Massimini

Sandro Massimini è stato un personaggio dello spettacolo `pronto a tutto’, soprattutto a una gran baraonda di idee, nel periodo del boom, compreso il momento clou della moda show di cui l’attore fu il primo ideatore-promotore. Nato a Milano, ma lombardo veneto per la madre veneziana, fu un attore-ragazzo per bene e raffinato. Figlio e nipote affettuoso, nonostante venticinque traslochi di casa e città, ha avuto una carriera divisa in tre tempi, trionfando alla fine nell’operetta, di cui ha svecchiato la struttura e con cui ha festeggiato le nozze d’argento in un allestimento del Paese dei campanelli , record d’incasso. I cromosomi del nipote d’arte gli vengono dal bisavolo, l’attore di chiara fama Ernesto Rossi. «Il teatro è stato il mio colpo di fulmine, debuttai a diciassette anni con Esperia Sperani e Pupella Maggio, per incoscienza di Maner Lualdi che me lo propose» raccontava nelle interviste, tornando agli inizi, quando, complice la rivoluzione del ’68, il cabaret fece un salto di qualità e quantità, specie a Milano. Il giovane Massimini ebbe la prima scrittura da Elvio Calderoni, re dell’operetta di allora (in cartellone Madama di Tebe e La danza delle libellule ), ma si trattò di un episodio casuale. Il suo mondo era quello del Derby Club, di Vaime, Cobelli, Bajini, Franceschi, Nebbia e gravitava intorno al teatro bomboniera Gerolamo, i cui spettacoli erano scritti dal meglio dell’intellighenzia dell’epoca, Flajano, Mauri, Bompiani, Carpi, Eco. Un bellissimo mondo teatral letterario, dove Massimini debuttò nel 1964-65 con Tanto di cappello , regia di Filippo Crivelli, con la giovanissima Mariangela Melato, testo in cui Eco faceva appunto l’elogio della sua barba a spolvero. Massimini si afferma con Più crudele di Venere di Vaime, indi scrive e interpreta, sdoppiandosi en travesti , uno sketch di successo radical chic, l’epistolario tra due scrittori `off’, Domenico Campana e Sibilla Aleramo; poi, nel secondo tempo, c’era Carmelo Bene che recitava Majakovskij. Tra le altre novità porta il teatro sotto il tendone del circo Medini, imitando il Gassman dell’ Adelchi , ma vi recita Il salto morale . Quattro mesi di esauriti, cui si aggiunge l’anno dopo, con altri testi di Marchesi, Terzoli e Vaime, Il doppio salto morale . Intanto, il secondo tempo, va dal ’65 al ’75: deluso dal teatro, gira mezzo mondo, Tokyo, Parigi, Roma, New York, allestendo le sfilate di moda come dei veri e propri show, pieni di luci, coreografie, trovate da rivista; quando lascia la partita è solo per saturazione dell’ambiente. Con lui nacque la moda show, in anticipo su stilisti e top model. Il terzo atto della carriera inizia quando, nel ’70, Vito Molinari e Fulvio Gilleri lo scritturarono proprio nel Paese dei campanelli e proprio nel regno incantato del genere, il mitteleuropeo festival di Trieste. Massimini conquistò i primi successi facendo La Gaffe nel testo di Lombardo e Ranzato e Sigismondo in Al cavallino bianco di Benatzky-Stolz.

Massimini decise di riabilitare l’operetta, di farne un genere da `modernariato’ rispettando ogni professionalità, soprattutto vocale. Passò così sedici anni a Trieste e otto in compagnia da capocomico, garantendo le sue qualità di attore gentile, discreto, di sicuro effetto. Partì dalla Principessa della Czarda , poi allestì molti titoli classici ma anche scoperte, cercando di far uscire quel teatro dal museo generazionale delle buone cose di pessimo gusto come la cipria e il rosolio. Nel ripassare i testi eliminò le zone morte, le battute superate e quel po’ di volgarità coatta, avvicinandosi al musical. Diventa così il nuovo `re’ dell’operetta, cui un pubblico fedele e non giovanissimo (ma c’è un ricambio anche di gusti e di età) perdona le basi registrate, quando l’orchestra dal vivo comincia a costare troppo. Negli ultimi anni allestì anche due musical in grande stile, My Fair Lady (1992-93) e la riduzione del film di Edwards Victor Victoria (1993-94), ma l’ultimo spettacolo che lo vede in scena, mentre una grave malattia minava il suo entusiasmo, è ancora e sempre Il paese dei campanelli , recitato con un po’ di karaoke in platea, impegnata nel refrain collettivo “Luna tu”. Negli anni di capocomicato, Massimini alterna il repertorio di Abraham (Vittoria e il suo ussaro, Il fiore di Hawaii, Ball al Savoy), Kálmán (La duchessa di Chicago), Lehár (La vedova allegra , da sempre un best seller); ma affronta anche testi meno consueti e italiani, come quelli di Pietri Acqua cheta e La donna perduta , ben coadiuvato da cast in cui si distinse la bella voce di soprano di Daniela Mazzuccato, che fu a lungo sua partner.