gli interpreti) dedicata allo scrittore portoghese Fernando Pessoa e all’emarginazione dell’artista. Nello stesso periodo lavora con L. de Berardinis, recitando in Ha da passà `a nuttata (1989) e Totò, principe di Danimarca (1990). Elabora quindi La trilogia della vita inquieta , ispirata a Pasolini, Majakovskij, Tarkovskij: in Dritto all’inferno (festival di Volterra 1991) le parole di Pasolini sono frantumate in un linguaggio inventato, nato direttamente dal corpo dell’attore. Nello stesso anno a Erice, ospite di `La zattera di Babele’, realizza Salvare dall’oblio , performance su testi di M. Beckmann, K. Valentin, R. Viviani, e dà una memorabile prova cinematografica come Don Simplicio in Morte di un matematico napoletano di Martone. Canaglie , secondo capitolo della trilogia, dopo l’anteprima napoletana (maggio 1992) è interrotto per la malattia che colpisce l’artista. Neiwiller riprende a recitare nel 1993: è Cotrone in I giganti della montagna di Pirandello per la regia di Leo de Berardinis, e quindi il sindaco di Salina nel film Caro diario di Nanni Moretti. L’altro sguardo , presentato al festival di Volterra 1993, è il suo ultimo lavoro di autore-attore, in scena con L. Putignani e il pittore G. Savino: lo spettacolo, con il bellissimo testo `Per un teatro clandestino – dedicato a T. Kantor’, costituisce il suo testamento poetico; ne dà testimonianza filmata il mediometraggio di R. Ragazzi Antonio Neiwiller. Il monologo de `L’altro sguardo’ , presentato al festival di Venezia 1996.