Lepage

Il padre tassista e la madre casalinga sono testimoni precoci della vocazione teatrale di Robert Lepage. Entrato a diciassette anni al Conservatoire d’Art Dramatique e conquistata subito la patente di ragazzo prodigio, sceglie di approfondire il proprio talento in Europa e studia a Parigi con Alain Knapp. Nel Québec ritorna all’inizio degli anni ’80, riconquistando notorietà con il lavoro per la Ligue National d’Improvisation, pronto ad affiancarsi a Jacques Lessard nella direzione del Théâtre Repère. Il suo primo spettacolo, En attendant si ispira a un disegno giapponese, ma da regista aspira anche all’esercizio sui classici ( Coriolano , 1983). Circulations (1984) avvia la serie dei premi e dei riconoscimenti, che culmina in questa prima fase con il `solo’ Vinci (1985): autore, produttore, impresario e protagonista dello spettacolo, Robert Lepage comincia qui a manifestare doti di magnetico narratore e assemblatore di linguaggi. La sua interpretazione stimola l’interesse di Denys Arcand che lo vuole attore nel film Jésus de Montréal. Mentre la tournée di Vinci gli prepara una notorietà internazionale, più consapevole si fa in lui la matrice québecoise, utilizzata però come trampolino per interessi cosmopoliti e aperture su paesaggi transnazionali. È dal gioco nomade fra i continenti che comincia a nascere nel 1985 La trilogia dei dragoni, kolossal sull’emigrazione asiatica in Canada e saga generazionale recitata in tre lingue per una durata di sei ore (Parigi e Milano nel 1989 godranno della versione integrale). Polygraph (1987) e Tectonic plates (1988-90) rilanciano una passione per l’intreccio, magari sentimentale e investigativo insieme, mentre la scena dispiega un’inventiva di spazi e di strumenti, ricca di soluzioni assolutamente inedite, attente, ma non schiave, della tecnologia.

All’imponenza di queste produzioni Lepage sa anche alternare lavori più ridotti, dove recupera una personale sensibilità d’interprete: le pene d’amore di Jean Cocteau e Miles Davis, ma anche le proprie, sono narrate Gli aghi e l’oppio (1991), un `solo’ a lunga tenitura che accompagna, a metà degli anni ’90, la fondazione di Ex Machina (1994), la sua compagnia, che ha sede in una vecchia caserma dei pompieri a cavallo a Montréal. Ha avuto modo intanto di allestire opere musicali (Il castello di Barbablù, Erwartung) e di preparare il Secret World Tour del musicista Peter Gabriel. Occasione per un altro kolossal sono I sette bracci del fiume Ota (1995), spettacolo che riallaccia fili presenti in precedenti lavori commemorando il 50º anniversario della bomba di Hiroshima in un’organizzazione complessa di nessi narrativi e visivi, cortocircuito continuo di storie e di geografie. Nel filone dei “solo” si iscrive invece la esercitazione sul personaggio di Amleto presentata in Elsinore (1995). Mentre già prende corpo il nuovo lavoro sull’architettura di Frank Lloyd Wright, Les geometries des miracles (1998), il suo film Il confessionale viene proiettato a Cannes (1995) e dai materiali dello spettacolo su Hiroshima nasce la sceneggiatura di un altro film, No.