Monk

Tra le maggiori `performance artists’ della scena contemporanea americana, Meredith Jane Monk è autrice di una ricca serie di opere multimediali che incorporano coreografia, musica, linguaggio e filmografia, prodotte per la maggior parte – se non interamente – da lei stessa. Ha compiuto dapprima gli studi musicali e si è quindi rivolta alla danza, apprendendo le tecniche `Graham’ e `Cunningham’. Nel 1965 presentò alla Judson Church di New York, crocevia delle nascenti tendenze postmoderne, le sue prime performance. L’anno successivo il suo 16 Millimetres Hearings , sorta di allusivo racconto autobiografico in forma di performance, venne giudicato una delle esibizioni più riuscite di quel periodo. In seguito si è dedicata all’esplorazione di spazi teatrali alternativi: le tre parti di Juice (1969), definito `cantata teatrale’, si svolgevano in un teatro universitario, sulla grande scala a spirale del Guggenheim Museum di New York e in un loft . Tra i numerosi spettacoli multimediali degli anni ’70 e ’80 spiccano Education of a Girlchild (1973), di cui firmò musica e regia e che rimanda, come gran parte del suo lavoro, a un `vissuto’ autobiografico qui riletto in chiave femminista; Recent Ruins (1979), Turtle Dreams (1983) e Atlas (1991), opere in cui la danza si modula su gesti minimi e quotidiani e sviluppa una ricerca analitica sulla gestualità. Ma sono da ricordare anche le composizioni prettamente musicali come Songs from the Hill (1976) per voce sola, Book of Days per voci e strumenti (1985) e Facing North per voce, organo e pianoforte (1990). Infatti l’aspetto forse più originale di questa sfaccettata ricerca risiede proprio nell’inconfondibile impiego della vocalità, che nelle sue performance assolve a una funzione marcatamente teatrale . La voce assurge in lei a strumento di comunicazione totale e di semplicità primigenia, svincolata dalle tecniche consuete alla tradizione occidentale, in specie di quella colta. M. assegna alla voce un valore volutamente `regressivo’ e straniante, quasi essa potesse riportarci alle sorgenti di una perduta infanzia dell’umanità. A questo fine ha articolato le forme di un elegante primitivismo che alterna con disinvoltura lamenti, cantillazioni, imitazioni di animali, momenti di parlato, canto sillabico e vocalizzi, e ancora altri echi di tecniche esotiche o di nuovo conio, amalgamandole tutte grazie alla singolare mobilità dei suoi suggestivi timbri vocali. Di queste straordinarie qualità se ne accorse, tra i primi, Bob Wilson con il quale la M. partecipò alle prime rivoluzionarie performance della Byrd Hoffman School of Byrds.