Maggio

Beniamino Maggio era grande, e al di là di quanto lui stesso sapesse. Primogenito di una delle più straordinarie famiglie del teatro italiano, `Maggetiello’ (così lo chiameranno per tutta la vita amici ed estimatori) debutta ad appena cinque anni. Cesella refrain di canzoni dalle quinte, con una voce bellissima e spensierata che al Teatro Orfeo gli merita subito il soprannome di `cardillo’. Poi fa la sceneggiata con la compagnia del padre, il non meno grande don Mimì, introducendo gli spettacoli con proprie scenette e ancora canzoni. E, siccome più di tutto ama fare il ballerino acrobatico, nel 1918, a Taranto, cade durante una spericolata esibizione e si rompe una gamba. Ma non basta l’arto rimasto offeso a frenarne l’incredibile vivacità sul palcoscenico. Avanspettacolo e varietà, da un capo all’altro della penisola. Finché, a sorpresa, nel 1961, arriva la chiamata di Garinei e Giovannini per Rinaldo in campo , al fianco di Domenico Modugno e Delia Scala. È la consacrazione definitiva, ma `Maggetiello’ la rivista la faceva già da lunghi anni. E in uno di quegli spettacoli La Venere coi baffi , scritto per lui, nel ’57, da Amendola e Maccari – c’era, accanto a Beniamino, un cast assolutamente irripetibile: la sorella Rosalia, i fratelli Dante ed Enzo, Sandra Bellinari, Alfredo Rizzo, Elio Crovetto, Bob Vinci. E le musiche erano di un tal Giovanni Danzi. Che più? Certo, la Scarpettiana (dal 1955) e Il contratto Eduardo (1967), ma anche un’incredibile interpretazione dell’ Histoire du soldat di Stravinskij. Da citare, infine l’interpretazione autobiografica in `Na sera `e… Maggio (1982), il tributo che Antonio Calenda dedica a lui e a Pupella e Rosalia a partire dai loro racconti.